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GENESI DEL TALMUD di Don Curzio Nitoglia Eugenio Zolli, ex rabbino capo di Roma convertito al cattolicesimo, definisce il Talmud “il grande corpus delle tradizioni rabbiniche” (1). Lo storico israelita Riccardo Calimani scrive: “Una credenza rabbinica, che nel tempo si diffuse sempre più e divenne autorevole, arrivò a sostenere che Mosè aveva ricevuto la Torah [= legge, ndr] totale sul monte Sinai sia nella forma scritta: Torah o Pentateuco, sia nella forma orale, Mishnah. La Mishnah orale fu trasmessa a Giosuè e da questi agli anziani e poi, via via […], fu affidata alla memoria degli uomini che la redassero materialmente per iscritto. Sotto questa nuova luce la Mishnah […] acquista, come Legge orale trascritta dopo la Rivelazione sul Sinai, un’importanza enorme […]. Non c’è da stupirsi, pertanto, che ne siano scaturiti innumerevoli commentari […]. Gli amoraim (letteralmente: relatori) furono quei maestri che, fra il III e il V secolo circa [d. C.], succedettero ai tannaim (ripetitori, insegnanti, dal I al III secolo) e diedero vita a un grande commentario detto Ghemaràh il quale aggiunto alla Mishnah, prese il nome di Talmud. La scuola palestinese produsse il Talmud di Gerusalemme, e quella di Babilonia il Talmud Babli, considerato il più importante e fu concluso nel VI secolo [d. C.]” (2). A sua volta, San Giovanni Bosco (Storia sacra, Torino, SEI, IX ed., 1950), spiega: «Il Talmud è il corpo della dottrina ebraica, che abbraccia la religione, le leggi e i costumi degli ebrei. Ve ne sono due: il Talmud di Gerusalemme, composto per iscritto dai rabbini di questa città verso l’anno 200 d. C., in favore dei giudei che dimoravano nella Giudea; e il Talmud di Babilonia, composto per iscritto in questa città circa 200 anni dopo il primo, per uso dei giudei che abitavano aldilà dell’Eufrate. […]. Il Talmud si compone a) di Misnà: il codice di diritto ecclesiastico e civile dei giudei. Questa parola significa “legge orale, ripetizione della legge o seconda legge”. I giudei credono che, oltre la legge scritta, Mosè abbia ricevuto sul monte Sinai altre leggi, che comunicò a viva voce e che si sono conservate tra i dottori nella Sinagoga sino al tempo del famoso rabbino Giuda il Santo, che scrisse la Misnà verso l’anno 180 d. C. Essa non è altro che il testo e la raccolta dei riti e delle leggi orali dei giudei; b) di Gemarà: “complemento” o “perfezione”. È il nome della seconda parte del Talmud, la prima della quale si chiama Misnà. La Gemarà è riguardata dai giudei come il “compimento o perfezione della legge” (Misnà) in quanto è una spiegazione di essa o un commento del testo della legge orale messo poi per iscritto» (pp. 234, 241, 253). Importanza del Talmud Padre Joseph Bonsirven era un rabbino, profondo conoscitore del Talmud. Convertitosi al cattolicesimo divenne gesuita e professore universitario di teologia a Lione e d’esegesi al “Biblicum” di Roma. Le sue opere sono assai scientifiche e precise (4). Nel Dictionnaire de Théologie Catholique egli ha curato la voce Talmud, illustrandone da vero esperto, il piano, la teologia e lo spirito. “I due Talmud [di Gerusalemme e di Babilonia] – egli scrive – si presentano come un commento della Misnah [legge orale] e, quindi, bisogna riferirli a essa […]. Essa si divide in sei sezioni, ogni sezione comprende diversi trattati, che sono divisi in capitoli e versetti” (5). La sezione IV è la più interessante, riguardo ai rapporti giudaismo-cristianesimo, essa s’intitola Neziqim (danni). Il padre Joseph Bonsirven S. J. ci fa presente che la dialettica talmudica non si accorda con la logica aristotelica, fatta di sillogismi e deduzioni rigorose: il Talmud è impregnato di spirito ermetico ed esoterico, usa una terminologia particolare, ha uno stile impenetrabile, usa delle espressioni convenzionali e conclude che “il solo metodo per diventare maestri [di talmudismo, ndr] è di mettersi – sin da bambini – alla scuola di un dottore versato nella lingua e terminologia [talmudica, ndr], che conosce i segreti della legislazione [ebraica, ndr], di leggere e rileggere il testo con il maestro, ripetere e imparare a memoria ed empiricamente, numerose nozioni che non si trovano nelle opere scientifiche e critiche, come i dizionari, le grammatiche e le terminologie” (6). Perciò, è del tutto ìmpari cercare di studiare il nudo Talmud, senza aver ricevuto un’educazione rabbinica: per poterne conoscere lo spirito, occorre fidarsi di esperti come il Bonsirven o lo Zolli, che in quanto ex rabbini ne conoscono il vero significato e non lo esagerano per odio razziale né lo diminuiscono per pregiudizi di dialogo ecumenico inter-religioso, tanto di moda adesso specialmente in ambiente ecclesiale (7). Il gesuita Bonsivern nel D. Th. C., scrive che nel Talmud: “Notiamo delle deviazioni […], che orientano verso una forma di religione più naturalista e più razionalista. Ciò è dovuto a un’accentuazione eccessiva di due dogmi: l’elezione di Israele e l’autorità divina […] della Torà. La preoccupazione di salvaguardare la nazione santa conduce in pratica a un separatismo e a un particolarismo soffocanti e rovinosi, a un orgoglio etnico inevitabile, che facilmente diventa razzismo, odio per lo straniero. Il culto del popolo ebraico, la quasi adorazione della lettera della Legge conducono alle seguenti conseguenti: una tale stima della libertà umana da volerla impenetrabile al beneplacito di Dio e all’azione della sua grazia; una ripugnanza per l’ordine soprannaturale propriamente detto; l’eccesso dello spirito legalista e giuridico che moltiplica le prescrizioni, soffoca la vita in un dedalo impenetrabile di osservazioni e di pratiche, aprendo la porta al formalismo, molto prossimo all’ipocrisia; l’autorità esorbitante delle decisioni rabbiniche che legano la volontà di Dio e mettono in scacco i suoi comandamenti” (8). In conclusione, lo spirito del giudaismo talmudico chiude le anime al “messaggio cristiano, totalmente soprannaturale” (9). Indi, padre Bonsirven cita “il grande storico ebreo-tedesco del popolo ebraico” Henri Graetz (Histoire des Juifs, tr. fr., tomo V, p. 154) che scrive: “I difetti del metodo d’insegnamento talmudico, le sottigliezze, l’abitudine di discettare, la furbizia penetrarono nella vita pratica e degenerarono in duplicità e spirito complicato e slealtà. Era difficile per gli ebrei ingannarsi tra loro, poiché avevano tutti ricevuto la stessa educazione [talmudica, ndr] e quindi combattevano ad armi pari. Ma, spesso, usavano l’inganno e i mezzi sleali riguardo ai non-ebrei”. Più che il Talmud stesso – conclude il Bonsirven – è lo spirito o l’educazione e l’insegnamento talmudico, che hanno nuociuto tanto agli ebrei” (10). Polemica tra cristiani ed ebrei
Ben presto i cristiani mossero gravi accuse al Talmud, rimproverandogli anzitutto intollerabili bestemmie contro Gesù. «Di Fatto – scrive Joseph Bonsirven – il Talmud contiene il nocciolo delle storie, raccolte e sviluppate nell’infame libello Toledot Jesu (11), pubblicato in Germania verso il IX secolo […]. Isidoro Loeb [ebreo e grande esperto di giudaismo, ndr] lo riconosce: “Non vi è nulla di stupefacente che il Talmud contenga attacchi contro Gesù. Sarebbe strano se non ve ne fossero” (Revue des études juives, t. I, p. 256). Altra accusa: l’inimicizia irreconciliabile contro i cristiani […]. Troviamo nel Talmud la condanna severa dei minìm, molti vi vedono una designazione dei cristiani» (12). Félix Vernet spiega che: “La parola minìm […], servì a designare i cristiani, lo stesso vale per la parola goyim: essi – maledetti dal Talmud – anticamente rappresentavano i greci d’Antioco o i romani di Tito e d’Adriano […]. Ora, è pacifico che, in séguito, allontanatisi i greci, i romani…, e soffrendo la presenza dei cristiani, gli ebrei presero l’abitudine d’applicare loro le sentenze contro i goyim” e aggiunge: “L’attitudine del Talmud verso Gesù Cristo è cattiva. Vi si ritrovano bestemmie e volgarità contro Gesù: la sua nascita illegittima, insulti alla Madonna […]. Si possono leggere tutti i testi talmudici relativi a Gesù, non in un’edizione purgata di esso, ma nelle edizioni complete, o nelle antologie compilate da G. DALMAN, in H. LAIBLE, Jesus Christus in Talmud, Berlino, 1891 […]. Tuttavia – ammonisce il professor Vernet – è successo che, nella foga della polemica anti-ebraica, furono allegati dei testi inautentici o mal compresi. Si è voluto dire che tutto il Talmud è totalmente cattivo. Questo è inesatto; i testi riprovevoli, nell’insieme, sono relativamente rari, ma se il Talmud non è solo odio contro Cristo e i cristiani, vi è anche dell’odio” (13). La Chiesa cominciò a conoscere approfonditamente la dottrina talmudica, tra il 1238 e il 1240, grazie a “un ebreo convertito Nicola Donìn, di La Rochelle, che presentò nel 1238 al papa Gregorio IX trentacinque articoli, che riproducevano la dottrina dal Talmud e che, di fatto, ne sono estratti esattamente. […] Gregorio IX ordinò di aprire un’ inchiesta […], il Talmud fu condannato e degli esemplari furono bruciati pubblicamente a Parigi davanti alla basilica di Notre Dame, attorno al 1242” (14). Altri Papi hanno poi condannato il giudaismo talmudico (15) e quasi tutti i Padri e Dottori della Chiesa, nonché Santi canonizzati, hanno polemizzato teologicamente con il giudaismo postcristiano (16). Per esempio, San Giustino, filosofo, apologista e martire († 165 circa), scrive che l’ebraismo talmudico odia il cristianesimo e disonora i cristiani, con un linguaggio sordido e infamante, maledicendoli nelle preghiere che si recitano in sinagoga. «Probabilmente – commenta il Vernet – fa allusione alla preghiera principale del giudaismo, l’Amida o Chemoné-esré (17), che veniva recitata tre volte al giorno…, essa si componeva di diciotto benedizioni…, verso l’80 dopo Cristo, s’intercalò tra l’11a e la 12a benedizione un’imprecazione così formulata: “Che gli apostati non abbiano nessuna speranza e che l’impero dell’orgoglio sia sradicato sùbito; che i nazareni e i minìm periscano in un istante…”. In questo testo – continua il Vernet – i nazareni sono nominati chiaramente; ma è così soltanto nell’edizione palestinese di questa preghiera, scoperta al Cairo da S. Schechter e pubblicata nel The Jewish quarterly review, Londra, 1898, t. X, p. 654-659» (18). Sempre San Giustino dice che il nemico principale per il giudaismo talmudico non è il paganesimo ma il cristianesimo (Dial. VIII): gli ebrei del II secolo “maledicono il crocefisso, lo insultano, come viene loro insegnato dai capi delle sinagoghe dopo la preghiera (Dial. CIIIVII). Si vantano di averlo ucciso. Lo trattano da mago e nato da adulterio” (19),. Anche San Girolamo nel commento a Isaia (V, 18) fa menzione della preghiera di maledizione contro i cristiani: “Tre volte al giorno in tutte le sinagoghe sotto il nome di Nazareni maledicono il nome cristiano” (“Ter per singulos dies in omnibus synagogis sub nomine Nazarenorum anathemizant vocabulum christianum”). Eugenio Zolli aggiunge che “l’apologetica ebraica dei primi secoli d. C. […] tende a scartare dalla figura del Messia ogni apparenza d’uguaglianza con Dio, affermando in pieno il suo carattere umano. Trifone ripete… che il Messia… sarà un uomo tra gli uomini” (20). Inoltre, “I sacerdoti e gli anziani del popolo ebreo inviavano a tutti i popoli dei messi, per disseminare presso gli ebrei [della diaspora, ndr] dei sospetti contro l’insegnamento di Cristo” . Antigiudaismo e antisemitismo
L’antigiudaismo della Chiesa non è passionale, come quello del mondo pagano antico greco-romano o del neopaganesimo postcristiano, ma è dottrinale perché ha la sua radice in un conflitto teologico e propriamente nella cristologia della Chiesa, che risale all’insegnamento di Gesù medesimo, tuttora respinto dalla massa degli ebrei: Cristo non solo è il Messia atteso, ma è il Figlio di Dio, consustanziale al Padre, e Salvatore di tutti, ebrei e gentili. L’antigiudaismo della Chiesa è, perciò, ben distinto dall’antisemitismo razziale (21). Essa respinge l’antisemitismo, come materialismo che nega la spiritualità dell’anima umana. Infatti, se ogni uomo non è solo materia, ma è anche spirito, può, con la grazia divina e la buona volontà, correggere i propri difetti e quelli della sua stirpe o cultura; l’ebreo, quindi, è suscettibile di redenzione e conversione. La Chiesa lotta teologicamente contro il giudaismo talmudico, che ha respinto e respinge Nostro Signore Gesù Cristo, condanna “l’odio di malevolenza” e la violenza immotivata o sproporzionata contro gli ebrei, ma ammette la legittima difesa, prudente e proporzionata, così come la polemica teologico-dottrinale contro il giudaismo rabbinico. Essa accetta l’ebraismo mosaico o l’Antico Testamento come preparatorio del Nuovo Testamento; l’antisemitismo razziale, invece, nega l’Antica Alleanza e la Chiesa, che la continua e la perfeziona in Gesù Cristo. Alcuni autori, oggi, dicono che l’antigiudaismo e l’antisemitismo sono la stessa cosa, quindi, vanno repressi giuridicamente. Ciò è dottrinalmente falso ed equivarrebbe a proibire e perseguire penalmente la dottrina tradizionale della Chiesa cattolica, che ha combattuto (e non può non combattere) teologicamente il giudaismo anticristiano, sin dal suo sorgere, per due millenni, proprio come ha fatto il Divin Salvatore dalla sua nascita sino alla sua morte. Inoltre, equivarrebbe a impedire alla Chiesa la missione ricevuta da Dio di predicare la salvezza per tutti, ebrei e non ebrei, in Cristo Gesù. La carità è inseparabile dalla verità e i cattolici hanno un dovere di verità e di carità verso gli ebrei come verso tutti gli uomini. Attenzione, quindi, a evitare i due errori per eccesso (odio razziale: il giudaismo = errore e male assoluto) e per difetto (filo-giudaismo: ebrei = “fratelli maggiori”). La verità si trova nel giusto mezzo di profondità e non di mediocrità e, dunque, è lecita la polemica dottrinale e teologica antigiudaica: vi sono errori reali nel talmudismo, l’Antica Alleanza è stata revocata e il giudaismo talmudico è mortuus et mortiferus. Né giudaizzanti, né antisemiti. Entrambi questi atteggiamenti, infatti, offendono la verità e la carità. “L’antisemitismo come tale, essendo manifestazione di odio, è estraneo alla Chiesa cattolica” scrive Eugenio Zolli e il padre Pierre Benoit scrive che «sarebbe illusorio e falso pretendere […] che l’Israele attuale conservi proprio tutti i suoi “privilegi”, come un altro “popolo di Dio” parallelo alla Chiesa, dal quale questa dovrebbe attendere l’integrazione per disporre finalmente di tutti i suoi mezzi di salvezza». Purtroppo, questa falsità, gravemente illusoria sia per gli ebrei sia per i cristiani, è stata fatta propria, contro l’insegnamento di Gesù Nostro Signore, degli Apostoli, dei Padri e del Magistero ecclesiastico, dal neo-modernismo imperante grazie alla confusione teologica scaturita dal Concilio Vaticano II (Nostra aetate) e dai Documenti postconciliari di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco circa i rapporti tra cristianesimo e giudaismo. NOTE 1 - E. ZOLLI, voce Talmud, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. XI, coll. 1714-1715. 2 - R. CALIMANI, Non è facile essere ebreo. L’ebraismo spiegato ai non ebrei, Milano, Mondadori, 2004, pp. 40-42. 3 - A. ELKANN-E. TOAFF, Essere ebreo, Milano, Bompiani, 1994, p. 107. 4 - J. BONSIRVEN, Textes rabbiniques des deux premiers siècles chrétiens. Pour servir à l’intelligence du Nouveau Testament, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1955. Questo libro è molto utile e importante per noi. Infatti, è un’antologia – scientificamente compilata – di testi rabbinici (tradotti in francese) dei due primi secoli dell’era cristiana, sino alla chiusura della Misnà. La Gemarà (che va dal IV al VI secolo d. C.) non v’è dunque riportata. Esso si compone d’una raccolta delle “Preghiere ebraiche antiche” (pp. 1-12), delle “Midrashim giuridiche” (pp. 13-87), distinte da quelle haggadiche (vale a dire morali o filosofiche), e infine di "Documenti talmudici” (pp. 88-710), che racchiudono le sei sezioni (Zeraim, Moed, Nasim, Neziqim, Qodasim, Tohorot) del Talmùd, senza – come già scritto – il “Commento” (Gemarà) al “Testo” (Misnà), che invece è tradotto. Le citazioni del Talmùd vi sono riportate in maniera seguente: Y = Talmùd di Gerusalemme, B = Talmùd di Babilonia, M = Misnà. Per quanto riguarda il Talmùd babilonese, si cita solo il folio e il recto (a) o il verso (b); per il Talmùd di Gerusalemme si cita il capitolo, il paragrafo, il folio e le colonne (a, b, c, d). Vedi anche J. BONSIRVEN, Exégèse rabbinique et exégèse paulinienne, Parigi, 1939 ; ID, Le judaisme palestinien au temps de Jésus Christ, 2 voll., Parigi, 1935, tr. it., Torino, 1950; ID., Les idées juives au temps de Notre–Seigneur, Parigi, 1934; ID., Sur les ruines du Temple, ou le judaisme après 70, Parigi, 1928; F. BRENIER, Les Juifs et le Talmud, Parigi, LFA, 1913; J. M. RABBINOWICZ, Législation criminelle du Talmud, Parigi, Imprimerie Nationale, 1876; A. DARMESTETER, Le Talmud, Parigi, Allia, 1991; A. F. SAUBIN, Le Talmud et la Synagogue moderne, Parigi, Bloude, 1912; M. BELINSON – D. LATTES, Il Talmud. Scelta di massime, parabole, leggende, Paravia, Torino, 1924; NADAV ELIAHU MAVESSER TOV, I numeri del segreto. La numerologia secondo la cabala, Milano, ed. privata, 1990. 5 - Dictionnaire de Théologie Catholique (D. Th. C.), voce Talmud, col. 15, Parigi, Letouzey, 1903-1950. 6 - Cfr. D. Th. C., cit., coll. 18-19. 7- Non si può presumere di conoscere il Talmud dopo aver studiato i primi rudimenti di lingua ebraica o aramaica; per i non ebrei si deve ricorrere ai riassunti fatti da ebrei convertiti, come il Donìn, e alle antologie divulgative come quelle di A. ROHLING (Der Talmudjude, 1878, tr. fr. aumentata, Parigi, 1889) e di G. B. PRAINATIS (Christianus in Talmude Judaeorum, Petropoli, 1892, tr. it., Roma, Tumminelli, 1939, rist., Milano, Effedieffe, 2005), per citare le più note, le quali, pur avendo i loro limiti (non esprimono tutta la teologia talmudica), hanno anche una loro utilità (fanno conoscere il pensiero del giudaismo post-biblico su Cristo e i cristiani), facendo attenzione a non lasciarsi coinvolgere emotivamente in uno spirito di rivalsa, ma senza neppure proibirne l’uso per non cadere nell’abuso (abusus non tollit usum). 8 - D. Th. C., cit., col. 24. 9 - Ivi. 10 - D. Th. C., cit., col. 24 11 - In italiano si può leggere Il Vangelo del Ghetto. Le Toledòth Jéshu, a cura di RICCARDO DI SEGNI, Roma, Newton Compton, 1985. 12 - Dictionnaire de Théologie Cahtolique (D. Th. C.), voce Talmud, a cura di J. BONSIRVEN, coll. 27-28, Parigi, Letouzey, 1903-1950. Per la questione delle dispute tra convertiti ed ebrei cfr. E. ZOLLI, Antisemitismo, cit., Roma, AVE, 1945 (rist., Cinisello Balsamo, S. Paolo, 2005) pp. 139-147. 13 - D. A. F. C., cit., coll. 1689-1690. 14 - D. A. F. C., cit., coll. 1691-1692. In Spagna, la disputa cristiana contro il talmudismo, fu condotta in maniera molto scientifica ed equilibrata, sin dalla fine del XIV secolo, da alcuni ebrei sinceramente convertiti: PABLO DE SANTA MARÌA (prima SALOMON HA-LEVI, rabbino capo di Burgos, convertitosi nel 1390), Scrutinium Scripturarum, pubblicato solo nel 1591; JERÒNIMO DE SANTA FE (prima YESHUA HA-LORQUI, che condusse la famosa disputa contro vari rabbini a Tortosa, nel 1413, per ordine di papa Benedetto XIII), Haebraeo Mastix, pubblicata nel XV secolo. PEDRO DE LA CABALLERÌA (gran giurista aragonese, esperto in lingua araba ed ebraica, vissuto tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento) Tractatus zelus Christi, pubblicato nel 1592. 15 - Clemente IV (1267), Onorio IV (1285), Giovanni XXII (1320), Benedetto XIII (1415), Giulio III (1554), Paolo IV (1564), Gregorio XIII (1581), Clemente VIII (1593), Benedetto XIV (1751), Pio VI (1775). 16 - Lo pseudo Barnaba, S. Giustino, Tertulliano, S. Cipriano, Novaziano, Commodiano, S. Melitone, S. Ireneo, S. Apollinare, S. Serafione, Eusebio da Cesarea, S. Gregorio da Nissa, S. Giovanni Crisostomo, S. Isidoro, S. Basilio, S. Cirillo d’Alessandria, S. Girolamo, S. Agostino, S. Massimo da Torino, S. Isidoro da Siviglia, S. Giuliano da Toledo, S. Agobardo da Lione, S. Pier Damiani, S. Ambrogio, S. Leone Magno, S. Gregorio Magno, S. Bernardo di Chiaravalle, S. Vincenzo Ferreri, S. Giovanni da Capistrano, S. Bernardino da Siena, il Beato Bernardino da Feltre, S. Antonino da Firenze. 17 - Per quanto riguarda la preghiera suddetta (“Amida” che significa “in piedi” poiché va recitata in tale posizione, o “Shemoné Esré” che vuol dire “diciotto” riguardo al numero di benedizioni che la compongono) cfr. J. BONSIRVEN, Textes rabbiniques des deux premiers siècles chrétiens. Pour servir à l’ intelligence du Nouveau Testament, Roma, Pontificio Istituto Biblico, 1955, pp. 2-3. Bonsirven scrive che essa è “la più ufficiale e rappresentativa del giudaismo. […] Rabano Gamaliele II, fine del I secolo circa, incaricò un certo Simone di modificarla, per escludere dal culto comune i cristiani, introducendo la dodicesima ‘benedizione’ [in realtà una maledizione] diretta contro di essi” (Ibidem, p. 2). 18 - D. A. F. C, art. cit., col. 1660. 19 - Ivi, col. 1661. Cfr. anche: M. J. LAGRANGE, Le messianisme chez les Juifs, Parigi, 1909; A. VACCARI, voce Messianismo, in Enciclopedia Italiana, vol. XXII, pp. 953-958, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1929-1936; J. BARTOLOCCI, Bibliotheca magna rabbinica, Roma, 1683; L. RUPERT, L’Eglise et la Synagogue, Paris, 1859; J.-C. WAGENSEIL, Tela ignea Satanae, hoc est arcani et horribiles judaeorum adversus Christum Deum et christianam religionem, Altdorf, 1681; J. IMBONATI, Adventus Messiae, Roma, 1694; J. B. DE ROSSI, Della vana aspettazione degli Ebrei del loro re Messia, Parma, 1773; J. M. BAUER, Le judaisme comme preuve du christianisme, Parigi, 1866; J. B. DE ROSSI, Bibliotheca judaica antichristiana, Parma, 1800; J. DARMESTETER, Coup d’oeil sur l’histoire du peuple juif, Parigi, 1881. 20 - Ivi, p. 129. 21 - Cfr. B. LAZARE, L’antisemitismo. Storia e cause, Verrua Savoia (TO), CLS, 2000. L’autore (ebreo e quindi non antisemita, né vittima di pregiudizi) spiega che le cause generali dell’antigiudaismo si trovano nell’ebraismo talmudico, poiché esso non vuole assimilarsi agli altri popoli che lo ospitano, né intende accettare la loro cultura e i loro costumi. Il giudaismo forma, così, uno Stato nello Stato e suscita una reazione ostile (antisemitismo o antigiudaismo). Inoltre, esso è una forma di razzismo anticristiano (cristiano-fobia o clero-fobia) in quanto crede che Israele, come etnia, sia una razza superiore dominatrice del mondo e che gli altri popoli siano inferiori e suoi schiavi. EUGENIO ZOLLI, nel suo libro Antisemitismo (Roma, AVE, 1945, rist. Cinisello Balsamo, S. Paolo, 2005), spiega: “Antisemitismo significa odio [razziale-biologico-materialista, ndr] verso il popolo ebraico. Il termine venne adoperato per la prima volta da… Wilhelm Marr…, nel 1879; […] La teoria di Marr era che gli ebrei costituissero un gruppo razziale distinto”. |