LA SPINOSA QUESTIONE DI PAPA BERGOGLIO




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IL DECRETO DI GRAZIANO (1141)

Alcuni teologi e canonisti, molto reputati, ritengono spurio il canone 6 “Si Papa” (I pars, distinctio XL) del Decreto di Graziano.

Nel presente articolo, mi sono basato, su quanto insegnato da questi autori dai quali ho ripreso l’asserzione, che condivido, della non autenticità del suddetto Canone.


MONSIGNOR ANTONIO PIOLANTI († 2001)

Monsignor ANTONIO PIOLANTI (1911-2001) scrive: “Il Conciliarismo è un errore ecclesiologico, secondo il quale il Concilio ecumenico sarebbe superiore al Papa. L’origine remota del Conciliarismo si trova nel principio giuridico, secondo cui il Papa può essere giudicato dalla Chiesa in caso di eresia (Decreto di Graziano, pars I, dist. XL, canone 6). […]. Quando lo Scisma d’Occidente (1378 – 1417) funestò la Chiesa, molti, anche ben intenzionati, trovarono in queste teorie conciliariste la via d’uscita da tanti mali. […]. Il Papa può dirsi Capo della Chiesa, ma, siccome può errare e perfino cadere in eresia, dovrà - in tal caso - essere corretto e anche deposto” (A. PIOLANTI, Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 82-84, voce “Conciliarismo”; VI ed. Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2018) (1).


MONSIGNOR VITTORIO MONDELLO (NEL 1965)

Monsignor VITTORIO MONDELLO, ora Arcivescovo-emerito di Reggio Calabria, nella sua Tesi di Laurea (La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Istituto Arti Grafiche di Sicilia, 1965), spiega che l’ipotesi della possibilità del Papa eretico deriva dal Decreto di Graziano (dist. XL, cap. 6, col. 146) composto tra il 1140 e il 1150, in cui si trova riportato un frammento creduto erroneamente di S. BONIFACIO († 5 giugno 754), un monaco benedettino dell’Exeter in Inghilterra inviato da papa Gregorio II a evangelizzare la Germania, consacrato arcivescovo di Magonza e martirizzato dai Frisoni, che è considerato l’apostolo della Germania e il cui corpo riposa a Fulda.

Questo frammento s’intitola “Si Papa” ed esprime la dottrina secondo cui “a nemine est iudicandus, nisi deprehendatur a Fide devius / il Papa non può essere giudicato da nessuna autorità umana, tranne che sia caduto in eresia”.

Monsignor MONDELLO, scrive: “Graziano inserisce nel suo Decreto un frammento, creduto di S. BONIFACIO Arcivescovo di Magonza, nel quale si dice che il Papa può esseregiudicato dal Concilio in caso d’eresia. […]. Il cardinale DEUSDEDIT († 1100 c.ca) l’ha inserito nella sua Collezione canonica, sotto il Pontificato di Vittorio II (1055-1057). Di qui è passato nelle raccolte giuridiche di S. IVO DI CHARTES (1040-1115) dalle quali Graziano l’ha ripreso ritenendolo autentico (2) ” (V. MONDELLO, La dottrina sul Romano Pontefice, cit., p. 24 e p. 164).

Secondo tale teoria, fondata su questo canone spurio del Decreto di Graziano, il Concilio ecumenico “imperfetto”, ossia l’Episcopato senza il Papa sarebbe superiore al Sommo Pontefice. Quindi, il Papa potrebbe essere giudicato dal Concilio ecumenico “imperfetto” in caso di eresia e poi deposto (3).

È anche per questo motivo (oltre che per la definizione dogmatica del Concilio Vaticano I sul Primato di giurisdizione del Papa nel 1870) che il CIC del 1917 (e anche quello del 1983) non ha ripreso tale canone “Si Papa” del Decreto di Graziano e ha insistito sul principio secondo cui “la Prima Sede non è giudicata da nessuno”, altrimenti non sarebbe la “prima” Sede, ma la “seconda”, dopo l’Episcopato o il Concilio imperfetto (cfr. A. VILLIEN – J. DE GHELLINCK, Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. VI, coll. 1727 ss., voce “Gratien”).


PADRE ANTONIO VELLICO (NEL 1940)

Secondo l’ottimo Manuale di Ecclesiologia di padre ANTONIO VELLICO (1894 – 1942) “a partire da questo Decreto spurio, attribuito erroneamente a San Bonifacio e ripreso come tale da Graziano, i teologi medievali e controriformistici hanno ritenuto possibile l’ipotesi e non la certezza del Papa eretico. Da qui si sono divisi nel discettare come risolvere la questione d’un Papa eventualmente caduto in eresia come persona privata” (cfr. A. M. VELLICO, De Ecclesia Christi, Roma, 1940, p. 395, n. 557).


DON ALBERTO PIGHI († 1542)

Anche il famoso teologo del XV secolo ALBERT PIGGE detto PIGHI (4) (1490-1542) nel suo Hierarchiae Ecclesiasticae assertio (lib. IV, cap. 8, fol. 76) esprimeva i suoi forti dubbi intorno all’autenticità del canone 6 “Si Papa” attribuito a Graziano (cfr. don PACIFICO MASSI, Magistero infallibile del Papa nella teologia di Giovanni da Torquemada, Torino, Marietti, 1957, pp. 117-119).


DON PACIFICO MASSI (NEL 1957)

Don MASSI nel suo libro Magistero infallibile del Papa nella teologia di Giovanni da Torquemada (Torino, Marietti, 1957) sostiene che l’opinione della possibilità del Papa eretico come dottore privato “trae la sua lontana origine dal Decreto di Graziano (Si Papa, pars I, dist. XL, canon VI) attribuito erroneamente a SAN BONIFACIO, arcivescovo di Magonza” e che “da questo canone dipese tutto il coro unanime dei canonisti medievali che non dubitarono, affatto della possibilità di un Papa eretico” (cit., p. 118).


DON PIETRO BALLERINI († 1769)

Don PIETRO BALLERINI (1698-1769) è stato un famoso teologo di Verona, che ha scritto due opere sul Primato del Papa (De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum, Verona, 1766) e sui rapporti tra Papa e Concilio ecumenico (De Potestate ecclesiastica Summorum Pontificum et Conciliorum generalium, Verona, 1765; II ed., Roma, De Propaganda Fide, 1850) (5).

Secondo don Ballerini (cfr. TARCISIO FACCHINI, Il Papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona, Padova, Il Messaggero di S. Antonio, 1950), se l’Episcopato potesse giudicare con autorità giuridica e deporre il Papa, il Primato di Giurisdizione dato da Cristo a Pietro e ai suoi successori (i Papi) non sarebbe sufficientemente “Primato”, ossia “supremazia, superiorità, predominio, prevalenza e principato”, ma sarebbe piuttosto “Secondariato”, cioè “subalternità, inferiorità, secondarietà e marginalità”. Ora ciò equivale a dir che Cristo avrebbe dato, con molta solennità (cfr. Mt., XVI, 18), un potere inefficace e “deficiente” a Pietro e ai suoi successori.


CARDINAL JUAN DE TORQUEMADA († 1468)

Il cardinale TORQUEMADA (1388-1468 (6) ) insegna che le azioni del Papa sono riservate soltanto al giudizio autoritativo e giurisdizionale di Dio (Summa de Ecclesia, II, 94-96, f. 229v-232r, Colonia, 1480), poiché il suo unico superiore è Cristo. Gli uomini, compresi i Vescovi, possono emettere solamente un giudizio privato o “dottorale” riguardo al Papa, ossia un’ammonizione e non una condanna giuridica (TORQUEMADA, Summa de Ecclesia, II, 97-103, f. 232-244).

Tuttavia, il Papa è il Vicario di Cristo e non può mutare l’autorità che Gesù gli ha dato come se il Papa fosse il Capo di Cristo (7).

Il Pontefice Romano non può pubblicare nuovi articoli di fede, abrogare quelli esistenti, istituire nuovi sacramenti, perché tutto ciò rientra nella Potestas excellentiae dovuta solo a Cristo in quanto Dio; mentre il Papa è il Suo Vicario e non può, perciò, contraddire le leggi di Cristo: “Il Sommo Pontefice non può far leggi, canoni, o stabilire alcunché contro la divina Scrittura, la dottrina del Vangelo” (PACIFICO MASSI, Il Magistero infallibile del Papa nella teologia di Giovanni da Torquemada, Torino, Marietti, 1957, p. 55). 

Il Papa è soggetto di un potere ministeriale ossia agisce come ministro (= servo) e Vicario di Cristo, non è la regola ultima e assoluta della fede, dei costumi e del diritto, ma è subordinatoalla Legge e alla Rivelazione divina come pure al Magistero pontificio infallibile o costante (PIO IX, Tuas libenter, 1863) della Chiesa (TORQUEMADA, Summa de Ecclesia, III, 51, f. 337; 57, f. 343). È per questo motivo che si può e si deve resistere alle “novità” di papa Bergoglio, che sono iniziate già con Giovanni XXIII.

Tuttavia, Torquemada ricorda che il Papa come persona privata è soggetto alla correzione fraterna, ma, se la respinge, non può essere punito o deposto, essendo il Capo della Chiesa e il Vicario di Cristo; potrebbe essere punito solo dal supremo Tribunale divino, al quale un giorno dovrà, comunque, reddere rationem villicationis suae (TORQUEMADA, Summa de Eccl., II, 98, f. 234v-235r). 

Perciò, obbedire ai voleri di papa Bergoglio che sono in contrasto con la Legge di Dio (cfr. Amoris laetitia; Pachamama, Nozze omosessuali, Orgoglio transessuale in Vaticano, Chiesa ribaltata) non sarebbe virtù ma, peccato di Servilismo.


IL CONCILIO VATICANO I (1869/1870)

Dal 1870 è un Dogma di fede rivelata e definita che Pietro (e il Papa come suo successore) ha ricevuto da Cristo un’autorità di Giurisdizione “piena, suprema, universale, immediata o diretta e ordinaria” (Concilio Vaticano I, DB, 1831).

Essa non è soggetta a nessun’altra autorità umana, neppure all’Episcopato o al Collegio cardinalizio, ma solo a Dio del quale il Papa fa le veci e del quale deve trasmettere il Deposito della fede e dei costumi come gli è stato consegnato. Questo è l’unico limite che il Papa non può valicare. Egli non può cambiare la fede e la morale divina, ma la deve custodire inalterata e tramandare incorrotta sino alla fine dei tempi (P. BALLERINI, De vi ac ratione primatus Romanorum Pontificum, Verona, 1766, cap. XIV, n. 26).

Il Concilio Vaticano I (IV sessione, 18 luglio 1870, Costituzione dogmatica Pastor aeternus) ha stabilito la definizione dogmatica circa il principio dell’«ingiudicabilità» giuridica del Papa dall’Episcopato: “Insegniamo e dichiariamo che secondo il diritto divino del Primato papale, il Romano Pontefice è il Giudice supremo di tutti i fedeli […]. Invece, nessuno potrà giudicare autoritativamente un pronunciamento della Sede Apostolica, della quale non esiste autorità maggiore. Quindi, chi afferma essere lecito, appellarsi contro le sentenze dei Romani Pontefici al Concilio ecumenico, come a un’autorità superiore al Sommo Pontefice, è lontano dal retto sentiero della verità” (DS, 3063-3064).


IL CODICE DI DIRITTO CANONICO (1917/1983)

Il CIC del 1917 al canone 1556 riprendendo la definizione dogmatica del Vaticano I ha stabilito il principio: “Prima Sedes a nemine iudicatur”, ripreso tale e quale anche dal CIC del 1983, canone 1404.


PADRE GARRIGOU-LAGRANGE COMMENTA SAN TOMMASO D’AQUINO

Infine, padre REGINALDO GARRIGOU-LAGRANGE († 15 febbraio 1964) citando la frase di S. TOMMASO D’AQUINO (1224-1274): “L’obbedienza è perfetta quando ci si sottomette nelle cose permesse; sarebbe indiscreta qualora portasse l’anima a sottomettersi nelle cose illecite” (S. Th., II-II, q. 104, a. 5, ad 3), insegna che “l’obbedienza deve essere cieca; basta essere certi che l’ordine datoci non è contrario alla Legge divina, né colpevole, né contrario all’ordine espresso da un autorità più alta” (R. GARRIGOU-LAGRANGE, Vita spirituale, Roma, Città Nuova, postumo, 1965, p. 163; II ed. Proceno – Viterbo, Effedieffe, 2019).

Padre GARRIGOU-LAGRANGE nel suo trattato De Christo Salvatore (Torino, Marietti, 1946, p. 232), commentando SAN TOMMASO (S. Th., III, qq. 1-90) e riprendendo la dottrina dei due Dottori domenicani controriformistici citati sopra (Gaetano e Bañez), specifica che un Papa (ipoteticamente) eretico occulto resterebbe membro della Chiesa in potenza, ma non in atto, e manterrebbe la Giurisdizione tramite la quale governa visibilmente la Chiesa. L’eretico pubblico, invece, non sarebbe più membro della Chiesa neppure in potenza, come insegna il Bañez, ma manterrebbe il governo visibile della Chiesa. Quindi, è pacifico per la sana e la più alta teologia della prima, seconda e terza Scolastica (S. Tommaso, Gaetano, Bañez e Garrigou-Lagrange) che, ammesso e non concesso che il Papa cada in eresia, manterrebbe egualmente la Giurisdizione e resterebbe Capo della Chiesa, pur cessando di esserne membro.

Se si trattasse di una testa fisica, tutto ciò sarebbe impossibile, ma è possibile se si tratta di un Capo morale, ossia del Vicario visibile di Cristo invisibile asceso in Cielo.

La ragione è che la testa fisica di un corpo non può influire e comandare i membri del suo corpo, se ne viene separata fisicamente non ricevendo più la vita dall’anima separata dal suo capo e dal suo corpo (per esempio Tizio viene decapitato e muore, la sua anima lascia il suo corpo e la sua testa non ne dirige più, tramite il cervello, tutti gli organi); mentre, un Capo morale di una Società o di un ente morale (temporale come lo Stato o spirituale come la Chiesa) può esercitare la Giurisdizione sull’ente morale anche se è separato per l’errore contro la fede o per il peccato dalla Chiesa (8) e dall’influsso vitale interno e soprannaturale di  Cristo. Ciò, pur essendo anormale ed eccezionale, è possibile.

S. TOMMASO D’AQUINO insegna: “Il cattivo prelato può essere corretto dall’inferiore che ricorre al superiore denunciandolo, e se non ha un superiore [come nel caso del Papa], ricorra a Dio affinché lo corregga o lo tolga dalla faccia della terra” (IV Sent., dist. 19, q. 2, a. 2, qcl. 3, ad 2). Tuttavia, non si può giudicare il Papa e deporlo dal Papato: “Prima Sedes a nemine judicatur”.


PADRE SALVATORE VACCA (1993)


Per una buona disamina del Decreto di Graziano si può leggere l’interessantissimo e documentatissimo libro del padre Cappuccino SALVATORE VACCA, Prima Sedes a nemine iudicatur (Roma, Gregoriana, 1993, cap. XXI, Il Decreto di Graziano - 1141, pp. 249-254).

Padre Salvatore Vacca cita i canoni o capitoli (VII, IX) della distinzione XXI del Decreto di Graziano. Molto interessante è il can. VII in cui si riferisce che PAPA MARCELLINO (296-304) «fu costretto dai pagani a entrare in un loro tempio e a sacrificare incenso. Per questo motivo si riunì un Concilio particolare di Vescovi, durante il quale, dopo avere fatto un’istruttoria, lo stesso Pontefice dichiarò di avere fatto ciò di cui era accusato. Tuttavia, nessuno dei Vescovi osò proferire una sentenza giuridica di condanna. Tuttavia, essi dicevano: “Con la tua bocca giudica la tua causa e non con un nostro giudizio: la prima Sede non può essere giudicata da nessuno”».

Anche il canone IX è interessantissimo: in esso si narra che «alcuni Vescovi egiziani, con Diòscoro Patriarca di Alessandria d’Egitto (444-451), condannarono a Nicea papa S. LEONE MAGNO (440-461) nel 451, allora il CONCILIO DI CALCEDONIA (451) condannò Diòscoro e gli altri Vescovi e li depose non come eretici filo-eutichiani e monofisisti (in Cristo vi è una sola natura mista di divinità e umanità), ma perché hanno osato condannare e scomunicare il Papa»  (cit., p. 250).

Ora «Graziano, per fondare il principio sull’«ingiudicabilità» autoritativa e giuridica del Papa, a differenza della tradizione canonistica precedente […] ha lasciato inconcusso il principio Prima Sedes a nemine iudicatur. Tuttavia, ha trascritto parzialmente il Fragmentum A (174-178) del Cardinale UMBERTO DI SILVA CANDIDA (XII sec.). Egli raccoglie così nel suo Decreto le due tradizioni giuridiche contrastanti, che sono state compresenti nella Chiesa nel XII secolo:

a) la prima, sostenuta da PAPA SAN MARCELLINO (296-304), dal CONCILIO DI CALCEDONIA (451) sotto papa SAN LEONE MAGNO e dai sostenitori di PAPA SAN SIMMACO (498-514) (9) , afferma che il Papa non può essere giudicato da nessuno;

b) la seconda ritiene impropriamente (10) che, in caso di eresia, il Papa può essere ripreso. Dunque, questa concezione s’è tramandata sino al secolo XII, essendo stata ripresa come autentica dal Graziano nel 1141. […];

c) mentre, per la sana dottrina cattolica, il Papa non può essere giudicato giudiziariamente da nessuno. Invece, egli può giudicare tutti. Tuttavia dev’essere ripreso e ammonito solo privatamente e dottoralmente, non giuridicamente e penalmente, soltanto qualora si allontanasse dalla fede. Da ciò deriva l’obbligo di pregare per lui poiché dalla sua incolumità dipende la salvezza dei fedeli» (S. VACCA, Prima Sedes a nemine iudicatur, cit., p. 253-254).

Padre Salvatore Vacca conclude: “Anche nel caso del Papa eretico s’affermava il principio Prima Sedes a nemine iudicatur e ci si rifaceva alla storia di PAPA SAN MARCELLINO (296-304) che, malgrado avesse deviato dalla fede, non era stato condannato dall’assemblea conciliare e poi era morto martire. In quell’occasione, il Pontefice, caduto apertamente in errore, non era tenuto a essere sottoposto a una sentenza giuridica conciliare (11)” (cit., p. 264).

Giustamente, DON PACIFICO MASSI (Il Magistero infallibile del Papa nella teologia di Giovanni da Torquemada, cit., p. 125) nota:
Le dottrine contrarie al Primato pontificio sono state originate dall’istinto di conservazione, operante anche nel corpo della Chiesa come in ogni ente vivente, contro l’eventualità di un Papa indegno, che conducesse la Chiesa alla rovina.

Anche oggi, difronte allo “tsunami-Bergoglio”, l’istinto di conservazione, operante nel corpo della Chiesa, fa sì che le forze sane della Chiesa reagiscono contro l’eventualità che Bergoglio conduca la Chiesa alla rovina, dacché dove passa lui non cresce più l’erba; ma, alcune volte lo fanno con un eccesso di legittima difesa, dichiarandolo decaduto.

Anche JUAN DE TORQUEMADA sentì quest’istinto. Però 1°) egli seppe conservare un sano equilibrio, che non gli consentì di recedere dai princìpi, e, 2°) neppure gli permise di tacere difronte a eventuali errori passati o ipoteticamente futuri dei Papi, in un’acquiescenza passiva e colpevole”. 

Oggi si ripropongono queste varie soluzioni di fronte alla situazione disastrosa in cui versa l’ambiente ecclesiale specialmente durante il Pontificato di Francesco, che è una sorta di “Attila spirituale”.

Infatti, ai nostri giorni 1°) c’è chi ripropone la teoria conciliarista e vorrebbe far deporre il Papa, in quanto eretico, dall’Episcopato; 2°) chi asserisce che bisogna accettare i Decreti del Concilio Vaticano II obbligatoriamente anche se sono solamente pastorali, come pure l’insegnamento puramente “esortativo” di Francesco (cfr. Esortazione Amoris laetitia, 19 marzo 2016); 3°) infine chi, come i Dottori scolastici citati, afferma la vera dottrina cattolica, evitando i due errori per eccesso (Servilismo) e per difetto (Conciliarismo) come i due burroni, che circondano la vetta della montagna sulla quale si trova la vera soluzione “in medio et in culmine altitudinis et non mediocritatis / nel giusto mezzo di altezza e non di mediocrità” (R. GARRIGOU-LAGRANGE, De Revelatione, Roma, Ferrari, 1918, 2 volumi). 

La sopportazione, quindi, non è l’unico rimedio. Infatti, SAN TOMMASO D’AQUINO insegna che “il cattivo prelato può essere corretto dall’inferiore che ricorre al superiore denunciandolo, e se non ha un superiore [come nel caso del Papa, ndr], ricorra a Dio affinché lo corregga o lo tolga dalla faccia della terra” (IV Sent., dist. 19, q. 2, a. 2, qcl. 3, ad 2).

Certamente è necessario evitare l’errore (per eccesso di “obbedienza” indiscreta) che porta all’appiattimento o al servilismo dei fedeli, dei Vescovi e dei Cardinali nei confronti di un Papa, che oltrepassa i suoi poteri, i quali sono limitati dal Diritto e dalla   Rivelazione divini. Il Profeta li chiama “cani muti incapaci di abbaiare” (Is., LVI, 10). In questo caso è lecito e doveroso ammonire il Papa dell’errore o dell’abuso di potere che sta compiendo e abbaiare come Domini canes (come fece San Paolo con San Pietro ad Antiochia, Gal., II, 11-14; At., XV, 13-21 (12)) e guardare in faccia la triste realtà senza nascondere la testa nella sabbia come fa lo struzzo.

Come scriveva il cardinal GAETANO (Apologia de comparata auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.), citando il De regimine principum dell’ANGELICO (lib. I, cap. V-VI), il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente. Infatti, il Dottore Comune insegna che normalmente i più propensi a rivoltarsi contro il tiranno temporale sono i “discoli”, mentre le persone giudiziose riescono a pazientare finché è possibile e solo come extrema ratio ricorrono alla “rivolta”.

Quindi, il Cajetanus, conclude che, se occorre aver molta pazienza con il tiranno temporale e solo eccezionalmente si può ricorrere alla rivolta armata e al tirannicidio, nel caso del Papa indegno o “criminale” (V. MONDELLO, La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Arti Grafiche di Sicilia, 1965, p. 65) non solo non è mai lecito il “papicidio” e la rivolta armata, ma neppure la sua deposizione da parte del Concilio, che è inferiore al Pontefice Romano e quindi non lo può inquisire giuridicamente e deporre. Quindi, si deve invitare a pregare per il “Pontefice scellerato affinché Dio gli apra gli occhi o glieli “chiuda”.

Oremus pro Pontifice nostro Francisco…”. Come si vede il «problema “una cum” non sussiste».

Comunque, lo stato in cui si trova la Gerarchia cattolica oggi non lascia ben sperare. Il male prodotto dal Vaticano II è talmente profondo, universale e preternaturale che solo Dio con la sua Onnipotenza può mettervi rimedio.

In quest’ora d’agonia dell’ambiente ecclesiale – prodotta dall’azione diabolica, che s’è servita della giudeo/massoneria (“Bené Berith”) quale del suo strumento principale, come quando Gesù nel Getsemani, il Giovedì Santo, disse ai Giudei che erano venuti a prenderlo: “Questa è l’ora vostra [del Giudaismo rabbinico/talmudico, ndr] e del potere delle tenebre [le forze infernali, ndr]” (Lc., XXII, 53) – cui seguirà immancabilmente la sua risurrezione gloriosa e trionfante (come avvenne dopo la Passione e Morte di Gesù, di cui la Chiesa è la continuazione nella storia) (13) occorre 1°) mantenere la dottrina sempre insegnata dalla Chiesa e 2°) evitare gli errori a) per difetto (Conciliarismo), che diminuiscono l’autorità del Primato papale; b) per eccesso (Servilismo), che ritengono il Papa sempre infallibile anche quando rinuncia all’assistenza infallibile dello Spirito Santo, non definendo dogmaticamente e non obbligando a credere per la salvezza dell’anima (come è avvenuto nel Concilio Vaticano II); infine 3°) oggi bisogna continuare a fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto (S. VINCENZO DA LERINO, Commonitorium, III, 15) evitando di sbandare “a destra” o “a sinistra.

Noi fedeli, sacerdoti e l’Episcopato che ha mantenuto la fede possiamo soltanto ammonire, pregare e far penitenza, insegnare la sana dottrina e la retta morale, amministrare e ricevere i Sacramenti senza illuderci di poter, umanamente, rimettere in piedi un mondo e un ambiente ecclesiale che sono diventati peggio di Sodoma e Gomorra.

Non è questo un lavoro che possano svolgere le sole forze della natura umana, ma esso richiede l’intervento di Dio. Exurge Domine! A noi resta la pazienza, “a Dio la vendetta” (Deut., XXXII, 35 e 41).

Voler forzare la mano a Dio, dichiarando Bergoglio decaduto (per metterne noi un altro al suo posto? … ), sarebbe voler correggere un errore con un orrore.

Insomma si rischia di mettere una “pezza peggiore del buco”, come l’«affare Ngo Dinh Thuc» ha dimostrato ampiamente.


NOTE

1 - Si legga a questo proposito (la crisi ecclesiale del XV secolo, analoga a quella odierna) RODOLFO DELL’OSTA, Un teologo del potere papale e i suoi rapporti col cardinalato nel secolo XV. Teodoro De’ Lelli Vescovo di Feltre e Treviso: 1427-1466, (Belluno, Tipografia Silvio Benetta, 1948). Il cardinal PIETRO PARENTE (1891-1986) e Monsignor ANTONIO PIOLANTI (in Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed. 1957, p. 84, voce Conciliarismo; V ed. Proceno – Viterbo, Effedieffe, 2018) hanno definito il De’ Lelli “uno dei pochi difensori del Primato pontificio nel secolo XV” anche contro le pretese di una parte del Cardinalato, che riteneva di essere successore degli Apostoli e di poter condizionare il Papa.
2 - Per la questione del canone 6 “Si Papa” del Decretum Gratiani cfr. anche E. DUBLANCHY, in D. Th. C., vol. VII, coll. 1714-1717, voce «Infallibilité du Pape»; V. MARTIN, Les origines  du gallicanisme, Parigi, 1939, 2 voll., I vol., cap. I, pp. 12-13.
3 -  Cfr. F. ROBERTI – A. VAN HOVE – A. STICKLER, Graziano. Testi e studi camaldolesi, Roma, 1949.
4 -  ALBERT PIGGE nacque in Olanda a Kampen (donde l’appellativo di Campensis), studiò a Lovanio ove ebbe per maestro Adriano Florent, il futuro papa Adriano VI, fu ordinato sacerdote e divenne canonico. Cfr. E. AMANN in Dictionnaire de Théologie Catholique, Parigi, anno 1935, tomo XII, coll. 2094-2914, voce “Pigge”; Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1952, vol. IX, coll. 1462-1463, voce “Pigghe, Alberto” a cura di DANILO CATARZI.
5 -  Cfr. CELESTINO TESTORE, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1949, vol. II, coll. 751-752, voce “Ballerini Pietro”. 
6 - Cfr. Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, vol. XII, 1954, coll. 330-331, voce “Torquemada, Juan de” a cura di ALFONSO D’AMATO.
7 - TORQUEMADA, Summa de Eccl., III, 50; II, 104, f. 244-245r; SAN TOMMASO D’AQUINO, S. Th., II-II, q. 64, a. 5, ad 2um; q. 67, a. 1, ad 2um; In IV Sent., dist. 2, qq. 1-4, qcl. 4c; dist. 4, q. 3, a. 3, qcl. 4c; dist. 5, q. 1, qcl. 1c; dist. 7, q. 3, qcl. 1.
8 -  GIOVANNI HUS (1369-1415) riteneva, come i Donatisti, che i sacerdoti privi della grazia santificante non conferiscono i Sacramenti validamente (DS, 1208). Egli estendeva questo principio anche al potere che riguarda il governo o la Giurisdizione della Chiesa. In breve, secondo Hus, un Papa che non segue S. Pietro nei buoni costumi e nella confessione della fede, non è Papa, successore di Pietro, ma è vicario di Giuda Iscariota (DS, 1212-1213); se il Papa è cattivo o infedele, allora, al pari di Giuda, è un demonio, un ladro, destinato all’eterna rovina, e non è Capo di una Santa Chiesa Militante, non essendo neppure membro di questa (DS, 1220). Secondo Hus ciò vale per tutti i Cardinali e i Vescovi ed anche per i titolari dei poteri civili: “Nessuno è pubblica autorità civile, sin da che è in stato di peccato mortale” (DS, 1230). Cfr. G. PERINI, I Sacramenti, Bologna, ESD, 1999, II vol., Battesimo, Confermazione, Eucarestia, pp. 87-88; Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1951, vol. VI, coll. 1513-1516, voce “Hus, Jan”, a cura di ARNALDO MARIA LANZ.
9 - PAPA SAN SIMMACO (498-514) fu sottoposto al giudizio del Concilio particolare detto palmare nell’atrio della basilica di San Pietro in Vaticano dall’imperatore Teodorico nel 501. Nel corso della controversia furono stilati numerosi scritti polemici, fra cui gli apocrifi simmachiani, redatti nel V secolo dai sostenitori di papa Simmaco, che aveva emanato l’assioma Summa Sedes a nemine iudicatur.
10 - Attribuendo erroneamente il canone “Nisi Papa deprehendatur a fide devius” a S. BONIFACIO DI MAGONZA dell’VIII secolo; mentre in realtà quel canone spurio o falso fu interpolato, solo nel XII secolo, sull’adagio autentico “Prima Sedes a nemine iudicetur” - espresso già nella fine del III secolo da PAPA SAN MARCELLINO - dai Cardinali UMBERTO DA SILVA CANDIDA e DEUSDEDIT.
11 -  Per la storia di papa Marcellino cfr. Enciclopedia dei Papi, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2000, I vol., pp. 303-307, a cura di A. DI BERNARDINO, voce “Marcellino, santo”. San Marcellino già nella fine del III secolo, circa 200 anni prima di San Leone Magno e di papa Simmaco, aveva espresso l’adagio “la Prima Sede non può essere giudicata da nessuna autorità umano/ecclesiastica”.
12 -  Secondo il cardinal Torquemada, Pietro ad Antiochia non definì alcuna dottrina intorno alle osservanze giudaiche e non peccò contro la fede, ma errò quanto al modo di agire, commettendo un peccato veniale di fragilità di “rispetto umano” o “timor mundanus”, essendo confermato in grazia non poteva peccare mortalmente e neppure venialmente di proposito deliberato (cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, S. Th. I-II, q. 103, a. 4). Inoltre le parole di San Paolo non indicano uno spirito di ribellione a Pietro, ma di correzione fraterna poiché “Petrus reprehensibilis erat” ed accettò la correzione fraterna di Paolo (cfr. TORQUEMADA, Summa de Ecclesia, II, 98, f. 235; SAN TOMMASO D’AQUINO, Ad Galatas, cap. III, lect. 7-8).
13 -  Cfr. Rom., XII, 4-6; I Cor., XII, 12-27; Ef., IV, 4.









 
dicembre 2023
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