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GREGORIO VII, BONIFACIO VIII, PIO VII … E Papa Francesco Il baciamano di Papa Bergoglio di
L. P.
Cara UNA VOX e cari lettori: allo stupore iniziale, all’imbarazzo successivo, alla finale e composta indignazione sta subentrando, in noi, lo sgomento misto a un profondo senso di impotenza, spettatori come siamo dello stravolgimento e del capovolgimento teologico/liturgico/comportamentale che Papa Francesco I sta progressivamente attuando, ogni giorno sempre più imperterrito, ogni giorno sempre più “antiprotocollare” e senza che alcuno, nei sacri palazzi, osi obiettare. Anzi: all’obbedienza di rito fa da corrispettivo la grancassa dei massmedia che dilata ogni gesto ed ogni parola che il Pontefice, in smania rivoluzionaria, compie o dice. Non staremo a ricordare il “buonasera” con cui salutò l’orbe cattolico ad elezione papale appena conferita, o l’oltraggioso rifiuto dei paramenti pontificali definiti “una carnevalata”, né il suo primo messaggio diretto non alle istituzioni cattoliche ma alla sinagoga di Roma, né la negata benedizione in quella famosa prima conferenza stampa, né lo scambio di zucchetto con alcuni fedeli in piazza san Pietro, né il saluto sportivo che sostituisce il santo segno della Croce, né l’offensiva e ostile assenza dal concerto sinfonico all’aula Paolo VI decisa per non sentirsi un “principe rinascimentale”, né la celebrazione del cardinal Kasper noto eversore del dogma, né la “povera” borsa di vecchio cuoio, in piena vista, sulla scaletta dell’aereo in partenza per Rio, simbolo adulatorio d’una falsa povertà, né tutte le altre iniziative pubbliche, stravaganti ma al passo dei tempi mondani, specialmente quella visita a Lampedusa che ha avuto, come effetto, una massiccia ripresa degli sbarchi clandestini a cui si devono, come le cronache odierne scrivono, furti e stupri. Si aggiunga, a tutto ciò, un’altra perla distribuita il 28 agosto 2013 alle ore 19,51 a cura dell’ANSA, secondo cui: “Papa Francesco è arrivato nella basilica di S. Ago-stino, (per assistere al capitolo generale degli Agostiniani) nel centro di Roma dove in serata ha celebrato una messa (!) portando nella mano sinistra la mitria. Il paramento era avvolto in una custodia di stoffa che il Pontefice ha poi affidato a un sacerdote”. Questa è la notizia che fa da anticipo, e da aperitivo, all’altra da cui il titolo del nostro brano trae ragione. Insomma: dopo la traumatica deposizione della tiara, solennemente celebrata da Paolo VI come un vero funerale – un gesto che tuttavia non ha impedito ai Papi postconciliari di indossare, via via secondo le circostanze, banali copricapi, caschi da motociclista, da minatore e da pompiere, berretti sportivi da baseball, sombreri, accrocchi pennuti di stregoni pellerossa, cinesini, corone piumate dei sacerdoti voodoo del Benin, la bustina castrista, la kipah ebraica, berrettoni peruviani e texani, mitrie col simbolo di Pan – dopo l’abbandono della tiara, dicevamo, segno non di qual che sia potere umano ma proiezione del Magistero, Sacerdozio e Regalità di Cristo, dopo il rifiuto delle pantofole rosse, emblema dei piedi forati di Gesù e del cammino dei Martiri, a vantaggio di un paio di proletarie scarpe nere, allacciate, che fanno “tendenza”, siamo ora all’abbandono o quanto meno, alla negligenza di un paramento sacro, la mitria cioè, tenuta con mano in un sacchetto di stoffa come una qualsiasi busta da supermercato che poi viene deposta nel carrello, nella cornice di un evidente fastidio di chi non vuol sentirsi più nemmeno “Vescovo di Roma” ma uno dei tanti anonimi cristiani, quelli che piacciono a Rahner e a Ratzinger , “uno come voi”, così come il Pontefice ama definirsi con evidente autocompiacimen-to, un amico come tanti a cui “dare del tu”. Siamo davanti all’accettazione e allo sviluppo “in domo Ecclesiae”, dei principii del 1789, quelli giacobini che già GP II affermò essere di sostanza e di origine cristiana. Livellamento, cioè, d’ogni ordine sacro – la gerarchìa – adeguamento al basso d’ogni trascendenza e dignità e d’ogni funzione liturgica: si pensi al calice di legno usato, per la santa Messa, nell’avventurosa e demagogica visita a Lampedusa. Sono i prodromi della rivoluzione che Papa Bergoglio intende iniziare se è vero che, giorni or sono, nell’udienza concessa a 500 giovani, ha chiesto loro l’aiuto per cambiare la Chiesa. Dopo la vicenda della mitria – ed entriamo nel tema indicato dal titolo – vicenda che la stampa ha taciuto, forse per sussulto di verecondia, ecco in bella evidenza, invece, un gesto che definire bizzarro, antiprotocollare è come conferirgli un che di positivo o, comunque, di ragionevole o simpatico. I giornali del 30 agosto 2013 riportano, con enfasi e slancio e con tanto di fotografìa, “il baciamano del Papa gentiluomo, un omaggio alla bellezza”. Tràttasi, cioè, di quel gesto galante, condito da inchino, con cui Papa Bergoglio ha inteso omaggiare la regina di Giordania – un’islamica – ricevuta, ieri 29 agosto, col marito, in udienza particolare. Un impeccabile gesto da suddito. Il Papa della cattolicità, il potere più alto che l’uomo possa aver ricevuto, si piega davanti a una persona quando sarebbe stato, invece, decoroso e imperativo il contrario. E qui la memoria rispolvera, per speculare e contraria simmetria, vicende in cui il rapporto Papa/regnanti era molto ma molto regolato da un protocollo e da una distinzione che poneva il pontefice come l’acme della reverenza e del rispetto. E talune antiche e analoghe vicende, lette oggi, alla luce dei moderni comportamenti papali ci dicono quanto sprofondato sìasi il livello della dignità a cui Papa Francesco I sta con-ducendo la Chiesa. 1077: Canossa. Enrico IV di
Germania, e sua moglie Bertha, attendono tre giorni, 26/27/28 gennaio,
al freddo e al nevischio, prima di essere ricevuti da Papa Gregorio VII, Ildebrando
Aldobrandeschi di Soana, il papa ferreo e misericordioso. Saranno
accolti, vestiti di sacco penitenziale, chini e imploranti la
benedizione e il perdono. Altro che baciamano papale!
In quanto Vicarius Christi, a lui è dovuta la reverenza dacché nel nome di Gesù, come dice l’Apostolo – Fil. 2, 6/11 – ogni creatura in cielo, sulla terra e sottoterra pieghi le ginocchia. Ma no! Papa Bergoglio, al contrario, ritiene di compiere un gesto in linea col suo credo/galateo, e per questo non si perita di umiliare la propria dignità, il munus Christi riducendosi alla stregua di un semplice “gentiluomo”, come l’hanno definito i giornali, che con passo di minuetto faccia la riverenza alla dama di turno simulando il bacio della mano. Una vera e propria “proskinesis”, l’inchino che funzionarii e regnanti, dovevano eseguire davanti all’imperatore di Bisanzio, solo che a farla non è la regina di Giordania ma il Pontefice della più grande confessione e della vera ed unica religione rivelata. Quanta banalità in questo omaggio se rapportato al grande senso di sacralità dimostrato da Bonifacio VIII sul trono papale, quando gli sgherri di Filippo IV di Francia, Guglielmo di Nogaret e Sciarra (Jacopo) Colonna, lo schiaffeggiarono quel triste 7 settembre del 1303, ad Anagni! Non piegò la schiena, non si offrì a qual che si voglia gesto di compiacenza! E come non ricordare, poi, il “Non possumus, non debemus, non volumus” di Pio VII, rivolto alla prepotenza napoleonica?! I Papi preconciliari mai si sarebbero sognati di chinarsi, col baciamano diplomatico, davanti a chicchessìa, popolano o aristocratico: una aberrazione e un protocollo nemmeno ipotizzabili. Una caduta non di solo stile ma di dignità. Non è fuori luogo rammentare quanto, a proposito della dignità pontificia e dell’alto potere conferito al Vicario di Cristo, ebbero solennemente a dichiarare i Padri conciliari che nel Vaticano I così affermarono: “Si quis igitur dixerit beatum Petrum Apostolum non esse a Christo Domino consitutum Apostolorum omnium principem et totius Ecclesiae militantis visibile caput; vel eumdem honoris tantum, non autem verae propriaeque jurisdictionis primatum ab eodem D. N. J. C. directe et immediate accepisse, a. s.” (Conc. Vat. I – Cost. i, caput III, 30), e cioè: se qualcuno, dunque, dirà che il beato Pietro apostolo non fu costituito da Cristo Signore principe di tutti gli apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante; oppure che egli ricevette dal medesimo N. S. G. C. e direttamente e immediatamente un primato solo d’onore ma non un primato di vera e propria giurisdizione, sia scomunicato. Sembra inequivocabile, al cattolico, come il potere papale sia il più alto, preminente su tutte le altre persone e su tutte le altre istituzioni, segnato da valore e dignità, per cui si estende su tutta la terra. Ciò detto, vogliamo offrire una considerazione che potrebbe apparire audace, ma che, intesa nella sua funzione analogica e pedagogica, oltre che nel suo pieno significato teologico, è indiziaria di quella sindrome di rinuncia al prestigio pontificio di cui già ha dato esempio Benedetto XVI emerito papa e che ora, con la cospicua sequenza di gesti, parole ed atti, espressioni dello stile di Papa Bergoglio, manifestamente si dà ad essere costumanza e ordinaria gestione. Non vogliamo, perciò, apparire esagerati a tirar giù una riflessione per instaurare una corrispondenza, di altra connotazione e sostanza essendo il fatto; ma non senza significato e motivo va segnalato che Satana, alla terza tentazione, propone a Gesù di “inginocchiarsi” a lui in cambio dei beni di questo mondo (Mt. 4,9 ). Vogliamo essere cauti, ma l’analogìa, seppur lontana, c’è, eccome! Abbiamo, poi, cercato nei santi Vangeli qualche circostanza in cui Gesù avesse baciato la mano, o fatto l’inchino, o alla moglie di Pilato, o a quella di Erode, o a qualche nobil donna. Niente, niente di niente! Cala sul nostro animo la coltre pesante della tristezza al pensiero che il nostro supremo Pastore, mentre trova legittimo, opportuno e garbato inchinarsi davanti a una regina – la stessa che tempo fa, mentre nel suo regno il popolo tumultuava per problemi di sopravvivenza, ella a Londra si dava alle spese più futili e costose - non riesca ad inginocchiarsi davanti a Cristo Eucaristìa durante il santo rito della Messa. Cari lettori: non credete che ci sia qualcosa di strano in tutta questa storia? Ma vogliamo dichiarare che non è del tutto sorprendente siffatto comportamento se solo pensiamo al festival sincretistico di Assisi ‘86/2011, tomba del primato della Chiesa, o che il defunto GP II non ebbe remore a baciare, in Vaticano, nel maggio del 1994, il corano, né che l’emerito dimesso Benedetto XVI non si vergognò di essere “cresimato” sacrilegamente, a mani imposte sulla testa, da uno sciamano aborigeno maori. Pertanto, perché meravigliarci? Se questa è la rivoluzione che Sua santità, in nome di “liberté, égalitè, fraternité” - i principii che sostanziano la dottrina vaticano seconda - ha in animo di sollevare, ebbene, noi ci dichiariamo, già da adesso, “fedeli refrattarii” perché, secondo il comando, “Oportet oboedire Deo magis quam hominibus” (Acta Ap. 5, 29). Atti,
5, 29: «Rispose allora Pietro insieme agli apostoli:
bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (torna
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agosto 2013 AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |