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LA NEORELIGIONE OLOCAUSTICA Una contro-religione in un mondo alla rovescia di Don Curzio Nitoglia Abraham H. Foxman, direttore dell’Anti Defamation League of B’nai B’rith ha detto: “L’olocausto non è semplicemente un esempio di genocidio, ma un attacco quasi riuscito alla vita dei figli eletti di Dio, e perciò a Dio stesso” (cit. in Peter Novick, Nach dem Holocaust, Stuttgart, Deutsche Verlags-Ansalt, 2011, p. 259). Per il giudaismo talmudico la shoah ha una valenza religiosa poiché Israele è il “dio” dell’umanità e Gesù un impostore. Perciò, il cristiano non può non interessarsi di questo falso “dogma”, che distruggerebbe la Fede del Vangelo. Rifiutarsi di farlo significherebbe rinnegare implicitamente l’unicità dell’Olocausto di Cristo, unico Redentore dell’umanità intera. La teologia cattolica insegna che il giudaismo è responsabile della morte del Verbo Incarnato, vero Dio e vero Uomo. Tutti i Padri della Chiesa (Tradizione) fondandosi sulla S. Scrittura e sul Magistero (cfr. Pio XI, Mit brennender Sorge, 1937) l’asseriscono. Il Dottore Ufficiale della Chiesa, san Tommaso d’Aquino, spiega: “Sebbene i giudei non abbiano potuto uccidere la divinità di Cristo, tuttavia essi hanno ucciso la sua umanità, che sussiste nella Persona divina del Verbo. Quindi, il peccato dei giudei è di tentato deicidio” (In Symbolum Apostolorum, a. 4, n. 912). Perciò conclude: “Quindi, i giudei peccarono non solo contro l’umanità di Cristo, ma come crocifissori del Dio incarnato / tamquam Dei crucifixores” (S. Th., III, q. 47, a. 5, ad 3) e aggiunge: “Judei Deum crucifixerunt / hanno crocifisso Dio-Figlio in quanto facente sussistere in Sé la natura umana e quella divina” (S. Th., III, q. 47, a. 5, in corpore). Il neo-modernismo, a partire dalla Dichiarazione Nostra aetate (1965) ha cercato di negare la dottrina del deicidio, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione (Rivelazione divina) ed insegnata dal Magistero tradizionale della Chiesa (ufficio della retta interpretazione della Rivelazione divina). Una studiosa di patrologia, di origini israelitiche, Denise Judant, ha scritto: “Il tono di Nostra aetate è molto diverso da quello dei Padri. […] I Padri ecclesiastici, unanimemente e quindi infallibilmente, hanno accusato l’insieme del popolo ebraico di aver condannato a morte Gesù” (Judaisme et Christianisme, Parigi, Cèdre, 1969, p. 87). Il cattolico che vuol conservare la Fede integra e pura, senza la quale è impossibile piacere a Dio (S. Paolo, Rom., X, 9; S. Atanasio, Simbolo Quicumque), per il principio di non-contraddizione non può aderire, assieme e sotto lo stesso rapporto, a Nostra aetate e alla Rivelazione divina, contenuta nella S. Scrittura e nella Tradizione, interpretate dal Magistero tradizionale. La Rivelazione, la Fede, la Dottrina cattolica o la si accetta integralmente come è ed allora essa apre la via al Cielo, se è accompagnata dalle Buone Opere o dalla Carità soprannaturale, oppure, anche se si nega un solo Articolo o Verità di Fede, la si rigetta per intero, e allora s’imbocca la strada per l’Inferno, poiché “senza Fede è impossibile piacere a Dio” (Ebr., XI, 6). Infatti, o Gesù è vero Dio e vero Uomo e quindi il giudaismo rabbinico è colpevole di deicidio, oppure Israele è Dio e quindi ogni attentato contro di esso e i suoi appartenenti è deicida e la nuova religione è quella della shoah. Tertium non datur. Non può esser vera la terza tesi del “giudeo-cristianesimo”, secondo cui Gesù è Dio, Israele pure e solo la shoah è il Male assoluto. “Per la contraddizion che nol consente!” (Dante). Quando Benedetto XVI nel 2009 ha detto che per esercitare il sacerdozio e l’episcopato nella Chiesa occorre credere alla shoah, non solo ha commesso un grave abuso di potere, ma ha imboccato in maniera ancor più radicale la falsa strada del giudaismo talmudico, che divinizza Israele e nega la divinità di Cristo. L’ambiente cattolico non ha voluto capire la portata anti-cristica del caso Williamson (a prescindere dalla persona del vescovo in questione) valutando unicamente la dottrina che soggiace a esso. Non si tratta di essere per una persona o per un’altra, ma per Cristo (vero Dio e vero uomo) o contro Cristo. “Chi non è con Me è contro di Me” (Mt., XII, 30). Ora, senza Gesù Cristo non s’entra nel Regno dei Cieli. Non è una questione personale ma dottrinale. Se, per ingenuità e in buona fede, s’è caduti nella trappola che porta all’implicita negazione del Cristianesimo ci si rialzi umili, contriti e fiduciosi ricorrendo alla Misericordia di “Colui, che hanno crocifisso” (Gv., VII, 31) e si confuti il falso dogma della “holocaustica religio”. San Tommaso insegna che Gesù Cristo ha predicato agli Ebrei senza paura di urtarli (S. Th., III, q. 42, a. 2): «Il Profeta aveva annunciato che il Cristo sarebbe stato per le due case d’Israele una pietra d'inciampo e di scandalo (Is., VIII, 14). La salvezza del popolo dev’essere preferita alla pace di qualsiasi individuo o famiglia in particolare. Perciò, quando vi sono degli uomini che, per la loro cattiveria, impediscono la salvezza della moltitudine, colui, che predica non deve aver timore di offenderli per provvedere alla salvezza del popolo. Ora, gli scribi e i farisei erano un grande ostacolo alla salvezza del popolo, sia perché erano nemici della dottrina di Cristo (che era l'unico mezzo per poter essere salvati); sia perché corrompevano la vita del popolo coi loro costumi sregolati. Quindi, il Signore, senza paura d’offenderli, insegnava pubblicamente la verità che loro odiavano e li rimproverava per i loro vizi. Anche noi quindi, se vogliamo davvero il bene degli ebrei, dobbiamo predicare la verità così come Gesù Cristo l'ha predicata e così come la Chiesa - mediante i suoi Dottori - ce la propone a credere, senza annacquamenti. Infatti, S. Gregorio insegna che “Se, lo scandalo viene dalla verità, bisogna sopportare piuttosto lo scandalo, che abbandonare la verità” (Homil. VII in Ezech.)». Che lo Spirito Paraclito ci dia la fortezza per continuare a farlo senza annacquamenti e compromessi. |