Gaza 2023

L’inizio della fine della supremazia israelo/americana?



di Don Curzio Nitoglia



Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/








Un passo indietro per capire gaza 2023

Difronte a quanto sta avvenendo in questi giorni a Gaza (7 ottobre/20 novembre 2023) mi sembra opportuno andare a rileggere quanto ha scritto Gilad Atzmon (1) .


L’ultra sionismo

Atzmon, da bambino, era un fervente “ultra-sionista”, per il quale: “Soltanto gli Ebrei erano associati, con tutto quanto era buono. In quel periodo (anni Ottanta) eravamo totalmente sicuri di noi […] e dell’onnipotenza delle nostre qualità. […].” (G. ATZMON, L’errante Chi? Un’inquietante introspezione nella psicologia ebraica, p. 23).


Un sionista disilluso

Tuttavia, “nel giugno del 1982, allo scoppio della prima guerra israelo/libanese, […] ogni singolo soldato capiva che quella era una guerra di aggressione da parte d’Israele. […]. Nel 1984 […] partimmo per Ansar, un famigerato campo d’internamento nel Sud del Libano: quest’esperienza avrebbe cambiato completamente la mia vita. […]. Mentre si procedeva verso la direzione del campo, ci si presentò la vista di migliaia d’internati all’aria aperta, bruciati dal sole. […]. Chi è questa gente, chiesi all’ufficiale. ‘Palestinesi’, rispose. […]. Studiai i detenuti. Apparivano molto diversi dai pacifici palestinesi di Gerusalemme. Erano arrabbiati; non erano sconfitti, erano combattenti per la libertà ed erano numerosi” (pp. 26-27).

Lo stesso si può dire degli internati nell’immenso campo di concentramento di Gaza che son prigionieri, non collaborazionisti, d’Israele.


L’aggressione sionista della Palestina

Fu allora che “capii la verità devastante che nel 1948 i palestinesi non avevano abbandonato le proprie case di propria spontanea volontà, come ci dicevano a scuola, ma avevano subìto una brutale pulizia etnica da parte di mio nonno e di gente come lui. Cominciai a rendermi conto che in Israele la pulizia etnica non era mai cessata […] e che il sistema legale israeliano non era imparziale, ma razzialmente orientato (per esempio, la legge del ritorno permette di accogliere Ebrei d’ogni Paese dopo una presunta assenza di 2000 anni, ma vieta ai Palestinesi di fare ritorno ai loro villaggi dopo un’assenza di due anni). […]. Per la maggior parte degli Israeliani, shalom non significa pace ma, significa sicurezza e soltanto per gli Ebrei” (p. 29) (2).


Giudeo/americanismo

Il neo-conservatorismo ha spinto gli Usa (a favore d’Israele) in una guerra totale contro l’Iraq, l’Afghanistan, il Pakistan dalla quale ne è uscita con le ossa rotte, come pure Israele ha subìto una umiliante “vittoria di Pirro” in Libano nel 2006 in cui Israele ha sganciato “oltre 1 milione di bombe a grappolo” (p. 180) (3)  e a Gaza - nel 2008/2009 come pure nel 2023 - ha gettato “bombe al fosforo bianco” (ivi) nella famigerata “operazione piombo fuso”. Secondo Atzmon questi ultimi avvenimenti (assieme alle “Rivoluzioni primaverili” in Tunisia, Libia, Egitto e Turchia) segnano l’inizio della fine della supremazia israelo/americana (cfr. p. 49).


Libano 2006 inizio della disfatta d’Israele?

L’Autore scorge i motivi delle sconfitte reali e delle non-vittorie d’Israele - in Libano nel 2006 e a Gaza nel 2008/2009, 2023 - nel fatto di “aver perso l’istinto ebraico di sopravvivenza e di aver adottato un’interpretazione edonistica dell’individualismo illuminista dell’Occidente. […]. I nuovi Israeliani non hanno nessun motivo per sacrificarsi sull’altare della collettività ebraica; sono assai più interessati a esplorare gli aspetti pragmatici della ‘bella vita’. E forse Anche per questo, i militari israeliani non sono riusciti a sopraffare Hamas [a Gaza nel 2008-2009 e probabilmente 2023] con l’operazione ‘Piombo fuso’. […]. I generali israeliani avrebbero dovuto attuare pericolose operazioni tattiche sul terreno. Probabilmente si rendevano conto che, bombardando Gaza a tappeto […] non avrebbero ottenuto i risultati sperati, eppure non c’era nient’altro da fare. Le società edonistiche non producono guerrieri spartani e, senza veri guerrieri a disposizione, è meglio combattere a distanza” (p. 140).

Questa è la stessa ragione della sconfitta cocente dello Tzahal  da parte di Hezbollah e del generale Michel Aoun in Libano nel 2006. Sconfitta in Libano, non-vittoria a Gaza pur disponendo Israele di una forza bellica ìmpari, a causa della debolezza fisica e demotivazione morale dei soldati israeliani, che maneggiano una forza bellica preponderante, mentre i Palestinesi e i Libanesi sono veri guerrieri, che hanno seri motivi per battersi, pur non possedendo un armamentario simile a quello ebraico.

Il soldato israeliano di oggi è come l’americano del 1943-45: “Evita le battaglie sul terreno e uccide da lontano” (p. 143). Il benessere l’ha rammollito, come gli ozi di Capua avevano indebolito gli antichi Cartaginesi di Annibale Barca.

“I Palestinesi, i Siriani, gli Hezbollah, gl’Iraniani ne sono ben consapevoli. […]. Sanno che i giorni d’Israele sono contati. […]. L’élite militare statunitense sta esaminando la situazione e ha cominciato a capire che Israele non è più una risorsa strategica per gli Usa” (p. 141).

Stiamo assistendo all’agonia (bellica, finanziaria, morale, intellettuale, politica e spirituale) del mondo moderno e postmoderno, caratterizzati, il primo da una fiducia illimitata nelle capacità dell’uomo (“Cogito” cartesiano, “Io assoluto” hegeliano), e, il secondo dalla volontà di auto-distruzione, di auto-consunzione e di fallimento (nichilismo nicciano, edonismo freudiano, liberismo neocon) dell’essere umano poiché partecipazione dell’Essere per essenza, che è Dio (“Dio è morto!”, Nietzsche; “dio” è il piacere!, Freud; “dio” è il denaro da spendere e il potere da acquistare!, Friedman & i Chicago boy’s).


Il mito della missione divina d’Israele

Il mito della missione divina di Israele ancor oggi, l’ha portato al seguente precetto: “Ama te stesso almeno quanto odi il goy prossimo-tuo” (p. 143) e da questo comandamento alla guerra  totale (denominata in codice dall’Amministrazione Bush jr. “terrore infinito”) contro il resto del mondo, che dopo la seconda guerra mondiale non è ancora suddito della ‘Nuova-Sion’. 

È l’atteggiamento simile di ogni setta, convinta di essere perfetta e assolutamente eletta da Dio, i suoi adepti arrivano anche a odiarsi tra loro (come i diavoli dell’Inferno), ma si uniscono per combattere chi non ha lo spirito della loro setta e del loro caporione.  Il sionismo è “la setta della vendetta”, che non conosce pietà e misericordia, ma solo odio e rancore.


La questione della shoah

Molto coraggiosamente Atzmon affronta anche il problema dell’olocausto. Egli cita il filosofo israeliano Yeshayahu Leibowitz, secondo cui “la religione ebraica è morta. Adesso nulla unifica gli Ebrei del mondo, a parte l’olocausto” (intervista rilasciata a Uri Avnery, 19 marzo 2005) (4).

L’olocausto, secondo il professor Adi Ophir (5), è un surrogato di religione, esso ha i suoi Sacerdoti (Wiesenthal, Wiesel, Foxman (6)), che sacrificano sull’altare della shoah i presunti criminali di guerra ed i revisionisti; i Profeti (Peres, Netanyahu), che mettono in guardia sull’olocausto venturo da parte dell’Iran; i Comandamenti (“mai più olocausto”, “mai più revisionisti”); i Rituali (i pellegrinaggi a Auschwitz, i giorni della memoria); i Simboli (le camere a gas, i forni crematori); il Tempio (lo Yad Vashem), che “si trova vicino a Deir Yassin, un villaggio palestinese ripulito dai suoi legittimi abitanti nel 1948” (p. 241) da Israele per commemorarvi le vittime dei Tedeschi.

Atzmon commenta: “Mi ci son voluti molti anni per capire che l’olocausto non era una narrazione storica, perché le narrazioni storiche non hanno bisogno della protezione delle leggi. Esso è giudeo-centrico: definisce la ragion d’essere dell’ebraismo. Per i sionisti significa la fine della Diaspora; l’identificazione del goy con l’omicida potenziale; la vendetta in nome della sofferenza inflitta agli Ebrei; la licenza di uccidere, radere al suolo e usare le armi nucleari” (pp. 199-200).

mi avevano detto in Israele ma, che probabilmente era morta di sfinimento, tifo o forse in qualche fucilazione di massa. È una sorte terribile, ma non tanto diversa da quella di molti milioni di Ucraini. […]. Penso che 65 anni dopo la liberazione di Auschwitz, abbiamo il diritto di cominciare a porci delle domande. Dovremmo chiedere prove e argomentazioni storiche, piuttosto che seguire una narrazione religiosa dell’olocausto e sostenuta da pressioni politiche e legali” (pp. 229-230). E nessuno può impedircelo, neppure i vari kapò giudeo/cristiani del Vaticano II.

La shoah come giudeo-centrismo incarna la filosofia moderna, immanentista, idealista, liberaldemocratica e panteista del culto dell’uomo (ebreo), l’amore di Sé al posto di Jaweh (p. 200), la quale in ciò collima con la religione del Vaticano II (v. Gaudium et spes, 12 e 24) che fa coincidere l’uomo con Dio, il teocentrismo con l’antropocentrismo (v. Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, 1979), alla luce di Nostra aetate (1965); dell’Antica Alleanza mai revocata (Giovanni Paolo II, Magonza 1981) e degli Ebrei fratelli maggiori dei cristiani nella Fede di Abramo (Giovanni Paolo II, Roma, 1986).

La shoah porta alla negazione di un Dio personale e trascendente, che non è riuscito a salvare gli Ebrei da Auschwitz e, quindi, l’ebreo si redime da sé (p. 201). Il nuovo Logos o Verbo incarnato è l’olocausto ebraico (p. 202).

Purtroppo, come osserva Atzmon (p. 203), “siamo tutti, in una certa qual misura, sottoposti a questa neo-religione olocaustica (7);  alcuni ne sono gli osservanti attivi e i Sacerdoti (gli israeliti); altri ne subiscono passivamente il potere e ne sono i fedeli-laici (i goyjm) o i Giuda (che tradiscono i fratelli e confratelli per amore della shoah). Mentre gli uomini che cercano di rivisitare, rileggere e approfondire la storia reale della shoah, subiscono “gli abusi dei Sommi Sacerdoti di questa religione” (p. 203). 


I tre elementi della forza ebraica


Dulcis in fundo Atzmon enumera gli elementi della forza ebraica: 1°) ricevere donazioni; 2°) fare lobby; 3°) possedere i mass media. Queste tre entità arrivano a dare a Israele una forza inimmaginabile. Infatti, “24 membri del Parlamento inglese sono ebrei, 12 del Partito conservatore, 10 del Partito laburista e 2 liberaldemocratici. Ora, gli Ebrei in GB sono 280 mila, cioè lo 0, 46% della popolazione totale. Alla Camera di Comuni i seggi sono 650 e perciò, in proporzione, la comunità ebraica dovrebbe avere solo 3 seggi. Con 24 seggi gli Ebrei superano di 8 volte il previsto” (p. 223).

Oramai, il complotto ebraico - da dietro le quinte - non ha ragion d’essere, “tutto avviene alla luce del sole” (p. 223).

Un altro punto importante per capire l’influenza israeliana sui goyjm è che “la democrazia attuale, ci fornisce come capi dei personaggi totalmente inadeguati. […]. Oggi, la democrazia è un sistema politico specializzato a collocare personaggi dubbi, inadeguati, poco qualificati in posizioni di leadership” (pp. 224-225). 

Lo stesso Haim Saban, l’israelo/americano multimiliardario dei media, in un’intervista al New Yorker, il 10 maggio 2010, intitolata The Influencer, dà una risposta molto convincente al problema dello strapotere ebraico rispetto al resto del mondo: “I tre modi per essere influenti sono: le donazioni ai partiti politici; l’istituzione di banche o serbatoi di cervelli (think-tank) e il controllo dei mass media”. 


Conclusione

Concludo, citando la frase di Israel Shahak, posta da Atzmon all’inizio del suo bel libro: “I nazisti mi hanno fatto provare paura di essere ebreo, e gli Israeliani mi hanno fatto provare la vergogna di essere ebreo” (p. 3).

Gaza 2023 dovrebbe far sprofondare per vergogna ogni sostenitore dello Stato genocida d’Israele.


NOTE

1 - L’errante Chi? Un’inquietante introspezione nella psicologia ebraica, Zambon ed., sine loco, 2012, p. 21.
2 - Atzmon, rifacendosi al libro del professor Shlomo Sand (tr. it., L’invenzione del popolo ebraico, Milano, Rizzoli, 2010), sostiene che il popolo ebraico non è una etnia pura ed unica, come pretende il sionismo, ma sarebbe un miscuglio di gruppi che hanno adottato la religione ebraica nel corso della storia. Per esempio, gli askenaziti o Ebrei dell’Europa del nord-est sarebbero discendenti dei kazari e non sarebbero semiti a differenza dei sefarditi o Ebrei spagnoli e dell’Europa occidentale e mediterranea.
3 - Cfr. Yair Sheleg, Ha’aretz 1 settembre 2006; v. http://www.haaretz.com/hasen/spages/757767.html.
Cfr. Meron Rapport, Ha’aretz, 12 sett. 2006: «Comandante dell’esercito Israeliano: “abbiamo sganciato sul Libano oltre 1 milione di bombe a grappolo”» v. http://www.haaretz.com/hasen/spages/761781.
4 - Cfr. http://www.gush-shalom.org/archives/article348.html.
5 - Cfr. http://www.tikkun.org/article.php/2009061707450771.
6 -  Definito da Atzmon come “il ‘dio’ dell’antidiffamazione dell’ebraismo” (p. 200).
7 - Cfr. JOACHIM PRINZ, Zionism under the Nazi Government, Young Zionist, Londra, 1937; LENNI BRENNER, Zionism in the Age of the Dictators, Westport, 1983. Joachim Prinz collaborò con Hitler per far espatriare gli ebrei tedeschi fuori del III Reich, ma Lenni Brenner ancor oggi non lo capisce e lo accusa di collaborazionismo col nazismo, cfr. intervista di Lenni Brenner a Joachim Prinz, 8 febbraio 1981, v. http://cosmos.ucc.ie/cs1064/jabowen/IPSC/php/clip.php?cid=512.









 
dicembre 2023
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