LA VITTORIA DELL’IRENICA SULLA POLEMICA

NEL MONDO CONTEMPORANEO

di Don Curzio Nitoglia


Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
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L’Americanismo


Alla fine dell’Ottocento, l’Americanismo “aveva cercato di adattare - senza troppe preoccupazioni dogmatiche - la religione cattolica allo spirito della sua gente (…). Inoltre, si cercò anche un adattamento della Chiesa alle esigenze della civiltà moderna; sacrificando qualche vecchio canone, mitigando l’antica severità, orientandosi verso un metodo più democratico (…). La posizione dottrinale e pratica [dell’Americanismo] non si accorda facilmente colla dottrina e lo spirito tradizionale della Chiesa” (1).

Nota caratteristica dell’Americanismo è l’Indifferentismo religioso, secondo il quale “tutte le religioni hanno lo stesso valore”. Esso è - secondo Pietro Parente - “empio e assurdo, perché dando lo stesso valore a forme religiose in contrasto, mette Dio, che le rivelerebbe, in contraddizione con Se stesso” (2).

Da esso segue l’Indifferentismo sociale/politico, proprio del Liberalismo, che è “illogico e ingiusto, poiché senza esaminare il valore delle varie forme religiose, le accomuna tutte nella stessa sorte (…). Concetto fondamentale del Liberalismo è la libertà concepita com’emancipazione e indipendenza dell’uomo, della società, dello Stato, da Dio e dalla sua Chiesa (…). Nella sfera sociale/politica si manifesta come Democrazia a oltranza (popolo sovrano), come Separatismo nei rapporti tra Stato e Chiesa, come Indifferentismo in materia di religione e di culto e come Astensionismo dello Stato in materia economica (“lasciar fare” all’iniziativa privata)” (3).

Monsignor Henri Delassus ha scritto un intero libro sull’americanismo (L’Américanisme et la Conjuration antichrétienne, Lilla-Parigi, Desclée De Brouwer, 1899), nel quale il prelato francese, spiega che - tra tutti i soggetti inquietanti del mondo attuale - l’America del Nord non è dei minori.


L’Americanismo odierno: irenica, non più polemica

Infatti (p. 25), il Delassus spiega che ciò che la caratterizza è la volontà di sostituire la “polemica” (polemikòs = attinente alla lotta e alla disputa dottrinale) con la “irenica” (eirenikòs = che riguarda la pace o meglio il pacifismo, la tolleranza per principio e la conciliazione teoretica e morale a oltranza).

Ci si astiene da ogni polemica, lotta o disputa dottrinale contro l’errore e si pratica la tolleranza per principio di ogni male. Questo è il male dell’uomo odierno. Gli slogan per evitare la polemica sono vari: “Occorre non sparare a destra …”.

In realtà si ha orrore della sana disputa (senza insulti, calunnie e ingiurie) e si preferisce adagiarsi nell’irenismo o “astensionismo” da qualsiasi intervento in difesa della sana dottrina. Quest’attitudine è simile a quella di Caino, quando Dio gli chiese: “Dove sta Abele, tuo fratello?” Ed egli rispose: “Son forse io il guardiano di mio fratello?”.

Parafrasando Benedetto Croce, Karl Rahner e Edward Schillebeeckx, perciò, si dovrebbe dire oggi: “Non possiamo non dirci americanisti o catto/liberali”, oppure “siam tutti americanisti anonimi ed impliciti”.

Le “mezze verità” …

Coloro che di fronte all’errore, invece di condannarlo, cercano un accomodamento, un compromesso teoretico tra verità e falsità, negano implicitamente il principio d’identità e non-contraddizione.

Essi sono più pericolosi di chi professa apertamente l’errore. Le “mezze-verità”, la vaghezza, l’imprecisione, l’indecisione, il pressappochismo o l’indefinibilità dottrinale sono la “quinta colonna” o il nemico che si presenta da amico, il cavallo di Troia, il lupo vestito da agnello che penetra – grazie al suo camuffamento – nel cuore della Società civile e della Chiesa e la vuole cambiare dal didentro, si fieri potest … sed portae inferi non praevalebunt …


… son più pericolose dell’errore manifesto

Il Delassus definisce l’Americanismo “Compromesso con le mezze verità, concessioni all’errore, mutilazione e annacquamento del dogma, attenuazione del soprannaturale e faciloneria dottrinale e morale di ogni specie” (p. 226).

Egli propone quindi il rimedio a tanto male: «Evitare lo scoraggiamento, come attitudine di coloro, che conoscono la realtà, ma non hanno il coraggio di reagire [è il male che paralizza molti cattolici oggi]. (…) Perciò, mai incrociare le mani, rinunciando alla lotta e alla sana e corretta polemica; anzi occorre impiegarle per la preghiera (4), la penitenza e l’azione culturale e dottrinale con conseguenze pratiche, anche con la vis polemica (…). Occorre essere circospetti per non prestare, neppure involontariamente, aiuto all’Americanismo, che è una forma di modernismo spirituale e ascetico o di cattolicesimo liberale.
Quindi, non bisogna predicare il “Benessere” come fine ultimo, … il successo in questo mondo, … la trasfigurazione del corpo umano, … la preoccupazione disordinata degli interessi umani, … l’abolizione delle barriere tra religioni e culture, … la cessazione della polemica per sostituirle l’irenica, … l’annacquamento del dogma a favore di una dottrina e moralità soggettiva, … la conciliazione tra lo spirito di Cristo e quello del mondo» (pp. 262-265). 



Siam diventati tutti “americanisti anonimi o impliciti”?

Sembrerebbe di sì. Infatti, anche in ambiente cattolico è penetrata l’idea secondo cui non bisogna più disputare dottrinalmente, ma “cercare piuttosto ciò che unisce invece che ciò che divide”. Occorre astenersi dalla polemica (lotta e disputa dottrinale) e rimpiazzarla con l’«irenica» (tolleranza dottrinale per principio, conciliazione teoretica e morale a oltranza).
Ora, questa è la definizione del Liberalismo e dell’Americanismo.

Certissimamente, occorre evitare l’insulto, la calunnia, la derisone offensiva e la spocchia farisaica di chi si crede “dottore in Israele” per dar sfoggio di cultura e farsi ammirare disprezzando gli altri; ma, tolto ciò, si deve difendere la sana dottrina dagli attacchi di coloro che la impugnano, l’adulterano o semplicemente l’annacquano, altrimenti ci si trova sotto lo stendardo modernista dell’irenismo. 

Invece, Gesù ci ha insegnato (Mt., X, 11) che quando il Buon Pastore (il Sacerdote o il Vescovo) vede il lupo (l’errore e il vizio) avvicinarsi alle sue pecore  (i fedeli), deve gridare “polemicamente”; ossia, lottare e disputare dottrinalmente: “Al lupo!”. Se non lo fa per amor di pace (“irenica”, cioè tolleranza dottrinale per principio, conciliazione teoretica e morale a oltranza) è un cattivo pastore o un mercenario.

S. Giovanni Crisostomo (Commento al Vangelo secondo Giovanni, X, 1-21) spiega: “Si fugge non solo fisicamente, abbandonando il gregge, ma anche moralmente, tacendo davanti all’errore”.  Chi tace davanti all’errore e al vizio per principio, acconsente, ma “guai a chi si sarà vergognato di Me” c’insegna Gesù.  


L’Americanismo è il grimaldello per distruggere lo spirito cristiano

Purtroppo, tramite l’Americanismo, gli Stati Uniti spingono la loro audacia anche nelle questioni religiose. Il termine ‘cattolicesimo americano’ o Americanismo (condannato da Leone XIII nella Lettera Testem benevolentiae, 1895) non è l’etichetta di uno scisma o di un’eresia, esso è “un insieme di tendenze dottrinali e pratiche, che hanno sede in America e che di lì si spargono nel mondo cristiano e specialmente in Europa” (p. 3). L’Americanismo è un virus intellettuale o un portatore sano, che ha ammorbato il mondo intero. 


Americanismo vuol dire giudeo/cristianismo

L’aspetto più preoccupante dell’Americanismo è quello dei “suoi rapporti con le speranze e i progetti del giudaismo, specialmente con le tendenze anticristiane delle leggi del mondo moderno e della società americana, che aspira a possedere il monopolio del pensiero rivoluzionario” (p. 7).

Infatti, “esiste una congiura anticristiana che lavora, tramite rivoluzioni e guerre, a indebolire e, se fosse possibile, ad annichilire, le nazioni cattoliche, per dare l’egemonia a quelle protestanti o cristianiste, come l’America e la Gran Bretagna” (nota n.1, p. 7).



Ecumenismo o “l’Onu delle religioni”

«Uno degli “elementi distintivi della “Missione americana” è il ritorno all’unità di tutte le religioni, tramite la distruzione delle barriere e delle differenze, giungendo a un Congresso [l’Onu] della tolleranza internazionale delle religioni, per lottare unite contro l’ateismo» (p. 124).

L’indifferentismo o tolleranza per principio, cui tende l’Americanismo, consiste nell’equiparare “tutte le religioni, come egualmente buone” (p. 85).

“La cospirazione anticattolica penetra dappertutto, per distruggere – se fosse possibile – la Chiesa e innalzare al suo posto l’israelitismo liberale e umanitario” (p. 89). “Tale cospirazione è diventata universale” (p. 90). “Tra spirito ebraico e americanista c’è un punto di contatto nei princìpi del 1789” (p. 91).


Il “Culto dell’Uomo”

“La presunzione o confidenza eccessiva in se stessi è la caratteristica specifica dell’Americanismo… e gli Ebrei sperano di farne uscire l’israelitismo liberale e filantropico” (pp. 92-93), cioè la neo-religiosità dell’era nuova.

Monsignor Henri Delassus (p. 94) spiega che il Magistero della Chiesa ha condannato tutti i falsi princìpi sui quali si fonda lo spirito americanista: i diritti dell’uomo (condannati da Pio VI); la libertà assoluta della persona umana, la libertà di pensiero, di stampa, di coscienza e di religione (da Gregorio XVI e Pio IX), il separatismo tra stato e Chiesa (da Leone XIII).
Invece, per gli americanisti occorre basarsi sul “liberalismo largo o latitudinarista e sulla tolleranza dogmatica a oltranza, evitando di parlare di tutto ciò che potrebbe dispiacere ai protestanti e alle altre religioni” (p. 97). Per la Chiesa di Roma “il cattolicesimo è la vera religione, mentre per gli americanisti è solo una religione tra tante” (p. 100).


Apparente e momentanea vittoria dell’Americanismo

Purtroppo l’ideale americanista (circa cinquanta/settanta anni dopo la condanna di Leone XIII) si è realizzato, inizialmente e in maniera latente, nel Concilio Vaticano II e poi, apertamente, ad Assisi nel 1986, sino a esplodere con Francesco e Shimon Peres nell’idea dell’Onu di tutte le religioni (settembre 2014). Infatti, gli americanisti dicono che le idee americane sono quelle che Dio vuole per tutti i popoli del nostro tempo.
Ebraismo e Americanismo credono di aver ricevuto una “Missione divina”.


L’America domina il mondo …

Purtroppo “l’influenza dell’America con il suo spirito di libertà assoluta, s’estende sempre di più tra le nazioni, di modo che l’America dominerà le altre nazioni” (pp. 187-188).

L’America sembra essere la “Nazione dell’Avvenire” (p. 190). Tuttavia – commenta il prelato – “se tale avvenire sarà quello dello sviluppo industriale e commerciale, sociale e politico, secondo i princìpi del 1789, ossia il progresso materiale e l'indipendenza assoluta dell'uomo da ogni autorità, anche divina; l’era che vedremo, sarà la più disastrosa mai conosciuta. In essa l’America distruggerà le tradizioni nazionali europee, per fonderle nell’unità o pax americana” (pp. 191-192).
Come non dargli ragione specialmente dopo l’11 settembre del 2001?


…e sparge l’Americanismo dappertutto

La base, o il minimo denominatore comune, di tale mistura di religioni, popoli, culture, è un “moralismo sentimentale” o “una vaga moralità” (p. 192) soggettiva e autonoma kantiana, “indipendente dal dogma, ove ognuno è libero d’interpretarla a modo suo” (p. 130), che oggi vien chiamata “morale della situazione” (5). Essa si è realizzata oggi, tramite l’unione tra “teo-conservatori” americanisti e protestanti cristianisti, con il sionismo ed elementi conservatori-liberali del cattolicesimo, che s’uniscono per difendere la vita, l’embrione, contro il materialismo ateo (cosa buona in sé), ma a discapito della specificità della purezza del dogma (il che è inaccettabile), della tradizione culturale di ogni nazione e delle differenze etniche (le quali, se non vanno esagerate con la teoria della difesa della “razza pura”, che non esiste; non debbono neppure essere distrutte con «l’offesa della razza» in senso lato o del popolo, che ha una sua peculiarità di lingua, cultura, mentalità e religione).


Neoconservatorismo e Americanismo

“Il movimento neo-cristiano o americanista, tende a liberarsi dal dogma per fondarsi sulla bellezza dell’etica” (p. 60), “a rimpiazzare la fede con una cultura o sensibilità morale indipendente, in una vaga religiosità superiore a tutte le altre religioni positive” (p. 76).

Secondo la dottrina cattolica, “la fede senza le opere è morta” (s. Giacomo), ma “senza la fede non si può piacere a Dio” (s. Paolo). Quindi non bisogna disprezzare la morale, ma neppure ridurre la religione alla sola moralità, senza tener più conto dell’integrità dogmatica.

Monsignor Delassus si spiega ancor meglio, scrivendo che “Vi è un’intesa tra Ebraismo e Americanismo, per sostituire la religione cattolica con questa «Chiesa ecumenista o mondialista», questa «religione democratica», di cui l’Alleanza Israelitica Universale prepara l’avvento” (p. 193).

L’Americanismo è lo strumento del giudaismo liberale e filantropico/umanitario, il quale ha rimpiazzato la «fede» del giudaismo ortodosso (in un Messia personale e militante, che avrebbe ridato a Israele il dominio sul mondo), con la “credenza umana” dell’ebraismo liberale (in un “messia idea”, ossia il mondo moderno, nato dall’Umanesimo, Protestantesimo e Illuminismo rivoluzionario, inglese, americano e francese, che farà cadere il mondo nel relativismo e nell’irenismo, i quali eroderanno il Credo cattolico e quel che resta ancora della Cristianità europea, “per condurre l’umanità, dolcemente, verso la Nuova Gerusalemme” (p. 195).  Lo spirito del “Mondo Nuovo” o dell’Americanismo, è caratterizzato (secondo il Delassus) dai princìpi dell’89, che sono “l’indipendenza dell’uomo da ogni potere umano e anche divino” (p. 196), vale a dire i diritti (o il culto) dell’Uomo e lo spodestamento di Dio e della Sua Chiesa.


Aspetto politico e religioso dell’Americanismo

L’americanismo ha un duplice aspetto: politico e religioso.
 

a) Americanismo politico

Politicamente: l’Americanismo è caratterizzato da un certo cosmopolitismo, che porta al mondialismo e alla globalizzazione, i quali infiltrandosi in ogni nazione la corrompono per dominarla. Tale “regno o repubblica universale” è il sogno dell’Alleanza Israelitica Universale, “centro, focolaio e vincolo della congiura anticristiana, alla quale l’Americanismo porta un appoggio considerevole” (p.15).

Il giudaismo talmudico si basa sulla lettura materiale (più che letterale) delle profezie del Vecchio Testamento. Delassus scrive: “Leggete queste profezie nel significato materiale-terreno e vi troverete la risposta all’enigma, la spiegazione dell’attività febbrile giudaica, il sogno dell’ebraismo. Esso si crede, ancor oggi, il popolo destinato da Dio a dominare, materialmente e temporalmente, su tutte le nazioni… tramite la finanza, le banche, la stampa e i mezzi di comunicazione [o di distruzione] di massa” (pp. 20-21) (6).



Il Concilio del giudaismo a Leipzig (1869)

Mentre a Roma il 29 giugno del 1869 si apriva il Concilio Vaticano I, a Leipzig si tenne un Concilio del giudaismo, il quale asseriva che “la realizzazione dei princìpi della modernità è la più grande garanzia per il presente e per il futuro del giudaismo” (p. 22). Purtroppo, continua il prelato francese, “due fenomeni sono sotto i nostri occhi: la preponderanza crescente del popolo ebraico e la tristissima crisi della Cristianità” (p. 24). Il punto d’incontro tra giudaismo e americanismo va ricercato nei princìpi rivoluzionari del 1789, e particolarmente in due tesi: “1°) che tutte le nazioni rinuncino all’amor di Patria e si fondino su una repubblica universale o mondialista; 2°) che gli uomini rinuncino, egualmente, a ogni particolarità religiosa, per confondersi in una stessa vaga religiosità pan-ecumenista” (p. 25).


Alleanza Israelitica Universale

Questi ideali sono portati avanti dall’Alleanza Israelitica Universale, fondata nel 1860 dall’ebreo e massone Adolfo Crémieux, gran-maestro del Grande Oriente di Francia. L’A.I.U. “non era soltanto un’internazionale ebraica, essa mirava più in alto: essere un’associazione aperta a tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità, né di religione, sotto l’alta direzione d’Israele… Essa vuol penetrare in tutte le religioni, come è già penetrata in tutti i paesi e far cadere le barriere, che separano ciò che un giorno dovrà essere unito in una comune indifferenza” (pp. 26-27).

Il prelato s’interroga: “Cosa significa penetrare in una religione? Soprattutto introdurvi le proprie idee. Il giudaismo cerca d’infiltrare le sue idee nella Chiesa cattolica? Sì, i suoi rappresentanti lo asseriscono” (p. 28).

Le forze politiche di cui si serve il giudaismo liberale e filantropico (o massonico) sono: 1°) la democrazia moderna, 2°) la libertà come valore assoluto, 3°) il cambiamento radicale (cfr., p. 153). Questo cambiamento radicale riguarda anche la vita spirituale, prefiggendosi il primato dell’azione sulla contemplazione. L’esaltazione dell’iniziativa individuale (propria del liberismo puritano americano), con un’eccessiva fiducia in se stessi (cfr., pp. 154-155). Il Benessere fisico e corporale (diverso dal benessere comune temporale), come “trasfigurazione del corpo” (p. 159). Il “sensismo empirista, come radicale antimetafisica e anticristianesimo” (p. 161).

Il prelato costata che oramai i nuovi cristiani americanisti, assieme agli ebrei liberali e umanitari, “aspirano a un Messia che non è Gesù Cristo, neppure il messia militante e personale dell’ebraismo ortodosso, ma un’idea di benessere materiale e corporale che renderà l’uomo felice e ricco su questa terra” (pp. 164-165). Tale Benessere (con la maiuscola) consiste non nel possedere il necessario o il conveniente, ma nel “superfluo” (p. 166). I fedeli di questa nuova religiosità non vanno contrariati, bisogna dar loro sempre ragione, seguire la corrente, dir loro ciò che piace ed appaga i sensi (cfr., p. 167).


b)  Americanismo religioso

Dal punto di vista religioso: L’americanismo si serve dell’esoterismo, del massonismo e dell’ecumenismo, per infiltrare la religione cattolica e – se fosse possibile – distruggerla. 

“La massoneria ha le stesse pretese e le esprime con le stesse parole” (p. 29). Il giudaismo liberale è ancora più chiaro, quando dice che bisogna tendere verso “una nuova Gerusalemme, la quale deve sostituire Roma… La stirpe ebraica vuole stabilire il suo regno sul mondo intero, nell’ordine temporale e in quello spirituale” (p. 30).


Massoneria e Americanismo

Anche l’americanismo si serve delle società segrete per ottenere i suoi scopi (cfr., p. 31), per rovinare le Patrie e la religione. La nuova “repubblica universale sarà governata dal popolo ebraico, unica vera genia cosmopolita, apolide ed universale” (p. 33). E infine “dall’anticristo, supremo dittatore divenuto l’unica deità di questo nuovo mondo” (p. 42).

Gli Stati Uniti hanno il triste “privilegio di distruggere le tradizioni e le specificità nazionali e religiose europee, per fonderle nell’unità americana” (p. 44).

L’Americanismo è “assolutamente convinto che gli Stati Uniti siano predestinati a produrre uno stato sociale superiore a quello che si è vissuto sino a ora” (p. 130).

Un altro caposaldo dell’Americanismo è l’evoluzionismo religioso (cfr., pp. 101-108), secondo cui il dogma evolve o cambia radicalmente, sostanzialmente di maniera eterogenea e non omogenea (7); ossia, si passa da una verità a un’altra, secondo il bisogno e le esigenze dei tempi (cfr., p. 109), dacché la verità non è più la “conformità del pensiero alla realtà”, ma “l’adeguarsi del pensiero ai bisogni dei tempi e delle necessità dell’uomo moderno” (Herbert Spencer).

L’altro pilastro su cui si basa l’americanismo è l’ecumenismo.
Monsignor Delassus (p. 133) ci informa che a Chicago, tra l’11  e il 28 settembre del 1893 (circa ottanta/cento anni avanti il Concilio Vaticano II e l’incontro ecumenico di Assisi nel 1986), si svolse un Congresso o Concilio ecumenista di tutte le religioni (tranne la cattolica). In tale conciliabolo si stabilì che “la Chiesa cattolica dovesse fare le concessioni più generose verso le altre religioni” (p. 134); naturalmente Roma lo condannò. Tuttavia, non si può non notare come nel 1962-1965, tali idee americaniste siano penetrate anche in ambiente cattolico, durante il Concilio Vaticano II.


Vaticano II e Americanismo

Anche un pensatore laico, Sergio Romano, ha potuto notare che, mentre il Concilio Vaticano I aveva affermato il primato del Papa, il Vaticano II ha insegnato la collegialità; e che mentre Pio IX ha condannato la modernità, Paolo VI l’ha abbracciata; purtroppo è la triste realtà. Si sarebbe voluto, già nel 1893, “riunire i preti e i ministri dei culti più diversi, per associarli in una preghiera comune” (p. 147), naturalmente senza cadere (non si sa come) nell’indifferentismo (proprio come ad Assisi nel 1986). Tale congresso di Chicago è definito dal Delassus “vero concilio ecumenico dei tempi nuovi” (p. 148), le analogie con il Vaticano II sono, purtroppo, oggettive ed impressionanti.


Antidoto all’Americanismo

Il catto-liberalismo o il social-modernismo, invece, confondono volutamente e scientificamente princìpi e pratica, così formulano delle “mezze verità” che sono più pericolose dell’errore manifesto, poiché esse sono nascoste e segrete, come il modernismo qualificato come “foedus clandesinum” o “setta segreta” da S. PIO X (Sacrorum Antistitum, 1° settembre 1910). Tali mezze verità vengono applicate non solo alla filosofia, al dogma e alla morale, ma anche alla dottrina sociale e politica della Chiesa e soprattutto alla unione gerarchizzata tra Stato e Chiesa.

Se si traspone la prudenza dell’agire nell’ordine dell’essere o della verità, mediante mezze-verità o termini equivoci, ambigui, sfumati, imprecisi, i quali volutamente non sono esplicitamente erronei, è ancora più pericoloso per la sana ragione e la purezza della Fede. Coloro che di fronte all’errore, invece di condannarlo, smascherarlo o disapprovarlo apertamente, cercano un accomodamento, un compromesso teoretico tra verità e falsità, negano implicitamente il principio per sé noto d’identità e non-contraddizione, sotto apparenza d’apostolato, discrezionalità,  pastoralità, prudenzialità (8), sono più pericolosi di chi professa apertamente l’errore. Le mezze-verità, la vaghezza, l’imprecisione, l’indecisione, il pressappochismo o l’indefinibilità dottrinale sono la “quinta colonna” o il nemico che si presenta da amico, il cavallo di Troia, il lupo vestito da agnello che penetra – grazie al suo camuffamento – nel cuore della Chiesa e la vuole cambiare dal di dentro, come dice il “Programma dei Modernisti” (1906) attribuito ad Antonio Fogazzaro ed Ernesto Buonaiuti. 

Occorre, dunque,
1°) sostituire la “polemica”, (lotta e disputa dottrinale) alla “irenica”, (tolleranza e conciliazione teoretica e morale a oltranza). Non astenersi da ogni polemica, lotta o disputa dottrinale contro l’errore e non praticare la tolleranza per principio di ogni male.

2°) Rifiutare il compromesso, le mezze verità, le concessioni all’errore, la mutilazione, l’annacquamento del dogma, la faciloneria dottrinale e morale d’ogni specie.

3°) Evitare lo scoraggiamento, ossia non aver il coraggio di reagire, mai gettare la spugna, rinunciando alla lotta e alla sana e corretta polemica; anzi, occorre impiegarla assieme alla preghiera, alla penitenza e all’azione culturale e dottrinale con conseguenze pratiche e sociali. Non bisogna predicare il Benessere come fine ultimo, il successo in questo mondo, la trasfigurazione del corpo umano, la preoccupazione disordinata degli interessi umani, l’abolizione delle barriere tra religioni e culture, la cessazione della polemica per sostituirle l’irenica, l’annacquamento del dogma a favore di una dottrina e moralità soggettiva, la conciliazione tra lo spirito di Cristo e quello del mondo. In breve, il trionfo delle mezze verità (per mezzi uomini).



NOTE

1 -  P. Parente, Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, 4a ed., 1957, p. 14.
2 - Ibidem, p. 212.
3 - Ibidem, p. 213 e 239.
4 - Un vecchio proverbio recita: “Sono più forti due mani unite per pregare che due mani disgiunte per colpire”.
5 -  Pio XII, Radiomessaggio agli educatori cristiani del 23 marzo 1952 (AAS, n. 44, 1952, p. 273); Discorso ai delegati della Fédération mondiale des jeunesses féminines catholiques (AAS, n. 44, 1952, p. 414); Discorso in occasione del quinto Congresso mondiale di psicologia clinica del 13 aprile 1953 (AAS, n. 45, 1953, p. 278) e infine con il Decreto del S. Uffizio del 2 febbraio 1956 (AAS, n. 48, 1956, pp. 144-145); J. Fuchs, Morale théologique et morale de situation, in Nouv. rev., théol., n. 76, 1954, pp. 1073-1085 ; A. Boschi, Una nuova morale : la così detta etica della situazione, in Palestra del clero, n. 35, 1956, pp. 969-980; F. Olgiati, Una morale nuova e la condanna del S. Uffizio, in Rivista del clero italiano, n. 37, 1956, pp. 481-490; F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, vol. II, voce “Morale della situazione”, pp. 1065-1067, a cura di Pietro Palazzini; C. Fabro, L’avventura della teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974, parte II, “Teologia e Morale”, cap. 1, “Il valore permanente della morale”, pp. 171-251; D. Composta, La nuova morale e i suoi problemi, Roma, 1990. 
6 - Cfr. A. Romeo, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, I vol., voce “Apocalittica”, col. 1615-1625; F. Spadafora, Dizionario Biblico, III ed., 1963, Roma, Studium, voce “Apocalittica”, pp. 40-45; G. Ricciotti, Enciclopedia Italiana, Roma, II ed., 1950, III vol., voce “Apocalittica”, coll. 657-658; A. Vaccari, La Redenzione, Roma, 1934.
Monsignor Antonino Romeo scrive che «la materia dell’Apocalittica è ideologica, politica ed escatologica, essa tratta della vendetta sulle Genti e della restaurazione gloriosa di Israele. […]. Il Regno di Dio riveste generalmente l’aspetto nazionalistico-terreno: schiacciante rivincita di Israele, colmo per sempre di prosperità e di dominio […]. Il regno di Israele o del Messia, che coincide con la Nazione giudaica, sarà di questo mondo, […], e riporterà l’Eden quaggiù. In tale concezione giudaica, la persona umana conta ben poco: Israele diventa realtà assoluta e trascendente, la redenzione è collettiva anziché individuale, anzi cosmica più che antropologica. […]. Il Messia è rappresentato come un re e un eroe militante. […]. Mai il Messia è intravisto come redentore spirituale, espiatore dei peccati del mondo. […]. Il tema supremo appare in funzione esclusiva della glorificazione di Israele, la ‘fede’ è l’impaziente attesa della bramata vendetta sulle Genti. L’aspirazione all’unione con Dio, l’amore di Dio e del prossimo esulano completamente da questi scritti Apocalittici, che fomentano la passione di rivincita e di dominio mondiale. […]. Verso le Genti gli Apocalittici sono implacabili: ogni compassione per loro passerebbe per debolezza di fede. […]. I ‘veggenti’ dell’Apocalittica infieriscono, con voluttà feroce, con odio insaziabile. Le “apocalissi” assumono un posto decisivo nell’astiosa propaganda contro le Genti; sono ordigni di guerra […]; al contrario del Vangelo (Mt. VI, 34), la religione apocalittica ha un solo cruccio e ansia: l’Avvenire […] gli Imperi delle Genti si annienteranno a vicenda finché il dominio universale non passerà a Israele. Ne consegue il particolarismo giudaico, condannato dal Vangelo. Il più ambizioso nazionalismo vi rincara le sue pretese. Le Genti vi sono più disprezzate e odiate che mai: il fosso tra Israele ed esse si trasforma in abisso. Secondo alcuni esegeti l’Apocalittica funge da collegamento tra il Vecchio Testamento e il Talmud e il suo esoterismo l’accosta alla Cabala. Tuttavia, […] l’Apocalittica ha falsificato il Vecchio Testamento e, abbassando l’ideale messianico dei Profeti, ha ostruito le vie al Vangelo, ha predisposto i Giudei a respingere Gesù. Presentando un Messia che ridona a Israele l’indipendenza politica e gli procura il dominio universale, l’Apocalittica accentuò il particolarismo nazionalistico e spinse Israele alla ribellione contro Cristo e contro Roma, quindi al disastro» (A. Romeo, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, I vol., voce “Apocalittica”, coll. 1615-1625, passim).
Questo disastro si sta preparando in questi giorni, su scala mondiale e apocalittica, a partire dalla piccola striscia di Gaza nella cui gestione non è estraneo lo spirito millenaristico talmudico. 
7 - Cfr. F. Marìn Sola, La evoluciòn omogenea del dogma catholico, Madrid, Bac, 1922, 2 voll.; R. Garrigou-Lagrange, Le sens commune. La philosophie de l’etre et les formues dogmatiques, Parigi, 1909.
8 - Termini molto in voga negli anni Sessanta in ambito progressista e oggi, purtroppo, penetrati anche nell’ambiente cattolico conservatore. 







 
Giugno 2024
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