Pro felici statu sanctae Romanae Ecclesiae



di Elia



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Nell’accingersi a celebrare la Messa, il sacerdote cattolico esprime l’intenzione con cui sta per farlo. Tale dichiarazione non è indispensabile ai fini della validità, dato che è sufficiente l’intenzione interna, manifestata esternamente con l’esatta osservanza dei gesti e delle parole prescritti dal rito. Tuttavia l’atto di pronunciare attentamente l’apposita formula ravviva nel ministro la consapevolezza di ciò che si prepara a realizzare: produrre nientemeno che il Corpo e il Sangue del Signore.
Nel disporsi a far questo nel modo più degno e raccolto possibile, egli rammenta a se stesso i fini dell’azione che sta per compiere: l’adorazione e il ringraziamento (a lode di Dio onnipotente e di tutta la corte celeste), la propiziazione e l’impetrazione (per l’utilità mia e di tutta la Chiesa militante, nonché di quella purgante), senza dimenticare poi quanti si sono raccomandati alle sue preghiere, sia in generale che in particolare.
Quale sintesi e suggello di tutte le richieste relative agli uomini, aggiunge infine: «e per il felice stato della santa Chiesa Romana».


Quale felicità per la Sposa di Cristo?

L’aggettivo latino felix evoca una condizione favorevole, prospera, feconda, salutare. Nel caso della Chiesa, essa si traduce nella santità di vita dei singoli e delle famiglie che la formano, nello zelo del clero e dei religiosi, nel buon ordine del governo ecclesiastico, nel successo dell’azione pastorale, nell’irradiazione dei beni spirituali di cui è dotata la famiglia di Dio, nella sua espansione nel mondo a beneficio degli individui e dei popoli bisognosi di salvezza. Tutto ciò presuppone necessariamente certezza e chiarezza nell’insegnamento, saldezza ed equità nella disciplina, dignità e riverenza nel culto, osservanza del diritto da parte di chi comanda e chi obbedisce, tutte condizioni imprescindibili del buon funzionamento di qualunque corpo sociale. Anche quello ecclesiale, pur avendo, per così dire, un’anima invisibile che ne assicura la vita e la coesione (lo Spirito Santo), consta di strutture gerarchiche, liturgiche e pastorali che ne fanno una realtà visibile, organizzata in modo tale da poter operare efficacemente sulla terra e nel tempo onde conseguire il suo fine proprio.

Nel corso della storia cristiana è varie volte affiorata l’illusione di dover perseguire l’emersione di una pretesa Chiesa puramente spirituale, libera da vincoli esterni e priva di ordinamenti giuridici, illusione basata sulla falsa idea secondo cui tutto ciò sarebbe da respingere a priori come qualcosa di intrinsecamente vizioso. Neanche nella Chiesa, certamente, l’esercizio dell’autorità va esente da tentazioni di ogni sorta né da abusi ricorrenti; questo non è però un motivo valido per considerare nocivo il principio stesso di autorità, che poggia invece sull’istituzione divina. Un corpo senza testa non può né sussistere né funzionare; ciò vale pure per un organismo sociale il cui principio vitale è soprannaturale, anzi è vero in un senso ancora più profondo, visto che la grazia non potrà mai esser prodotta dal basso, mediante accordi e attività umane, ma è donata dall’alto tramite i canali stabiliti da Gesù Cristo, fondatore e capo invisibile della società in questione.


Malattie recenti, ma non nuove

Sulla scia della gnosi catara e delle eresie protestanti, i modernisti e i neomodernisti han riproposto in veste rinnovata vecchi errori già condannati dal Magistero e respinti dal santo Popolo di Dio. Il sensus fidei cui essi si appellano per legittimare la loro propaganda non è il dono soprannaturale di cui godono i soli battezzati in stato di grazia che si sforzano di santificarsi secondo gli immutabili insegnamenti del Vangelo, bensì un’etichetta appiccicata sopra un’idea hegeliana di evoluzione della dottrina che non ha niente a che fare con lo sviluppo organico del dogma. Quest’ultimo avviene nel tempo per impulso dello Spirito Santo e sotto la supervisione del Magistero, il quale verifica che le verità rivelate siano ulteriormente esplicitate, sì, ma sempre eodem sensu et eadem sententia (nello stesso significato e nello stesso contenuto); invece gli apostati e gli estranei che si sono infiltrati nel governo della Chiesa, giungendo fino ad occuparne i vertici, pretendono di imporre opinioni che ne costituiscono un vero e proprio stravolgimento. A tal fine essi osano riaprire dibattiti già chiusi, se non addirittura rimettere in discussione dogmi definiti.

Ignorare deliberatamente i pronunciamenti del passato su un determinato soggetto o pensare di poterli modificare è sintomo evidente di disonestà intellettuale e mancanza di fede: non si trattano materie dottrinali fingendo che non ci siano limiti invalicabili imposti dall’origine soprannaturale dei dati trattati né tentando di forzarli mediante riforme della prassi assolutamente ingiustificate.
È di diritto divino che il compito di insegnare, governare e santificare spetti a coloro che, in virtù dell’Ordine sacro, sono costituiti successori degli Apostoli o collaboratori dell’ordine episcopale. Pertanto non è lecito insistere sul proposito di «garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nei ministeri»; ciò richiederebbe infatti non un mero adattamento del diritto canonico, bensì un’alterazione della fede e una contraffazione della natura stessa della Chiesa, con un totale ribaltamento dell’ordine stabilito da Cristo: verrebbe meno, infatti, la distinzione sostanziale tra ordinati e non ordinati, tra Chiesa docente e Chiesa discente, distinzione che appartiene alla costituzione divina della Chiesa quale l’ha voluta il suo Fondatore.


Terapie che peggiorano il male

Una sana reazione a questa deriva volontaria, tuttavia, non può assolutamente ammettere scelte di deliberata insubordinazione o di illegittima contestazione, le quali sul piano pratico, a prescindere dalle motivazioni ideologiche, vanno nello stesso senso della demolizione programmata dai nemici di Dio, risolvendosi così in un ulteriore contributo, sia pure di segno opposto, alla nefasta opera di quelli.
Chi si propone di risanare un male servendosi di mezzi illeciti non fa altro che aggravarlo, mettendo in atto decisioni che, nonostante le intenzioni, minano ancor più l’ordine e la salute del corpo ecclesiale. In questo modo, oltretutto, si fa il gioco dell’avversario frantumando il fronte dei dissenzienti in molteplici raggruppamenti separati che si muovono come schegge impazzite. L’aver tollerato o favorito questo tipo di opposizione è uno dei maggiori successi del pontificato corrente: secondo l’adagio divide et impera, si è fatto in modo che la dissidenza si disperdesse in mille rivoli e si rendesse funzionale al rafforzamento del potere.

Una malattia ancor più grave causata da questa situazione e acuita da false risposte, va diagnosticata non solo sul piano ecclesiale, ma anche su quello morale e spirituale: la gerarchia si è – ed è stata – talmente screditata che molti cattolici non riconoscono più alcuna autorità, nemmeno quella di chi denuncia la deriva, qualora non lo faccia in tutto e per tutto secondo le loro preferenze soggettive oppure il suo agire non combaci perfettamente con le decisioni da loro autonomamente prese; non parliamo neppure del caso in cui uno si azzardi ad esprimere qualche perplessità in proposito od osi addirittura tentar di correggere anime che, credendosi abilitate a sentenziare senza competenza alcuna su qualunque argomento, si espongono alla perdizione. Se in passato, su queste pagine, si è potuto incoraggiare questo grave difetto, ne facciamo sincera penitenza con digiuni e preghiere, contando sulla misericordia di Colui che conosce il grado di avvertenza di ogni nostra azione, ma sapendo pure che, se errare è umano, perseverare nell’errore è diabolico.



 
dicembre 2023
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