LA VITA SOCIALE



di Don Curzio Nitoglia

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L’uomo è composto d’anima e di corpo. Essendo la sua anima razionale, egli è fatto per vivere a contatto con gli altri, non è un animale solivago. Egli deve avere Dio ‘al di sopra’, gli uomini ‘accanto’ e la terra ‘sotto i piedi’. Ossia, deve essere realista (con i piedi per terra), religioso (Dio è il Fine ultimo) e socievole (vivere assieme agli altri uomini).

La famiglia, per esempio, che è una Società imperfetta, suppone il corpo dell’uomo, orientato alla generazione, fine primario del matrimonio, ma essa deve essere seguita dall’educazione che sorpassa la vita animale e corporea in quanto riguarda quella razionale e spirituale. Lo stesso si può dire della Società civile o lo Stato.

SAN TOMMASO D’AQUINO spiega che “agli animali la natura ha dato i peli, i denti, le corna, la velocità per fuggire. L’uomo, invece, dalla natura non è stato formato con nessuno di questi mezzi già pronti; ma al posto di quelli gli è stata data la ragione, per mezzo della quale può procurarsi tutte queste difese. Ma, per far ciò non basta il lavoro di un solo uomo, perché il singolo non basta a sé per vivere. Perciò, è naturale all’uomo vivere in Società […] affinché uno aiuti l’altro, e diversi uomini siano occupati nella ricerca di cognizioni diverse” (1).

La Società civile è l’unione morale e stabile di più famiglie e più villaggi, che tendono al benessere comune temporale subordinato a quello spirituale. Essa nasce dalla necessità per l’uomo di conseguire il Fine prossimo e ultimo, che non potrebbe conseguire se vivesse isolato. Per cogliere il fine occorre una strada che conduca a esso: questa strada è il diritto naturale, che si può definire come il complesso di regole che si devono rispettare perché un uomo sia e resti autenticamente uomo, ossia “animale razionale” (ARISTOTELE) e non “bestia istintiva” (NIETZSCHE).

Dunque, un diritto naturale (2) come regola suprema delle leggi civili, significa il dovere di subordinare ogni attività umana alla finalità morale, ossia al Fine dell’uomo. Perciò, se una legge umana non contrasta con la legge morale o il diritto naturale, osservarla è doveroso moralmente. Mentre la legge, se è contraria al diritto naturale e, dunque, ingiusta, non ha forza di legge e non deve essere obbedita (per es. aborto, divorzio, eutanasia, bruciare l’incenso agli idoli); invece, se si esige dall’individuo un sacrificio non necessario al bene comune, come quando s’impongono ai sudditi, leggi o imposte troppo onerose e che non giovano al bene pubblico, esse non obbligano in coscienza, ma, per evitare uno scandalo o una sedizione, si possono ottemperare.


La scienza politica secondo la retta ragione

“Una metafisica implica necessariamente una risposta ai supremi interrogativi della filosofia. Donde vengono il mondo e l’uomo, dove si dirigono? La risposta implica la domanda sul Primo Principio e Fine delle cose, la domanda sull’Assoluto.

a)    L’Assoluto: secondo il Cristianesimo l’Assoluto non è il mondo. Il mondo non è increato, eterno, ontologicamente autosufficiente. Il mondo non è d’essenza divina. L’Assoluto è unico.

b)    Relazioni tra l’Assoluto e il mondo: la creazione è opera di un unico Dio, personale e trascendente. La creazione è libera, totale e non presuppone una materia preesistente; la creazione è ex nihilo, è opera della gratuita bontà di Dio. La creatura ha un inizio e l’universo materiale ha naturalmente una fine.

c)    L’antropologia cristiana: l’anima non è una particella, un frammento, né una forma della sostanza divina, è creata e finita.

d)    Il destino soprannaturale dell’uomo: l’uomo creato da Dio, è invitato per la grazia gratuita divina a partecipare alla Natura divina in Cristo, per opera dello Spirito Santo” (3).

Da questa metafisica deriva una politica dell’essere, del senso comune e dei princìpi per sé noti. Essa ci fa studiare l’uomo, animale razionale, immortale quanto all’anima e animale politico, finalizzato al Bene Sommo, che può conseguire in uno Stato fondato sulla filosofia del buon senso e del realismo, che lo aiuti a vivere bene e virtuosamente, assieme agli altri, e che mediante leggi, conformi al diritto naturale e alla legge eterna, lo diriga in Paradiso, Fine ultimo e soprannaturale dell’uomo.

Lo Stato non può essere fine a se stesso o “Assoluto”; come ogni creatura esso è ordinato al Fine ultimo: Dio, l’Essere Stesso Sussistente, Principio e Fine di ogni cosa creata, sia individuale sia sociale o politica, l’unico vero Assoluto ossia non-dipendente da niente e da nessuno.

Infatti, anche lo Stato è una creatura di Dio. Esso è l’unione di più famiglie e città che si mettono assieme, avendo l’uomo una natura sociale, per conseguire un certo benessere comune temporale. Lo stato di natura pura è solo un’astrazione di alcuni teologi, in realtà non esiste. Infatti, c’è l’uomo ferito dal peccato originale e restaurato dalla Redenzione di Cristo, che gli ha reso l’Ordine soprannaturale. Quindi, l’individuo, da solo o assieme agli altri nello Stato, è ordinato ultimamente alla Beatitudine soprannaturale (4). L’attività politica non è perciò indipendente dalla morale, ossia dalle regole che Dio ha dato all’uomo affinché faccia il bene - individualmente o socialmente - e fugga il male.

La ‘politica moderna’, ossia il naturalismo politico, ha un’errata concezione del Fine dell’uomo e della Società, del bene comune, che prescinde da Dio. Lo Stato è un mezzo di cui l’uomo si serve per cogliere il suo Fine, tanto quanto lo aiuta in questa impresa, né più né meno. Se si possiede la giusta nozione di Sommo Bene, non è possibile mettere il mezzo (lo Stato) al posto del Fine (Dio). Ora, Bene Sommo è ciò che è infinito e appaga il desiderio d’infinito che si trova nell’animo umano e nelle sue due facoltà superiori: l’intelligenza, che è fatta per conoscere la Verità Somma; e la volontà, che è fatta per ottenere il Sommo Bene infinito, il solo capace di appagare i desideri dell’uomo (5).

Se alla politica manca una base metafisica, una filosofia dell’essere, che ci fa risalire dal creato al Creatore, dall’ente finito a quello Infinito, essa arriverà immancabilmente a conclusioni erronee, dacché l’etica sociale o politica è la conclusione della metafisica.

Ossia, una volta dimostrato filosoficamente e con certezza che vi è un Ente trascendente e personale da cui noi dipendiamo quanto all’essere e all’agire, ne segue che, anche uniti assieme, in una città o Stato, dobbiamo ordinarci a questo Principio primo e Fine ultimo, dell’uomo e della Società; il non farlo è un errore, filosofico e politico. Siccome Dio ha creato l’uomo e la Società o il vivere socievole dell’uomo per la sua stessa natura, Egli deve essere onorato dal singolo e dalla Società civile.

Il principio per sé noto di finalità, che è una specificazione di quello d’identità e non contraddizione, regge l’uomo (“omne agens agit propter finem”) e lo Stato, il quale è un mezzo che aiuta le famiglie e gli individui a raggiungere il bene comune, che da soli non potrebbero conseguire, dato che l’uomo è un animale sociale per sua natura intrinseca e non per un “patto sociale” come vorrebbe ROUSSEAU.

Perciò, o si ammette il principio di non contraddizione e di finalità, e allora l’individuo potrà mettere ordine alla propria vita e lo Stato potrà dare la pace, che è la tranquillità dell’ordine, ai suoi sudditi. Oppure, si sceglie l’assurdo, si nega il principio di finalità ed ecco il caos, il disordine invade l’individuo, le famiglie, la Società e lo Stato, che non avranno più pace e non potranno realizzare il bene comune, ma solo il disordine, la rivolta e l’amarezza. Questa è l’importanza del fondamento metafisico della politica, senza il quale essa è snaturata, non coglie il suo fine che è quello di dare la tranquillità dell’ordine ai suoi soggetti, che possano trovare così nello Stato un mezzo che li aiuti a cogliere la Beatitudine eterna, per la quale Dio ci ha creati ed ha voluto che vivessimo in Società, onde più facilmente conseguirla.


Il naturalismo politico della modernità

La politica moderna è segnata da un grave errore: la separazione tra natura e Grazia, ragione e Fede, fine prossimo e Fine ultimo dello Stato. Il mondo moderno considera solo il piano naturale (peraltro senza rispettarne l’ordine), ignorando quello soprannaturale. La ripugnanza della natura verso la Grazia è l’essenza del naturalismo politico, ossia il rifiuto di riconoscersi creature subordinate alla volontà del Creatore e la pretesa di essere perfetti con le sole forze o capacità naturali. Cercando l’origine di questo naturalismo, la si scorge nel peccato stesso di Lucifero, che fu un atto di ribellione all’ordine soprannaturale.

Le conseguenze sociali del naturalismo politico sono:

a)    la scomparsa della vera nozione di diritto, che è rimpiazzato dalla forza. Infatti, il diritto si fonda sulla legge naturale, che è la legge divina, iscritta nel cuore dell’uomo. Ora, abolito il concetto di Dio, si distrugge il fondamento del diritto: la Lex aeterna. Esso dovrà essere sostituito da qualcosa, sotto pena di scivolare verso l’anarchia e il caos; quindi, la forza dello Stato, che è legge a se stesso, prenderà il posto del diritto;

b)    la norma e il criterio di verità diventa la pubblica opinione e la politica del fatto compiuto, ossia la democrazia moderna o demagogia, nella quale il potere viene dal basso, dal popolo e non da Dio;

c)    lo svilimento del concetto di autorità, che non è più la partecipazione al potere di Dio, ma una semplice rappresentanza dell’opinione popolare, della quale l’autorità diventa un mero delegato;

d)    il degrado della Società civile, che senza vera religione sprofonda nel disordine, nel culto del piacere sensibile, nella perdita del vero senso della vita (6).


RIASSUMENDO, si può dire che tutti gli errori attuali derivano da due errori principali e fondamentali: il primo, Dio non è provvido; il secondo, l’uomo non ha peccato originale ed è immacolato. Quindi, non ha bisogno di Redenzione, ma progredisce all’infinito da sé. Gli basta la sola ragione senza la Rivelazione (razionalismo); tutto gli è lecito, la morale è autonoma e non oggettiva (liberalismo); niente sacerdozio, né Chiesa (laicismo). In breve, è la distruzione di ogni giusta gerarchia e il trionfo del disordine.


La “politica” moderna o machiavellica

L’immanentismo dice che Dio è immanente al mondo e forma una sola cosa con esso. È una sorta di panteismo e fa dell’uomo il Creatore e lo divinizza. Questo è il peccato di Lucifero, che ha sempre tentato - a partire dal primo uomo: Adamo - il povero uomo a volersi fare Dio con le sue sole forze. Oggi la società ha applicato - specialmente con MACHIAVELLI - il soggettivismo e il culto panteistico dell’uomo al vivere sociale, che secondo SAN PIO X (7)  è il costitutivo formale del regno dell’Anticristo.


La scienza politica perenne: da Aristotele alla seconda Scolastica

SAN TOMMASO D’AQUINO insegna che la prudenza non s’interessa soltanto del bene privato di un singolo uomo, ma anche del bene di tutta la collettività, così “la prudenza in rapporto al bene comune si chiama politica”.

La prudenza è una virtù cardinale che ci aiuta a scegliere i mezzi migliori per ottenere il bene comune, ossia vivere virtuosamente, subordinatamente all’ordine soprannaturale.

L’uomo non può non fare politica, poiché è un animale sociale per natura e deve occuparsi non solo del suo proprio bene individuale, ma anche di quello comune o sociale. In primo luogo, perché il bene proprio non può sussistere senza il bene comune della famiglia (chi avesse una famiglia disastrata, condurrebbe una vita disgraziata o perlomeno molto difficile), e a maggior ragione della città o dello Stato (chi dovesse vivere in una città dove regna l’anarchia o la tirannia, avrebbe una vita dura davanti a sé), poiché la famiglia (che è una Società imperfetta) non può fornire a tutti i suoi membri tutto il necessario per vivere bene naturalmente (salute, scienza, sicurezza, moralità) e ha bisogno d’unirsi ad altre famiglie, che così formano una città e poi varie città unite formeranno uno Stato (Società perfetta nell’ordine temporale). In secondo luogo, perché l’uomo, essendo una parte della famiglia e dello Stato, nel valutare il proprio bene grazie alla virtù di prudenza, deve farlo subordinatamente al bene della comunità, infatti, una parte che non armonizza col tutto è deforme.

Nello stabilire la gerarchia della Prudenza pubblica, SAN TOMMASO D’AQUINO distingue specificatamente tra loro e mette al primo posto la politica, che è la virtù di Prudenza ordinata al bene comune dello Stato; poi l’economia, Prudenza che si occupa del bene comune della casa o della famiglia; infine la monastica, Prudenza che si occupa del bene comune di una singola persona (8).

Nel commento alla Politica di ARISTOTELE, SAN TOMMASO insegna che la politica è una scienza necessaria, poiché scienza della città in quanto oggetto di riflessione filosofica, finalizzata a dare un’organizzazione sociale agli uomini animali naturalmente sociali o politici.

La politica è una scienza morale o pratica (conoscere per agire bene) e non una tecnica o procedura empirica o sperimentale (una pratica che si fonda soltanto sull’esperienza e non sulla conoscenza o la teoria): anzi, essa ha un ruolo architettonico nei confronti delle altre scienze morali, poiché la città rappresenta la realtà più importante di tutte quelle che la ragione umana è in grado di produrre, perciò essa occupa il primo posto tra tutte le scienze pratiche (come l’architetto e il capomastro dirigono tutti gli operai). Il politico deve essere un filosofo morale/sociale e non un “praticone”, tecnico, empirista o faccendiere. 

Sempre l’AQUINATE distingue l’economia o amministrazione della famiglia – che serve a ricavare le ricchezze necessarie per mantenere convenientemente un focolare domestico, ove i mezzi sono ordinati al fine, la ricchezza alla tranquillità temporale – dalla crematistica-pecuniativa, che consiste nel produrre e nell’accumulare il massimo di ricchezza possibile, senza porre limiti alla libera iniziativa.

SAN TOMMASO condanna quest’ultima, in quanto scambia i mezzi (le ricchezze) per il fine (il bene). Questo è l’errore del liberismo, che è una conclusione finanziaria del liberalismo filosofico.




NOTE

1 - De Regimine principum, lib. I, cap. 1.
2 - R. PIZZORNI, Diritto naturale e diritto positivo in San Tommaso d’Aquino, Bologna, ESD, 1999; ID., Il diritto naturale dalle origini a San Tommaso, Bologna, ESD, 2000; ID., Giustizia e carità, Bologna, ESD, 1995; L. TAPARELLI D’AZEGLIO, Saggio teoretico di Diritto Naturale, Roma, Civiltà Cattolica, VIII ed., 1949.
3 - J. MIENVIELLE, Influsso dello gnosticismo ebraico in ambiente cristiano, Roma, Sacra Fraternitas, 1989.
4 - F. M. CAPPELLO, Summa Juris Publici Ecclesiastici, Roma, Gregoriana, VI ed., 1954, p. 26.
5 - A. OTTAVIANI, Compendium Juris Publici Ecclesiastici, Roma, Typis Polyglottis Vaticanis, IV ed., 1944, p. 12.
6 -   M. LIBERATORE, La Chiesa e lo Stato, Napoli, Giannini, 1872, pp. 115-116 e 121; ID., Il Diritto Pubblico Ecclesiastico, Giachetti, Prato, 1887; F. M. CAPPELLO, Chiesa e Stato, Roma, Ferrari, 1910.
7- Enciclica E supremi apostolatus cathedra, 1904.
8 - S. Th., II-II, q. 47, a. 11, sed contra.

















 
agosto 2024
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