SEDEMENEFREGHISMO:

UN CIRCOLO VIZIOSO PER UCCIDERE LA CHIESA
SENZA CHE NESSUNO SE NE ACCORGA




di Bernardo Del Rio



Lettera inviataci dal lettore






ho letto quanto scritto dal “Gruppo dei nove”, poiché non si firmano e per le tesi esposte l’avevo giudicato uno scherzo, ma visti i diversi interventi penso che vada preso sul serio.

Il sottoscritto fa parte solo della categoria dei laici (con cultura sull’argomento “fai da te”) e quindi rapportarmi con filosofi, canonisti storici e teologi avrebbe dovuto indurmi a desistere. Però le tesi esposte sono piene di dubbi e quindi potrei dubitare, appunto in assenza di firma, che gli esponenti siano quello che affermano di essere, in ogni caso mi permetto rispettosamente di interloquire.

Oso quindi addentrarmi ad esaminare quanto hanno redatto. Nei primi tre punti viene “constatata” l’apostasia, l’abbandono della fede cattolica ovvero della “rottura con l’ininterrotta Tradizione della Chiesa e con il Dogma cattolico”.

Nei punti 4, 5 e 6 si dice di “perseverare” nella fede di sempre, “evitare” di mettere in pericolo la fede e “diffidare” dei gerarchi e delle istituzioni non cattoliche.

Nei punti 7, 8, 9, 10 si invita a “sospendere l’assenso”.

Ma il punto 11 è il vero capolavoro, dove hanno dato il meglio di sé i canonisti più che gli altri esimi professori. È tutto “opinione legittima”, sembra una ricetta per un minestrone all’italiana con componenti dall’Alto Adige alla Sicilia. C’è perfino il sedevacantismo classico, quello per cui il non praevalebunt non vale più, ovvero dopo Pio XII non c’è più la Chiesa.

Il punto 12 ci dice che fra le tante “opinioni” una sola è quella vera, ma, domanda legittima, chi dice che non ne esistano altre?
Però il punto 13 dice che sono opinioni, nessuna è certa; “La questione della Sede è
destinata a restare aperta, irrisolta sino alla fine della crisi, sino ad un giudizio certo da parte della Suprema Autorità” ci dicono al 14; giudizio di quale Autorità certa, non certa, probabile?
Aspettiamo la fine della crisi, consiglio finale al punto 16.

Al 17, questi canonisti, filosofi, storici, anche chierici, per concludere ci dicono che sono tutti problemi inutili, “freghiamocene di tutti”, anche di quello che sta vivendo la Chiesa “de facto o de iure” (questo da un certo tono canonistico, forse anche filosofico), ovvero della rinnovata passione di Nostro Signore Gesù Cristo, non ci interessa.

Costretto a prendere sul serio questi nove dotti, siccome non posso mettermi al loro
livello magisteriale mi affido a qualcuno che può farlo (mi perdoni professor Enrico Maria Radaelli) .

C’è un fatto, non una ipotesi, che non è stato preso in considerazione dai nostri nove.
Come Radaelli ha dimostrato, nel testo AL CUORE DI RATZINGER. È LUI IL PAPA, NON L’ALTRO, e nessuno lo ha confutato, la Rinuncia di Benedetto XVI è canonicamente invalida, nulla: non esiste. Dice il professore a pag. XLV:
A questo punto, per concludere, è chiaro che la risposta da dare alla domanda fatta sopra è dunque univoca ed è la seguente.
La Rinuncia di Papa Benedetto XVI, compiuta con la Declaratio da lui firmata e pubblicata l'11 febbraio 2013, non corrisponde ad alcuna legge della Chiesa, non presenta alcun elemento che, anche a un’analisi teologico-semantica, offra una corrispondenza oggettiva con i parametri richiesti dai Canoni 188 e 332, § 2, del Codex Iuris Canonici, testo, questo, che è il primo e l’ultimo, ossia l’unico e ineludibile suo referente, ed è quindi una Rinuncia canonicamente del tutto invalida, dunque, a tutti gli effetti, nulla: è una Rinuncia che non esiste.


Ne consegue che siamo in Sede vacante (niente a spartire col sedevacantismo) dalla morte di Benedetto XVI.
Tutti gli atti dell’antipapa Bergoglio sono invalidi. Ovviamente ho citato solo un paragrafo della conclusione, ma il professor Radaelli dedica cinquanta pagine alla dimostrazione completa che, come ho detto, nessuno ha confutato, ma due vescovi hanno avvallato e uno di essi, il vescovo texano Mons. Gracida, ha persino voluto mettersi in gioco direttamente sul libro di Radaelli scrivendogli una breve ma potente e decisa Prefazione.

So già che a questo punto si obbietterà che la maggioranza ha accettato Bergoglio, ma «...non c’è in tutta la storia del Magistero della Chiesa un pronunciamento che sia uno che abbia mai garantito di infallibilità un insegnamento che non sia dovuto o alla locutio ex cathedra di un Papa o alla professione invariata della Chiesa..., come è categoricamente affermato nella Costituzione dogmatica Dei Filius» dice in un altro testo Radaelli.
La Chiesa Cattolica non è una democrazia, ma, come fa notare ancora Radaelli
commentando quel celebre passo del Nuovo Testamento in cui san Pietro afferma davanti ai suoi superiori di allora: «Bisogna obbedire a Dio più che agli uomini» (At 5,29), è chiaro che la Chiesa Cattolica è una Teocrazia, e nemmeno un Papa può cambiare l’assetto papale dividendo in due pietre (in due pietre!) l’indivisibile e unica pietra del papato così come è stata stabilita da Gesù Cristo quando dice a Simon Pietro:
«Tu sei Pietro, e su questa pietra fonderò la mia Chiesa» (Mt 16,18), ma questo è esattamente quello che ha fatto Benedetto XVI avocando a sé un “Papato passivo” compiuto «soffrendo e pregando» e attribuendo a chi sarebbe stato eletto dopo la sua Rinuncia l’ambito di un “Papato attivo” realizzato «con le parole e con le opere» (Benedetto XVI, Dichiarazione di Rinuncia al Papato, 11-2-13).

Termino, mi scuso per la lunghezza, ma alla fine vi ho presi molto sul serio, esimi del Gruppo dei Nove, facendo notare che tutto il vostro ragionamento di tesi, antitesi e sintesi (sintesi futura, in attesa della fine della crisi) porta a una conclusione non affatto conforme alla Tradizione a cui sembrate riferirvi: si finisce nell’idealismo hegeliano, padre del modernismo, quell’hegelismo che ancora il professor Radaelli mostra con argomenti inoppugnabili essere la matrice nascosta della falsa Rinuncia di Benedetto XVI.

Conclusione: non ci sono una-dieci-cento-mille opinioni legittime, come dichiara al punto11 il Gruppo dei Nove, ma una sola, solida, inattaccabile VERITÀ, e VERITÀ inattaccabile perché argomentata canonicamente: la Santa Sede è vacante dal 31 gennaio 2023, giorno della scomparsa di Benedetto XVI, perché fino a quel giorno essa è rimasta occupata per dieci anni proprio dal quel Papa poiché la sua Rinuncia picchiava contro ben due Canoni del Codex Iuris Canonici, il Canone 188 e il 332, §2, e questa è l’unica verità da riconoscere, perché è l’unica che si basa su argomenti canonicamente solidi, inattaccabili.

Al punto 14 si legge che «solo la Suprema Autorità della Chiesa ha titolo per giudicare della questione relativa alla Sede. … La questione della Sede è destinata a restare aperta … sino a un giudizio certo da parte della Suprema Autorità». Ma qual è mai questa Suprema Autorità, se non proprio il Papa, di cui è in discussione l’individuazione? Questa è quella che si chiama petizione di principio, detta anche diallelo, ossia, in altri termini, è un circolo vizioso: come può esservi una Suprema Autorità giudicante dove la questione da giudicare è l’individuazione proprio di tale Suprema Autorità?

Di tutte le ipotesi raccolte dal Gruppo dei nove al punto 11, quella avanzata dal professor Radaelli è l’unica legittima, perché è l’unica che esamina la questione fin dall’inizio, ossia da quando Benedetto XVI annunciò la sua Rinuncia, ed è l’unica che rileva che tale Rinuncia è invalida e dunque è nulla, picchiando contro ben due Canoni del Codex Iuris Canonici, il 188 e il 332, §2, che costituiscono la Suprema Autorità legislativa
della Chiesa e a cui devono attenersi tutti i suoi membri, dal Papa all’ultimo dei fedeli, e Canoni che sono stati direttamente disattesi il primo per la presenza in detta Rinuncia di tre errori sostanziali, presenza che il Canone 188 indica come una delle cinque cause di annullamento di una Rinuncia, il secondo perché esso richiede espressamente che la Rinuncia papale – non altre rinunce, ma proprio la Rinuncia papale – sia compiuta precisamente e non ad altro che al munus, mentre Benedetto XVI, che come Sommo Legislatore dovrebbe ben conoscere le leggi di cui egli stesso è il Sommo garante, ha annunciato di rinunciare al proprio ministerium, che, come rileva il professor Radaelli nel suo libro sopra segnalato, è tutt’altra cosa dal munus, e la Somma Autorità non può non saperlo.
Essendo dunque nulla e dunque invalida la Rinuncia, la Somma Autorità è rimasta Benedetto XVI fino alla sua dipartita, e ora la Sede è vacante e chi la occupa è un antipapa.
Questa è l’unica realtà, di tutte quelle considerate a torto legittime dal Gruppo dei Nove, che permette di risolvere la questione di cui al circolo vizioso del punto 14, perché, e quella che qui io dico è la cosa più importante di tutte, essa è l’unica che permette e garantisce di individuare senza ombra di dubbio la sola e unica linea di Successione Apostolica della Somma Autorità.
Se non si avesse tale sicurezza di individuazione la Chiesa sarebbe morta, ossia, in altri termini: se si legittima una qualsiasi delle altre assurde ipotesi legittimate dal Gruppo dei Nove, ipso iure la Chiesa muore: MUORE. Siccome però la Chiesa non può morire e mai morirà, nessuna di tali ipotesi di legittimità è accettabile, dunque vanno tutte sterminate, cestinate, cancellate per sempre.

Consiglio vivamente al Gruppo dei Nove, e non solo, di studiare a fondo il libro del professor Radaelli, almeno per non cacciarsi in altre miserabili petizioni di principio. A meno che non vogliano davvero provare a uccidere realtà per definizione eterne. Auguri.

E Tu, Signore, dacci presto il Successore di Benedetto XVI: e che sia santo, determinato, eroico! Non ho nient’altro da aggiungere. Grazie.

Cordialmente,

Bernardo Del Rio

5 dicembre 2023









 
dicembre 2023
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