LA VERA DISCENDENZA D’ABRAMO

NELLA SANTA  SCRITTURA



di Don Curzio Nitoglia

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Il Patriarca Abramo e la sua discendenza


Dopo il discorso alla sinagoga di Roma (13 aprile 1986) in cui Giovanni Paolo II definì gli Ebrei – riprendendo le parole di Adam Miçkiewicz – “Fratelli maggiori dei cristiani nella Fede di Abramo”, occorre far chiarezza sui rapporti che intercorrono tra il giudaismo attuale o post-biblico e il Cristianesimo, per vedere se veramente il giudaismo possa essere definito tuttora “Figlio primogenito e prediletto di Dio” (ivi).
Naturalmente bisogna cercare la risposta nel Vangelo e nella Tradizione, che sono le due fonti della Verità rivelata.


LA S. SCRITTURA

Il Vangelo secondo Giovanni

Nel quarto Vangelo leggiamo: «Gesù prese a dire ai Giudei che avevano creduto in Lui: “Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli replicarono: “Noi siamo della stirpe di Abramo e non fummo mai schiavi di nessuno; come dunque dici: – Diverrete liberi?”.

Rispose Gesù: “Chi commette il peccato è schiavo del peccato. […] Se, dunque il Figliuolo vi avrà liberati, sarete veramente liberi. So che siete figli di Abramo; ma voi cercate di uccidermi, perché la mia parola non penetra in voi. Io dico quello che ho veduto presso il Padre mio e voi fate pure quello che avete veduto presso il padre vostro”. Gli replicarono: “Il nostro padre è Abramo”. Soggiunse Gesù: “Se, siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo. Invece ora voi cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità, che ho udito da Dio. Abramo non fece così. Voi fate le opere del padre vostro”. Gli risposero: “Non siamo nati da fornicazione! Abbiamo un solo Padre, Dio”. E Gesù a loro: “Se Dio fosse vostro Padre, amereste anche me, perché Io sono proceduto e venuto da Dio; non sono, infatti, venuto da me, ma Egli mi ha inviato. […] Voi avete per padre il diavolo, e volete soddisfare i desideri del padre vostro. Egli fu omicida fin da principio, e non perseverò nella verità, perché la verità non è in lui. Quando dice la menzogna, parla del suo, perché è bugiardo e padre della bugia. […] Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; ecco perché voi non le ascoltate: perché non siete da Dio”…» (1).

Questo è quello che ci ha rivelato Gesù, ma qual è il significato esatto delle parole divine? Il senso del Vangelo – c’insegna la Chiesa – lo dobbiamo cercare nell’interpretazione unanime che ce ne danno i Padri della Chiesa, espressione della Tradizione apostolica.


LA TRADIZIONE PATRISTICA

S. Giovanni Crisostomo

Nella quarantaquattresima Omelia sul Vangelo di S. Giovanni il Crisostomo scrive dei Giudei: «Da cosa la verità li renderà liberi? dai loro peccati. E cosa risposero quegli insolenti? “Noi siamo la razza di Abramo e non siamo stati schiavi di nessuno”. […] Non si danno pena di aver perso la Verità e la grazia di Dio; l’unica cosa che li toccava e li affliggeva era la perdita dei beni terreni. […]”. “Cosa? Tu hai chiamato schiavi quelli che sono della razza d’Abramo?”. Tale è l’orgoglio e la vanità degli Ebrei: “Noi siamo della razza d’Abramo, noi siamo Israeliti!”. Non parlano mai delle loro opere» (2).

Ma, perché Gesù non li smentisce, dal momento che in realtà erano stati schiavi degli Egiziani, dei Babilonesi, e di molti altri? Perché Gesù cercava di far capire loro che erano schiavi del peccato, più che degli uomini! Poiché la schiavitù vera è quella del peccato, dalla quale solo Dio può liberarci, in quanto solo Lui ha il potere di perdonare i peccati. Gesù, però, vuole che gli Ebrei la riconoscano e la confessino, prima di liberarli da tale odiosa schiavitù, accordando loro il suo perdono.

Il Salvatore continua: “Io so che siete figli d’Abramo, ma voi cercate di darmi la morte”.
Il Crisostomo commenta: «Dolcemente e quasi insensibilmente li esclude dalla famiglia di Abramo. […] Siccome sono le opere che rendono l’uomo libero o schiavo, sono sempre esse che formano la vera parentela. Non ha detto loro immediatamente: - Voi non siete figli d’Abramo, uomo giusto, mentre voi siete degli omicidi; accorda loro una certa filiazione e dice: “Io so che siete figli d’Abramo, ma voi volete uccidermi, poiché la mia parola non entra in voi”. Ma, allora come mai è detto più su che avevano creduto in Lui? Sì, avevano creduto, ma non avevano perseverato: ed ecco perché li rimprovera. Se vi glorificate di tale filiazione, bisogna che la vostra vita corrisponda a essa. “Quanto a Me, Io dico ciò che ho visto presso il Padre mio; e voi fate quello che avete visto presso il padre vostro”. Vale a dire: – Come Io faccio conoscere mio Padre sia mediante le mie parole sia mediante le mie opere; così voi mediante le vostre opere, mostrate chi è il padre vostro. Infatti, “Voi cercate d’uccidermi”. Gesù mostra loro che si sono esclusi dalla filiazione d’Abramo [quindi i giudei increduli non sono i “Fratelli maggiori nella Fede di Abramo”, nda] e che non devono contare sull’alleanza carnale per potersi salvare, ma sull’alleanza spirituale, prodotta dalla buona volontà e dalle buone opere. Era proprio ciò a impedire loro di restare uniti a Gesù: essi s’immaginavano che la parentela carnale, il sangue e la razza, bastassero a salvarli!» (3).

Siccome Gesù li ha spogliati della filiazione da Abramo, allora i Giudei presumono di salire ancora più in alto e s’arrogano la dignità di figli di Dio, ma Gesù li degrada ancora una volta dicendo: “Se Dio fosse vostro Padre, voi mi amereste, ma voi siete figli del diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro”.
Il Crisostomo commenta: «Non lascia quest’accusa senza prova; al contrario la dimostra: uccidere, dice loro, è un’azione di malizia diabolica, mostra che i Giudei, come il diavolo, sono spinti all’omicidio dall’ invidia. Poiché il diavolo ha ucciso spiritualmente Adamo unicamente per soddisfare la sua invidia. Abramo non ha fatto il male; anzi, le sue opere sono state la dolcezza, la moderazione, l’obbedienza; voi - al contrario - siete disumani e crudeli» (4).


S. Agostino d’Ippona

Il Santo Vescovo d’Ippona, nel Discorso quarantaduesimo sul Vangelo di Giovanni, afferma: «Gesù promise libertà a coloro, che credevano in Lui. Ma, i Giudei, orgogliosi della loro pretesa libertà, disdegnarono di essere liberati, pur essendo schiavi del peccato. Essi proclamarono di essere già liberi, in quanto erano discendenti di Abramo» (5).

Il Salvatore rispose: “So che siete figli di Abramo, ma voi cercate di uccidermi”.

S. Agostino commenta: «“Riconosco la vostra origine carnale [da Abramo], ma non trovo in voi la [stessa] fede del cuore. Siete figli d’Abramo, ma secondo la carne”. […] I Giudei, pur essendo figli di Abramo … erano uomini ingiusti. Traevano la loro origine dalla carne [di Abramo], ma erano degenerati, avendo cessato d’imitare la fede di colui di cui erano figli. […] Ma, dove hanno visto costoro il male che fanno, e che il Signore rimprovera e condanna? L’hanno visto presso il loro padre. Quando vedremo chi è il loro genitore, allora capiremo cosa essi videro presso un tale padre: ancora però Egli non lo chiama col suo nome. […] Ora, infatti dirà chi è quel loro padre, che non li aveva generati né fatti uomini, ma di cui tuttavia essi erano figli in quanto malvagi, non in quanto uomini, in quanto ne imitavano la condotta e non in quanto erano stati da lui generati» (6).

Abramo è lodato da Gesù e i Giudei sono condannati; Abramo non era un omicida e invece loro vogliono uccidere Gesù ed è perciò che non possono essere figli spirituali di Abramo.

La carne discendeva da Abramo non certo la loro condotta: «È la stirpe dei Giudei che trae origine dalla sua carne, non la stirpe dei cristiani: noi discendiamo da altre genti e, tuttavia, siamo divenuti figli d’Abramo, imitando la sua virtù. […] Noi siamo dunque fatti discendenti d’Abramo per grazia di Dio. Dio non fece suoi eredi i discendenti carnali di Abramo. Anzi questi li ha diseredati, per adottare quegli altri» (7).

Quando i Giudei mandarono sacerdoti e leviti, Giovanni Battista li chiamò: “Razza di vipere” (Mt., III, 9). Essi si vantavano della nobiltà delle loro origini, ed egli invece li accusò di essere una “razza di vipere” per il veleno che portavano in corpo. Li invitò perciò a fare penitenza per i loro peccati e già disse loro che era inutile vantarsi di avere Abramo come padre carnale, poiché Dio poteva far sorgere dalle pietre i figli spirituali di Abramo: coloro che, ne avrebbero imitate la fede e le opere. Le pietre simboleggiano i pagani, che adoravano gli idoli di pietra e dai quali Dio ha tratto i Cristiani.

Gli Ebrei, prosegue S. Agostino nel commento del Vangelo di S. Giovanni, «già non consideravano più Abramo. Non potevano invocare più Abramo, e non poteva essere diversamente, dato che parlava loro la Verità stessa ed essi, pur vantandosi di discendere da Abramo, non ne imitavano la vita. Ricorsero quindi a un’altra risposta. Noi, pensavano, non siamo capaci d’imitare quell’uomo giusto [Adamo], diciamo allora che Dio è il nostro Padre e vediamo cosa ci risponderà […]. Allora, Gesù disse loro: “Se Dio fosse vostro Padre, amereste anche Me; perché Lui mi ha mandato”. Vale a dire: se dite che Dio è vostro Padre, riconoscetemi come fratello, inviato da Dio» (8).

Ma voi non comprendete il mio linguaggio, perché non potete sentire le mie parole”, continua Gesù.
Il Vescovo d’Ippona commenta: «Non potevano comprendere perché non potevano udire. E non potevano udire, perché non volevano correggere la loro vita con la fede. Perché non volevano correggersi? “Voi avete per padre il diavolo”. […] E perché dunque i Giudei erano figli del diavolo? Per imitazione, non per nascita. […] “e volete compiere i desideri del padre vostro”. Ecco perché siete suoi figli, perché desiderate ciò che lui desidera, non perché siete nati fisicamente da lui. Quali sono questi desideri? “Fin dal principio egli è stato omicida”. […] Vedete ora qual è il genere di quest’omicidio. Il diavolo è chiamato omicida, non perché si sia cinto della spada e rivestito di armi: egli avvicinò l’uomo, gli mise nel cuore malvagi pensieri e così lo uccise. […] Era già omicida nei riguardi del primo uomo» (9).

Adesso, dopo aver studiato la S. Scrittura e la Patristica, vediamo quello che c’insegna la teologia scolastica riguardo alla figliolanza spirituale da Abramo.


LA SCOLASTICA

S. Tommaso d’Aquino

Il Dottore Comune della Chiesa, che compendia ed eleva la dottrina patristica,  nel suo Commento al Vangelo di S. Giovanni spiega: «La presunzione dei Giudei sfocia in una vanagloriosa domanda: “Noi siamo razza di Abramo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire che diventeremo liberi?”. Affermano di essere discendenti d’Abramo, e in ciò si rivela la loro vanagloria poiché si gloriano della sola origine carnale. […]. La stessa cosa fanno quanti cercano di farsi grandi per la loro nobiltà carnale: “Tutta la loro gloria viene da una nascita, da un ventre, da un concepimento” (Os., IX, 11).

[I Giudei] negano poi la loro schiavitù, e in ciò dimostrano di essere ottusi e bugiardi. Ottusi, perché, mentre il Signore parla di libertà spirituale, essi intendono quella corporale […]. Bugiardi, se, intendendo la schiavitù carnale, o si riferiscono a tutta la razza giudaica, o a se stessi in particolare. Se la frase ha una portata universale, è evidentemente falsa poiché i loro padri furono schiavi in Egitto. Se poi parlano di se stessi, non si possono scusare di mendacio: essi, infatti, in quel tempo pagavano il tributo ai Romani» (10).

Nella frase che segue: “So che siete razza d’Abramo” Gesù comincia a trattare della discendenza dei Giudei: «Inizia col riconoscere la loro origine carnale; ma, sùbito dopo tratta della loro origine spirituale: “Intanto, però cercate d’uccidermi”. Afferma quindi che l’origine della loro carne è Abramo. Ma, solo per discendenza carnale, non per somiglianza di fede. Il Signore mostra che essi spiritualmente provengono da una radice perversa; quindi, li rimprovera apertamente di peccato. Lasciando da parte tutte le altre colpe in cui i Giudei erano caduti, rammenta loro soltanto quello che avevano sempre nella mente, cioè il peccato d’omicidio; poiché essi volevano ucciderlo. E il Signore precisa che causa di tale omicidio non era una colpa da parte sua, né il loro senso di giustizia, ma la loro incredulità: “Perché la mia parola non viene capita da voi”» (11).

Il Signore arriva così a concludere, quale sia l’origine spirituale dei Giudei: “Voi avete per padre il diavolo”, di cui erano figli non fisicamente in quanto uomini, ma moralmente in quanto malvagi. «Cristo – scrive S. Tommaso – sopra ha affermato che essi sono figli d’Abramo secondo la carne; qui invece nega che lo siano per imitazione delle opere, e specialmente della fede. Cosicché la loro carne deriva da Abramo, ma non ne deriva la loro vita spirituale»(12) .

Le opere dei Giudei erano dissimili da quelle di Abramo: esse, infatti, erano cattive e perverse, poiché essi erano già intenzionalmente omicidi: “Voi cercate d’uccidermi” e «questo omicidio era un peccato smisurato, contro la persona divina del Figlio di Dio» (13). Essi, anzi, volevano ucciderlo proprio perché asseriva di essere consustanziale al Padre. Abramo, invece, aveva desiderato di vedere il Suo giorno, “lo vide e ne tripudiò”. E proprio per il fatto che i Giudei non compiono le opere d’Abramo, significa che hanno un altro padre, di cui imitano le opere!

Spiritualmente parlando, il Signore dimostra che i Giudei non hanno origine neppure da Dio. Infatti, quando affermano: “Noi non siamo nati da prostituzione”, intendono dire: «Se in passato la nostra madre, la Sinagoga, allontanatasi da Dio, si prostituì agli idoli, noi però non ci siamo allontanati da Lui e non ci siamo macchiati d’idolatria» (14). Infatti, Dio è spiritualmente lo sposo delle anime. Ora, come la sposa si prostituisce quando ama un altro uomo; così un’anima o un popolo sono accusati di prostituzione, quando, abbandonato il vero Dio, si volgono alle creature in una specie d’idolatria. E Gesù accusa i Giudei Suoi contemporanei, d’aver abbandonato il vero Dio quando afferma: “Se Dio fosse vostro Padre, amereste anche Me […]. Chi è da Dio ascolta le parole di Dio; ecco perché voi non le ascoltate: perché non siete da Dio”.

Il Signore, dopo aver mostrato che i Giudei non avevano origine spirituale da Abramo e aver escluso quella divina, che loro presumevano, finalmente dimostra quella vera, assegnando loro la paternità del diavolo. Ecco l’affermazione di Gesù: “Voi fate le opere del diavolo, voi avete per padre il diavolo”, vale a dire gli appartenete per imitazione! Infatti, Gesù prosegue: “Volete compiere i desideri del padre vostro”, cioè: voi siete figli del diavolo non perché procreati fisicamente da lui, ma perché imitandolovolete compierne i desideri”.
E l’Angelico commenta: «Come il diavolo ebbe invidia del primo uomo e lo uccise spiritualmente, così voi, nutrendo invidia contro di me, “cercate di uccidere Me che v’ho detto la verità”» (15).

V’è un altro passo del Vangelo di S. Giovanni che qui merita di essere ricordato. Gesù dice ai suoi Apostoli: “Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno anche voi. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia Me, odia anche il Padre mio. Vi cacceranno dalle sinagoghe, chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né Me” (16).

San Tommaso commenta: «Nei discepoli [i Giudei] perseguitavano Cristo. Ma, poiché l’ignoranza, di suo, scusa la colpa, qui Egli dimostra che essi sono inescusabili: 1°) per la verità del Suo insegnamento; 2°) per l’evidenza dei Suoi miracoli: “Ma ora non hanno nessuna scusa per il loro peccato”; 3°) per la radice dalla quale nasce la loro persecuzione: “Chi odia Me, odia anche il Padre mio”. Afferma ancora: “Tutto questo vi faranno a causa del mio nome”; ma ne potrebbero essere scusati “se non fossi venuto e non avessi parlato loro”; cioè se non mi fossi presentato loro personalmente e non avessi loro insegnato direttamente, “non avrebbero alcun peccato”. […] Il Signore parla qui del peccato d’incredulità (“perfidia, per/fidem”), per cui essi non credono in Cristo. […] Perciò, se Cristo non fosse venuto, i Giudei non sarebbero caduti nel peccato d’incredulità. Ma, a loro mancano tali scuse, poiché Cristo s’era mostrato e aveva loro parlato personalmente. Perciò, Egli dichiara: “Ma ora”, esclusa l’ignoranza per il fatto che sono venuto e ho parlato, “non hanno scusa del loro peccato” (vedi Rom. 1, 20 s.). “Essi sono inescusabili, perché avendo conosciuto Dio, non l’hanno glorificato come Dio”. Ora che i Giudei abbiano conosciuto Cristo, risulta da quella parabola (Mt., XII, 7): [dei vignaiuoli perfidi] “Questi è l’erede: venite, uccidiamolo” […].

Quindi, essi non erano scusati dall’ignoranza: perché fecero ciò [il deicidio] non per ignoranza, bensì per un altro motivo, ossia per odio e per vera malizia. Ecco perché Cristo aggiunge sùbito: “Chi odia Me, odia anche il Padre mio”; come per dire: è loro imputato a colpa non l’ignoranza, ma l’odio che hanno contro Me, e che ridonda in odio contro il Padre. Infatti, essendo il Padre e il Figlio una sola cosa nell’essenza, chiunque ama il Figlio ama anche il Padre e chiunque conosce l’uno conosce anche l’altro; e chi odia il Figlio odia anche il Padre. Però, nessuno può odiare ciò che non conosce. Ora i Giudei ignoravano il Padre: “Non conoscono Colui, che mi ha mandato”. Quindi, non sembra esser vero quanto [Gesù] qui dice: “Odia anche il Padre mio”. Tuttavia, si risponde, con Agostino, che uno può amare o odiare un essere che non ha mai veduto, anche soltanto per la sua fama buona o cattiva. […] Ora, i Giudei odiavano Cristo e la verità stessa che Egli predicava. Perciò, siccome la verità che Cristo predicava rientrava nella volontà del Padre, e così pure le opere che compiva, essi come odiavano Cristo odiavano anche il Padre, sebbene ignorassero che tali cose rientravano nella volontà del Padre. […] Mostra poi, per quale causa profonda essi siano caduti nel peccato d’incredulità: a motivo dell’odio. Perciò il loro peccato non proviene da fragilità, o da ignoranza, ma soltanto da deliberazione» (17).


CONCLUSIONE

La S. Scrittura, i Padri e la Scolastica insegnano che il giudaismo post-biblico, moralmente solidale con i Giudei contemporanei di N. S. Gesù Cristo nella negazione della Sua divinità e nel rifiuto della Sua salvezza, discende da Abramo solo carnalmente o razzialmente. Invece, spiritualmente non crede in Cristo e quindi neppure nel Padre, che è consustanziale al Figlio.

Inoltre, esso volle uccidere Cristo come il diavolo per invidia volle dare la morte dell’anima al vecchio Adamo facendolo cadere nel peccato, che ha generato anche la morte fisica. Perciò, Gesù, i Padri e la Scolastica insegnano che l’ebraismo è, sì, carnalmente discendenza d’Abramo, ma spiritualmente non ne imita la Fede e le Opere, anzi le contrasta in quanto non crede nel Figlio e neppure nel Padre.

È vero che inizialmente la maggior parte dei Giudei credette a Cristo, ma poi non ha perseverato (tranne una “piccola reliquia”), perché non volle correggere il proprio orgoglio, la propria vanagloria e la propria cattiva condotta. Ciò portò la maggior parte dei Giudei all’incredulità e questa al deicidio.

Quindi, la teoria postconciliare dei “Fratelli maggiori e prediletti” è contraria alla Rivelazione contenuta nella S. Scrittura e nella Tradizione e non può essere seguita dal cattolico fedele. Inoltre, è gravissima mancanza di carità verso gli odierni ebrei lasciarli nell’illusione di essere tuttora il popolo prediletto da Dio e titolare dell’Antica Alleanza e quindi di un’economia di salvezza particolare, che prescinde da N. S. Gesù Cristo.  




NOTE

1 -   Giov., VIII, 31-47.
2 - S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento su Giovanni, Omelia LIV, 1.
3 - Ibidem, 2.
4 - Ibidem, 3)
5 - S. AGOSTINO, Commento su Giovanni, Discorso XLII, 1.
6 - Ibidem, 1-2
7 - Ibidem, 5
8 - Ibidem, 7-8
9 - Ibidem, 9-11
10 - S. TOMMASO, Commento su S. Giovanni, VIII, lectio IV, 1201.
11 - Ibidem, 1211 - 1215
12 - Ibidem, 1222
13 - Ibidem, 1227
14 - Ibidem, 1232
15 - Ibidem, 1241
16 - Giov., XV, 20; XVI, 3.
17 - S. TOMMASO, Commento a S. Giovanni XV, lectio IV-V, 2039-2067.






 
agosto 2024
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