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Il Patriarcato greco melkita di Antiochia Articolo della Fraternità San
Pio X
![]() Il Patriarca greco-cattolico melkita: Youssef Absi Antiochia è la sede di tre
patriarcati cattolici. Abbiamo già presentato il Patriarcato
maronita, che di fatto è nel Libano; vi è poi il
Patriarcato dei Siriani cattolici e il Patriarcato greco-melkita, che
presentiamo adesso.
Origine del nome «melkita» Melkita viene dall’arabo malaki, che significa «reale» o «imperiale». Era un soprannome dato in Egitto dai monofisiti, verso il 460, ai cattolici che avevano preso le parti del Patriarca legittimo: Timoteo II, sostenuto dall’Imperatore romano-bizantino Leone I; era quindi sinonimo di lealismo politico-religioso. Dall’Egitto, questo soprannome si diffuse rapidamente in Siria. L’uso corrente ha conservato questo nome per i cattolici di lingua greca o araba nei patriarcati di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, anche se emigrati. Il cattolicesimo dei Greci-cattolici melkiti è così caratteristico che per l’uomo della strada, soprattutto in Siria, il termine «cattolico» senza specificazioni, significa sempre «Greco-melkita cattolico». Oggi, i Melkiti parlano l’arabo. Un tempo, soprattutto dal VI al XII secolo, vi erano dei Melkiti di origine bizantina che parlavano ancora il greco, mentre altri autoctoni parlavano il siriaco e altri ancora parlavano l’arabo, in quanto di origine araba e convertiti al cristianesimo nel V secolo, prima dell’avvento dell’Islam. Il Melkiti odierni rappresentano i due grandi rami nati dalle circoscrizioni ecclesiastiche riconosciute al Concilio di Nicea (325) e i cui centri erano rispettivamente Alessandria e Antiochia. I Melkiti dal V al XVII secolo Nel Patriarcato di Alessandria Il Patriarcato di Alessandria, confermato dal Concilio di Costantinopoli (381), è stato diviso in due rami dallo scisma seguito alla propagazione del monofisismo: un ramo era ortodosso o melkita, l’altro era copto (i Copti, per motivi in parte politici, avevano aderito al monofisismo). Nel XVIII secolo, questi due rami si sono a loro volta divisi. Ad Alessandria vi sono: un Patriarcato ortodosso bizantino e un Patriarcato greco-cattolico melkita, interamente arabofoni, i cui fedeli sono originari della Siria, del Libano, della Palestina e della Giordania e sono legati al Patriarcato melkita di Antiochia. All’epoca delle Crociate, il Patriarcato ortodosso di Antiochia contava solo mezzo milione di fedeli. I Bizantini aveva recuperato Antiochia nel 969 e mantennero la città fino all’arrivo dei Crociati nel 1098, cosa che obbligò il Patriarca melkita Giovanni V ad abbandonare la città fino alla riconquista di Antiochia nel 1268 da parte del Sultano mamelucco d’Egitto. L’evoluzione La dominazione dei Bizantini comportò una conseguenza liturgica: fino ad allora il Patriarcato di Antiochia osservava il rito antiocheno, influenzato da quello di Gerusalemme, e tuttora seguito dalle Chiese siro-cattoliche e maronite. Progressivamente, i Melkiti adottarono la forma che la liturgia, di origine antiochena, aveva assunto a Costantinopoli, fissata nel XIII secolo. Lo stesso accadde a Gerusalemme e ad Alessandria. Siccome una buona parte del popolo parlava il siriaco, la letteratura bizantina fu tradotta in questa lingua. Ma la diffusione dell’arabo come lingua parlata dalla maggioranza del popolo portò all’introduzione dell’arabo nella liturgia. All’inizio del XVII secolo le liturgie furono riviste, e si sono conservate fino ad oggi. La seconda conseguenza del soggiorno dei Patriarchi melkiti di Antiochia a Costantinopoli, dal 1098 al 1268, fu l’introduzione dello scisma di Michele Cerulario, malgrado la resistenza del Patriarca di Antiochia: Pietro III. Tuttavia non è possibile fissare una data precisa per questa separazione. A partire dal 1268, le relazioni con l’Occidente furono limitate dai Sultani d’Egitto, ai quali la Siria era allora sottomessa, e il Patriarca melkita era molto sorvegliato. Tuttavia, l’unione con Roma avvenne nel 1098 e dal 1274 al 1283, e fu poi ribadita al concilio di Firenze (1439) per durare fino al 1443; fu poi restaurata nel 1457 ed è durata fino al 1517, data della conquista della Siria da parte degli Ottomani. Dopo la distruzione di Antiochia nel 1268, la città perse la sua importanza e il Patriarca Pacomio I traferì la sua residenza a Damasco tra il 1375 e il 1386. Così, a poco a poco, Damasco cessò di avere un suo metropolita e divenne un’eparchia patriarcale. I Melkiti a partire dal XVIII secolo Il vescovo titolare latino di Sidone, Leonardo Abel, un Maltese, inviato in Oriente da Papa Gregorio XIII, tra il 1583 e il 1587 convinse ad abbracciare la fede cattolica il vecchio Patriarca emerito di Antiochia, Michele VII, che si era ritirato ad Aleppo nel 1582. In seguito, il numero dei cattolici aumento progressivamente, quando i Gesuiti e i Cappuccini (1625) e poi i Carmelitani (1626) aprirono delle residenze ad Aleppo. A partire dal 1634 e da Eutimios II in poi, i Patriarchi melkiti si sono dichiarati più o meno apertamente cattolici. Una lunga lotta opporrà il ramo melkita greco-cattolico, residente ad Aleppo e a Damasco, al ramo greco-ortodosso residente a Costantinopoli. Nel 1772, Roma affidò i cattolici melkiti di Alessandria e di Gerusalemme al Patriarcato greco-melkita di Antiochia. Durante l’occupazione della Siria da parte degli Egiziani (1832-1841), il Patriarca melkita ritornò a Damasco e nel 1849 ottenne l’emancipazione della sua Chiesa dalla Sublime Porta. Nel 1838 aveva ottenuto da Gregorio XVI il privilegio di portare, oltre al titolo di Patriarca di Antiochia, i titoli di Patriarca di Alessandria e di Gerusalemme. Nel 1894, Leone XIII estese la giurisdizione del Patriarcato greco-cattolico melkita al di là delle frontiere dei tre Patriarcati: sui fedeli che vivevano nel resto dell’Impero ottomano. L’attuale Patriarca della Chiesa greco-cattolica melkita è, dal 2017, Joseph Absi. Il suo titolo completo è: Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melkiti. La sede patriarcale dove risiede è a Damasco, nel quartiere Bab Chark. La sua Cattedrale è la chiesa di Nostra Signora della Dormizione, a Damasco. |