Il razzismo sciovinista e la religione olocaustica
dello Stato d’Israele


di Don Curzio Nitoglia




Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/










Roger Garaudy, “mostro sacro” degli intellettualoidi di sinistra degli anni Sessanta/Ottanta ma caduto in disgrazia nel 1996 quando oso mettere in dubbio l’illibatezza immacolata dello Stato d’Israele, durante le seconda guerra mondiale, prima fu rinchiuso in un campo di concentramento germanico e, poi, fece parte della resistenza socialista francese antitedesca.

Egli nel 1998 ha pubblicato un interessantissimo libro (Le procès du sionisme israélien), che documenta in maniera scientifica, citando svariati autori, la concezione razzista che sta alla base dello Stato d’Israele (cfr. anche I. SHAHAK, Le racisme de l’Etat d’Israel, Guy Authier, Paris, 1975; ID., Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni, Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 1997). 

Nel 1946 Judah Magnes (Presidente, sin dal 1926, dell’Università ebraica di Gerusalemme) pronunciò la sua allocuzione d’apertura dicendo: “La nuova voce ebraica parla con la bocca dei fucili. Questa è la nuova Torah della terra d’Israele” (1).

I fondatori dello Stato d’Israele, secondo il filosofo francese, hanno confuso il concetto di terra promessa con quello di terra conquistata. «Essi rivendicano la proprietà di questa terra, che sarebbe stata data loro da un Dio al quale non credono» (2).

Nel 1947, Menahen Barash, nel giornale Yediot Aharonot, scriveva riguardo ai Palestinesi “non c’è posto, in questa terra, per altri popoli, oltre quello d’Israele. Ciò significa che, noi dobbiamo espellere tutti quelli che ci vivono” (3).

«Il sionismo entra così, nel diritto comune di tutti quei nazionalismi, che utilizzano la religione per giustificare la loro politica. Gesta Dei per Francos [...]. “Noi abbiamo una missione divina di civilizzazione”, dicevano gli Afrikaners creando l’apartheid. I coloni puritani d’America, nella loro caccia all’indiano, per impadronirsi delle sue terre, invocavano [...] gli stermini [...] degli Amaleciti e dei Filistei [...]. Il nazionalismo sionista [...] non sfugge a questa regola, con questa variante originale nei suoi dirigenti atei, i quali pretendono che questa terra sia stata data loro da un Dio al quale non credono» (4).

Il 20 marzo 1968, il rabbino Elmel Berger denunciava la doppia idolatria della terra e della razza
La santità della terra non dipende dal suo suolo ma, dal comportamento del suo popolo. Ora, lo Stato d’Israele non ha nessun diritto d’affermare d’aver cooperato al piano divino per l’avvento dell’era messianica” (5). 

L’essenziale per il fondatore del sionismo, Teodoro Herzl, era di riunire gli Ebrei in una nazione, la religione era vista come un instrumentum regni, «perciò, l’antisemitismo per Herzl è un alleato oggettivo, poiché incita i propri concittadini di religione ebraica a emigrare. [...] Gli antisemiti, scrive Herzl, saranno i nostri migliori alleati» (6), per ottenere l’emigrazione degli Ebrei assimilati verso la Palestina.

Tale ideologia nazionalista propria del sionismo, portò Herzl a collaborare tatticamente e non per identità ideologiche, anche con Hitler, che voleva «liberare la Germania dagli Ebrei non assimilati (Judenrein) a detrimento dei tedeschi di religione ebraica» (7).

Adolf Heichmann, inviato da Hitler e Himmler, si recò in Palestina dal 1939 sino al 1941 per favorire l’emigrazione degli Ebrei dalla Germania.

Roger Garaudy spiega che siccome egli studia i crimini nazisti, senza negarli, ma pur sempre nell’ottica della storia universale, e non soltanto della storia ebraica, è accusato di minimizzare tali crimini, che invece dovrebbero essere visti come un unicum, poiché sono stati compiuti contro l’unico popolo di Dio.

«Io, scrive il filosofo francese, ho commesso un crimine imperdonabile agli occhi dei sionisti: ho studiato la Shoah come un fatto storico, vale a dire situato nel contesto della storia universale che, purtroppo ha moltiplicato “le shoah”: quella degli indiani d’America quelle più recenti dell’Iraq e del Ruanda. Questa desacralizzazione d’una catastrofe storica è insopportabile per coloro che vogliono farne un apax messianico che sfugge alla storia» (8).

Si vorrebbe studiare solo il lato ebraico della storia, ignorando tutti gli altri, quindi vi è una sola catastrofe e quelle che tutti gli altri popoli hanno subìto nel corso della storia, non vanno neppure menzionate o non devono essere messe sullo stesso piede di quella ebraica.
La persecuzione degli Ebrei da parte del nazionalsocialismo è unica, senza precedenti, fuori dalla storia poiché “essere ebreo significa essere un po’ più uomo” e il rabbino Eisenberg, nel suo libro Une histoire des juifs scrive: “Si è tanto più uomo, in quanto si è ebreo”.
Elie Wiesel, nella sua opera Célébration Talmudique, scrive: “L’ebreo è più vicino all’umanità di ogni altro”.

Queste aberrazioni spiegano quello che sta succedendo dal 1948 e specificamente da un mese a oggi in Palestina. Non è un colpo di testa di Netanyahu ma è l’essenza del giudaismo talmudico, applicata militarmente, in maniera ancora più spietata di quanto abbia potuto fare l’esercito germanico nei confronti degli Ebrei dell’Europa nordorientale nel 1942/45. 


NOTE

1 Citato in R. GARAUDY, Le procès du sionisme israelién, Al Fihrist, Beirut, 1998, p. 15.
2 - R. GARAUDY, Le procès du sionisme israelién, cit., p. 16.  
3 -  Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 17.
4 - Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 18.
5 - Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 22. 
6 - Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 23.
7 - Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 25.
8 - Cit. in GARAUDY, op. cit., p. 26.






 
novembre 2023
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI