L’EBRAISMO POSTBIBLICO

MANTIENE ANCORA LA SUA UNITÀ

OPPURE L’HA PERSA TOTALMENTE?



di Don Curzio Nitoglia



Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
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Le correnti dell'ebraismo attuale



UN’OBIEZIONE BISLACCA


Alcuni autori sostengono - in maniera del tutto erronea - che non esisterebbe un giudaismo, ma vi sarebbero diversi giudaismi (come non esisterebbe una massoneria, ma diverse massonerie).
Perciò, ipotizzare un’unità d’intenti del giudaismo o della massoneria, apparrebbe ridicolo, ancor più che complottistico (1) .

Per quanto riguarda l’identità religiosa dell’ebraismo, essa è fondata sulla religione ebraica, ma essa presenta pure molte varianti teologiche e dottrinali, quindi - sempre secondo costoro - non si può parlare di un ebraismo religione.


NEL GIUDAISMO VI SONO VARIE CORRENTI TEOLOGICHE CHE NON DISTRUGGONO L’UNITÀ SOSTANZIALE DELL’EBRAISMO

IIl fatto che vi siano varie correnti (teologiche o filosofiche) nell’ebraismo è pacifico, ma ciò non vuol dire che la diversità accidentale di scuole distrugga l’unità sostanziale dell’ebraismo come religione o tradizione, (popolo, e dopo il 1948, nazione).

Altrimenti, anche il cristianesimo non esisterebbe più come una religione o tradizione; infatti, vi sono state varie eresie (ad esempio il protestantesimo), diversi scismi (per esempio, l’ortodossia), che si sono separate dal corpo della Chiesa romana, fondata da Cristo su Pietro. Ma, la Chiesa continua a essere Una, come recitiamo nel Credo.

Inoltre, nella Chiesa cattolica stessa, vi sono delle scuole teologiche assai diverse e in alcuni casi contrapposte (si pensi alla controversia tra gesuiti e domenicani sul problema della conciliabilità tra ‘volontà salvifica universale di Dio’ e il ‘libero arbitrio dell’uomo’ (2)). Perciò, anche la Chiesa non sarebbe una ma molteplice.


NEL XVIII SECOLO ISRAELE SI DIVIDE IN DUE TRONCONI

Monsignor HENRI DELASSUS spiega che con la Rivoluzione francese e l’Illuminismo, “dopo diciotto secoli di rigidità monolitica nelle proprie teorie e pratiche religiose, Israele si divide sostanzialmente in due tronconi: il giudaismo liberale e quello ortodosso-tradizionalista. (…) Tuttavia, non bisogna pensare - erroneamente - che il primo, rinunciando alle credenze e pratiche religiose dei suoi avi, rinneghi la propria razza e abbandoni le pretese di dominio su tutti i popoli della terra. Esso sostiene che la trasformazione liberale del giudaismo è necessaria al compimento del suo destino di dominatore. (…) Quindi, se gli ebrei talmudisti (ortodossi-tradizionalisti) differiscono dai liberali, è soltanto sul punto di sapere quale sia il miglior mezzo da impiegare, per conseguire lo scopo di dominare il mondo. Il fine resta lo stesso per il giudaismo liberale come per quello tradizionalista; cambiano solo i mezzi o la tattica. (…) I talmudisti continuano ad attendere un ‘messia-persona’, in carne e ossa, che li renderà padroni dell’universo. I liberali, invece, asseriscono che il ‘messia’ è la Rivoluzione (…), la quale distruggerà le patrie e le religioni; soprattutto quella cattolica, per far regnare sul mondo l’israelitismo liberale e umanitario (…). Infiltrandosi nella Chiesa di Cristo, e facendovi penetrare l’idea che tutte le religioni si equivalgono, sono sorelle e amiche, fondate su un’unica base ‘etica’ o ‘morale’ soggettiva che le accomuna tutte, lasciando da parte i dogmi che dividono” (3).

Inoltre, Delassus spiega anche che “il giudaismo liberale conta molto sull’istinto della razza, stimato indistruttibile per il compimento del destino d’Israele. (…) Esso quindi, oltrepassa l’ortodossia religiosa, per lanciarsi nell’interconfessionalità, vista come mezzo per ‘confondere’ tutte le religioni e preparare la via alla Nuova Gerusalemme che rimpiazzerà le patrie e la Roma dei Papi” (4).

Come si vede, il giudaismo mantiene l’unità di fine; mentre, varia solo quanto ai mezzi. Anzi, proprio l’ebraismo liberale, che sembrerebbe – a prima vista – “dal volto più umano”, è quello più fortemente razziale e razzista, facendo della stirpe la sostanza immutabile del giudaismo, invece della religione soltanto un accidente, che può evolvere (liberamente e liberalmente) per ottenere il fine prefisso.


FARISEI E SADDUCEI

Quindi, le distinzioni che alcuni autori rilevano – giustamente – nel giudaismo odierno, (come del resto ai tempi di Gesù, vi erano due fazioni principali del giudaismo, quella dei farisei e quella dei sadducei, che miravano entrambi alla Sua distruzione fisica e morale, pur essendo assai diverse tra sé), lungi dal dimostrare la sua non-esistenza, ne provano la sua unità d’intenti, sotto numerosi strumenti che concorrono (strategicamente e tatticamente) assieme, e perciò più pericolosamente proprio perché molteplici e apparentemente diversi, alla guerra per il dominio universale, che oramai è sotto gli occhi di tutti.       


L’ARGOMENTO D’AUTORITÀ:


LEONE XIII


Secondo LEONE XIII, il genere umano si divide (misticamente o spiritualmente) in due campi opposti e nemici. “Sin dal momento del peccato d’Adamo…, il mondo si è diviso in due campi nemici, i quali non cessano di combattersi, l’uno per la verità e la virtù, l’altro per i loro contrari” (Humanum Genus, 1884). 

Il Papa, continua e spiega che il primo accampamento è la Chiesa, mentre il secondo è “il regno di satana, nel quale si trovano tutti coloro, che seguono gli esempi del diavolo e dei nostri progenitori” (Ivi). Tale distinzione è classica (non è manichea dacché il male non è assoluto o infinito, ma rappresenta una deficienza finita e limitata di bene) e fa parte della tradizione cattolica;

S. AGOSTINO

Già nel IV-V secolo (esattamente 354-430), S. AGOSTINO (La Città di Dio, XIV, 28) – citato da Leone XIII – parlava di “due amori, che hanno dato luogo a due città: quella terrena che nasce dall’amor di sé spinto sino all’odio di Dio, e quella celeste che nasce dal disprezzo di sé sino all’amor di Dio”.

SAN TOMMASO

SAN TOMMASO D’AQUINO spiega: “Chi governa deve condurre i suoi sudditi al proprio fine. Ora, il fine del diavolo è quello d’allontanare la creatura da Dio…, presentato sotto forma di libertà” (S. Th., III, q. 8, a. 7). Sempre secondo l’Aquinate, come i buoni formano il corpo mistico della Chiesa, sotto il comando di Gesù; così i malvagi formano una sorta di corpo mistico dell’inferno, sotto l’imperio di satana. Tuttavia, non vi è una somiglianza perfetta, tra queste due realtà, ma solo un’analogia; infatti, mentre Cristo influisce direttamente sull’intelletto e la volontà dell’uomo; il diavolo non può agire direttamente su queste facoltà spirituali, quindi governa i suoi, solo estrinsecamente o dall’esterno, tentandoli e portandoli al peccato sotto apparenza di libertà (S. Th., art. cit.).

Nell’articolo 8 della stessa parte e questione della Somma Teologica l’Angelico specifica che “l’anticristo può essere chiamato il capo dei malvagi, a causa della pienezza della sua malvagità, poiché sarà più di tutti sotto l’influenza del diavolo e toccherà l’apice della malizia e della rivolta contro Dio”.

L’anticristo, per san Tommaso, che segue l’opinione comune dei Padri della Chiesa, come poi anche per i Dottori ecclesiastici controriformistici, è una persona fisica e non un’epoca o un’istituzione, come ritengono alcuni esegeti modernizzanti o liberali i quali si discostano – così – dalla Tradizione divina e divino-apostolica della Chiesa; proprio come per il rabbinismo talmudico (che si è allontanato dalla Chiesa di Dio nell’Antico e poi anche nel Nuovo Testamento) il Messia non è una persona ma un’idea o una realtà morale. 

Molto prima di san Tommaso e di sant’Agostino i primi PADRI APOSTOLICI hanno insegnato la stessa dottrina.

I PADRI APOSTOLICI

La Didachè (90 d.C.) parla di ‘due vie’, l’Epistola di Barnaba (98 d.C.) racconta della ‘via della luce e di quella delle tenebre, degli angeli e di satana’, seguono S. IPPOLITO, nel III secolo (Sull’Anticristo, VI) e nel VI secolo S. GREGORIO MAGNO (Moralia, XXXIV, 4).


NUOVO TESTAMENTO

Anzi, si può risalire al NUOVO TESTAMENTO. Nel Vangelo, Gesù ci parla di “due padroni: o Dio o Mammona” (Mt. VI, 24), “la luce e le tenebre” le incontriamo quasi ovunque nel Vangelo di Giovanni, le ‘porte dell’inferno’, contro la ‘Chiesa [di Cristo] fondata su Pietro’ (Mt. XVI, 18). San Paolo oppone “Cristo a Belial”, il “tempio di Dio e quello degli idoli” (2a Cor. VI, 14-18). 


ANTICO TESTAMENTO

Addirittura tale opposizione la si trova all’inizio dell’ANTICO TESTAMENTO, nella Genesi (III, 15) Dio rivela di aver posto ‘delle inimicizie tra il serpente e La Madre di Gesù Cristo, tra la razza del diavolo e quella di Cristo. Essa schiaccerà il capo del diavolo che, a sua volta, tenterà di morsicare il suo tallone’. Come pure l’ultimo libro della Bibbia (riprendendo e ultimando proprio il ‘proto-vangelo’ della Genesi), l’Apocalisse, conclude narrando la lotta tra Dio e il maligno, i buoni e i malvagi, dall’inizio del mondo sino alla sua fine, dando un messaggio di speranza (come insegnano unanimemente i Padri della Chiesa): in mezzo alle persecuzioni non bisogna mai disanimarsi, Dio alla fine vince col bene il male, Cristo vince l’anticristo (5).

Molto bello è il commento che ne fanno S. IGNAZIO DA LOYOLA nella contemplazione dei ‘Due stendardi’ dei suoi ‘Esercizi spirituali’, S. LOUIS-MARIE GRIGNION DE MONTFORT (Trattato della vera devozione alla Vergine Maria, § 51, ss.), PIO IX, nella definizione del Dogma dell’Immacolata Concezione (Ineffabilis Deus, 1854).


LE QUATTRO CAUSE DELL’ESERCITO DEL MALE

È vero che l’esercito del male (in generale) è diviso, o che vi sono molte forze, apparentemente, in opposizione tra loro, ma esse sono realmente unite:
1°) Quanto alla causa finale, infatti, vi è un unico fine che perseguono, non sempre scientemente, i suppositi di satana (giudaismo, massoneria, islamismo, comunismo, liberalismo, gnosticismo, esoterismo…): l’odio verso il vero Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) e la sua Chiesa (cattolica, apostolica e romana) ossia l’anti cattolicesimo (cospirazione contro la Chiesa o complotto anti-cristiano).
2°) Quanto alla causa efficiente del “regno di questo mondo” essa è Lucifero o il diavolo che si rivoltò contro Dio gridando non serviam e fu precipitato in inferno ove cospira ‘alla perdizione delle anime’. Egli è una specie di capo di un perverso corpo mistico che l’Apocalisse (II, 9) chiama sinagoga di satana.
3°) Tale corpo di malvagi, i mondani o ‘i figli di questo secolo’, formano la causa materiale del ‘regno di questo modo’ in opposizione al ‘regno dei cieli’.
4°) L’essenza o causa formale dello ‘stendardo di Lucifero’ è l’orgoglio, ossia voler essere fine di se stesso, ciò che ha costituito il peccato di Lucifero e d’Adamo (eritis sicut dii), senza dover dipendere da Dio, l’auto sufficienza naturalistica l’auto-divinazione esoteristica.


RICCARDO CALIMANI

Il professor RICCARDO CALIMANI scrive che “Ebreo, nella Bibbia è [una parola] legata alla radice avar che significa ‘passare’. Ebreo è quindi colui che passa, che erra, che va da un paese all’altro. La definizione, però, può essere intesa anche in senso metaforico: (…) un pensiero nomade che non si rassegna alla staticità, ma preferisce essere dinamico, critico, senza fossilizzarsi. (…) Israelita significa… membro del popolo che ha tenuto testa a Dio” (6).

Come si vede per il professor Calimani, esiste l’ebraismo (basti veder il sottotitolo del suo libro: l’ebraismo spiegato ai non ebrei), esiste un popolo ebraico, un pensiero ebraico. Eppure, egli è un israelita e non un allucinato antisemita e complottista. Anzi, egli continua: “Privi di una vera gerarchia per oltre venti secoli, gli ebrei in genere hanno sviluppato una mentalità aperta, antidogmatica, che si nutre di una critica radicale e continua” (7).
Ecco definita l’unità sostanziale (sotto diversità accidentali) di pensiero e tradizione culturale dell’ebraismo.

Il Calimani distingue, poi, accuratamente ebreo da non-ebreo: “I rabbini, nel Talmùd, arrivarono alla conclusione che non si era avuta una sola Rivelazione di Dio, bensì due: la prima era stata fatta a favore di tutta l’umanità; la seconda, destinata a Mosè sul Sinai, era riservata al popolo di Israele” (8).

Come il giudaismo talmudico ritiene che vi siano due Messia, uno per gli Ebrei e l’altro per i goyim (9). Ecco la teoria della legge noachide, d’origine rabbinico-talmudica (tanto cara anche alla massoneria che dipende dal giudaismo talmudico), riservata al solo popolo ebreo.

Quindi, geneticamente o etnicamente vi è l’ebreo e gli altri che sono ‘non-ebrei’ o i goyim.  Inoltre Dio “piuttosto che come creatore del cielo e della terra,… viene visto soprattutto come liberatore del suo popolo” (10).

Quindi, Israele non solo è un popolo ma è il popolo di Dio e ciò che caratterizza la Deità non è il fatto di essere l’Essere perfettissimo creatore del mondo, personale e trascendente; ma il suo rapporto con il popolo ebraico che “ha saputo tenere testa a Dio” (come ci ricordava Calimani, p. 25), vale a dire che è un rapporto paritetico e non di priorità e sudditanza.

Per quanto riguarda il Messia, “il giudaismo – spiega Calimani – ha sempre considerato la redenzione come un evento che doveva prodursi nella storia e realizzarsi in modo palese per il popolo ebraico. L’arrivo del Messia è il risultato di un processo di liberazione… terrena” (11).

Quindi, solo il popolo ebraico è redento, vale a dire liberato e arricchito terrenamente; gli altri (i non ebrei) sono relativi (e sudditi) a Israele.

Il Messia non è Cristo, infatti “in questo mondo flagellato dalle guerre, dalle malattie e dalla fame, il Messia non è sicuramente arrivato” (12), il giudaismo rabbinico-talmudico d’oggi, la pensa esattamente come quello che disputava, duemila anni fa, con Gesù e che lo ha respinto proprio perché egli parlava del regno dei cieli mentre esso voleva un regno temporale che gli avrebbe dato la libertà dai romani e il dominio pacifico di questo mondo.

Il millenarismo medievale gioachimita, rientra perfettamente nei parametri del pensiero talmudico di ieri come d’oggi. Infatti, “l’aldilà è una questione secondaria, … non fondante” (13).

Inoltre, la fonte d’ogni rivoluzione – spiega il Calimani – è il giudaismo; infatti, “il pluralismo delle idee, ritenuto una conquista del mondo contemporaneo, per gli ebrei, cacciati in esilio, è stato una vera manna per descrivere la sana anarchia degli odierni mondi [c’è] il giudaismo [che è] una sorta di jazz. Il giudaismo è per il significato quello che il jazz è per il suono: c’è dentro spontaneità, ribellione, anarchia, capacità d’interpretazione libera e individuale (…) [il giudaismo] è improvvisazione, contraddizione, affrancamento, desiderio di forzare gli schemi… di raggiungere i limiti, energia creatrice in grado di irradiare vitalità (…), il giudaismo non si è mai nutrito di metafisica” (14).

Egli ammette apertamente che ciò che si reputa essere una conquista della modernità, il pluralismo, è invece un retaggio del pensiero ‘nomade’ e irrequieto del giudaismo, il pensiero giudaico è anti-metafisico, poiché privilegia il divenire e misconosce l’essere (ecco la grande differenza tra Antico Testamento (o giudaismo mosaico) e il talmudismo (o giudaismo post-biblico), nel primo troneggia la metafisica dell’Essere [Es. III, 14: “Ego sum qui sum”], Dio è l’Essere stesso sussistente.

Mentre, nel secondo primeggia il divenire, la contraddizione, la dialettica, la rivolta, l’anarchia, il libero esame, l’evoluzionismo creatore e vitalistico, ossia il nichilismo o il nulla come lotta contro l’Essere o Dio.

“Il cristianesimo [secondo il Calimani] è una setta ebraica” (15).


RICCARDO DI SEGNI

Tale opinione è stata ribadita recentemente dal rabbino capo di Roma RICCARDO DI SEGNI: “Il rapporto che [noi ebrei] abbiamo con la Chiesa cattolica non è un rapporto tra pari, un cristiano cosciente (…) non può fare a meno d’Israele. Per noi [ebrei], loro [i cristiani] sono una deviazione… Per loro, l’incontro con l’ebraismo è fondamentale (…) per noi [l’incontro con il cristianesimo] può essere deviante” (16).


COSA OCCORRE PER ESSERE EBREO?

Per esser ebreo cosa occorre? Il Calimani risponde candidamente: “È ebreo chi è figlio di madre ebrea” (17). Ecco cos’è l’ebraismo: ‘Il culto del sangue e del suolo’, ossia un popolo che ha una comunanza etnica (l’elemento necessario ed essenziale), dalla quale deriva un modo di pensare e di vivere, ossia una filosofia che può essere religiosa o meno (l’elemento secondario e accidentale).

Quest’opinione, che potrebbe sembrare un po’ razzista, è confermata dall’autorevole insegnamento di ELIO TOAFF rabbino capo (quando scriveva) di Roma: “Gli Ebrei – domanda Alain Elkann - sono un popolo o una religione? Sono un popolo – risponde Toaff – che ha una religione” (18). Gli Ebrei sono uniti non tanto dalla lingua e neppure dalla religione poiché “non tutti gli ebrei sono religiosi…, ma il legame esiste in quanto appartenenti al popolo ebraico” (19). 

Per quanto riguarda Cristo e il cristianesimo Toaff continua: “L’epoca messianica è proprio il contrario di quello che vuole il cristianesimo: noi vogliamo riportare Dio in terra, e non l’uomo in cielo. Noi non diamo il regno dei cieli agli uomini, ma vogliamo che Dio torni a regnare in terra (…) La speranza dell’ebraismo è di arrivare a questa grande religione universale, [tuttavia] la religione ebraica è per il popolo ebraico e basta” (20).

La legge ebraica, secondo Toaff, “non parla mai dell’aldilà. (…) gli atti, le opere hanno maggior valore della fede  (…) se non c’è la fede e l’individuo si comporta bene si salva ugualmente” (21). Così pure il Messia non è una persona ma un’idea o una forza.

La tesi del fariseismo che contraddiceva Gesù è ancora la base portante del giudaismo odierno, basta esser figlio di madre ebrea (è una questione di sangue, di razza o d’etnia ad intra o esotericamente; mentre ad extra o essotericamente è meglio parlare di popolo) ed agire esteriormente in conformità al pensiero talmudico o alle ‘tradizioni giudaiche’, il resto è secondario, ci si può credere o no tutto va bene.

Infine ROBERT M. SELTZER scrive, nella prestigiosa Enciclopedia delle religioni diretta da Mircea Eliade che “gli Ebrei sono, a buon diritto, un popolo storico e un corpo sociale fondato e stabilito dalla tradizione religiosa ebraica. (…) Che gli Ebrei siano, nello stesso tempo, un popolo e una comunità religiosa è documentato dal complesso intrecciarsi di nazionalità e religione nel corso della storia ebraica. (…) Il popolo ebraico era già una nazione prima che la sua religione raggiungesse la sua forma matura, e la tradizione religiosa mantenne integra l’identità del popolo, quando gli Ebrei divennero una minoranza in tutte le terre dove ebbero a risiedere (…) Secondo il giudaismo rabbinico, gli Ebrei sono i discendenti diretti, fisici, del resto d’Israele pre-esilico (…) Secondo la legge rabbinica, fin dal II secolo d.C., il figlio di una madre ebrea e di un padre gentile è ebreo, ma il figliuolo di una madre gentile e di un padre ebreo è gentile” (22). Perciò, le autorità scientifiche e religiose del giudaismo attestano inequivocabilmente che c’è un giudaismo religione, un giudaismo popolo e una nazione finalmente ebraica.


NOTE

1 - Cfr. M. INTROVIGNE - J. GORDON MELTON, L’ebraismo moderno, Leumann (Torino), Elledici, 2004.
2 -  La Chiesa ha dovuto proibire le dispute su tale argomento, nel 1681, poiché fioccavano accuse reciproche d’eresia, tra i due ordini riconosciuti dalla Chiesa stessa. Il Papa ha lasciato libertà d’opinione, ed entrambi gli ordini o le scuole teologiche, erano ritenuti dalla S. Sede, cattolici a pieno titolo, con divieto assoluto di considerarne uno o l’altro fuori del cattolicesimo.
3 - H. DELASSUS, L’Américanisme et la Conjuration antichrétienne, Lilla-Parigi, Desclée De Brouwer, 1899, pp. 52-57.
4 Ibidem, pp. 75-76.
5 -  Cfr. J. DE MONLEON,  Le Sens Mystique de L’Apocalypse, Parigi, NEL, 1984. Un’antologia esaustiva del commento dei Padri all’ultimo Libro della Bibbia, divinamente ispirato e scritto da s. Giovanni.
6 -  R. CALIMANI, Non è facile essere ebreo. L’ebraismo spiegato ai non ebrei, Milano, Mondadori, 2004, p. 25.
7Ivi, p. 31.
8 - Ivi, p. 49.
9 - Cfr. YOSEPH CARO (rabbino di Ferrara) nella voce ‘Messianismo: l’idea messianica nell’ebraismo post-biblico’, in Enciclopedia Italiana, Roma, 1929-1936, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, vol. XXII, pp. 957-958.
10 -  R. CALIMANI, op. cit., pp. 55-56.
11Ivi, p. 68.
12 - Ivi, p. 69.
13 - Ivi,  p. 72.
14 - Ivi, p.76. Ciò basta a dimostrare che questo giudaismo è Nichilismo radicale. Infatti: “Senza il fondamento dell’Essere tutto scivola nell’indifferenza radicale e si sprofonda nei gorghi del nulla; la parola che non parte dal fondamento e non promette una salvezza non è più neppure parola perché non dice nulla e non vuol dire nulla” (C. FABRO, La trappola del compromesso storico. Da Togliatti a Berlinguer, Roma, Logos, 1979, pp. 59-60).
15 - Ivi, p. 83.
16 - Cfr. Shalom, febbraio 2005, p. VI.
17 -  R. CALIMANI, op. cit., p. 151.
18 - A. ELKANN-E. TOAFF, Essere ebreo, Milano, Bompiani, 1994, p. 13.
19 - Ivi, p. 14.
20 - Ivi, pp. 40 e 59.
21 - Ivi, pp. 86-88.
22 -  R. M. SELTZER, voce Popolo ebraico, in “Enciclopedia delle religioni”, diretta da M. ELIADE, Milano, Jaca Book, 2003, L’ebraismo, vol. VI, p. 553 e 558.










 
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