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La lezione di San Francesco d’Assisi Il Papa presenta il suo gesto come una «espressione di stima e di amicizia verso tutti i musulmani, specialmente verso i loro capi religiosi», e chiama cristiani e musulmani a promuovere il «mutuo rispetto attraverso l’educazione». E a proposito del «mutuo rispetto nei rapporti interreligiosi, specialmente tra cristiani e musulmani» si legge: «siamo chiamati a rispettare la religione dell’altro, i suoi insegnamenti, simboli e valori». E il messaggio pontificio aggiunge subito dopo; «Chiaramente, nel manifestare rispetto per la religione degli altri o nel porgere loro gli auguri in occasione di una celebrazione religiosa, cerchiamo semplicemente di condividerne la gioia, senza fare riferimento al contenuto delle loro convinzioni religiose.» Nonostante quanto qui è affermato, la cosa non è chiara. Essa è perfino del tutto paradossale. Come «rispettare la religione dell’altro, i suoi insegnamenti, simboli e valori»? Come «condividerne la gioia, senza fare riferimento al contenuto delle loro convinzioni religiose»? Si tratta forse di un rispetto puramente esteriore, farisaico? E questo rispetto, com’è percepito da coloro che ricevono una tale «espressione di stima e di amicizia»? In questo testo è contenuta una confusione. Il rispetto dovuto alle persone non comporta il rispetto della loro religione quand’essa si oppone alla Verità rivelata dal Dio Trino, come nell’Islam. Come lo zelo del medico per la salute del paziente è pari al suo zelo nel combattere la malattia di cui questi soffre, così l’amore per il peccatore è correlato alla ripugnanza per il peccato da cui lo si vuol salvare. Nel suo messaggio ai musulmani, il Papa cita il suo Santo patrono, Francesco d’Assisi, che presenta in questi termini: «un santo molto famoso, che ha amato profondamente Dio e ogni essere umano, al punto da essere chiamato “fratello universale”». «Il vostro Signore vi ha insegnato nei suoi
Vangeli che non dovete rendere male per male, e anche di abbandonare il
mantello… Ma allora i cristiani non dovrebbero invadere i miei stati.»
Il Santo gli rispose così: «Sembra che non abbiate letto per intero il
Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, perché vi è
anche detto: ‘Se il tuo occhio ti scandalizza, cávalo e
géttalo lontano da te…’ Dunque, con questo Egli ha voluto
insegnarci che benché un uomo possa esser per noi tanto caro o
tanto parente stretto, prezioso come il nostro occhio, se si allontana
dalla fede e dall’amore di Nostro Signore, noi dobbiamo separarcene,
rifiutarlo e gettarlo lontano da noi. Ecco perché i cristiani
hanno avuto ragione di invadere le terre che voi occupate,
perché avete offeso il nome di Cristo e avete sottratto al suo
culto tutti quelli che avete potuto. Ma se volete conoscere il nostro
Creatore e Redentore, confessarlo e rendergli omaggio, i cristiani vi
amerebbero come si amano fra loro.» (Racconto del frate
che accompagnava San Francesco in quell’occasione, riportato da San
Bonaventura).
Qui San Francesco distingue tra il rigetto dell’errore e l’amore per coloro che si augura possa amare, a condizione che riconoscano Cristo. Don Patrice Laroche, professore al seminario di Zaitzkofen (Germania) e autore di una tesi di dottorato su «L’evangelizzazione dei musulmani in Francia» (Strasburgo, 2001), in occasione di una conferenza tenuta a Parigi l’8 marzo 2006 (in Nouvelles de Chrétienté n. 98, marzo-aprile 2006), diceva: «Avendo assimilato gli ideali di due secoli
di cultura liberale, la Chiesa post-conciliare dà più
peso alla parola dell’uomo che alla Parola di Dio, quindi la sua
missione non è più la propagazione della fede da cui
nasce l’amore, ma il dialogo da cui, secondo i suoi partigiani,
dovrebbe scaturire il mutuo rispetto e la fraternità universale.
Se essa abbassa la sua missione ad un livello che rimane di questo
mondo, merita il rimprovero di essere infedele al suo Signore.»
E Raimondo Lullo (1232-1315) diceva: «Quando la Chiesa cessa di essere
missionaria, viene ben presto minacciata di indebolimento interno.
L’oblio del fervore originario spiega l’ascesa dell’Islam, che ha
già amputato la cristianità di metà della sua
estensione e dei suoi fedeli».
E Charles de Foucauld, scrivendo a René Bazin nel
1906, diceva: «Tenete ben a mente che è solo
cristianizzando i musulmani che li civilizzerete, e che è
civilizzandoli che li integrerete, e che è integrandoli che
aggiungerete altri Cipriano e Agostino ai vostri Vincenzo de Paola e
Curato d’Ars».
In rottura con la Tradizione, il messaggio ai musulmani del 10 luglio 2013 si inscrive nella linea del concilio Vaticano II, la cui “Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane”, Nostra Aetate (28 novembre 1965), al n° 3 afferma: «La Chiesa guarda anche con stima i
musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente,
misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha
parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore
ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche
Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché
essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come
profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la
invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio,
quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così
pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto
con la preghiera, le elemosine e il digiuno.»
Questa dichiarazione conciliare fa riferimento al contenuto delle convinzioni religiose professate dai musulmani. Il che solleva diversi interrogativi: - in che “cercano di sottomettersi con tutto il
cuore ai decreti di Dio”, dal momento che rigettano la
Rivelazione fatta agli uomini?
- in che modo adorano il Dio “che ha parlato agli uomini”, dal momento che rigettano la Rivelazione del Figlio di Dio? - in che modo onorano la “madre vergine” di Colui che non riconoscono come Dio? - come possono onorare la Madre se disprezzano suo Figlio «il frutto benedetto del suo seno»? Ma è soprattutto dal paragrafo seguente dello stesso n° 3 che si vede in questo messaggio l’eco della Dichiarazione Nostra Aetate: «Se, nel corso dei secoli, non pochi
dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro
Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare
sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e
promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori
morali, la pace e la libertà.»
Per dimenticare il passato, si devono chiudere gli occhi sul presente? Cioè sul martirio di tanti cristiani in Egitto, in Siria, in Irak, in Nigeria, in Pakistan, in Thailandia, in Indonesia o nelle Filippine? Bisogna aggiungere alla persecuzione sanguinosa di cui essi sono vittime, l’oblio della testimonianza che danno a prezzo della loro vita? Desideroso di non favorire questo oblio dettato da 50 anni dal dialogo interreligioso, il Capitolo Generale della Fraternità San Pio X, nella sua dichiarazione finale del 14 luglio 2012, ha tenuto a precisare: «Noi ci uniamo agli altri cristiani
perseguitati nei diversi paesi del mondo, che soffrono per la fede
cattolica, spesso fino al martirio. Il loro sangue versato in unione
con la Vittima dei nostri altari è la prova del rinnovamento
della Chiesa in capite et membris, secondo il vecchio adagio «sanguis
martyrum semen christianorum».
DICI 20 agosto 2013 (torna
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agosto 2013 AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |