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Il governo asimmetrico dell’attuale pontificato Articolo della Fraternità San Pio X Per più di un vaticanista, le recenti nomine alla Curia romana la dicono lunga sulla maniera in cui il Papa attuale considera le funzioni episcopali e cardinalizie nell’ambito del governo della Chiesa universale. Il 29 luglio 2024, Francesco ha nominato due nuovi arcivescovi: Mons. John J. Kennedy, Segretario alla sezione disciplinare del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF) e Mons. Philippe Cuberlié, Sottosegretario allo stesso ministero curiale; mentre un altro Segretario del DDF; Mons. Armando Matteo, teologo stimato dal Papa, non ha mai ricevuto la dignità episcopale. Il suo confratello: Mons. Philippe Cuberlié, gli è dunque subordinato pur non essendo arcivescovo. Questo caso è lungi dall’essere isolato. Il Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione è il Papa, affiancato da due proPrefetti. Uno, Mons, Luis Tagle, è cardinale; e l’altro, Mons. Rino Fisichella, è arcivescovo. Al momento della creazione della sezione “migranti e rifugiati» in seno al Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, sono stati assegnati due sottoSegretari, di cui uno, Mons. Michael Czerny, è stato creato cardinale: il Dicastero è diretto da un cardinale, ed è composto da due sezioni di cui una ha due sottoSegretari: uno è cardinale e l’altro è semplice sacerdote. Tuttavia, ricorda il vaticanista Andrea Gagliarducci «nella prassi della Curia – almeno fino all’attuale pontificato – i Segretari dei Dicasteri avevano tutti il rango di arcivescovo» Il giornalista parla di «governo asimmetrico» attuato da Francesco. Secondo lui, il Papa «considererebbe le nomine episcopali nel governo della Chiesa come dei “gradi militari” non necessariamente legati a funzioni specifiche». In base a questa ipotesi, un vescovo sarebbe per il Papa un chierico pronto a giurare fedeltà alla Chiesa e obbedienza al Sommo Pontefice. Mentre un cardinale sarebbe un po’ come un «consulente strategico», il vescovo nominato dal Papa sarebbe una specie di «colonnello fedele al suo generale». Il cardinalato assume quindi una forma onorifica «avente lo scopo di inviare un messaggio alla Chiesa universale e di creare una base di rappresentanza». Andrea Gagliarducci sottolinea che il governo della Chiesa «è più che mai centrato sul Papa». Sotto i precedenti pontificati, il fatto di conferire l’episcopato ai prelati che ricoprivano alti uffici curiali sottolineava il loro ruolo di collaboratori del vescovo di Roma nel governo della Chiesa universale. Mentre invece, «nel governo asimmetrico attuale, le scelte sono fatte ad personam: quello che conta è più la missione che il Papa affida ai suoi ufficiali, e meno la stessa dignità episcopale». Non ci si trova all’opposto della collegialità episcopale del Vaticano II? Ed proprio questo che sta accadendo: la Costituzione Praedicate evangelium che ha riformato la Curia e la giustificazione giuridica e teologica che aveva dato il Padre Gianfranco Ghirlanda – diventato cardinale – hanno messo in seria discussione l’origine della giurisdizione nella Chiesa. La questione dell’origine del potere di giurisdizione nella Chiesa Numerosi posti curiali richiedono l’esercizio di una giurisdizione ecclesiastica in foro interno, delegata dal Papa. Ora, la giurisdizione ecclesiastica, di diritto divino, può essere ricevuta solo dai chierici. Essi non la ricevono con l’ordinazione, ma con il conferimento di un ufficio da parte del loro Superiore. Solo il Papa riceve questo potere nella sua pienezza direttamente da Cristo. Lumen Gentium ha modificato questa dottrina, affermando che i vescovi non ricevono la giurisdizione dal Papa, ma dal sacramento dell’Ordine. Questo errore, condannato dalla Chiesa fino a Pio XII incluso, fonda l’altro errore della collegialità e della tanto elogiata prassi sinodale. Come risolvere allora, da un punto di vista modernista, la sistematica attribuzione della giurisdizione ai laici e l’inversione delle nomine in seno alla Curia? Il Padre Ghirlanda l’ha spiegato in maniera sorprendente nel corso della presentazione di Praedicate Evangelium. Secondo il padre gesuita, il Prefetto di un Dicastero «non ha autorità in ragione del rango gerarchico che riveste», ma in ragione del «potere» che riceve dal Papa. «Se il Prefetto e il Segretario di un Dicastero sono dei vescovi, questo non deve implicare l’equivoco che la loro autorità derivi dal rango gerarchico che rivestono, come si agissero con un potere proprio». In maniera inequivoca, il Padre Ghirlanda conclude: «il potere di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica». Con questa frase, il gesuita Ghirlanda annulla in un batter d’occhio l’errore di Lumen Gentium, come se niente fosse … ma allo scopo di includere i laici nell’esercizio del potere di governo – cosa contraria alla legge divina. Giovanni XXIII diede inizio alle sue riforme consacrando vescovi i cardinali che non lo erano. I canonisti spiegano che la Curia deve essere composta soprattutto da vescovi, per mostrare la partecipazione alla “sollecitudine di tutte le Chiese” che deriva a ciascuno di loro dalla propria ordinazione e dalla loro appartenenza al collegio episcopale. Francesco ha invertito quest’ordine. |