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ROMA E LA ROVINA di L. P.
In un nostro precedente scritto – Lettera aperta al vescovo di Mazara del
Vallo, mons. Mogavero – avevamo fatto cenno alle distrazioni
terrene a cui il clero, la CEI e il Magistero da tempo si
abbandonano trattando, tanto nelle omelie, che nelle sedute “permanenti” e nelle udienze papali,
di argomenti contingenti e delle “cose di quaggiù”: politica,
sindacati, occupazione, immigrazione, governo, economia. E precisammo
come queste distratte attenzioni fossero costantemente dirette verso
l’esterno e in una sola direzione culturale, verso una sola parte
politica di cui, per non tediare ulteriormente il lettore, non diciamo.
La presente riflessione intende continuare la sua buona battaglia – bonum certamen (II Tim. 4,7) - nello spirito di verità, di richiamo e di protesta umile, sincera e legittima perché santa, svolgendo una serie di considerazioni che traggono spunto dalle recentissime elezioni amministrative che hanno interessato larga parte degli enti locali, comunali e provinciali italiani. Diciamo “amministrative” ma, ad un occhio sagace e intelligente, non sfugge come in Italia i rinnovi amministrativi non siano semplice e neutra scelta di persone da cui prescinda l’ideologìa, ma vere e veementi competizioni “politiche”, tinte di confusa eppur palese dottrina e mosse, talora, da oscuri interessi, il cui fine primo ed ultimo è la presa del potere. A chi afferma che, nelle amministrative, l’elettore deve guardare la persona più che lo schieramento in cui si iscrive, rispondiamo che non può, un candidato, per quanto onesto e nobile, scindersi e scorporarsi dalla compagine in cui si colloca e dalle opzioni etiche che, nella stessa, vengono espresse. Un cattolico non potrà partecipare, se desidera mantenere la fede e la purezza del suo credo, iscriversi, in partiti che fanno della libertà religiosa e del sincretismo, lo schermo dietro al quale vengono effettuate operazioni disoneste. Oggi, il verdetto, scaturito dalle urne, questo potere lo ha purtroppo consegnato in misura totale alla sinistra abortista, eutanasica, gnostica, giacobina, statalista. Il dato non è solo allarmante ma, per la vasta dimensione acquisita, addirittura catastrofico e rivelatore d’una realtà dissolutoria prossima a venire. Certamente, non intendiamo entrare nel giusto, profondo ed inesplorabile giudizio di Dio e nei piani della sua onnisciente Provvidenza, ma non ci sentiamo di sottacere e sottovalutare la gravità di quanto accaduto dacché lo scenario che si apre è di quelli che rivelerà quanto di iniquo è scritto nei programmi di coloro che, delegati a governare, si appresteranno a realizzare. Ci pare opportuno e necessario, allora, per un’evidenza storica da cui emergono gli indizi di un’imminente frana etica premessa alla catastrofe dogmatica dell’apostasìa, rifarci su quanto San Paolo ebbe cura di rendere noto ai cristiani di Tessalonica circa i segni della venuta dell’anticristo. “Nam mysterium iam
operatur iniquitatis: tantum ut qui nunc teneat (Katéchon), donec de medio fiat”
(II Tes. 2,7) - Già, infatti, il mistero di
iniquità è in azione: è necessario solo che chi lo trattiene ora sia tolto di
mezzo.
In un suo aureo ed efficace libro (Gli Adelphi della dissoluzione – Ed. Ares 1999), Maurizio Blondet nelle prime pagine, facendo seguito ad un’intervista a Massimo Cacciari filosofo neognostico, dopo aver analizzato il contesto antico in cui san Paolo scrive e il contesto attuale che vive la Chiesa, identifica in Essa l’argine che regge la spinta e lo straripamento del male nel mondo, il Katechon, cioè. È la Chiesa
cattolica, scrive Blondet citando San Tommaso Aquinate (op. LXVIII – de Antichristo: qui tenet, scilicet romanum imperium),
in quanto erede dell’Impero romano “quod nondum (imperium)
cessavit – aggiungeva dal canto suo il commento di Bernardo a
Piconio, nella Epistula Beati Pauli
triplex expressa – sed est commutatum de
temporali in spirituale, et ideo dicendum quod discessio a romano
imperio intelligi debet non solum a temporali, sed a spirituali.
Scilicet a fide catholica romanae Ecclesiae” (Gli Adeplhi della
dissoluzione, op. cit. pag. 21/22)” - “Ciò che trattiene
(l’Anticristo) è l’Impero Romano (S. Th. Aq.) – che non è
ancora estinto, ma tramutato da temporale in spirituale (la Chiesa)
sicché si può dire che il distacco (collettivo)
dall’Impero Romano si deve intendere, non solo in senso temporale, ma
spirituale: ossia come tradimento della fede universale della Chiesa di
Roma. (cit. da A. Arrighini, L’anticristo,
il Basilisco - Genova 1988 pag. 117)”.
E Siamo giunti a Roma, la città prima nel mondo, sede del Papato cattolico, sacrario in cui riposano i resti degli Apostoli, ove “ siede il successor del maggior Piero” (Inf. II,24), Roma, il nocciolo del nostro tema. Lunedì 10 giugno, in prima serata, le televisioni e la comunicazione via rete hanno annunciato l’elezione, a Sindaco dell’Eterna, il candidato dottor Ignazio Marino, esponente di sinistra, alfiere delle più estreme dottrine in termini di aborto, eutanasìa, relativismo, gnosi. Intendiamo soffermarci sul deplorevole fenomeno dell’astensionismo – la vera causa del successo sinistro - che, detto brevemente, è l’espressione dell’ignavia borghese di destra e della comunità cattolica che, delegando gli altri o, peggio, affermando il diritto a non votare, permette alla sinistra, ancor compatta nei suoi programmi, di prevalere ancor quando le condizioni di affermazione sono ad essa proibitive. Perciò non vogliamo lasciare siffatto argomento – afferente al concetto di diritto/dovere – agli analisti perché a noi preme, da cattolici elettori, sottolineare e denunciare carenze, difetti, retro pensieri, connivenze che, da quando trionfa ed impera l’irenismo ecumenistico, caratterizzano sempre più un disimpegno dalla difesa della Tradizione, della Chiesa, della Verità rivelata e dalla responsabilità politica. Nel periodo preelettorale la Gerarchia, la CEI, il clero tutto hanno, sulle tematiche sensibili, preferito tacere in ossequio all’ormai accettata, e fatta propria, insana dottrina della “separazione dei poteri” che, di fatto, impedisce al Magistero di intervenire nelle categorie ideologiche ed etiche di sua competenza e giurisdizione, ma lasciando, tuttavia, che preti e vescovi di ben noto marchio modernistico e sinistro, lavorino nelle parrocchie e nei convegni, quando con aperte professioni laiciste, quando con cerimonie e Sante Messe di propaganda. I famosi e fumosi “valori non negoziabili” – di evaporata ratzingeriana memoria – sono stati relegati nel canterano dell’oblìo, più applaudita essendo e più facile, ad esempio, la crociata contro taluni esponenti politici, così ricca di particolari privati sbandierati al nobile pubblico e all’inclita guarnigione. Nel momento in cui era necessario e obbligatorio assumerne la difesa a viso aperto, gli ufficiali dell’esercito di Cristo “che sì caro /costò a riarmar” (Par. XII, 37), hanno disertato come in una novella Caporetto camuffata da strategìa di non-interventismo civico, come se il “cittadino” non sia un’anima da santificare e da salvare, come se per il “cittadino” Gesù non sia morto. Nessuna, che fosse una, parola del Pontefice, dei vescovi, del cardinal Angelo Bagnasco - il generoso dispensatore del Corpo e Sangue di Cristo a pubblici sodomiti - per invitare l’elettore cattolico a non lasciarsi invischiare nella melassa della dialettica suasoria democratica - quella che promette la libertà nel rispetto dei soli diritti umani con l’oscuramento di quelli di Dio – per esortarlo a dare il voto di preferenza a chi difende il sacro diritto alla vita combattendo, nel contempo, chi la vita ha in disegno di soffocare. Mentre nel 1948, la voce di tanti cattolici, dell’Azione Cattolica, dei Comitati Civici di Luigi Gedda, sbaragliarono le orde del comunismo stalinista incombenti sull’Italia, oggi, invece, davanti a una minaccia ancora più aspra e tragica – l’ateismo e l’antropolatrìa - nessuna voce s’è levata dai pulpiti (ma dove sono ancora i pulpiti?) a difendere l’unica Verità e l’unica Vita e a smentire le menzogne del dottor morte! Il pretesto “politico” – non immischiarsi nelle faccende dello Stato – non servirà, quale foglia di fico, a coprire la vergogna di quanti non hanno avuto fede e coraggio di appellarsi alla legge del Vangelo, alla legge di Dio. Vigliacchi tutti. Eluana Englaro avrà assistito, dall’alto dei cieli, nel seno di Abramo, alla vile e spregevole ritirata dei ministri di Cristo! Lei, vittima del nuovo sindaco di Roma, di colui che schermo si fece, in una trasmissione televisiva, con l’esibire la sciagurata lettera che il cardinal Jean Marie Villot – uno dei tanti prelati in puzzo di massoneria presenti nella Lista Pecorelli del settembre 1978 - aveva, il 3 ottobre 1970, a nome di Paolo VI, inviato alla FIAMC, nella quale si teorizzava la liceità della sospensione dell’alimentazione ai malati terminali; lei, Eluana, avrà implorato il Signore di risparmiare alla città santa il disonore e la vergogna di incubare il regno dell’Anticristo. Ma il Signore aveva già avvertito, così come la Vergine Maria a La Salette e a Fatima, sull’imminenza di una catastrofe quale castigo divino per la perversione della società e per l’ignavia codarda dei pastori della Chiesa. A Cristo, il Logos, colui che è Via/Verità/Vita essi, che dovevano gridarlo “predicandolo sui tetti” (Mt. 10,27), i pastori han preferito defilarsi onde non disturbare ed esser accusati di intromissione “clericale”. “Lux venit in mundum, et
dilexerunt homines magis tenebras quam lucem” (Joh. 3, 19) – la Luce venne nel
mondo, ma gli uomini preferirono le tenebre alla luce.
Santo Padre: perché hai taciuto? È forse più importante dare, della Chiesa, l’immagine conformata a novella povertà fatta di gesti e parole di sola apparenza, o difendere le coscienze dall’ondata di liquame ateo che ci sommergerà? Preferisci l’applauso
gratificante ed ecumenico perché, con la Chiesa che entra nel
mondo, credi che questo sia il metodo di avvicinare più persone
a Cristo ?
Perché, in questi giorni in cui le legioni di Satana producevano
il loro sforzo nell’assalto alla santa cittadella, hai taciuto al tuo
gregge il pericolo del lupo già appostato presso gli ovili? Perché non hai avuto il
santo ardire di proibire il voto ai nemici della Chiesa e di Dio?
Perché non hai maledetto le pecore – diventate caproni - che
hanno oltrepassato lo steccato per acquartierarsi con le armate
nemiche? Perché non richiami sotto
gli stendardi del Signore quei parlamentari che, pur dichiarandosi
cattolici, militano in fazioni e partiti atei?
Perché ti sei sollecitamente preoccupato di ricevere ed
ossequiare i rappresentanti dello stato laico – il presidente Giorgio
Napolitano ed Emma Bonino – dichiarati nemici della Chiesa e di Dio,
disattendendo invece la custodia delle pecorelle di Cristo a te
affidate? Fino ad oggi hai studiato per
apparire come colui che “dà
colpetti al cerimoniale vaticano”- come scrivono compiaciuti i
giornali - nel desiderio di accattivarti le simpatie della plebe,
quasi che il cerimoniale sia un meccanismo delinquenziale; per apparire
come “uno della porta accanto”;
per apparire come un semplice prete che rifugge dai paramenti sacri per
essere pastore più laico, più generico, più vicino
e sullo stesso piano del fedele.
Che tu non possa esclamare: “Vae mihi qui parum
curavi, neglexi et tacui”! - Guai a me, perché poco
ho vigilato, perché ho trascurato e perché
tacqui!!! Il disimpegno del vero elettorato cattolico, cloroformizzato dai massmedia massonici e reso inerte dal silenzio dei pastori, ha permesso di portare alla reggenza di Roma un sindaco abortista, eutanasico, eugenetico, gnostico. Roma ha avuto, nella sua storia contemporanea post 1870, sindaci non cattolici che, tuttavia, hanno sentito il controllo della civiltà cattolica, l’hanno temuta e rispettata. Ma l’attuale - il dottor Ignazio Marino - è di quelli che si caratterizzano per un portato d’idee e di convinzioni, oltre che di prassi, di segno diametralmente opposto e ribelle all’etica cristiana: un marchio luciferino. E così, Roma, la sede di Pietro, che iniziò la sua vita laica con un sindaco massone, quell’Ernesto Nathan – presunto figlio di Mazzini, affiliato all’ordine degli Illuminati di Baviera - ora, con il cedimento del Katechon - la Chiesa - sembra avviarsi alla conclusione della sua storia con un sindaco sul cui stemma esistenziale e culturale figura un teschio. Dominus misereatur nostri et preservet Ecclesiam Sanctam Suam a sceleribus pastorum ejus. (torna
su)
giugno 2013 |