Cosa è successo al Sinodo sulla sinodalità?



Articolo della Fraternità San Pio X

Compendio di diversi articoli pubblicati dalla Fraternità San Pio X

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Il Vaticano di notte: simbolo dell'oscuramento prodotto dal Sinodo sulla sinodalità



Dal 4 al 29 ottobre 2023 si è svolto a Roma il Sinodo sulla sinodalità. Si è trattato della prima fase di un Sinodo che si riunirà nuovamente nell’ottobre 2024, e al quale seguirà l’Esortazione post-sinodale del Papa che riprenderà ciò che vorrà dal documento di sintesi che gli sarà consegnato dai padri e madri sinodali – perché questo Sinodo è, per la prima volta, aperto alle donne, religiose e laiche.

Al termine di questa prima fase, possiamo trarre alcune conclusioni che, seppur provvisorie, sono tuttavia rivelatrici dello stato d’animo che fomenta gli organizzatori del Sinodo.


Democraticismo apparente e autoritarismo imposto

Su Le Figaro del 29 ottobre, Jean-Marie Guénois ha espresso l’impressione generale lasciata da queste tre settimane di dibattito, sotto il titolo esplicito: “La prima fase del Sinodo ha sofferto della contraddizione tra l’autoritarismo del Papa e il conclamato spirito sinodale democratico”.
Ecco i principali estratti del resoconto di questo incontro.

“La Chiesa cattolica sembra aver inventato un nuovo comandamento: ‘Ascolta il tuo prossimo’. È questo il messaggio centrale di una lettera inviata mercoledì sera [25 ottobre] a tutti i cattolici del mondo, in occasione del Sinodo sul futuro della Chiesa, riunito per un mese e fino a Domenica in Vaticano.”

“Non si tratta quindi di ascoltare Dio, il Papa o i vescovi, ma di prestare orecchio soprattutto ai più ‘poveri’: Per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di mettersi in ‘ascolto di tutti’, a cominciare dai più poveri, si legge nel documento”.

Concretamente, secondo i termini di questa lettera ai cattolici del mondo, “si tratta di ascoltare coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi, anche da parte della Chiesa. Ascoltare le persone vittime del razzismo in tutte le sue forme, in particolare, in alcune regioni, dei popoli indigeni le cui culture sono state violate”.

“E soprattutto la Chiesa del nostro tempo deve ascoltare, in spirito di conversione, le persone che sono state vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché essi non si ripetano”.

Poi c’è l’“ascolto” dei “laici, donne e uomini”. Poi, quello delle “famiglie” e “coloro che desiderano impegnarsi in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e di decisione”.

Jean-Marie Guénois rileva una grande contraddizione con “questo nuovo imperativo cattolico, questo ascolto a 360 gradi, dal basso verso l’alto anche fuori della Chiesa”: “Mercoledì pomeriggio [al momento della pubblicazione della lettera ai cattolici del mondo], Francesco ha comunque pronunciato un discorso vigoroso, trasmesso su sua richiesta, in cui ha improvvisato sul Sinodo criticando aspramente alcuni sacerdoti”.

«Che mette i brividi sulla realtà della pratica dell’‘ascolto’ e dello spirito sinodale, mentre affretta nell’oblio mediatico la famosa lettera che il Sinodo aveva appena inviato, un quarto d’ora prima, che tuttavia auspicava l’‘ascolto’ degli altri.

“‘Quando i ministri eccedono il loro servizio e maltrattano il popolo di Dio, sfigurano il volto della Chiesa con atteggiamenti sessisti e dittatoriali’, ha detto il Papa nella sua lingua madre. Ha criticato il ‘clericalismo’ facendo questo esempio: ‘Basta andare nelle sartorie ecclesiastiche di Roma per vedere lo scandalo dei giovani preti che si provano talari e cappelli o camici con merletti!’”.

“Il clericalismo è una piaga, è una forma di mondanità che sporca e danneggia”. Il Papa ha criticato “i maltrattamenti e l’emarginazione duratura commessi da questo clericalismo istituzionalizzato dove si parla naturalmente di principi della Chiesa, di promozioni episcopali così come di promozioni di carriera!”. Tanti “orrori”, “mondanità” che “maltrattano il popolo santo e fedele di Dio”.

“Un ‘popolo di Dio’ di cui ha lodato ‘la pazienza, l’umiltà’ nel suo ruolo di custode ‘infallibile’ della fede e della sua trasmissione da parte delle ‘donne’, in particolare ‘madri e nonne’. –
Un ‘autoritarismo’ di Francesco che contrasta con lo spirito democratico che vuole infondere nella Chiesa attraverso questo Sinodo, un paradosso sentito dentro e fuori dal Sinodo.”

Il giornalista di Le Figaro aggiunge: “Un altro limite di questo Sinodo segnalato da alcuni partecipanti: la sua reale rappresentatività. La questione è stata accentuata dalla volontà di porte chiuse imposta da Francesco, che ne ha fatto un evento riservato. Eletto Presidente dei vescovi degli Stati Uniti da un episcopato piuttosto lontano da Papa Francesco, Mons. Timothy Broglio ha smorzato l’entusiasmo, stimando che non più dell'1% dei cattolici americani si sente rappresentato dai dibattiti...”


Piccole differenze nel consenso unanime

Sul suo blog Settimo Cielo del 1° novembre, il vaticanista Sandro Magister tenta di tracciare un primo bilancio, pur riconoscendo che “è difficile ricavare che cosa resti di un mese di Sinodo, se si sta a quanto si legge nelle 42 pagine del suo documento finale”, intitolato semplicemente Una Chiesa sinodale in missione.

Magister nota che vi si dice che “il nuovo ‘volto della Chiesa sinodale’ è ancora tutto da disegnare. Perché ne resta ancora da ‘chiarire il significato’, come pure il suo rapporto con la collegialità episcopale e con la ben differente sinodalità delle Chiese orientali”.
“Il Sinodo si propone “l’istituzione di un’apposita commissione intercontinentale di teologi e canonisti, in vista della seconda sessione dell’assemblea” nell’ottobre del 2024, affinché “si avvii uno studio preliminare”.
 – Insomma, un’altra commissione preparatoria.

Sandro Magister prosegue la sua attenta lettura: “Le 270 proposizioni del documento, più l’introduzione e la conclusione, sono state tutte approvate ad una ad una con più di due terzi dei 364 votanti, vescovi, sacerdoti, laici, uomini e donne. Qua e là, però sono comparse alcune decine di ”no”, a segnalare divergenze su varie questioni raggruppate nel testo tra quelle ancora ‘da affrontare’ in futuro”.
“Ma compare qualche dissenso anche su questioni su cui il documento registra ‘convergenze’. Ad esempio là dove vi si afferma (parte I, sezione 3, proposizione c) che ‘i processi sinodali  consentono di verificare l’esistenza di quel consenso dei fedeli (‘consensus fidelium’) che costituisce un criterio sicuro per determinare se una particolare dottrina o prassi appartengono alla fede apostolica”. Qui i “no” sono 26, verosimilmente dubbiosi su questa consegna del magistero dottrinale a un vago “consenso dei fedeli”, accertato chissà come.”

Nota il vaticanista: “Ma il massimo dei “no”, 69, sono andati a “l’accesso delle donne al ministero diaconale”, incluso tra le “questioni da affrontare” (parte II, sezione 9, proposizione j). Il documento elenca così le ‘posizioni diverse’ emerse nella discussione: ‘Alcuni considerano che questo passo sarebbe inaccettabile in quanto in discontinuità con la Tradizione’”.

“Per altri, invece, concedere alle donne l’accesso al diaconato ripristinerebbe una pratica della Chiesa delle origini. Altri ancora discernono in questo passo una risposta appropriata e necessaria ai segni dei tempi, fedele alla Tradizione e capace di trovare eco nel cuore di molti che cercano una rinnovata vitalità ed energia nella Chiesa”.

C’è infine chi esprime “il timore che questa richiesta sia espressione di una pericolosa confusione antropologica, accogliendo la quale la Chiesa si allineerebbe allo spirito del tempo.” Inoltre, “il celibato del clero è definito nel documento come un tema non nuovo, che richiede di essere ulteriormente ripreso”.
“Ma l’ipotesi che possa essere superato, ‘soprattutto dove i contesti ecclesiali e culturali lo rendono più difficile’, si è scontrata con 55 “no”, due in più di quelli che hanno respinto anche la proposta (parte II, sezione 11, proposizione l) di “inserire presbiteri che hanno lasciato il ministero in un servizio pastorale che valorizzi la loro formazione e la loro esperienza”. In questa stessa sezione (proposizione i) ha fatto di nuovo capolino “la questione dell’accesso delle donne al diaconato”, respinta da 61 “no”.”

Sandro Magister si chiede infine: “Insomma, tanto rumore per nulla? Sì e no. Le questioni spinose che il documento finale del Sinodo tiene sotto traccia sono state oggetto, infatti, anche di un doppio intervento di Papa Francesco e del suo fidatissimo prefetto del dicastero per la dottrina della fede, l’argentino Victor Manuel Fernández, in risposta ai “dubia” di alcuni cardinali”.
“Ed entrambe le risposte (l’una dell’11 luglio e l’altra del 25 settembre) sono state pubblicate il 2 ottobre, alla vigilia del Sinodo, ignorando del tutto che su quelle stesse questioni il Sinodo era stato chiamato a discutere: dalla benedizione delle coppie omosessuali alla comunione ai divorziati risposati, dall’ordinazione delle donne alla sinodalità estesa ai laici.”

La sostanza di quelle risposte è che la dottrina resta intatta, ma la prassi può mutare, entro un ‘processo’ evolutivo che non ha traguardi prestabiliti ma è esso stesso figura della nuova Chiesa sinodale. Nella quale a decidere è lui da solo, il Papa.



Una prassi collaudata: una delicata erosione dottrinale

Jean-Marie Guénois ha ricordato, nell’articolo su Le Figaro già citato, che le autorità vaticane hanno dichiarato che non bisogna “aspettarsi troppo da questo testo transitorio” poiché questo Sinodo si estende su due anni e che le vere decisioni saranno prese in entro la fine del 2024 dal solo Papa, essendo il Sinodo solo un organo consultivo.

Questa rassicurante dichiarazione non toglie affatto che il Sinodo – anche nella sua prima fase – mette in atto una prassi collaudata, già in uso nei Sinodi precedenti. Si tratta sempre di non scontrarsi frontalmente con la dottrina tradizionale, ma di eroderla poco a poco, di aggirarla “pastoralmente”.

Non si sbagliava il Relatore generale del Sinodo, il cardinale Jean-Claude Hollerich S.J., arcivescovo di Lussemburgo, che dichiarò in una conferenza stampa del 28 ottobre, riportata nel Catholic World Report: “Questa libertà e questa apertura cambieranno la Chiesa , e sono sicuro che la Chiesa troverà risposte, forse non la risposta esatta che questo o quel gruppo vuole, ma risposte che faranno sentire bene e ascoltate la maggior parte delle persone”.

E il cardinale chiarisce: “Il processo comincia, comincia davvero, alla fine del Sinodo. Quindi l’anno prossimo spero che ci sarà un documento che sarà un vero documento, in cui verranno prese in considerazione anche alcune questioni teologiche sulla sinodalità, e così via. Ma anche il documento finale sarà solo una “tappa” di una “Chiesa in movimento”. E penso che questo sia l’importante: siamo in movimento”.

Il presule lussemburghese aggiunge, senza nascondere la sua soddisfazione: “Mi era chiaro che certi temi avrebbero suscitato resistenze. Sono molto sorpreso che così tante persone abbiano votato a favore del progetto. Ciò significa che la resistenza non è stata così grande come si pensava. Quindi sì, sono contento di questo risultato. Risultati simili, in una votazione parlamentare, sarebbero considerati molto positivi”.

E il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo, aggiunge riferendo la confidenza di un vescovo che, durante questo Sinodo, aveva visto letteralmente “il ghiaccio sciogliersi” tra la gente: “Questo è l’approccio di Gesù: creare spazi per tutti affinché nessuno si senta escluso. Oggi c’è stata una gioia immensa che si poteva vedere con i propri occhi”.

Questo scioglimento dei ghiacci o più precisamente questa erosione della dottrina tradizionale è, come sempre, attribuita artificiosamente all’azione di Gesù Cristo o dello Spirito Santo… Niente di meno.

Su La Nuova Bussola Quotidiana del 30 ottobre, Stefano Fontana fa un’analisi particolarmente lucida della prassi sinodale: “La lettura della Relazione giustifica le preoccupazioni di quanti temevano che la logica di questo Sinodo conducesse a cambiamenti radicali non solo pastorali ma anche dottrinali. Ora, questi cambiamenti ci sono stati? […]

“Hanno avuto ragione quanti, come noi, avevano previsto che questa sessione sinodale sarebbe stata un processo nel processo, guidata per non chiudere il percorso e porre i presupposti per farlo maturare. Con ciò non si vuol dire che sia stato abbandonato il processo rivoluzionario, ma solo che questo viene inteso, appunto, come un processo dialettico, lungo e articolato che va pazientemente gestito per tappe.”

Leggendo la Relazione, si vede benissimo che essa tiene aperte tutte le porte e non solo perché il compito di questa fase transitoria non era di chiuderle, ma perché ci sono nuove acquisizioni su cui far crescere la ‘condivisione’ sia dentro i partecipanti al Sinodo sia fuori e poi, solo poi, eventualmente si chiuderà qualche porta.”

A proposito del diaconato femminile, per esempio, la Relazione non dice né che non si può concedere né che si può fare. Dice che ‘occorre adattare il diritto canonico’ per ‘garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nei ministeri’”.

“Poi afferma che è auspicabile una maggiore creatività nella istituzione dei ministeri, per esempio si potrebbe istituire il “ministero della Parola di Dio” con la possibilità della predicazione anche per le donne.”

“Quindi chiede una nuova riflessione sul diaconato ‘in sé’ e non solo come prima fase del sacerdozio, sostenendo che ‘una più approfondita riflessione a riguardo consentirà di illuminare anche la questione dell’accesso delle donne al diaconato’”.

“Infine, chiede espressamente che ‘si prosegua la ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato’. Non si dice, ma si mettono le basi per cui si possa dire in futuro, spingendo in questo modo la prassi a preparare il terreno.”

Sulla costituzione della Chiesa, Stefano Fontana rileva giustamente: “La necessità di esaminare le implicazioni canonistiche dei cambiamenti proposti, necessità che viene ripetutamente segnalata dalla Relazione, ci dice che l’intento è di dare alla Chiesa una nuova struttura e non solo di suggerire qualche nuovo atteggiamento pastorale”.

Un tema che la Relazione ritiene necessario approfondire è lo statuto teologico e canonico delle Conferenze episcopali: ‘Consideriamo necessario un ulteriore approfondimento della natura dottrinale e giuridica delle Conferenze Episcopali, riconoscendo la possibilità di un’azione collegiale anche rispetto a questioni di dottrina che emergono in ambito locale, riaprendo così la riflessione sul motu proprio Apostolos suos”.

“La Relazione, infatti, ritiene che la nuova sinodalità debba promuovere forme di decentramento e istanze intermedie. Anche qui si prepara il terreno a fondamentali cambiamenti strutturali.
Stefano Fontana suggerisce che l’unanimità raggiunta nella votazione finale è dovuta all’influenza dei “facilitatori” presenti al Sinodo, secondo i vecchi metodi delle dinamiche di gruppo: “Con il loro voto i sinodali hanno a grande maggioranza approvato tutti i punti della Relazione. Qualche contrario solo in ambiti delicati come il diaconato femminile”.

La cosa si può spiegare ricordando che i lavori del Sinodo sono stati “guidati” direttamente e indirettamente a partire dalle nomine fino ad arrivare al ruolo dei “facilitatori”, e che i testi da approvare preparavano sì un terreno ma non lo dichiaravano espressamente. Inoltre, non è mai emersa in tutta la discussione sinodale qualche osservazione critica rispetto alla Chiesa conciliare e postconciliare sicché tutti si sono sentiti rassicurati di essere sulla buona strada e in continuità con la tradizione.”

Il giornalista de La Nuova Bussola Quotidiana conclude: “Esso [il Sinodo] è servito a gettare sassi nello stagno, come più volte Francesco si è espresso, smuovere le acque, sparigliare le carte, acuire i contrasti senza farli esplodere per poi esercitare su questi un potere di moderazione e di indirizzo […]”.

“La nuova sinodalità è un processo dialettico, il Sinodo serve anche a far emergere tensioni e contraddizioni e per un Pontefice hegeliano è in questa prassi che si deve lavorare per far nascere una sintesi, anche se sempre aperta.”


La testimonianza eloquente di Padre Martin, S. J.

La migliore illustrazione della prassi usata dal Sinodo è data da Padre James Martin S. J., caloroso militante dell’accoglienza degli omosessuali nella Chiesa, da lui esposta sulla rivista gesuita America del 30 ottobre.
Il Martin è stato invitato dal Papa ed ha apprezzato molto il Sinodo.


Ecco come egli considera le «conversazioni nello Spirito», di cui i Padri sinodali dovevano fare l’esperienza: «Abbiamo iniziato con un ritiro nel centro Fraterna Domus, diretto da Padre Radcliffe, ex Maestro generale dei Domenicani, e da Madre Maria Ignazia Angelini, suora benedettina italiana.

«Diversamente dalla maggior parte dei ritiri, questo comprendeva, non solo delle preghiere e delle istruzioni, ma anche una introduzione al principale metodo di partecipazione al Sinodo, chiamato “conversazioni nello Spirito”. Queste conversazioni, più di ogni altra cosa, sono state il principale contributo del Sinodo alla Chiesa.

«Mi ci è voluto un certo tempo per comprendere che il Sinodo sulla sinodalità verteva meno su delle questioni, anche importanti, e più sul modo in cui noi discutevamo sulle questioni. Così, il messaggio più forte espresso dal Sinodo è stato l’immagine di 350 delegati seduti attorno a delle tavole rotonde che parlavano gli uni con gli altri, e, cosa ancora più importante, si ascoltavano gli uni con gli altri.»

Dopo la teoria, i Padri e le Madri sinodali passavano ai lavori pratici della «conversazione nello Spirito» attorno ad un tavolo: «Abbiamo trovato utile chiedere a ciascuno il nome che desiderava attribuirsi ai tavoli. Questo può essere meno urgente in una parrocchia, ma qui era importante vista la presenza di tanti eminenze ed eccellenze, nonché professori e Padri.

«In genere essi dicevano : “chiamatemi Jim”; chiamatemi Chito”; “chiamatemi Cinzia”.
Poi ugnuno faceva un giro e, in tre minuti – strettamente cronometrati – dava la sua risposta alla questione posta. La nostra questioni erano tratte dal documento di lavoro o “Instrumentum laboris”: per esempio: “Come può una Chiesa sinodale rendere credibile la promessa che “l’amore e la verità si incontrano?”»

«Nessuno poteva interrompere e tutti dovevano ascoltare. Il che significa che il cardinale arcivescovo ha ascoltato uno studente di 19 anni del Wyoming. O che il patriarca o il primate di un paese ha ascoltato una donna professore di teologia. In questa fase non vi erano interruzioni, risposte o discussioni.

«Al secondo turno, dopo una nuova preghiera, ognuno rendeva noto ciò che aveva ascoltato, che l’aveva colpito e le impressioni riportate nel corso della discussione.
Dove si stava manifestando lo Spirito? Di nuovo, nessuna interruzione. Sono stato a tavoli in cui l’animatore (è utile averne uno) diceva: “Cardinale, non ha ancora finito”.

«Infine, la terza sessione è stata una discussione più libera, in cui abbiamo potuto rispondere a domande, condividere le nostre esperienze e sfidarci a vicenda.

«La genialità di questo metodo sta nella sua capacità di trasmettere onestamente la complessa realtà delle nostre discussioni. Un segretario ha redatto i punti di convergenza, di divergenza, di tensione e le domande. Un relatore ha poi presentato la discussione del tavolo alla sessione plenaria. In questo modo, non è stato necessario forzare un falso consenso laddove non esisteva; al contrario, le differenze e le tensioni sono state comunicate onestamente.

«Ho trovato il tutto rilassante. Questo metodo significa che tutti sono stati ascoltati, tutti hanno avuto una possibilità e una sintesi onesta è stata offerta per una riflessione più approfondita». […]


«Mentre eravamo seduti nella grande Aula Paolo VI e vedevamo tutti discutere alla pari, con il Papa stesso a una tavola rotonda, mi sono reso conto che il messaggio del Sinodo è questo metodo, che potrebbe aiutare la Chiesa in modo incommensurabile in questi tempi di grande polarizzazione».

Ingenuità o astuzia di questo gesuita, fervente sostenitore degli omosessuali nella Chiesa?
La risposta arriva nel resto della sua testimonianza, dove esprime il suo disappunto per il fatto che la questione LGBTQ non sia stata realmente affrontata. Dice: «L’assenza di qualsiasi menzione del termine LGBTQ nella sintesi finale, intitolata Una Chiesa sinodale in missione, è stata una delusione per molte persone, me compreso. [...]

«Dal mio punto di vista, avrei voluto che la sintesi riflettesse maggiormente la ricchezza della conversazione sul tema e riconoscesse le nostre differenze, come è stato fatto in altri ambiti controversi.

«A causa della feroce opposizione a questo tema, la sintesi ha parlato  di “sessualità e identità”. Tuttavia essa chiede alla Chiesa di ascoltare il desiderio dei cattolici LGBTQ (così come di altri gruppi) di essere “ascoltati e accompagnati”, e di fare della Chiesa un luogo dove possano “sentirsi al sicuro, ascoltati e rispettati, senza essere giudicati”, dopo essere stati “feriti e trascurati”.

«Il Sinodo precisa che “a volte le categorie antropologiche che abbiamo elaborato non sono in grado di cogliere la complessità degli elementi che emergono dall’esperienza o dalla conoscenza scientifica e richiedono una maggiore precisione e uno studio più approfondito”.

«È importante, dicono i membri del Sinodo, “prendersi il tempo necessario per questa riflessione e investire le nostre migliori energie in essa, senza indulgere in giudizi semplicistici che feriscono le persone e il corpo della Chiesa”

L’importante, per Martin, è che “il testo [sia] una porta aperta per ulteriori conversazioni da parte del Sinodo in occasione della nostra prossima sessione e da parte della Chiesa». E conclude nello stile di Embrassons-nous, Folleville di Eugène Labiche: “Alla fine delle nostre discussioni, non c’era molto terreno comune [sulla questione LGBTQ], ma c’erano amicizia e rispetto, e da quel momento ci siamo salutati”.

«A un certo punto ho incontrato il cardinale Gerhard Müller, il cui approccio alle questioni LGBTQ è molto diverso dal mio [sic!]. Ho potuto dirgli sinceramente che ammiravo il suo lavoro con il teologo della liberazione Gustavo Gutiérrez, e più tardi quel giorno ci siamo scambiati dei libri e ci siamo fatti fotografare insieme.
Questo cambierà la Chiesa?

«Forse no, ma è un inizio, e forse è qualcosa di buono in un mondo polarizzato. Padre Radcliffe ha detto che senza amicizia non otterremo nulla. Ha poi citato una bella frase di Giovanni Paolo II: “La collegialità affettiva precede la collegialità effettiva.”»


Brutale ritorno al reale

Dopo questo idealismo euforico, che ricorda il beato ottimismo del Concilio e del post-Concilio, dobbiamo tornare alla realtà.
Due autori ci invitano a farlo, contrapponendo la logorrea sinodale alla tragica situazione della Chiesa di oggi. Denunciano lucidamente sia le parole vuote sia le chiese deserte.

In First Things del 1 novembre, George Weigel riferisce: «Un eminente Padre sinodale stava prendendo appunti sul vocabolario usato nelle “conversazioni nello Spirito” del piccolo gruppo, ed è rimasto colpito dalle parole usate e da quelle non usate. Ha fatto una satira su entrambi sotto forma di una nota fittizia in due parti dalla segreteria generale del Sinodo ai Padri sinodali.

«In primo luogo, le parole che devono essere usate in ogni discorso e dichiarazione: Sinodalità, Armonia, Sinfonia, Donne, LGBTQIA+, Lavorare insieme, Gli esclusi, Quelli ai margini, Lo Spirito come protagonista, Le donne come protagoniste, LGBTQIA+, Sacerdoti insensibili, Seminaristi arretrati, Papa sensibile e gentile, Donne, LGBTQIA+, Terra che sanguina, Tutti sono benvenuti, Ascolto, Discernimento, Donne, LGBTQIA+, Divorziati e risposati, Mari avvelenati.

«Poi le parole inaccettabili: Salvezza, Peccato, Conversione del cuore, Santità, Bambini non nati, Vocazioni, Matrimonio e famiglia, Rinnovamento eucaristico, Penitenza e digiuno, Cristiani perseguitati, Libertà religiosa, Messa domenicale, Sacramento della Penitenza, Virtù, Parrocchie, Vita intellettuale, Grazia santificante, Paternità, Il Cielo, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Una sola Chiesa santa, cattolica e apostolica.

«Il mio amico ha esagerato, come tutti tendiamo a fare quando siamo esasperati. Ma non ha esagerato molto. E il lessico del Sinodo 2023, in cui un vocabolario decisamente secolare ha sostituito il linguaggio distintivo della Chiesa: era prevedibile, perché rifletteva il vocabolario dell’Instrumentum laboris (documento di lavoro) del Sinodo.


«In questo documento, le parole “sinodale” e “sinodalità” sono utilizzate 342 volte ; la parola “processo” è utilizzata 87 volte, mentre il nome Gesù vi compare 14 volte.
Come può aversi una seria “conversazione nello Spirito” senza Gesù che, incontrando gli Apostoli dopo la Resurrezione, “soffia su di loro e dice loro “Ricevete la Spirito Santo” (Gv. 20, 22) ?».

Cosa ancora più grave : in un articolo intitolato Piazza vuota e riti stanchi. Morte di un pontificato, pubblicato il 26 ottobre sul suo blog, Aldo Maria Valli scrive : «La foto parla da sola. Udienza generale del mercoledì [25 ottobre]. Piazza vuota. Solo poche decine di persone. Va bene, c’è la pioggia. Ma una volta, in caso di pioggia, la piazza diventava una distesa di ombrelli.

«Il quadro è desolante, e i mass media vaticani, a partire dal centro televisivo, non sanno più come fare per nascondere il dato di fatto: nessuno va ad ascoltare Francesco. Si cerca di rimediare con immagini strette, anzi strettissime, un po’ come faceva la tv polacca con Giovanni Paolo II in visita in patria.

«Ma se nel caso della televisione polacca il problema era nascondere le folle che accorrevano da Wojtyła, in Vaticano il problema è opposto: nascondere i vuoti imbarazzanti.

«Questo pontificato sta morendo così, d’inedia. Incominciato con tante speranze, si sta esaurendo nel disinteresse generale. Cose che succedono quando la Chiesa si mette a inseguire il mondo. Perché il mondo è sempre un passo avanti, e la Chiesa diventa semplicemente patetica quando pretende di andare a rimorchio.

«Intanto nella basilica vaticana piove. Infiltrazioni un po’ ovunque, anche negli archivi. Certo, gestire un patrimonio così grande non è semplice, ma da tempo la manutenzione fa – letteralmente – acqua.

«Testimoni dicono che anche le pulizie lasciano a desiderare. In mancanza di celebrazioni papali, San Pietro assomiglia sempre di più a un museo in progressivo stato d’abbandono. E le cose non vanno meglio a Castel Gandolfo, dove il palazzo dei papi, non più utilizzato come residenza, è diventato a tutti gli effetti un museo e incomincia a soffrire di tutti i problemi tipici di questi luoghi (compreso un recente incendio).

«Intanto i partecipanti al sinodo, riuniti attorno ai loro tavoli, discutono, discutono, discutono. Una specie di gran ballo delle parole sulla tolda del Titanic che affonda. Niente di male nel discutere, ci mancherebbe. Il problema è che i partecipanti sembrano muoversi su un altro pianeta rispetto alla realtà effettuale.

«La Chiesa agonizza, i fedeli scappano, le vocazioni spariscono, ma i sinodali vivono in un mondo tutto loro. Come tutti gli apparatčik, i funzionari di partito, appartengono a una casta chiusa, il cui unico scopo è la perpetuazione di se stessa.

«Intanto esce un altro libro con un’altra intervista al papa. Intanto ci dicono che al sinodo si è pregato per migranti e rifugiati. Intanto si premurano di farci sapere che “alcuni poveri a Santa Marta hanno pranzato con il papa”».


Parce, Domine, parce populo tuo. Perdona, o Signore, perdona il Tuo popolo.










 
dicembre 2023
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