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CHIESA E GIUDAISMO di Don Curzio Nitoglia ![]() Un popolo teologico
La Chiesa studia il problema ebraico alla luce della fede, la quale c’insegna che Dio ha creato Israele per Sé, affinché preparasse la via al Messia e lo facesse conoscere al mondo intero. La grandezza del popolo ebraico si fonda sulla promessa che Dio ha fatto ad Abramo di farlo diventare capostipite di una “razza” (Gen., XII) dalla quale sarebbe nato il Messia. Abramo ha creduto, e i suoi discendenti per essere benedetti da Dio, devono credere nella promessa messianica (realizzatasi nell’Avvento di Gesù Cristo). Non basta dunque essere discendenti di Abramo solo secondo la carne, ma occorre avere la sua fede in Gesù Cristo (venturo o venuto). I “veri Israeliti” - per la Chiesa - son coloro, che imitano la fede del Patriarca, credendo in Cristo; mentre coloro, che discendono solo carnalmente da Abramo senza avere la sua fede non sono “veri Israeliti”. «Ma come allora - scrive S. Tommaso - colui [Ismaele] che era nato secondo la carne perseguitava quello che era nato secondo lo spirito [Isacco]; così pure adesso [il falso Israele o Sinagoga talmudica, perseguita il vero Israele o Chiesa di Cristo]. Sin dall’inizio della Chiesa primitiva i giudei hanno perseguitato i cristiani, come appare dagli Atti degli Apostoli e lo farebbero ancora ora, se lo potessero» (1). La vocazione del vero Israele spirituale è irrevocabile (Rom., XI, 9) in quanto è unito spiritualmente a Gesù salvatore del mondo, ma il falso Israele carnale, che si ostina ancor oggi a rifiutare Gesù, “è stato reciso dall’ulivo fruttifero, per la sua incredulità” (Rom., XI, 20). Perciò, la vocazione, da parte di Dio, permane; ma da parte dell’uomo può essere rifiutata e quindi essere persa, come insegna Sant’Agostino: “Dio non abbandona per primo, se non viene abbandonato” (De natura et gratia, XXVI, 29). La radice dell’accecamento ebraico consiste nello scambiare la razza per il Salvatore: insomma, la razza ha il primato su Cristo. Il giudaismo, avendo questa concezione razzista della storia, è nemico di tutti i popoli (1ª Tess., II, 15); nemico dei pagani che intende dominare come “bestie parlanti”, ma ancor più nemico dei cristiani che vorrebbe sterminare come continuazione di Gesù nella storia. «Quando la romanità divenne la cristianità - scrive monsignor Umberto Benigni - l’odio della Sinagoga raddoppiò contro di essa per il motivo religioso, giacché lo spirito talmudico odia più il cristianesimo che non il paganesimo. Questo rappresenta per la Sinagoga un gregge da domare, da spogliare; quello è l’insieme dei seguaci di Gesù Cristo, ai quali va l’eredità dell’odio specialissimo del Sinedrio contro il Crocefisso» (2). S. Agostino, nel commento al salmo 58, scrive che gli ebrei talmudici «sussistono ovunque e sono ebrei ovunque, non hanno cessato di essere quello che erano». Gli ebrei saranno sempre una nazione dentro la nazione che li ospita; quando uno Stato accorda a uno straniero, la pienezza del diritto lo fa in cambio della rinuncia ai suoi legami con la sua antica patria; gli ebrei invece non vogliono rinunciarvi e pretendono di ottenere la pienezza del diritto comune della società che li ospita. Per cui - uno Stato confessionale - concede agli israeliti solo un diritto di eccezione o particolare, poiché gli ebrei, volendo restar tali, si escludono da sé dal diritto comune dello Stato ospitante (come gli zingari), il quale si vede costretto a ricorrere a una legislazione speciale, restrittiva o eccezionale per governarli. La Chiesa e le nazioni una volta cristiane, hanno regolato la vita civile e individuale degli ebrei con leggi speciali che sono teologiche, ossia mirano a difendere il cristiano dal contagio dell’anticristianesimo talmudico, e per nulla razziali, in senso biologico e materialistico. Il Magistero ecclesiastico
La Chiesa non ha mai nascosto l’opposizione tra Sinagoga e Gesù. 1°) Innocenzo IV (1244), “Impia judeorum perfidia”: «I giudei, ingrati verso Gesù, disprezzando la Legge mosaica e i Profeti, seguono certe tradizioni o cabale dei loro antenati che son chiamate Talmud, il quale s’allontana enormemente dalla Bibbia ed è pieno di bestemmie verso Dio, Cristo e la Vergine Maria». 2°) Giovanni XXII (1320), “Dudum felicis”: esprime lo stesso concetto. 3°) Paolo IV (1555), “Cum nimis absurdum”: «I giudei sino a che persistono nei loro errori, riconoscano che sono servi a causa di essi, mentre i cristiani sono stati fatti liberi da Gesù Cristo Nostro Signore». 4°) Pio IV (1566), “Dudum felicis”: esprime lo stesso concetto. 5°) Pio V (1569), “Hæbreorum”: «Il popolo ebreo, un tempo eletto da Dio, poi abbandonato per la sua incredulità, meritò di essere riprovato, perché ha con empietà respinto il suo Redentore e lo ha ucciso con morte vergognosa. La loro empietà è giunta a un tal livello che, per la nostra salvezza, occorre respingere la forza di tanta malizia, la quale con sortilegi, incantesimi, magia e malefici induce agli inganni di Satana moltissime persone incaute e semplici». 6°) Gregorio XIII (1581), “Antiqua judeorum”: «I giudei, divenuti peggiori dei loro padri, per nulla ammansiti, a nulla rinunziando del loro passato deicidio, s’accaniscono anche adesso nelle sinagoghe contro N. S. Gesù Cristo ed estremamente ostili ai cristiani, compiono orrendi crimini contro la religione di Cristo». 7°) Clemente VIII (1593), “Coeca et obturata”: esprime gli stessi concetti. 8°) Benedetto XIV (1751), “A quo primum”: «Ogni traffico di merci utili è gestito dai giudei, essi possiedono osterie, poderi, villaggi, beni per cui, diventati padroni, non solo fanno lavorare i cristiani senza posa, esercitando un dominio crudele e disumano su di essi. Inoltre, dopo aver accumulato una grande somma di denaro, con l’usura prosciugano le ricchezze e i patrimoni dei cristiani». 9°) Pio IX (1874-1878), “Discorsi del sommo Pontefice Pio IX pronunciati in Vaticano”: Egli chiama gli ebrei «cani», divenuti tali da «figli» che erano, «per la loro durezza e incredulità». Il Pontefice continua definendoli «bovi», che «non conoscono Dio» e aggiunge «popolo duro e sleale, come si vede anche nei suoi discendenti», che «faceva continue promesse a Dio e non le manteneva mai». Inoltre, papa Mastai stabilisce un parallelo tra la Chiesa del suo tempo e quella delle origini, asserendo: «Le tempeste che l’assalgono sono le stesse sofferte alle sue origini; allora erano mosse dai pagani, dagli gnostici e dagli ebrei, e gli ebrei vi sono ancora presentemente». Quindi, ricorre all’espressione di «Sinagoga di Satana» per meglio identificarli. 10°) Pio XI (1937), “Mit brennerder Sorge”: «Il Verbo doveva prender carne da un popolo che lo avrebbe poi confitto in croce». Lo stesso Pio XI nella famosa “enciclica nascosta” (Humani Generis Unitas) che non fu promulgata, data la morte del Papa avvenuta il 10 febbraio 1939, scriveva: «La vera natura della separazione sociale degli ebrei dal resto dell’umanità, ha un carattere religioso e non razziale. La questione ebraica, non è una questione di razza, né di nazione, ma di religione e, dopo la venuta di Cristo, una questione di cristianesimo... Il popolo ebreo ha messo a morte il suo Salvatore [...]. Costatiamo in questo popolo un’inimicizia costante rispetto al cristianesimo. Ne risulta una tensione perpetua tra ebrei e cristiani mai sopita. Il desiderio di vedere la conversione di tale popolo non acceca la Chiesa sui pericoli ai quali il contatto con gli ebrei può esporre le anime. Fino a che persiste l’incredulità del popolo ebraico, la Chiesa deve prevenire i pericoli che questa incredulità potrebbe creare per la fede e i costumi dei fedeli». La legislazione speciale della Chiesa e
della Cristianità
Tale insegnamento magisteriale divenne legge per proteggere i cristiani da tanta “perfidia” (in senso teologico: per / fidem, fede falsa, deviata). Vari sono i temi su cui la Chiesa ha legiferato; riassumo i principali: a) Il matrimonio: la Chiesa non ha mai pensato di proibire il matrimonio tra gli israeliti; inoltre, essa, pur sconsigliando il “matrimonio misto”, ossia tra un battezzato e un non battezzato, può concedere una dispensa affinché esso sia canonicamente valido. b) I servi cristiani di una famiglia ebrea: la Chiesa non tollera che il cristiano faccia da servo agli ebrei, poiché Cristo ha liberato i suoi fedeli, mentre colui, che ha rinnegato Cristo, è schiavo del peccato; soprattutto per quanto riguarda la donna che può essere corrotta più facilmente e anche moralmente. c) La residenza e le professioni: la Chiesa regolava severamente la residenza degli ebrei, in quanto, nemici giurati del cristianesimo, «hanno ucciso il Signore Gesù ed i Profeti, ci hanno perseguitato, non piacciono a Dio, sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di predicare ai pagani per la loro salvezza» (S. PAOLO, 1ª Tess., II, 15- 16); in questi versetti è racchiusa in nuce tutta la teologia cattolica sul problema ebraico: l’israelita post-biblico è deicida, non piace a Dio e quindi non deve piacere neppure a noi cristiani, e nel corso della storia impedisce - tramite eresie e persecuzioni - che si predichi il Vangelo per la salvezza di tutti gli uomini. Anche se erano costretti a vivere nei ghetti, perché non nuocessero alla Cristianità, gli ebrei godevano tuttavia di un diritto di residenza (pur se limitato). Occorre specificare che il ghetto è l’opera della misericordia della Chiesa, la quale non volendo che il popolo cristiano, angariato dagli ebrei, arrivasse alla violenza e ai pogrom contro gli israeliti, lo istituì per il bene degli uni e degli altri. Per circolare fuori dal ghetto l’ebreo doveva indossare un distintivo giallo, al fine di essere riconoscibile, per non poter nuocere al cristiano e non per essere disprezzato o vessato. Inoltre, la Chiesa proibiva loro il campo degli affari e lasciava aperta la strada dell’agricoltura. Era loro proibita la professione d’insegnante (che può trasmettere una scienza falsa agli studenti e rovinare la loro fede). Così al medico ebreo era proibito curare il malato cristiano, per pericolo di avvelenamento, come pure la professione di farmacista verso i cristiani, per lo stesso motivo e a causa della preparazione di pozioni magiche. Similmente quella di magistrato, poiché per il Talmud il magistrato ebreo deve favorire il correligionario (anche se colpevole) contro il cristiano (pure se innocente). Nonché la carriera militare, che si fonda sull’amor patrio, in quanto l’ebreo apolide non si considera francese, italiano o tedesco, ma sempre ebreo. I cristiani non possono odiare gli ebrei, e la Chiesa ha condannato l’antisemitismo come odio razziale (Pio XI, 25 marzo1928), mentre ammette l’anti-giudaismo teologico quale legittima difesa. S. Tommaso insegna: «Nessuna ostilità, bensì misure difensive, libertà vigilata per gli ebrei ma protezione per i cristiani» (3). La vera carità verso gli ebrei - scriveva monsignor Pier Carlo Landucci - consiste nell’illuminarli lealmente sul loro stato attuale di separazione da Dio; inoltre, contro il loro anti-cristianesimo attivo può esser lecita la legittima difesa, scevra da ogni odio di malevolenza (4). Leone XIII, Pio XI e La Civiltà Cattolica
Dal 1878 al 1903, La Civiltà Cattolica, su ordine di Leone XIII, studiò l’origine e la causa dei mali che avevano portato alla “breccia di Porta Pia”. L’organo dei Gesuiti, riprendendo l’insegnamento tradizionale della teologia cattolica sulla pericolosità individuale e sociale dell’ebraismo e sulla necessità di una legislazione speciale per tenerlo a freno, notava che dopo l’abrogazione delle leggi discriminatorie, iniziatasi con la rivoluzione francese, la sua pericolosità era passata all’azione ed era diventata una minaccia vivente per tutta l’Europa. La parificazione dei diritti aveva portato alla preponderanza giudaica e questa aveva suscitato reazioni antisemite. Quindi, proponeva la restaurazione di una legislazione speciale che impedisse agli ebrei di danneggiare (in atto) i cristiani, che li salvasse dal totalitarismo talmudico e che nello stesso tempo preservasse gli ebrei dai pogrom antisemiti di stampo materialista e biologicamente razzista. La soluzione del problema ebraico consisteva - per Leone XIII e La Civiltà Cattolica - o nella conversione del falso Israele post-biblico al cristianesimo o nella “segregazione amichevole e non odiosa degli ebrei” nei ghetti. Per il Papa le leggi di eccezione non significavano persecuzione ma, legittima difesa dei cristiani e nello stesso tempo protezione degli ebrei dall’antisemitismo esagerato e violento (5). Cattolicesimo e “razza”
Attorno al 1880 la terminologia è ancora imprecisa, si parla - da parte cattolica - di popolo (moltitudine), stirpe (radice, tronco, famiglia), nazione (da nascere), schiatta (impronta, carattere, tempra) e razza (radice, origine, principio, genere o natura), indifferentemente. I padri Oreglia, Rondina e Ballerini de La Civiltà Cattolica li utilizzano, a proposito del giudaismo, per indicare il miscuglio di Talmud e Cabala che produce una cultura nazionale ebraica anticristiana, ossia la famiglia, unitamente alla cultura ebraica, produce un legame nazionale giudaico che ritiene la razza israelitica superiore e padrona del mondo. L’ebraismo non è descritto - dal cattolicismo - come un fatto razziale e biologico, ma come una filosofia che produce una cultura nazionale iper-razzista; pertanto l’ebraismo è soprattutto razzismo. Ma, verso il 1938, sotto il pontificato di Pio XI, di fronte alle leggi razziali nazionalsocialiste, La Civiltà Cattolica, con padre Messineo e Barbera, precisa i termini: l’ebraismo è una religione razzista, ma è preferibile parlare di nazione ebraica piuttosto che di razza, per distinguersi dal razzismo biologico e materialista del nazionalsocialismo. Per padre Messineo è di nazione ebraica chi ha famiglia ebraica, è legato alla comunità nazionale israelitica e alla sua cultura razzista-talmudica. Nazione ebraica è un concetto che include cultura e civiltà talmudiche; le nazioni di cultura e civiltà cristiane, possono lecitamente difendersi contro il razzismo-talmudico giudaico che lede la loro unità culturale civile e religiosa, sia ab extrinseco sia ab intrinseco; il quale razzismo come una nazione giudaico-talmudica, dentro una nazione cristiana, non solo non vuole integrarsi, ma pretende d’imporre il proprio dominio a tutte le altre, corrompendo la loro civiltà, cultura e fede; ed è perciò che l’ebraismo va discriminato, con leggi speciali, le quali lo isolino - senza usargli violenza - per impedire che corroda le nazioni cristiane e le corrompa e anche per difenderlo, al tempo stesso, da reazioni violente da parte dei non ebrei. Pio XI stesso intervenne il 21 luglio 1938, nel corso di un’udienza concessa a 150 assistenti ecclesiastici di Azione cattolica dicendo: «cattolico vuol dire universale, non razzistico, iper-nazionalistico, separatistico; c’è qualche cosa di particolarmente detestabile, in questo spirito di separatismo, di nazionalismo esagerato, che appunto perché non cristiano, non religioso, finisce col non essere neppure umano» (6). Il 28 luglio il Papa affrontò nuovamente la questione, durante un discorso pronunciato agli alunni del collegio Propaganda Fide: «con l’universalità c’è l’essenza della Chiesa cattolica; ma con quest’universalità stanno bene assieme, bene intese e al loro posto, l’idea di razza, di stirpe, di nazione e di nazionalità [...]. Non occorre essere troppo esigenti: come si dice genere, si può dire razza, e si deve dire che gli uomini sono innanzitutto un solo e grande genere, una grande famiglia [...]. In tal modo il genere umano è una sola, universale, cattolica razza. Né può tuttavia negarsi che in questa razza universale non vi sia luogo per le razze speciali [...]. Ecco cos’è per la Chiesa il vero, il proprio, il sano razzismo. Tutti a un modo: tutti oggetto dello stesso materno affetto, tutti chiamati [...] a essere nel proprio paese, nelle particolari nazionalità di ognuno, nella sua particolare razza, i propagatori di questa idea così grande e magnificamente materna, umana, anche prima che cristiana» (7). In breve, la Chiesa condanna il razzismo materialista e denuncia il pericolo giudaico, per riparare il quale occorre una legislazione di disuguaglianza civile, di restrizioni e precauzioni, per difendere la cultura nazionale, religiosa e l’ordine sociale cristiano. Si noti che Pio XI ha ripreso il concetto di razza ma l’ha spiritualizzato, non è solo materia, “sangue e suolo”, biologia, ma è genus - gens - stirpis o nazione, come aveva già accennato padre Messineo dalla Civiltà Cattolica. Tuttavia, il concetto di “sola razza” fu lasciato cadere e gli si preferì quello di nazione; e ogni volta che si fosse usato si sarebbe dovuto specificare che non era inteso materialisticamente e biologicamente, bensì spiritualmente come un insieme di civiltà, cultura e religione che formano - assieme - una nazione. NOTE 1 - S. TOMMASO, Super epistulam ad Galatas lectura, lectio VII, n.° 249, 271-272, Marietti, Torino, 1953, pag. 620 ss. 2 - U. BENIGNI, Storia sociale della Chiesa, Milano, Vallardi, 1922, vol. III, pag. 24. 3 - Cfr. G. DAHAN, La disputa antigiudaica nel medioevo cristiano, ECIG, Genova, 1993. 4 - P.C. LANDUCCI, La vera carità verso il popolo ebreo, in «Renovatio», n.° 3, 1982. 5 - R. TARADEL - B. RAGGI, La segregazione amichevole. «La Civiltà Cattolica» e la questione ebraica, 1850-1945, Editori Riuniti, Roma, 2000, pagg. 124-155, passim. 6 - La Civiltà Cattolica, 1938, vol. III, pag. 271. 7 - L'Osservatore Romano, 29 luglio 1938. |