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I Giuochi Olimpici: una religione moderna Articolo della Fraternità San Pio X ![]() Charles Pierre de Frédy, barone di Coubertin, noto come Pierre de Coubertin Con la perdita dello
spirito religioso, con la «morte di Dio», bisognava colmare
un vuoto incolmabile che si era aperto nell’animo umano. Per occuparlo,
si sono presentati diversi dei: l’ideologia politica: un idolo che
resiste ancora nei paesi comunisti; il materialismo - «hanno
fatto del loro ventre un dio» - ; e oggi, in modo particolare, il
culto del corpo.
Questo culto si manifesta in diverse maniere: con la cura meticolosa data ai corpi nella società moderna, ben al di là del semplice mantenimento della salute; con la presentazione di modelli, maschili e femminili, che inducono a sognare e a spendere; e specialmente con il culto dello sport, che si realizza nelle grandi competizioni seguite da milioni – e talvolta miliardi – di (tele) spettatori. I Giuochi Olimpici che si apriranno tra poco a Parigi [luglio 2024] sono una di quelle grandi manifestazioni che entusiasmano i popoli e le nazioni. E gli atleti, da parte loro, dedicano parte della loro vita alla ricerca di medaglie e fanno ogni sacrificio per giungere a questo scopo, come se si trattasse di offerte da presentare a un dio. E non sarà certo il fondatore dei Giuochi Olimpici moderni, Pierre de Coubertin, a poter contraddire questa affermazione… al contrario. Nato a Parigi il 1 gennaio 1863, e morto a Ginevra il 2 settembre 1937, il barone Pierre de Coubertin fu uno storico fortemente influenzato dalla cultura anglosassone, che seguiva anche con viaggi in Inghilterra, dove apprese i principi educativi di Thomas Arnold, da cui nacque l’idea di proporre lo sport e l’esercizio fisico come elementi pedagogici. Interessato particolarmente allo sport, cercò di introdurlo nelle scuole francesi, a imitazione di ciò che si faceva oltre Manica. Operando per lo sviluppo dello sport in Francia, si interessò alla studio dei Giuochi Olimpici che si svolgevano in Grecia e nel 1894 fondò il Comitato Olimpico Internazionale. Una religione del corpo Nel 1896, Pierre de Coubertin fece adottare il principio della rinascita del Giuochi di Atene, aggiungendovi degli sport moderni. Egli propose di spostare il luogo in cui si dovevano svolgere i Giuochi, contro la volontà della Grecia che sperava di conservare per sé i Giuochi. Ma quale era l’dea che stava dietro tale rinascita? Si trattava solo dello sport? Nel suo messaggio diffuso per radio nel 1936, il fondatore dei giuochi moderni affermò: «La prima caratteristica essenziale dell’olimpismo antico, come dell’olimpismo moderno, è quella di essere una religione». Onore alla chiarezza! Egli la definì religio athletae o “religione muscolare”. Il de Coubertin precisò la sua proposta: «Cesellando il proprio corpo con l’esercizio, come fa uno scultore con una statua, l’atleta antico onorava gli dei. Facendo lo stesso, l’atleta moderno esalta la sua patria, la sua razza, la sua bandiera». Parole singolari per un uomo accusato di simpatia per il nazismo. Ed egli conclude evocando «un sentimento religioso trasformato e ampliato dall’internazionalismo e dalla democrazia che contraddistinguono il nostro tempo». Il de Coubertin aveva già proposto in un altro contesto una formula simile, che oggi non è molto popolare. Egli parlava della possibilità di far concorrere le donne ai Giuochi: «Una piccola olimpiade femminile a fianco della grande olimpiade maschile». Ove starebbe l’interesse? Impraticabile, poco interessante, inestetica, e aggiungiamo: scorretta; tale sarebbe secondo noi questa mezza olimpiade femminile. E il barone continua: «Questa non è la nostra concezione dei Giuochi Olimpici, in cui riteniamo che si è cercato e si deve continuare a cercare la realizzazione della formula: solenne e periodica esaltazione dell’atletismo maschile, con l’internazionalismo per base, la lealtà come mezzo, l’arte come cornice e l’applauso femminile come premio». Le femministe apprezzeranno… Un cattolico è bene che si guardi da un simile olimpismo. Che si pratichi uno sport per mantenersi in salute, va bene, ma non per idolatrare il corpo. La formula di Giovenale: «mens sana in corpore sano», per giustificare lo sport, è quasi sempre citata parzialmente, essa dice in effetti: «Orandum est ut sit mens sana in corpore sano», bisogna pregare per avere una mente sana in un corpo sano. |