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Vera e falsa misericordia di Don Hervé Gresland, FSSPX Pubblicato sul sito francese della
Fraternità San Pio X
La Porte Latine Gustave Moreau, Il Buon Samaritano, verso il 1865, olio su legno – Museo d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais /Patrice Schmidt Che cos’è la misericordia?
Secondo l’etimologia, la misericordia è il sentimento di un cuore (cor, cordis, in latino) toccato da una miseria. Con la misericordia ci si rattrista per il male del prossimo come se fosse nostro: scrive San Tommaso d’Aquino: «L’uomo misericordioso guarda la miseria altrui come se fosse sua, e se ne affligge come se essa fosse la sua miseria personale». La misericordia non è solo un moto della sensibilità: in quanto virtù essa è un moto della volontà regolata dalla ragione. Questa virtù mira ad un giusto mezzo tra l’insensibilità o durezza, e una passione che sarebbe senza misura nei temperamenti troppo teneri. Quando la misericordia scaturisce dalla carità, essa è una virtù soprannaturale che ha in vista i beni naturali del prossimo e ancor più i suoi beni soprannaturali. Le tappe della misericordia Descriviamo qui le tappe della virtù soprannaturale della misericordia, quella che è un effetto della carità. - La misericordia comincia col vedere il male del prossimo. Non vedere la miseria
è negarsi la misericordia. L’accecamento di fronte al male
altrui può essere provocato dall’egoismo e dall’individualismo,
che rendono indifferenti. Non si presta attenzione agli altri e a
quello che li riguarda: ecco la ragione principale della
insensibilità.
Per essere veramente misericordioso il cristiano deve guardare gli altri con fede. La fede fa cogliere in profondità il male delle anime; con la fede, la misericordia guarderà soprattutto al peccato, al disordine morale. Invece una misericordia distorta dal relativismo pretende di vedere nel peccato e nell’errore solo delle debolezze, un bene minore… - La vista della miseria altrui produce nell’anima un moto di tristezza, fa simpatizzare con questa miseria. Ma l’emozione della vera
misericordia non è quella della filantropia. La misericordia
cristiana nasce dalla carità, essa è teologale, in
ragione di Dio. In particolare, essa è presa dalla compassione
per i peccatori. E compatire il peccato degli altri non significa certo
incoraggiarli nelle loro colpe. Significa contemplare la santità
di Dio offesa dal peccato e pensare al castigo eterno che attende il
peccatore incallito.
- La compassione non è sufficiente a sé stessa. L’autentica compassione passa all’azione, essa tende ad alleviare questa miseria e fa ciò che è in suo potere per aiutare in maniera efficace. Anche qui, lo sguardo della fede
permette di discernere le vere miserie del prossimo.
Certe persone generose vorrebbero
alleviare tutte le miserie del mondo, ma si limitano alle miserie
materiali. Eppure, il male più grande è l’allontanamento
da Dio.
Quindi, l’opera di misericordia per eccellenza è la testimonianza della fede, ciò che si chiama: la misericordia della verità. Solo l’insegnamento della vera religione farà uscire gli uomini dalla grande disgrazia in cui sono intrappolati per la loro ignoranza volontaria o colpevole. Il liberalismo e il relativismo che tacciono e mantengono gli uomini nelle loro illusioni, sono, non solo degli errori, ma anche una terribile indifferenza. La nuova «misericordia» Una nuova concezione della
misericordia si trovava già nei predecessori dell’attuale Papa.
Nel suo discorso di apertura del concilio Vaticano II, Giovanni XXIII annunciava la nuova dottrina proclamando: «Oggi la Sposa di Cristo preferisce ricorrere al rimedio della misericordia piuttosto che brandire le armi della severità». Il grande pensatore cattolico che fu Romano Amerio sottolineava giustamente: «Questo annuncio del principio di misericordia in opposizione a quello della severità, trascura il fatto che, nello spirito della Chiesa, la condanna dell’errore è essa stessa opera di misericordia, poiché colpendo l’errore si corregge colui che erra e si preservano gli altri dall’errore» (1). Questo nuovo atteggiamento contiene in realtà degli abbandoni. Esso scredita quella misericordia che è tuttavia la più importante perché tocca il male più profondo: «dire agli uomini la verità». La vera misericordia consiste nell’avere grande pietà per le anime che giacciono «nell’ombra della morte» e predicare loro Gesù Cristo e la fede che è indispensabile per la salvezza. Di fatto, la nuova «misericordia» si volge di più verso le miserie di quaggiù piuttosto che verso quelle che sono le più gravi: le miserie spirituali. Il partito oggi dominante nella Chiesa mira a servire l’uomo nella sua vita terrena, piuttosto che portare avanti la missione che Nostro Signore ha assegnato alla Chiesa: dirigere le anime verso il Cielo e salvarle. Il primato della coscienza Agli occhi del pensiero moderno, la coscienza di ciascuno viene prima di tutto. Quello che è buono e legittimo cercare non è più quanto è conforme all’ordine stabilito dalla saggezza del Creatore, come l’esprime la legge divina; è ciò che appare come tale all’individuo nel profondo della sua coscienza. La legge viene messa da parte e al suo posto si installa la coscienza individuale, trasformata in assoluto. Questo concetto è penetrato nella Chiesa a partire dal concilio Vaticano II: per non turbare le coscienze si evita di fare riferimento alla verità. Così che il cristianesimo si riduce sempre più ad un vago umanitarismo che si accontenta di predicare una consolazione che possiamo trovare altrove, senza che sia necessario rivolgersi alla Chiesa. Questo umanitarismo sentimentale si manifesta nel modo in cui si presenta Gesù Cristo: Lui che si è dimostrato esigente con i peccatori viene trasformato in un simpatico maestro liberale, il compagno di tutti che sembra non avere alcuna pretesa di trasformare le nostre vite e di sradicare il peccato: un Gesù che non giudica e garantisce il Paradiso a tutti. Una misericordia senza pentimento Nell’attuale predicazione della Chiesa, il concetto di misericordia è separato da quello di conversione e pentimento. Papa Francesco non parla di giudizio divino e non perde occasione per svalutare la legge divina, come se si trattasse una preoccupazione da Farisei; il che si ritrova in molte delle sue dichiarazioni e dei suoi discorsi. Un documento tipico è l’Esortazione sulla famiglia Amoris laetitia, pubblicata nel 2016. Lì Francesco dà ai cristiani la possibilità di decidere sulle questioni di moralità nel matrimonio, caso per caso, secondo la coscienza personale. L’orientamento necessario e chiaro dato dalla legge di Dio è passato sotto silenzio. Il documento è impregnato dell’idea che esisterebbe, da un lato, il diritto dell’uomo ad essere perdonato, senza che sia necessario convertirsi, e dall’atro il dovere di Dio di perdonare. Come è possibile immaginare un tale dovere! Al posto di un Dio autenticamente misericordioso che perdona coloro che si pentono, si mette un Dio comprensivo che scusa e giustifica sempre. Un Dio che non è il vero Dio; perché, come dice il giornalista italiano Aldo Maria Valli: «Dio, il Dio della Bibbia, è certo paziente, ma non lassista; è certo clemente, ma non permissivo; è certo attento, ma non accomodante. In una parola è Padre nel senso più completo e più autentico della parola» (2). La Bibbia si potrebbe riassumere come una chiamata al pentimento e una promessa di perdono. E questo è sempre vero nel Nuovo Testamento: una delle missioni principali assegnate da Gesù alla Chiesa è chiamare i peccatori al pentimento: «e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati» (Luca 24, 47). Nostro Signore ha dato ai Suoi Apostoli l’autorità di assolvere i peccati, non di scusarli. Un sacerdote non può ridefinire la legge che Dio ha stabilito; non può modificare il Decalogo. Se egli può dare l’assoluzione per un peccato passato, non può certo dare il permesso che il peccato continui. La vera misericordia si esercita nei confronti del peccatore incoraggiandolo a aiutandolo a uscire dal peccato. Al contrario, con la falsa misericordia i peccatori sono rassicurati e confermati nel loro stato di peccato. Invece di cercare di ricondurli a Dio, questa pretesa misericordia può condurli alla dannazione eterna. Essa è una grave mancanza di carità verso queste anime perdute. La misericordia esiste perché esiste il peccato. La vera misericordia suppone la giustizia e richiede una coscienza chiara della profondità e della gravità del peccato. Considerando la misericordia divina indipendentemente dalla verità e dalla giustizia, privandola della dimensione del giudizio, negando praticamente la colpevolezza, si sminuisce il perdono divino, lo si svalorizza. Dio non ci libera più dal peccato. La Sua onnipotenza e il Suo amore infinito non ne sono rafforzati, al contrario. La protezione del bene comune In nome della misericordia si potrebbe autorizzare ogni comportamento, evitare ogni segno di «discriminazione», ignorare le offese che gridano contro l’onore di Dio, tacere i diritti della verità e della Chiesa. Ma la discriminazione non deriva da una pretesa mancanza di carità. La verità è che condannare il peccato pubblico è precisamente un atto di misericordia, perché esso minaccia di colpire altre anime del gregge. E’ dovere della Chiesa denunciare il male per proteggere gli altri fedeli. E’ necessario distinguere il bene dal male, al fine di preservare il bene comune della virtù dal cattivo esempio del vizio. Una nuova morale per compiacere il mondo L’ambiguità e il relativismo, non solo sono entrati nella Chiesa, ma hanno preso la forma di magistero. La morale cattolica è ormai obsoleta ed è rimpiazzata dai sofismi che la minano, arrivando fino a trasformare gli insegnamenti morali della Chiesa nel loro contrario. Non si vuole più dire che ci sono delle cose che conducono a Nostro Signore ed altre che ci allontanano da Lui e dal Suo amore. Il peccato non è nemmeno più chiamato peccato, la legge divina è piegata alla presunta autonomia dell’uomo. Non è più il peccatore che deve pentirsi e convertirsi, ma è la Chiesa che deve convertirsi al riconoscimento «misericordioso» di coloro che dimostrano di non voler più seguire gli insegnamenti, che sono quelli di Dio. La Chiesa non deve più imporsi, essa deve limitarsi ad «ascoltare», «comprendere», «accompagnare», andando così dalla tolleranza alla viltà, per adattarsi allo stesso peccato del mondo. La vera misericordia è l’opposto di questo relativismo, che si può dire sia una profanazione della misericordia. La vera misericordia, per esempio, vede la vita coniugale fuori del matrimonio come un’offesa a Dio, la distruzione del matrimonio cristiano, la morte delle anime, una rivoluzione sociale; e piange per questo. Ormai la legge morale deve essere adattata ai costumi attuali: quelli dei divorziati «risposati» o di quelli che vivono in unioni contro natura. La Chiesa conciliare inganna gli uomini quando traveste di misericordia la sua acquiescenza al vizio e al peccato. La falsa misericordia si riveste di bei sentimenti e di sollecitudine pastorale, ma sminuisce l’ideale e presenta un cristianesimo privo di esigenze di rinnovamento morale. In sostanza, la Chiesa ha rinunciato a cristianizzare i costumi. Gli uomini sono ormai considerati incapaci di rispettare persino la legge naturale, che è stata abolita: non resta più nulla. Gli uomini di Chiesa attuali hanno trovato il modo per allinearsi alle ingiunzioni del mondo moderno nemico di Dio e per farsi applaudire da esso, pur sembrando mantenere una giustificazione cristiana alla loro nuova morale. Ma questo sta causando un immenso scandalo nelle anime. NOTE 1 - Iota unum, p. 74 dell’edizione francese 2 - Intervista a Radio Spada del 27 febbraio 2021. |