RAPPORTI TRA
LA “CHIESA DEL VECCHIO TESTAMENTO”
E
LA “CHIESA DI CRISTO”



di Don Curzio Nitoglia

Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
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LE ANALOGIE TRA LA SINAGOGA VETEROTESTAMENTARIA

E LA CHIESA DI CRISTO



La Chiesa, secondo Albert Pigge (1) , che riprende la teoria contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, è “una e universale o cattolica” poiché non limitata né dal tempo né dallo spazio.

Essa inizia dall’origine del mondo e arriverà sino alla sua fine. Nell’Antica Alleanza essa ha avuto origine con Adamo ed Eva nel paradiso terrestre, sviluppandosi progressivamente, ma omogeneamente, come un bambino che diventa uomo ed è lo stesso quanto alla natura umana, mentre cambia quanto agli accidenti (quantità, tempo, qualità, figura accidentale), sino a diventare la Chiesa della Nuova ed Eterna Alleanza a partire dalla morte di Cristo sino alla sua Parusia.


La S. Scrittura


Il Nostro Autore prova la sua tesi a partire dalla S. Scrittura. Infatti, nella 1a  Epistola ai Corinzi (capitolo X, versetto 4) San Paolo, divinamente ispirato, scrive: «[i nostri padri] tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una pietra spirituale che li accompagnava, e questa pietra era Cristo».

Che cosa significa esattamente questo versetto? Sembrerebbe che Gesù accompagnasse, già nel 1300 a. C., gli Ebrei nel deserto verso la Terra Santa. Ma, com’è possibile una cosa del genere, se Gesù - come uomo - non era ancora nato? Il Pighius scruta cosa rispondono i Padri ecclesiastici, che sono (nella Tradizione apostolica) gli interpreti autentici del significato o “spirito” della S. Scrittura perché “la lettera uccide lo spirito, invece vivifica” (2a Cor., III, 6).


I PADRI ECCLESIASTICI

1)     S. Giovanni Crisostomo

Secondo il maggiore dei Padri greci, San Giovanni Crisostomo (345-407), nel capitolo X della 1a Epistola ai Corinzi nei versetti 1-6: «Non voglio che voi ignoriate, fratelli di Corinto, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati o immersi in Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una ‘pietra’ spirituale che li accompagnava, e questa ‘pietra’ era Cristo. Ma, nella maggior parte di essi Dio non si compiacque; perciò furono atterrati nel deserto. Queste cose però erano figure di noialtri, perché non fossimo cùpidi di cose cattive, come costoro invece ne furono cùpidi» (Commento alle Epistole di San Paolo, 1a Cor., X), l’Apostolo delle Genti insegna che i “padri” sono coloro che lasciarono l’Egitto attorno al 1300 a. C. guidati da Mosè e di cui tratta l’Esodo.

Infatti, Dio mediante la “nube” insegnava agli Ebrei il cammino da percorrere (Ex., XIII, 21), il “mare” (1a Cor., X, 2) è il  Mar Rosso (Ex., XIV, 22), il “cibo” e la “bevanda” sono la manna (Ex., XVI, 4-35) e l’acqua scaturita dalla ‘roccia’ colpita da Mosè (Ex., XVII, 6). Cibo e bevanda “spirituali” (1a Cor., X, 3-4), sia perché ottenute miracolosamente sia per il loro valore pre-figurativo dell’Eucarestia: Corpo e Sangue di Gesù Cristo.

Egualmente l’antico Israele, che fu “battezzato nella nuvola e nel mare, in Mosè” (1a Cor., X, 2) pre-figura il Battesimo in Cristo. Ossia, come i padri nel deserto furono immersi o battezzati nella nube e nel mare per appartenere a Mosè e formare un solo Corpo spirituale con lui o il “Popolo dell’Antica Alleanza”, che passa dalla schiavitù alla libertà (Ex., XIX, 5); così, i cristiani vengono battezzati in Cristo per formare il Suo Corpo Mistico, che è la Chiesa della Nuova Alleanza.

Infatti, il “mare” simboleggia l’acqua del battesimo cristiano, mentre la “nube” la presenza di Dio, ossia lo Spirito Santo, poiché nella Nuova Alleanza si è battezzati “in acqua e Spirito Santo” (Mt., III, 11) e non solo nell’acqua come in Mosè o in S. Giovanni Battista (Mt., III, 6 e 11).

San Giovanni Crisostomo commenta: “A quegli antichi Israeliti Dio dette la manna e l’acqua, a te che sei cristiano il Corpo e il Sangue di Cristo”. Quanto al versetto 4° (1a Cor., X), secondo il Crisostomo “la Pietra percossa da Mosè (Ex., XVII, 6) è Cristo e quindi si capisce come l’acqua scaturita dalla Roccia fosse spirituale” (Comm. Ep. di S. Paolo).


2)     S. Agostino

Anche secondo il maggiore dei Padri ecclesiastici latini, S. Agostino d’Ippona (354-430), Israele all’uscita dall’Egitto, con tutti i miracoli che lo accompagnarono e sotto la guida di Mosè, era una pre-figurazione del Nuovo Testamento e della Chiesa di Cristo, fondata su una “Pietra principale”, che è Cristo o “Roccia spirituale” (1a Cor., X, 4), e su una “Pietra secondaria”, che è Pietro (“tu sei Pietro e su questa Pietra Io edificherò la Mia Chiesa”, Mt., XVI, 18), ossia Pietro è Cristo in terra: “Petrus petra, petra Ecclesia ” (S. Aug., Enarr. In Ps. 103, 3, 2) ; «Non dictum est illi “Tu es petra”, sed “Tu es Petrus”. Petra autem erat Christus; quem confessus Simon dictus est Petrus. Non gli fu detto ‘Tu sei la Pietra’, ma ‘Tu sei Pietro’. La Pietra era Cristo, confessato il quale, Simone fu chiamato Pietro» (S. Aug., In epist. Johann. ad Parthos, 10, 1).

Nella 1a Epistola ai Corinzi  il vero e nuovo “Israele di Dio” (Gal., VI, 16) viene pre-annunziato, nei minimi dettagli, dall’antico Israele del Vecchio Testamento. Per esempio, il Battesimo e l’Eucarestia sono pre-annunziati, nella traversata del deserto con Mosè, in “ombra” o in “figura” di realtà future, che verranno istituite da Gesù nel Nuovo ed Eterno Testamento. Tutto nell’Antica Alleanza è “ombra” della “realtà” futura della Nuova ed Eterna Alleanza; persino il castigo dei “nostri padri” nel deserto è una pre-figura, che ci ammonisce di non essere infedeli come la maggior parte degli antichi Israeliti, nella quale Dio non si compiacque. È Gesù che unifica, come “pietra d’angolo” (Mt., XXI, 42; Atti, IV, 11) i due Testamenti, nascosto dietro l’ombra (Antico Testamento) di una realtà a venire (Nuovo Testamento).

Umbram fugat Veritas, l’ombra cede il posto alla Realtà”, ci fa cantare san Tommaso d’Aquino nell’Ufficio della Festa liturgica del Corpus Domini. Ora nella S. Scrittura Dio spesse volte è chiamato “Pietra” o “Roccia” (Deut., IV, 15-18; Sam., XXII, 32; Sal., XVII, 3; Is., LXIV, 8). Perciò, non è un caso se Cristo è detto “Roccia” in san Paolo mentre san Pietro, che è Cristo in terra, è “Pietra” nel Vangelo secondo Matteo (XVI, 18). Come si vede il Nuovo Testamento è l’esplicitazione dell’Antico Testamento, come diceva S. Agostino: “Nel Vecchio è nascosto il Nuovo e nel Nuovo appare chiaramente il Vecchio Testamento”. Inoltre, la “Roccia spirituale”, alla quale bevevano gli antichi Israeliti e che “li accompagnava”, secondo il Crisostomo non era una pietra materiale e fisica che gli Ebrei si portavano appresso come una sorta di reliquia o di segno sacro, ma Cristo stesso o “Roccia principale”, che accompagnava, come Verbo non ancora Incarnato, l’Israele dell’Antico Patto, figura della sua assistenza “tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20) alla Chiesa del Nuovo Patto, quale Verbo Incarnato. Perciò Mosè, Adamo e i Patriarchi erano virtualmente Cristiani; ossia, credevano nel Messia venturo, Gesù, e vivevano nella Grazia santificante, meritataci dal Sangue sparso in Croce da Cristo. Quindi, il Cristianesimo è già presente in ombra o in figura nell’Antico Testamento.


3)     Eusebio da Cesarea

Secondo lo storico Eusebio da Cesarea (265-339) «se è certo che siamo di ieri, se il nome di cristiani, veramente nuovo, è noto da poco a tutte le genti, non così la nostra vita, i nostri costumi ispirati a princìpi religiosi: non sono una novità dovuta alla nostra fantasia, ma li troviamo, dirò così, già nel primo apparire dell'umanità istintivamente adottati dagli uomini pii. Lo dimostriamo: Il popolo ebreo non è nuovo ma, stimato da tutti gli uomini per la sua antichità e a tutti ben noto. I suoi libri e i suoi scritti riguardano uomini antichi, certamente pochi di numero, ma segnalati per la pietà, la giustizia e tutte le altre virtù; alcuni prima del diluvio, altri dopo, derivanti dai figli e dai discendenti di Noè; e poi Abramo, che i figli degli ebrei vantano quale fondatore e Padre della loro stirpe. Se qualcuno dicesse che tutti costoro, celebrati per la loro giustizia, da Abramo stesso fino al primo uomo, erano cristiani di fatto, se non di nome, non andrebbe lontano dalla verità.

Infatti, se il nome di cristiano vuole significare che un uomo, per la conoscenza che ha del Cristo e della sua dottrina, si distingue per purezza e giustizia, per dominio di sé e virtù virile, per la pia confessione di un solo sommo Iddio, tutto questo essi attuarono non meno di noi. Come noi, essi non curavano di circoncidersi nel corpo, non osservavano il sabato, non si astenevano da particolari cibi, non osservavano le altre prescrizioni di valore simbolico che Mosè per primo introdusse e tramandò ai posteri; facevano appunto come oggi noi cristiani. Avevano una buona conoscenza del Cristo di Dio che, come abbiamo mostrato sopra, era apparso ad Abramo, aveva dato responsi a Isacco, aveva parlato con Israele (cfr. Gen., XVIII, 1; XXVI, 2; XXXV, 1), s’era intrattenuto con Mosè e i profeti posteriori. Per questo motivo troverai che tali amici di Dio vengono onorati col nome di Cristo nel detto scritturistico che li riguarda: “Non toccate i miei cristi e non peccate contro i miei profeti!” (Sal., CIV, 15). Da ciò appare chiaro che la forma di religione più antica, anteriore a tutte le altre, è quella praticata da uomini pii ai tempi di Abramo, e ora annunciata a tutte le genti dagli insegnamenti del Cristo.

Se mi si dice che in séguito Abramo ebbe pure il precetto della circoncisione, si rifletta che la sua giustificazione per la Fede ebbe luogo prima, come testimonia la parola di Dio che dice: “Credette Abramo, e Dio glielo contò a giustizia” (Gen., XV, 6). Essendo già giustificato prima della circoncisione, gli fu da Dio - cioè dal Cristo, Verbo di Dio - preannunciato un oracolo riguardante coloro che nel séguito del tempo avrebbero come lui ricevuto la giustificazione, con queste parole: “In te saranno benedette tutte le nazioni della terra” (Gen., XII, 3); e: “Diverrai un popolo grande e numeroso e in te saranno benedette tutte le genti della terra” (Gen., XVIII, 18). È facile vedere che tutte queste parole si sono avverate in noi. Abramo fu giustificato per la sua Fede nel Cristo, Verbo di Dio, che gli era apparso; abbandonate perciò le superstizioni degli avi e gli errori della vita precedente Lo riconobbe come unico, sommo Iddio e l'onorò con le opere virtuose, non con le cerimonie della Legge mosaica, a lui posteriore: tale era colui al quale fu detto che tutte le genti della terra, tutte le nazioni in lui sarebbero state benedette.

Al giorno d'oggi questa religiosità di Abramo, esplicata nelle opere più efficaci delle parole, si riscontra solo tra i cristiani, diffusi su tutta la terra. Cosa ci può vietare, dunque, di affermare l'uguaglianza del tenore di vita e della religiosità dei seguaci di Cristo e di quegli antichi amici di Dio? Ecco dimostrato così che la religione a noi tramandata per l'insegnamento del Cristo, non è nuova e straniera, ma se dobbiamo dire la verità, è la prima, l'unica, la vera» (EUSEBIO DA CESAREA, Storia Ecclesiastica, I, 4, 4-15).



SAN TOMMASO D’AQUINO: IL DOTTORE DEI DOTTORI

Il Deicidio, la conoscenza della Trinità e della Divinità di Cristo, da parte del Sinedrio

S. Tommaso d’Aquino (S. Th., III, q. 47, a. 6, ad 1um) si chiede «Se i Capi dei giudei sapevano che la Persona che crocifiggevano era Dio stesso incarnato, la seconda Persona della SS. Trinità». Egli risolve il dubbio con una distinzione: “Prima del peccato originale l’uomo ebbe fede esplicita del¬l’In¬carnazione di Cristo... non in quanto era ordinata a liberare dal peccato con la Passione e la Risurrezione, perché l’uomo non prevedeva il suo pec¬¬¬ca¬to. Invece, si arguisce che credeva nel¬l’Incar¬nazione del Verbo (in quanto ordinata alla pienezza della gloria) dalle parole: “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si stringerà alla moglie” (Gen., II, 24). Parole che secondo S. Paolo stanno a indicare il “gran mistero di Cristo e della Chiesa” (Ef., V, 32); mistero che non è credibile sia stato ignorato da Adamo  (S. Th., II-II, q. 2, a. 7, in corpore).

In bre¬¬ve, quando Dio parlò ad Adamo del suo matrimonio con Eva, gli spiegò che era una figura dell’unione di Cristo e della Chiesa; gli dovette spiegare allora il mistero della Trinità e Unità di Dio e quello dell’Incar¬nazione del Verbo. “Dopo il peccato originale - prosegue S. Tommaso - il mistero dell’Incarnazione fu creduto esplicitamente anche rispetto alla Passione e Resurrezione, con le quali l’umanità viene liberata dal peccato... altrimenti gli antichi non avrebbero prefigurato la Passione di Cristo con i sacrifici... e di questi sacrifici i maggiorenti (principes judaeorum) conoscevano esplicitamente il significato; mentre il popolo ne aveva soltanto una conoscenza confusa” (Ib., in corpore). Perciò, i prìncipi dei giudei avevano una conoscenza esplicita del mistero dell’Incarnazione, Passione e Morte del Verbo Incarnato.

Quanto poi al mistero della Trinità S. Tommaso risponde: “Fin dal principio fu necessario per salvarsi credere il mistero della Trinità. ... non è possibile credere esplicitamente il mistero di Cristo, senza la fede nella Trinità ... perciò, prima di Cristo il mistero della Trinità fu creduto come il mistero dell’Incarnazione e cioè esplicitamente dai maggiorenti e in maniera implicita e quasi velata dalle persone semplici” (S. Th., II-II, q.2, a 8, in corpore).

Lo stesso concetto è ripreso dall’Angelico nel Commento alle Sentenze: “Dopo il peccato originale, prima dell’Avvento di Cristo, avevano la fede esplicita nel Redentore alcuni ai quali era stata fatta una rivelazione speciale, ed essi erano i majores. Altri invece, come i minores, avevano una fede implicita [nel Redentore] nella fede dei majores” (In III Sent., dist. 25, q. 2, a. 2, qcq. 2).

E ancora: “Sia prima che dopo il peccato originale fu necessario che i majores avessero una fede esplicita nella Trinità; non fu tuttavia necessario per i minores dopo il peccato. ... e, similmente dopo il peccato originale fino al tempo della grazia i majores erano tenuti ad avere la fede esplicita nel Redentore, i minores invece soltanto implicita nella fede dei Patriarchi e dei Profeti” (De Verit., q.14, a. 11, in corpore).

Ancora nel Commento all’Epistola agli Ebrei S. Tommaso afferma: “Alcuni più esplicitamente [credevano alla Trinità, ndr], ed erano i majores ai quali fu fatta aliquando Revelatio specialis” (Ad Haebr., Cap. XI, lectio II, n. 576, Marietti, Torino, 1953).


Diversità e somiglianze tra Chiesa e Sinagoga

Ora, secondo il Pighius, la Chiesa di Cristo è distinta accidentalmente dall’antica Sinagoga o Chiesa del Vecchio Testamento poiché mentre la Sinagoga era l’ombra, la figura o il tipo della Chiesa cristiana, questa è la realtà.

In breve tra Sinagoga e Chiesa passa la stessa differenza che tra Antico e Nuovo Testamento: “In Vetere Novus latet, in Novo Vetus patet / nel Vecchio Testamento è racchiuso il Nuovo Testamento e nel Nuovo Testamento appare chiaro il significato del Vecchio Testamento” (S. Agostino). 

Inoltre la Chiesa è stata fondata da Cristo su Pietro e gli Apostoli e diffusa nel mondo intero, mentre la Sinagoga era sita solo in Israele. Tuttavia, nonostante la Chiesa abbia un nuovo sacerdozio, un nuovo Sacrificio, nuovi Sacramenti, è “una” sostanzialmente, anche se cronologicamente e accidentalmente è divisa in due tempi: l’Antica e la Nuova Alleanza, che sono entrambe “sub uno Duce invisibili Deo, in Fidei et Religionis unitate / sotto un solo Capo: Iddio invisibile, nell’unità della Religione e della Fede” (2) .
Quindi, la Chiesa e l’antica Sinagoga e - si badi bene! - non la nuova “sinagoga di satana” (Apoc., II, 9) che ha rifiutato Cristo, lo ha fatto crocifiggere e persiste ancor oggi nella sua cecità - sono una sola Chiesa di Dio e tutte e due son come una grande città fondata sopra i Profeti e gli Apostoli. Infatti, gli antichi Patriarchi e Profeti aspettavano e predicevano il Messia Gesù Cristo Nostro Signore, che gli Apostoli hanno predicato. Quindi una sola cosa formano la Chiesa di Dio e di Cristo dell’Antico e del Nuovo Testamento, unite dalla Pietra d’Angolo che è Gesù medesimo, “Qui fecit ex utraque unum” (Mc., XII, 10-11; Lc., XX, 17; Mt., XXI, 42; 1 Pt., II, 7).

Infatti, se il Capo dell’antica Sinagoga è Dio invisibile, il Capo della nuova Chiesa è Cristo visibile dalla sua nascita alla sua morte in croce e Ascensione e ora invisibile in Cielo, ma che ha in terra il suo Vicario visibile, il Papa. Tuttavia, anche nell’Antico Testamento Dio si serviva di rappresentanti visibili (Patriarchi, Profeti, Sommi Sacerdoti sino ad Anna e Caifa). Per cui, alla vecchia Sinagoga è succeduta la nuova Chiesa di Cristo, la quale l’ha perfezionata, realizzata e sublimata. Esse sono solo accidentalmente diverse, come un bambino che diventa uomo maturo e come il Vecchio Testamento che è stato sviluppato e accresciuto dal Nuovo Testamento.


NOTE

1 - L’olandese Albert Pigge detto il Pighius di Kampen (donde l’appellativo Campensis), studiò a Lovanio attorno al 1490 ove ebbe come maestro il futuro papa Adriano VI, l’allora Florisz Boeyens di Utrecht. Egli fu nominato baccelliere e poi dottore in teologia a Colonia, infine seguì a Roma papa Adriano VI (1522-1523). Papa Paolo III nel 1535 lo nominò prevosto di S. Giovanni in Utrecht ove morì nel 1542.
Il Pighius ha scritto vari saggi, dei quali il più noto e il più interessante per i nostri giorni è il Hierarchiae Ecclesiaticae assertio (Colonia, 1538), che ebbe altre due edizioni nel 1558 e nel 1572.
2 - PIGHIUS, Hierachiae Ecclesiasticae assertio, Colonia, 1638, lib. I, cap. 1, folio 1 b.




 
luglio 2024
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