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Le origini della crisi attuale della Chiesa. Cinzia Notaro intervista Calogero Cammarata. Paolo
VI depone la Tiara
Da dove ha origine la crisi della Chiesa divenuta ormai inarrestabile ? Certo che se il Signore la sta permettendo un motivo ci sarà, dato che ha promesso che “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” ( Vangelo di san Matteo 16,18 ). Sappiamo che i disegni di Dio sono imperscrutabili e a noi non rimane che essere ancorati alla fede, perseverare nella verità, respingere , denunciare e combattere l’errore con l’aiuto di Dio che ha donato ad ognuno di noi dei talenti da non sotterrare, ma da far fruttificare. Ad aiutarci a comprendere meglio come si è arrivati a tale catastrofica situazione, il dott. Calogero Cammarata, Responsabile del sito Una Vox http://www.unavox.it/ ispirandosi a dati riportati da affidabili fonti diverse. Cinzia Notaro D. La canonizzazione di Paolo VI nel 2018 ha rappresentato una svolta decisiva per la Chiesa? R. Gli anni in cui Giovanni
Battista Montini resse le sorti del mondo cattolico (dal 1963 al 1978 )
furono cruciali per la vita della compagine cattolica… Vaticano II,
nuova Messa, nuovi sacramenti, nuova disciplina ecclesiastica, nuova
pastorale, nuova dottrina, accompagnati da una non tanto mascherata
persecuzione contro chi, chierico o laico, voleva rimanere fedele alla
Chiesa di sempre. In una parola: rivoluzione! Una rivoluzione che
diede da subito e continua a dare i frutti nefasti che costituiscono
quello che si usa chiamare crisi nella Chiesa: progressiva diminuzione
dei fedeli, chierici e laici, inizio di una strisciante apostasia che
si è diffusa a macchia d’olio, abbandono della morale cattolica,
perdita della fede e sostituzione di essa con i valori del mondo, dai
più perniciosi ai più vergognosi.
D. Quali le azioni, i gesti che hanno contraddistinto Paolo VI ? R. Il 13 novembre 1964, un anno
dopo la sua incoronazione, Paolo VI rinunciò alla tiara con cui
era stato incoronato e la depose sull’altare perché fosse
venduta. Il gesto quasi sacrilego e sicuramente denigratorio per la
Chiesa e per i suoi predecessori, fu volutamente demagogico. Chi per
avventura volesse ipotizzare che si trattò di un anelito alla
povertà, ricordiamo che la Tiara, con le sue tre corone,
simboleggia il triplice potere del Papa: Vicario di Cristo e quindi
Padre dei príncipi e dei re, Reggitore del mondo; essa
simboleggia altresì la triplice costituzione della Chiesa
militante, purgante e trionfante; nonché il potere conferito da
Cristo al suo Vicario sui tre mondi, il Cielo, la terra e gli inferi,
come ricorda San Paolo nella Lettera ai Filippesi 2, 10-11:
« perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che
Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.»
Con la deposizione della Tiara, Paolo VI volle gettare al macero tutto questo, suscitando non poche indignate reazioni, tra le quali quella del cardinale Francis Joseph Spellmann, Arcivescovo di New York, che con una sottoscrizione di oltre un milione di dollari acquistò la tiara dal Vaticano e la fece deporre nella Basilica dell’Immacolata Concezione di Washington, dove ancora si trova. Paolo VI inoltre, commissionò una orribile scultura nel 1965, due anni dopo la sua elevazione al Papato. Pericle Fazzini iniziò il lavoro nel 1970 e lo portò a compimento nel 1975. D. Paolo VI amico dei comunisti? R. Incontrò cinque
volte su iniziativa del Vaticano (1965, 1966, 1970,1974 e 1975)
Andrej Gromyko, ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica : il
primo incontro avvenne a New York durante il suo viaggio negli Stati
Uniti dal 4 al 5 ottobre, tutti gli altri in Vaticano. Il fine era
scambiare opinioni col ministro sovietico su diverse questioni.
C’è da supporre che da queste questioni esulasse quella della
persecuzione sovietica contro la religione e in particolare contro i
cattolici. D’altronde egli seguiva l’esempio di Giovanni XXIII, che
aveva voluto incontrare Gromyko nel 1963.
D. Perché nel 1954 , Mons. Montini Sostituto alla Segreteria di Stato di Pio XII, venne nominato Arcivescovo di Milano e allontanato dal Vaticano? R. Al di là delle poche
notizie certe sull’accaduto, quasi tutti concordano sul fatto che perse
la fiducia di Pio XII perché questi venne a sapere che il suo
Monsignore incontrava segretamente, a sua insaputa, gli esponenti del
comunismo internazionale e italiano: con l’aiuto di don Giuseppe De
Luca incontrò a Milano, Togliatti. Tra le diverse voci in tal
senso ricordiamo quella del cardinale Siri, che non era certo in Curia
a Roma e che ebbe a dire di aver sentito parlare di motivi
politici. Fatto è che, divenuto Papa, Paolo VI diede udienza in
Vaticano a tutti i capi comunisti dei paesi dell’Est, dove i cattolici
venivano perseguitati e imprigionati.
Il 30 gennaio 1967 concesse udienza in Vaticano a Nikolaj Podgornyj , Presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’Unione Sovietica. Si trattò della prima udienza pontificia pubblica concessa ad un capo comunista. Tra calorose strette di mano, s’intrattenne con Podgornyj per settanta minuti: c’è da chiedersi se abbiano parlato dei milioni di vittime del comunismo e delle decine di migliaia di fucilati e deportati tra chierici e laici cristiani, nonché dei 50.000.000 di cattolici che subirono la più atroce delle persecuzioni dietro la Cortina di Ferro. Egli volle che la speciale occasione venisse ricordata dal Vaticano con una “cartolina postale”. Sulle vittime del comunismo si possono consultare diverse pagine su internet, compresa quella de L’Osservatore Romano . D. A chi altri diede udienza in Vaticano? R. A Josip Broz Tito il 29 marzo
1971, dittatore jugoslavo con le mani macchiate del sangue delle
decine di migliaia di vittime delle Foibe, tra cui centinaia di
sacerdoti.
L’arcivescovo di Zagabria, Alojzije Stepinac, creato cardinale da Pio XII e oggi beato, venne processato e condannato a 16 anni di carcere, morì nel 1960 per i maltrattamenti e verosimilmente avvelenato. Ciò nonostante, il 25 giugno 1966, Paolo VI aveva fatto firmare al cardinale Casaroli, a Belgrado, un protocollo d’intesa col dittatore comunista Josip Broz Tito. Per la prima volta nella storia, la Santa Sede giunse ad un accordo con uno Stato marxista dell’Est. Ricordiamo anche Nicolae Ceauşescu, dittatore della Repubblica Socialista di Romania ricevuto in compagnia della moglie il 26 maggio 1973. Nel paese diventato a forza comunista dopo la Seconda Guerra Mondiale, la polizia diceva del Vaticano e del Papa: “Le possibilità informative del Vaticano, in tutti i Paesi in cui esiste la Chiesa cattolica, sono vaste, soprattutto grazie al fatto che il Sommo Pontefice ha a sua disposizione un intero esercito di preti ben preparati, disciplinati, facilmente manovrabili, non essendo vincolati dalla famiglia o da patrimoni. Ogni sacerdote della Chiesa romano-cattolica è, nello stesso tempo, un agente informativo perfetto del Papa di Roma, che trasmette da ogni angolo del mondo, per mezzo di scaglioni gerarchici, tutti i dati di natura politica, sociale, economica e religiosa che raccoglie dal seno della sua comunità religiosa”. D. Sembra che Paolo VI non desse importanza all’odio anticattolico che animava il comunismo rumeno. R. E neanche che si curasse della
sorte che questo regime del terrore riservò al vescovo Vasile
Aftenie; infatti così si rivolse al responsabile dell’odio e del
terrore:
«È la prima volta che Sua Eccellenza è in Vaticano, e devo dirvi che attribuiamo grande importanza a questo, perché vogliamo solo avere buoni rapporti in completa devozione e rispetto. Siamo gli eredi di una storia che non è di per sé perfetta, ma dobbiamo perfezionarla a beneficio dei popoli. Lo Stato, e così la Chiesa cattolica, più che mai, deve agire per una nuova visione sociale nel mondo». D. Chi furono gli altri dittatori a cui diede udienza? R. Al Presidente del
Consiglio dell’ Ungheria Janos Kadar ( 9 giugno 1977 )
persecutore del cardinale Mindszenty, arrestato due volte dal
regime comunista ungherese e condannato all’ergastolo, poi liberato
solo in seguito all’insurrezione anticomunista del 1956. In occasione
dell’udienza, Paolo VI rivolse al dirigente comunista le seguenti
parole: «La visita che oggi ella ci rende è, senza
dubbio, evento di singolare significato e di speciale importanza…
Questo ci dà animo a confidare che la sua visita, oltre che
coronamento, in certo senso, di un importante tratto di cammino
già percorso, sia annuncio e promessa di nuovi progressi sulla
via dei reciproci contatti, della mutua comprensione e di una positiva
cooperazione al servizio di nobili cause che interessano il popolo
ungherese, non solo, ma anche altri popoli e l’umanità intera,
particolarmente nella difesa della pace e per promuovere il progresso
sociale, economico, culturale e morale delle Nazioni»; ad Edward Gierek il 1 dicembre 1977, Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Operaio Unificato Polacco cioè del partito comunista che gestiva la dittatura in Polonia. In quella occasione, Paolo VI gli comunicò : «Accogliamo con grato apprezzamento le espressioni che Ella ha voluto avere per l’opera svolta dalla Santa Sede e da Noi personalmente al servizio della pace in Europa e nel mondo. Rispondendo essa al profondo convincimento di un dovere impostoci dalla Nostra stessa missione, distinto ma non disgiunto da quello che c’incombe al servizio della Chiesa Cattolica, degli interessi religiosi e dei diritti umani degli individui e dei popoli» . D. Paolo VI aveva una particolare amicizia con Mons. Helder Camara con cui raggiunse una intesa per la realizzazione della collegialità episcopale? R. Si, un’amicizia risalente al
1950 e via via rafforzatasi. L’ottima intesa dei due nel Concilio
Vaticano II portò non solo alla realizzazione della suddetta
collegialità, ma anche dell’enciclica Populorum progressio,
pubblicata da Paolo VI il 26 marzo 1967 contò sulla
collaborazione di Camara, noto come “vescovo rosso” incontrato
numerose volte , in Vaticano o altrove, dove si scambiavano questo
significativo saluto: «Eccolo qui, il nostro ‘Arcivescovo
rosso’»… «In umile presenza del ‘papa comunista’».
Camara, divenuto nel 1964 arcivescovo di Recife e Olinda (Brasile), era passato dalla militanza nel partito filo-nazista brasiliano (1934) alla promozione del comunismo in tutte le sue forme (1947): dalle rivoluzioni sudamericane e la lotta armata in Brasile, alla teologia della liberazione. Fu promotore dell’aborto, del divorzio e dell’ordinazione delle donne. Dichiarato dal governo brasiliano “Patrono brasiliano dei diritti umani”, il 25 febbraio 2015 è stata avviata la causa di beatificazione. D. Paolo VI impose l’abbandono della Santa Messa degli Apostoli? R. Il primo documento
preparato nel Vaticano II fu la Costituzione sulla Sacra Liturgia: Sacrosanctum Concilium, promulgata
da Paolo VI il 4 dicembre 1963. Con essa «Il sacro Concilio si
propose di far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i
fedeli; di adattare meglio alle esigenze del tempo quelle
istituzioni soggette a mutamenti; di favorire ciò che può
contribuire all’unione di tutti i credenti in Cristo» (SC n°
1).
Intanto in diverse parrocchie s’incominciava già a celebrare secondo tale nuovo “spirito”, in violazione delle ancora vigenti norme per la celebrazione della Santa Messa di sempre : infatti la nuova Messa venne promulgata da Paolo VI il 3 aprile 1969 con la Costituzione Missale Romanum. Ciò nonostante, già nel 1965 veniva usato un nuovo Messale con l’Ordinario e il Proprio cambiati, spesso a piacimento. Neanche Paolo VI perse tempo e il 25 gennaio 1964 istituì il Consiglio per l’Attuazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Consilium), composto da circa 50 cardinali e vescovi che si servivano della consulenza di circa 200 periti, tra i quali Paolo VI volle che ci fossero sei pastori protestanti, che verosimilmente, dovevano assicurare che il nuovo Messale corrispondesse alle loro vedute e fosse gradito al mondo protestane fuori dalla Chiesa e avverso ad essa. Il segretario, tuttofare, di tale Consilium fu Annibale Bugnini (stranamente in odore di massoneria ) lo stesso che nel 1967 scriveva: «Sarà necessario provvedere a nuove strutture per riti interi. È una questione di rinnovamento completo, direi quasi di rifondazione e in certi casi si tratterà di una creazione nuova» e nel 1974 dichiarava che «la nuova messa è la più grande conquista della Chiesa cattolica». D. Ancor prima della promulgazione del nuovo Messale Paolo VI fu il primo a celebrare la Messa in modo nuovo ? R. Si, quasi a dare l’esempio
della nuova celebrazione “a piacere”, egli celebrò la Santa
Messa di sempre in italiano, realizzando la prima grande contraddizione
che rende palese la doppia faccia di questo Papa che, si dice, pianse
dal dispiacere nel firmare il Novus
Ordo Missae. Celebrò il 7 marzo 1965, la Santa
Messa di sempre in italiano, nella parrocchia di Ognissanti, sull’Appia
Nuova a Roma. Nell’omelia disse: «Straordinaria è
l’odierna nuova maniera di pregare, di celebrare la santa messa… Norma
fondamentale è, d’ora in avanti, quella di pregare comprendendo
le singole frasi e parole, di completarle con i nostri sentimenti
personali, e di uniformare questi all’anima della comunità, che
fa coro con noi»
D. E per la prima volta un Papa celebrò la Santa Messa di Natale al centro siderurgico di Taranto alla mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre del 1968. Fu un gesto demagogico ? R Certamente lo fu. Inoltre
servì a suggerire il supposto nuovo interesse della Chiesa
“aggiornata” per gli operai. Non si dimentichi che cosa fu il
Sessantotto. Curiosamente, però, si tenga presente che nel 1968
Taranto contava circa 200.000 abitanti e nove Confraternite, che davano
vita ad una delle più importanti celebrazioni della Settimana Santa in Italia, che
coinvolgeva tutta la città. Non si può dubitare che tra
gli operai ci fossero, non solo dei componenti delle Confraternite, ma
anche tantissimi tarantini che ogni anno partecipavano, convinti e
devoti, alla celebrazione della Settimana
Santa e alla spettacolare processione per la festa
dell’Immacolata Concezione, Patrona della città insieme a San
Cataldo; in termini di fede, e di fede vissuta, tutti costoro potevano
dare solo dei punti a Montini amico dei comunisti.
D. Cosa disse nel corso dell’omelia? R. «Voi avete certamente
sentito parlare del recente Concilio, nel quale la Chiesa ha espresso e
precisato il suo pensiero a riguardo dei suoi rapporti col mondo
contemporaneo. Ecco che cosa dice il Concilio: I cristiani non
solo non pensano di contrapporre le conquiste dell’ingegno e
dell’abilità dell’uomo alla potenza di Dio, ma, al contrario,
sono piuttosto persuasi che le conquiste dell’umanità sono segno
della grandezza di Dio e frutto di un suo ineffabile disegno. Ecco,
figli carissimi, perché siamo venuti. Siamo venuti per voi.
Siamo venuti, affinché la nostra presenza vi dimostrasse la
presenza consolatrice, salvatrice di Cristo in mezzo al mondo
meraviglioso, ma vuoto di fede e di grazia del lavoro moderno».
Il 10 maggio 1970, in occasione dell’udienza concessa ai sei pastori protestanti che avevano collaborato all’elaborazione del Novus Ordo Missæ, Paolo VI, parlando del loro contributo ai lavori del Consilium liturgico, ebbe a dire: «Vi siete particolarmente sforzati di dare più spazio alla Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura; di apportare un più grande valore teologico ai testi liturgici, affinché la “lex orandi” concordi meglio con la “lex credendi”». D. Ma i sei pastori protestanti ricevuti in udienza da Paolo VI vi parteciparono solo come consulenti ? R. Sul ruolo di questi sei
pastori non cattolici all’interno del Consilium, Mons. William Baum,
creato cardinale nel 1976 da Paolo VI, specificò: «Essi
non si trovavano lì solo come osservatori, ma anche come
consulenti che parteciparono attivamente al rinnovamento liturgico. Non
avrebbe rappresentato molto se si fossero limitati ad ascoltare; essi
vi contribuirono pienamente».
D. Cosa dire dell’americanismo globalista di Paolo VI ? R. Il 4 e il 5 ottobre 1965, su
invito del terzo Segretario Generale delle Nazioni Unite, Maha Thray
Sithu U Thant, si recò a New York, dove pronunciò un
discorso nella sede dell’ONU. Montini parlò del “volto umano”
dell’ONU, trascurandone volutamente il volto disumano costituito dai
numerosi organismi creati al fine di promuovere l’abbrutimento
dell’uomo: dalla pianificazione delle nascite all’aborto; dalla
promozione dei cosiddetti “diritti civili” all’abbandono della
religione di Dio sostituita dalla religione dell’uomo; dalla promozione
dell’omosessualità alla creazione della pestifera “filosofia del
genere”; dalla sostituzione della famiglia naturale con una famiglia
“allargata” e artificiale alla promozione dell’eutanasia per i vecchi
improduttivi e i disabili, così costosi per la società.
Tuttavia, bisogna riconoscere la coerenza di Paolo VI che, il successivo 7 dicembre 1965, nel chiudere il Vaticano II dichiarò: «Ma bisogna riconoscere che questo Concilio, postosi a giudizio dell’uomo, si è soffermato ben più a questa faccia felice dell’uomo, che non a quella infelice. Il suo atteggiamento è stato molto e volutamente ottimista. Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette». D. Quindi dimostrò di condividere consapevolmente i fini e i metodi del Nuovo Ordine Mondiale? R. Lo dimostrò in quanto
cosciente del fine ultimo dell’ONU, consistente nella creazione di un
mondo omologato e senza Dio, diretto da un unico governo esclusivamente
umano.
E’ stupefacente la sua ammirazione per tutto ciò che porta l’uomo lontano da Dio, ed è altrettanto stupefacente che egli riesca a coniugare tale ammirazione con il richiamo alla pratica religiosa, espresso qua e là nei suoi interventi. D. Di quale religione parla Paolo VI? R. Nessun dubbio che si tratti
della religione dell’uomo e non della religione di Dio, visto che
parliamo di colui che alla chiusura del Vaticano II ci tenne a
affermare alto e forte: «La religione del Dio che si è
fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale
è) dell’uomo che si fa Dio. Una simpatia immensa lo ha tutto
pervaso [il Concilio]. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti
moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e
riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di
tutti, siamo i cultori dell’uomo.»
Il 4 ottobre 1965, dal pulpito dell’aula dell’Assemblea Generale del “palazzo di vetro” dell’ONU, Paolo VI pronunciò le seguenti parole : «Voi non vi contentate di facilitare la coesistenza e la convivenza fra le varie Nazioni; ma fate un passo molto più avanti, al quale Noi diamo la Nostra lode e il Nostro appoggio: voi promuovete la collaborazione fraterna dei Popoli. Qui s’instaura un sistema di solidarietà, per cui finalità civili altissime ottengono l’appoggio concorde e ordinato di tutta la famiglia dei Popoli per il bene comune, e per il bene dei singoli. Questo aspetto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il più bello: è il suo volto umano più autentico; è l’ideale dell’umanità pellegrina nel tempo; è la speranza migliore del mondo; è il riflesso, osiamo dire, del disegno trascendente e amoroso di Dio circa il progresso del consorzio umano sulla terra» . D. E’ vero che Paolo VI prima del suo discorso nell’aula dell’ Assemblea dell’ ONU pregò in una “strana ” camera chiamata “meditation room ” ? R. Una curiosità che
rappresenta simbolicamente la vera realtà dell’ONU e che spiega
le sue vere finalità. La camera si trova vicino all’ingresso del
“palazzo di vetro” dell’ONU e dovrebbe essere una sorta di luogo
di preghiera, se così si può dire; contiene al centro una
sorta di “altare”. Diciamo che si tratta di una sorta di trasposizione
neutra del massonico “Gabinetto di riflessione”. E’ a forma di trapezio, le cui misure sono volutamente basate sul numero 3. La base maggiore di questo trapezio misura 18 piedi, la base minore 9 piedi e l’altezza 30 piedi; tutti multipli di 3. Se si prolungano i due lati laterali di questo trapezio si nota che essi si congiungono in un punto distante 60 piedi dalla base maggiore, così da formare un triangolo isoscele con l’altezza pari a 3,33 volte la base. Per accedere a questa sala, dopo aver superato una porta a vetri sorvegliata da due guardiani, si deve attraversare un corridoio buio di 6 metri, in fondo al quale, sulla destra, si trova la camera. D. L’ insieme di tutti questi numeri richiama le misure del tempio massonico, compreso l’accesso al buio che è omologo del gabinetto di riflessione ? R. Si. Il pannello, in piedi sul
lato minore del trapezio, è un disegno di stile astrattista il
cui elemento portante, centrale e in primo piano, è un’asta
leggermente inclinata a sinistra che regge, stilizzato, un serpente
attorcigliato. In secondo piano, dietro diverse figure geometriche
intrecciate, si notano due disegni differenti a forma di falce di luna:
una in alto in evidenza e una un basso seminascosta. Al centro, a
lambire l’asta col serpente, si può notare un disco che ha tutta
l’aria di essere una sorta di disco solare, il quale, però,
appare di colore nero, con una metà che, falsata da una sorta di
rettangolo di colore più chiaro, sembra anch’essa chiara.
Quando si entra nella sala si notano subito un pannello sulla parte di fronte e un blocco di pietra “squadrata” al centro. La pietra “squadrata”, al centro, è un monolito di magnetite, che ovviamente è nero e che si pretende debba costituire una sorta di “altare”; da notare che la magnetite è il minerale con la più alta componente di ferro e con un elevatissimo magnetismo. In termini simbolici va tenuto presente che la roccia in cui era ricavata la grotta che costituiva la fucina del dio mitologico Vulcano era di magnetite, ed in essa veniva alimentato il fuoco sotterraneo distruttore, così che nell’antichità i luoghi dedicati a Vulcano dovevano essere posti fuori dai centri abitati, e fino a tempi relativamente recenti anche le fucine dei fabbri non potevano trovarsi dentro il centro abitato. Non è un caso che il primo Libro dei Re ricordi che nel corso della costruzione del Tempio di Salomone “durante i lavori nel tempio non si udì rumore di martelli, di piccone o di altro arnese di ferro” (I Re, 6, 7), a significare che erano banditi i lavori di fucinatura. D. La pietra non “squadrata” volutamente sta a significare quello che in massoneria viene chiamato il lavoro dell’“apprendista” e del “compagno”: squadrare la pietra grezza? R. Certamente. E anche la
scelta della magnetite non è casuale, poiché
costituisce un potente “condizionatore”, un “magnetizzatore” che
influenza tutti coloro che entrano nella sala.
Non ci soffermiamo sugli aneddoti raccontati circa l’influenza “magnetica” di questa pietra (estasi, trance, esaltazione, ecc.), segnaliamo solo che tale magnetismo svolge una precisa funzione catagogica, poiché attrae verso il basso impedendo ogni slancio verso l’alto, vincola al naturale impedendo ogni ascesa al soprannaturale, risucchia nel subumano impedendo ogni movimento verso il sopraumano, fa affogare nella terra impedendo ogni accesso al Cielo. D. Chi volle fortemente questa “stanza della meditazione” ? R. Il protestante svedese Dag
Hammarskjold, già Presidente della Banca di Svezia e Segretario
delle Nazioni Unite. A costruzione ultimata, Hammarskjold
approntò una presentazione della “meditation room” da servire
come guida ai visitatori. In essa si legge: «L’obiettivo è
stato creare in questa piccola stanza un luogo dove possono
aprirsi le porte su infiniti territori di pensiero e di preghiera … al
centro della stanza vediamo un simbolo di come, ogni giorno, la luce
dei cieli dà vita alla terra su cui ci troviamo, per molti di
noi un simbolo di come la luce dello spirito dà vita alla
materia.… la pietra al centro della stanza ha molto di più da
dirci. Possiamo vederla come un altare, vuota non perché non
c’è Dio, non perché è un altare di un dio
sconosciuto, ma perché è dedicata al Dio che l’uomo adora
sotto molti nomi e in molte forme. Il blocco di minerale di ferro ha il
peso e la solidità dell’eterno. E’ un richiamo a quella pietra
angolare della persistenza e della fede su cui deve basarsi ogni sforzo
umano. Il fascio di luce colpisce la pietra in una stanza di assoluta
semplicità. Non ci sono altri simboli, non c’è nulla che
distragga la nostra attenzione o che irrompa nella quiete di noi
stessi. Quando i nostri occhi si spostano da questi simboli alla parete
frontale, incontrano un semplice motivo che apre la stanza all’armonia,
alla libertà e all’equilibrio dello spazio » .
Per concludere possiamo dire che questa sala per la meditazione può servire a tutto tranne che a meditare, non parliamo poi di pregare. Ci chiediamo con quale leggerezza e con quale incoscienza – o con quale cattiva o deviata volontà – i Papi in visita all’ONU (Montini, Wojtyła – 2 volte –, Ratzinger e Bergoglio), abbiano potuto fermarsi a “pregare” in questo locale. Chi avranno pregato? D. In occasione dello sbarco sulla luna ( 20 luglio 1969 ) Paolo VI manifestò ammirazione per il sogno americano di dominio sul mondo in nome della libertà , del progresso e della pace ? R. Volle assistere alla diretta
televisiva che dava conto del primo sbarco sulla luna effettuato dagli
uomini. Si trovava nella residenza estiva di Castel Gandolfo e da
lì, in compagnia di Mons. Benelli, seguì l’evento da poco
dopo le 22,00 fino a notte inoltrata. Montini, progressista ed
evoluzionista, apprezzò l’operato dell’uomo mosso dalla scienza
a far avanzare il “progresso” . In vista dell’evento, nell’Udienza
generale del 16 luglio 1969, Paolo VI disse: «Dobbiamo anche noi
accompagnare, osservando, pensando, il grande viaggio degli
astronauti verso la Luna, che oggi inizia… Questa scoperta nuova del
mondo creato è assai importante per la nostra vita spirituale.
Vedere Dio nel mondo, e il mondo in Dio: che cosa v’è di
più estasiante? Non è questo il lume amico e stimolante
che deve sorreggere la veglia scientifica dello studioso? Non è
così che fugge il terrore del vuoto, che il tempo smisurato e lo
spazio sconfinato producono intorno al microcosmo, che noi siamo? La
nostra insondabile solitudine, cioè il mistero dei nostri
destini, non è così colmata da un’ondata di Bontà
viva e d’amore?»
La mattina dell’evento, all’Angelus del 20 luglio 1969, Paolo VI dichiarò : «Oggi è un giorno grande, un giorno storico per l’umanità, se davvero questa sera due uomini metteranno piede sulla Luna, come Noi con tutto il mondo trepidante, esultante e orante auguriamo possa felicemente avvenire. Faremo bene a meditare sopra questo straordinario e strabiliante avvenimento; a meditare sul cosmo, che ci apre davanti il suo volto muto, misterioso, nello sconfinato quadro dei secoli innumerevoli e degli spazi smisurati. Che cos’è l’universo, donde, come, perché? Faremo bene a meditare sull’uomo, sul suo ingegno prodigioso, sul suo coraggio temerario, sul suo progresso fantastico. Dominato dal cosmo come un punto impercettibile, l’uomo col pensiero lo domina. E chi è l’uomo? Chi siamo noi, capaci di tanto? Faremo bene a meditare sul progresso. Oggi, lo sviluppo scientifico ed operativo dell’umanità arriva ad un traguardo che sembrava irraggiungibile: il pensiero e la azione dell’uomo dove potranno ancora arrivare? L’ammirazione, l’entusiasmo, la passione per gli strumenti, per i prodotti dell’ingegno e della mano dell’uomo ci affascinano, forse fino alla follia» . D. Seguirono altre parole di ammirazione per l’evento ? R. La notte del 21 luglio 1969,
non appena gli astronauti misero piede sulla luna, Paolo VI
mandò loro un messaggio: «Gloria a Dio! E onore a voi,
uomini artefici della grande impresa spaziale! Onore agli uomini
responsabili, agli studiosi, agli ideatori, agli organizzatori, agli
operatori! Onore a tutti coloro che hanno reso possibile l’audacissimo
volo! A voi tutti onore, che vi siete in qualche modo impegnati! Onore
a voi, che, seduti dietro i vostri prodigiosi apparecchi, governate, a
voi, che notificate al mondo l’opera e l’ora, la quale allarga alle
profondità celesti il dominio sapiente e audace dell’uomo.
Onore, saluto e benedizione!».
E ancora nell’Udienza generale del 23 luglio 1969, a evento avvenuto, Paolo VI affermò : «Si è tanto parlato in questi giorni, e in tutto il mondo, e con tutte le voci possibili, dell’impresa lunare. Noi stessi vi abbiamo dedicato qualche esclamazione ammiratrice. Ciascuno vi pensi a suo modo, purché vi pensi! L’importanza degli studi scientifici può essere di per sé oggetto di interminabili considerazioni. Ad esempio, quella circa lo sviluppo e il progresso, che questi studi hanno avuto nel tempo nostro, fino a modificare la mentalità umanistica tradizionale della nostra cultura e della nostra scuola, il che vuol poi dire della nostra vita. Il bilancio di questi studi positivi e scientifici è così attivo, che una grande attrattiva vi polarizza molta parte delle nuove generazioni, e un ottimismo sognatore sulle loro future conquiste ne fa quasi un’iniziazione profetica. E sia pure. Il campo scientifico merita ogni interesse. Ma intanto potremmo, di passaggio, osservare come sia fuori luogo, almeno a questo riguardo, il disfattismo oggi di moda contro la società e la sua compagine, e in genere contro la vita moderna». D. Molti dubitarono che realmente vi fosse stato lo sbarco sulla luna? R. Fin dall’inizio, furono
sollevati non pochi dubbi sulla realtà di quanto si era visto in
televisione (si calcola che l’avvenimento fosse stato seguito in vario
modo da circa 600 milioni di persone), perché certi specialisti
della pubblicistica ebbero il sospetto che non della luna si trattasse,
ma di un apposito studio televisivo preparato dagli Americani per farvi
svolgere quello spettacolo. Da allora, per quasi cinquant’anni, le
perplessità non sono venute meno: è proprio di quest’anno
l’uscita di un nuovo documentario (American Moon) che solleva molti
interrogativi sulla realtà di quanto trasmesso al mondo dagli
Americani. Non entriamo nel merito della questione, mi limito a
segnalare l’esistenza di una certa critica perché è
pacifico che quell’evento, per un verso diede un impulso consistente al
delirio di onnipotenza che affligge il mondo moderno dimentico di Dio,
e per l’altro consolidò la guida americana verso un mondo retto
da un governo unico mondiale senza Dio. La cosa curiosa di tutta questa
storia che ha visto il Papa partecipare in prima linea all’entusiasmo
del mondo!
D. Paolo VI ricevette anche il Segretario Generale dell’ONU, Kurt Waldheim il 5 febbraio 1972 per parlare dei diritti dell’uomo? R. Montini rivolto a
Waldheim sottolineò : «Nonostante la
diversità dei piani e dei mezzi, i suoi sforzi ed i nostri
convergono tuttavia su questo scopo che risponde ad una
aspirazione tanto sentita dell’umanità intera: la pace! V’è un altro settore ancora, vicinissimo a quello della pace; in cui la sua e la nostra azione s’incontrano: quello della difesa dei diritti dell’uomo, dei diritti delle comunità umane e in particolare delle minoranze etniche. Non si può, senza grave pericolo per la società, rassegnarsi al fatto che vengono inflitte a questi diritti oggi, in numerosi paesi, ad onta di tante eloquenti proclamazioni, tante e così dolorose ferite. La Chiesa, seppure precipuamente preoccupata dei diritti di Dio, non potrà mai disinteressarsi dei diritti dell’uomo, creato ad immagine e somiglianza del suo Creatore … noi abbiamo fede nell’O.N.U.; noi abbiamo fiducia nelle sue possibilità di estendere il dominio della pace e il regno del diritto nel nostro tormentato mondo, noi siamo pronti a dargli il nostro pieno appoggio morale» . D. Paolo VI è stato anche un Papa ecumenico , vero ? R. Il 21 novembre 1964,
Paolo VI firmava il Decreto sull’Ecumenismo elaborato nel concilio
Vaticanno II: Unitatis redintegratio.
In esso sta scritto: «Coloro infatti che credono in Cristo ed hanno ricevuto validamente il battesimo, sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica» … «Inoltre, tra gli elementi o beni dal complesso dei quali la stessa Chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi ed eccellenti, possono trovarsi fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica» … «Perciò queste Chiese e comunità separate, quantunque crediamo abbiano delle carenze, nel mistero della salvezza non son affatto spoglie di significato e di valore» (n° 3). «D’altra parte è necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati.» … «Né si deve dimenticare che quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene compiuto nei fratelli separati, può pure contribuire alla nostra edificazione» (n° 4). Iniziava così l’abbandono dello spirito ecumenico che aveva contrassegnato la Chiesa cattolica per secoli e che mirava a far ritornare nel seno dell’unica Chiesa di Cristo tutti coloro che per diversi motivi se ne erano separati: rinunciando all’unità e incorrendo per loro volontà nella scomunica o perdita della comunione voluta da Cristo. Iniziava altresì la sminuizione della Chiesa cattolica e la sua equiparazione alle diverse sette nate per volontà umana in contrapposizione e talvolta in odio all’unica Chiesa di Cristo. In questa ottica, Paolo VI diede impulso a tutte le iniziative atte a mostrare ai fedeli cattolici che i non cattolici fossero pari a loro e quindi contradditoriamente “cattolici”. D. Incontrò Martin Luther King promotore della emancipazione degli Africani negli Stati Uniti ? R. Era Il 18 settembre del 1964 e
vi partecipò anche l’arcivescovo americano Paul Casimir
Marcinkus . Si conoscono solo le poche dichiarazioni rilasciate
subito dopo dallo stesso King: «Papa Paolo è stato molto
aperto e schietto nelle sue dichiarazioni sulla situazione. Ha detto di
essere un amico del popolo negro e che stava seguendo la nostra lotta
negli Stati Uniti». Il 4 aprile 1968, Martin Luther King
venne assassinato. Paolo VI lo ricordò nell’omelia la successiva
Domenica delle Palme, il 7 aprile:
«Noi abbiamo ricevuto in Udienza, anni fa, questo predicatore cristiano della promozione umana e civile della sua gente negra in terra americana. Tanto più forte è perciò il Nostro rammarico per la sua tragica morte, e tanto più viva è la Nostra deplorazione per questo delitto. Siamo sicuri che voi, con tutta la comunità cattolica di Roma e del mondo, condividete questi sentimenti. Come pure certamente saranno da tutti condivisi i voti che questo sangue spiritualmente prezioso c’ispira: possa l’esecrando delitto assumere valore di sacrificio … la Nostra speranza cresce altresì vedendo che da ogni parte responsabile e dal cuore del popolo sano cresce il desiderio e l’impegno di trarre dall’iniqua morte di Martin Luther King un effettivo superamento delle lotte razziali e di stabilire leggi e metodi di convivenza più conformi alla civiltà moderna e alla fratellanza cristiana» Lo stesso 7 parile 1968, la Santa Sede dedicò a King una cartolina postale. D. Anche l’ “arcivescovo” anglicano di Canterbury, Arthur Michael Ramsey fu ricevuto in udienza ? R. Il 23 marzo 1966, Paolo VI,
nella Cappella Sistina, gli diede il benvenuto : «Noi
vogliamo che Ella abbia questa prima impressione varcando le soglie
della Nostra dimora: i Suoi passi non arrivano in una casa straniera;
essi giungono in una casa che Ella per sempre validi titoli può
dire anche Sua; Noi siamo lieti di aprirle le porte, e con le porte il
Nostro cuore; perché Noi siamo contenti ed onorati». […]
«Nel campo della dottrina e della legge ecclesiastica siamo
tuttora rispettivamente diversi e distanti; e così ora
dev’essere per l’ossequio dovuto alla verità e alla
libertà…» .
Paolo VI invitò Ramsey a benedire i presenti, ma questi non capì e stava per inginocchiarsi… Paolo VI lo fece alzare e gli mise al dito il suo anello papale. Dal canto suo, Ramsey mise al collo di Paolo VI una antica croce pettorale anglicana. Subito dopo l’incontro, Paolo VI tenne l’udienza generale e rivolto ai presenti disse: «Carissimi figli, non possiamo tacervi la commozione che ancora abbiamo nell’anima per l’udienza che ha preceduto la vostra. Pochi momenti or sono, che ho incontrato ufficialmente, nella Cappella Sistina, l’Arcivescovo Anglicano di Canterbury. Sono più di quattro secoli che la Chiesa Romana ha il dolore di essere separata dalla Chiesa d’Inghilterra». D. Nel suo viaggio a Bogotà in Columbia ( 22 agosto 1968 ), sull’ aereo papale Paolo VI ospitò il capo della comunità calvinista di Taizé, Roger Schutz ? R. Si e ad accompagnarlo c’era un
altro componente la comunità, Robert Giscard. Era stato lo
stesso Schutz a chiedere il “passaggio”, scrivendo al Sostituto della
Segreteria
di Stato, Mons. Giovanni Benelli, al quale aveva presentato quasi come credenziale l’ultima sua impresa in America Latina: la distribuzione gratuita di copie del Nuovo Testamento – un milione afferma L’Osservatore Romano – in una nuova traduzione redatta da un gruppo ecumenico di “esperti”. L’iniziativa aveva goduto dell’aiuto dei vescovi locali e perfino dei numerosi pastori protestanti presenti nel paese. I due “ospiti” viaggiarono ufficialmente come “invitati speciali”, insieme ai diversi vescovi e cardinali del seguito di Montini. Sulla premura di Paolo VI, l’Osservatore Romano riporta: «Questa è un’eccezione fatta ad amici – ospiti sull’aereo» scrisse di suo pugno il Papa, il 15 giugno, in un appunto per la Segreteria di Stato. Con un’amichevole raccomandazione: «Sarà bene tenere riservata questa notizia, per prevenire domande d’altri, desiderosi di eguale favore». La notizia venne pubblicata su L’Osservatore Romano del 5 settembre 2017 . D. Anche durante la visita al Consiglio Ecumenico delle Chiese ( a Ginevra 10 giugno 1069) Paolo VI rivolse parole di encomio ai convenuti ? R. Decisamente si :
«Apprezziamo molto le vostre parole di benvenuto e rendiamo
grazie a Dio per averci concesso di fare una visita di
fraternità cristiana nel centro del Consiglio ecumenico delle
Chiese. Che cos’è, infatti, il Consiglio ecumenico se non un
meraviglioso movimento di cristiani, di «figli di Dio che erano
dispersi» (Io. 11, 52), e che sono ora alla ricerca di una
ricomposizione nella unità? E qual è il senso della
Nostra venuta qui, sulla soglia della vostra casa, se non quello di una
gioiosa ubbidienza all’impulso segreto che qualifica, per precetto e
misericordia di Cristo, il Nostro ministero e la Nostra missione?
Felice incontro, in verità, momento profetico, aurora di un
giorno futuro e atteso da secoli!» .
Lo stesso giorno, incontrando i rappresentanti delle diverse Chiese presenti a Ginevra, parlò loro del significato del sano ecumenismo: «È una gioia per Noi poter completare, in qualche modo, la Nostra visita al Consiglio ecumenico delle Chiese, dedicando qualche istante ai Rappresentanti delle Chiese . D. E’ vero che s’inginocchiò e baciò i piedi del metropolita di Calcedonia , Melitone, capo della delegazione ortodossa? R. Avvenne il 14 dicembre
1975, nel corso della celebrazione del X anniversario della reciproca
rimozione delle scomuniche tra Roma e Costantinopoli
interrompendo il cerimoniale. Nel corso della precedente omelia,
Paolo VI aveva detto: «Sì, è ancora presente in
maniera vivente ai nostri occhi il magnifico spettacolo della
celebrazione nel corso della quale, dieci anni fa, nella Basilica di
San Pietro … noi abbiamo compiuto l’atto solenne e sacro della
rimozione degli antichi anatemi, atto col quale abbiamo voluto bandire
per sempre dalla memoria e dal cuore della Chiesa il ricordo dei vecchi
avvenimenti » . Paolo VI baciando i piedi voleva dire che
lo spirito che anima gli uni e gli altri e che richiama
così bene il nome del Centro che ci accoglie
è lo spirito di un sano ecumenismo. Questo spirito
richiede come prima condizione di ogni fruttuoso contatto tra
differenti confessioni, che ciascuno professi lealmente la propria
fede. E invita a riconoscere, con non minore lealtà, i valori
positivi, cristiani, evangelici, che si trovano nelle altre confessioni
» .
D. Un’altra novità . Paolo VI indossa l’ebraico “pettorale del giudizio”. R. In diverse occasioni, Paolo VI
si compiacque di ostentare una sorta di pettorale quasi identico
a quello portato dal sommo sacerdote ebraico: il “pettorale del
giudizio” – Hoshen – che veniva indossato sopra il grembiule rituale o
Efod (Cfr. Esodo 28, 6-30).
Tale pettorale era un simbolo del culto israelitico nella Vecchia Alleanza e non si comprende per quale motivo dovesse indossarlo il successore di Pietro che è il capo della Chiesa cattolica voluta da Cristo che volle istituire una Nuova Alleanza (Cfr. Mt. 26, 28; Mc. 14, 24; Lc. 22, 20); Gesù stesso la chiama “Nuova”, quindi che sostituiva la “Vecchia”, tale da comportare un nuovo culto, un nuovo sacerdozio e nuovi rituali. Non si tratta di una deduzione, ma di una constatazione: basta confrontare il monile indossato da Paolo VI con quello indossato dal sacerdote ebraico. Finora non siamo riusciti a trovare una giustificazione: non è tale infatti quella che parla di una sorta di fermaglio che sarebbe servito a tenere ferma la stola rossa indossata da Montini. Perché proprio la stola rossa aveva bisogno di uno speciale fermaglio? E perché tale fermaglio doveva avere la forma e la composizione esatte del “pettorale del giudizio”? Vero è che Montini non lo indossava allo stesso modo del sacerdote ebraico, ma quel monile che penzola ostentatamente sul petto di un papa è decisamente due volte fuori posto: primo perché non ha a che vedere con le vesti pontificali, secondo perché è lesivo della croce pettorale indossata dai vescovi cattolici. E’ chiaro a chiunque che la croce ha sostituito tutti i simboli del vecchio culto ebraico, ed è chiaro a tutti che i simboli del sommo sacerdote ebraico sono decaduti e non possono più essere usati, poiché è lo stesso sacerdozio ebraico che è scomparso con la scomparsa del Tempio ebraico. Ci si può quindi chiedere se Montini indossasse il “pettorale del giudizio” per espressa richiesta degli Ebrei o se l’indossasse per offrire ad essi, motu proprio, un segno del persistere del loro culto. Non è un caso che i papi conciliari abbiano tutti insistito sul fatto assurdo che la “Vecchia Alleanza” non sarebbe mai stata revocata. D. Aprì le porte anche all’ebraismo mondiale ? R. Esattamente Il 10 gennaio
1975, ricevette in Vaticano i membri del Comitato internazionale
di collegamento fra Chiesa cattolica ed ebraismo mondiale, a cui
rivolse le seguenti parole: «La vostra sessione si tiene poco
tempo dopo la costituzione, avvenuta nel mese d’ottobre scorso,
di una Commissione della chiesa cattolica per le relazioni religiose
con l’ebraismo, il cui primo atto importante è stato
quello di pubblicare, pochi giorni or sono, degli Orientamenti e
suggerimenti per l’applicazione della Dichiarazione conciliare Nostra Aetate nel campo delle
relazioni ebreo-cristiane. […] La vostra presenza qui, come
rappresentanti fra i più autorizzati dell’ebraismo mondiale,
testimonia che questo mio augurio personale trova in voi una qualche
eco. I termini nei quali l’esprimiamo vi dicono abbastanza con
quale lealtà e con quale decisione collegiale la chiesa
cattolica desidera che si sviluppi attualmente questo dialogo con
l’ebraismo, al quale ci ha invitato il concilio Vaticano II con la
Dichiarazione Nostra Aetate
(n. 4). […] Osiamo pensare che l’invito rivolto a tutti i fedeli
della chiesa cattolica di mettersi in ascolto per «imparare a
conoscere meglio attraverso quali caratteristiche gli ebrei definiscono
se stessi nella loro realtà religiosa vissuta», pongono da
parte cattolica le condizioni di sviluppi benefici » .
D. Nel suo viaggio in Terra Santa ( 4 gennaio 1964 ) cosa disse agli esponenti dell’Ebraismo? R. «Noi veniamo a venerare
i Luoghi Santi, Noi veniamo per pregare. Da questa terra unica al mondo
per la grandezza degli avvenimenti di cui è stata teatro, la
Nostra umile supplica si eleva a Dio per tutti gli uomini, credenti e
miscredenti, e Noi vi includiamo volentieri i figli del «popolo
dell’Alleanza», di cui non potremmo dimenticare il ruolo nella
storia religiosa dell’umanità» … e ancora: «E’ di
vero cuore che Noi invochiamo su di voi, sui nostri figli cristiani che
qui ci circondano e su tutti quelli che nel mondo nutrono pensieri di
pace e di riconciliazione, l’abbondanza delle benedizioni divine.»
D. Che rappresentarono queste esternazioni ? R. Il disprezzo che Paolo VI,
l’“aggiornatore”, nutriva verso la storia e la vita della Chiesa fino
al Vaticano II. Cos’era infatti il famoso stendardo restituito? Era un
drappo di pesante seta verde sul quale 28 mila e 900 donne di
Costantinopoli avevano ricamato, a filo d’oro zecchino, 28 mila e 900
volte il nome di Allah. Il drappo era issato sulla Sultana, la nave
ammiraglia della flotta turca a Lepanto, comandata da Mehmet Alì
Pascià. In quel lontano 7 ottobre 1571, la flotta turca si
scontrò con la flotta della Lega Santa, promossa da San Pio V
per fermare l’avanzata musulmana. La flotta della Lega Santa era
composta da 209 galee, 1805 cannoni, 28mila soldati, 12mila e 900
marinai e 43mila e 500 rematori; era comandata da Don Giovanni
d’Austria e comprendeva anche le navi della Repubblica di Venezia,
comandate da Sebastiano Venier, Capitano Generale del Mare. Fu proprio
Venier che con la sua Capitana, insieme ad altre navi, abbordò
la Sultana di Alì Pascià, che rimase ucciso, e
catturò lo stendardo della nave ammiraglia turca. Venier
trascinò lo stendardo, legato alla poppa della sua galea, fino a
Venezia, per poi consegnarlo a San Pio V.
In quella battaglia navale che bloccò le velleità musulmane e mise in salvo la Cristianità e l’Europa, morirono 8mila uomini e morirono in nome di Cristo e per la salvaguardia della Sua Chiesa. Paolo VI, volle dar prova di non considerare minimamente il sacrificio di quegli uomini, e al tempo stesso dimostrò quanto grande fosse il suo servilismo nei confronti dei musulmani turchi, nonostante alla Turchia moderna (che Ataturk aveva trasformato in una Repubblica laica dove aveva sminuito il culto islamico e perfino abolito l’uso della scrittura araba per sostituirla con quella occidentale), non importava un bel niente di Alì Pascià e dello stendardo musulmano. D. I suoi rapporti con i musulmani ? R. Il 19 gennaio
1967, Paolo VI ricevette in udienza il nuovo ambasciatore della
Turchia e ne approfittò per compiere un gesto stupido, per la
Turchia moderna, e offensivo per la Cristianità e per l’intera
Europa. Egli rivolse all’ambasciatore le seguenti parole:
«Poiché Noi stessi desideravamo manifestare in qualche
modo i Nostri sentimenti, con un gesto che potesse essere gradito alle
Autorità della Turchia contemporanea, è stata per Noi una
gioia restituire un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di
Lepanto, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano.
Questo Le dice, Signor Ambasciatore, quali siano le disposizioni che ci
animano nei riguardi della Sua grande e bella Nazione»
D. E con la Massoneria ? R. Il giorno della elezione di
Paolo VI a Pontefice, il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia,
Giordano Gamberini esclamò: «Questo è l’uomo
che fa per noi!». Alla morte di Paolo VI, lo stesso Gamberini,
che come vescovo della “chiesa cattolica di rito antico e gnostica”
aveva assunto il nome di Tau Julianus, scrisse sulla “Rivista
Massonica” un
elogio funebre in qualità di ex Gran Maestro: «Per noi è la morte di chi ha fatto cadere la condanna di Clemente XII e dei suoi successori. Ossia, è la prima volta – nella storia della Massoneria moderna – che muore il Capo della più grande religione occidentale non in stato di ostilità coi massoni … per la prima volta, nella storia, i Massoni possono rendere omaggio al tumulo di un Papa, senza ambiguità né contraddizione» (Carlo Alberto Agnoli, La Massoneria alla conquista della Chiesa). Paolo VI, al momento della redazione della cosiddetta “Bibbia Concordata”, pubblicata nel 1968, volle che Giordano Gamberini fosse tra i redattori, e questi tradusse il nuovo “Vangelo di Giovanni”. D. E con la loggia massonica ebraica B’nai B’rith ? R. Il 19 dicembre 1966, un
resoconto della CIA riferisce che «Oggi Papa Paolo VI ha ricevuto
in udienza privata due capi del B’nai B’rith. Il Pontefice ha parlato
per 20 minuti con il Presidente internazionale della Fraternità
ebraica, il Dott. William A. Wexler, di Savannah, GA., e col suo
Segretario Generale, Dott. Saul E. Joftes, di Falls Church, VA. Il
dott. Jofets ha riferito che la discussione ha riguardato gli sforzi
compiuti a favore dei diritti umani e della libertà religiosa
dalle Nazioni Unite e dalla Chiesa. Il Dott. Wexler aveva incontrato
Papa Paolo VI l’anno scorso durante la visita del Pontefice alle
Nazioni Unite.»
Il 3 giugno 1971, Paolo VI ricevette in Vaticano una rappresentanza dell’alta massoneria ebraica, la loggia B’nai B’rith. Il dott. Agnoli (cit.) annota che l’avvenimento venne riportato da L’Osservatore Romano. Don Luigi Villa, nel suo Paolo VI, beato? (Editrice Civiltà, Brescia), riferisce che: «Nel 1965, Paolo VI ricevette in Vaticano il Capo della Loggia P2, Licio Gelli, e in seguito gli conferì la nomina a Commendatore: “Equitem Ordinis Sancti Silvestri Papae”». D. Cosa dire del “pentalfa” massonico ? R. In occasione dell’80°
compleanno di Paolo VI, nel 1977, venne commissionata la cosiddetta
«Porta del bene e del male», in bronzo, per uno degli
ingressi della Basilica di San Pietro. Questa porta costituisce un
esempio della cattiva volontà e della confusione che regnavano
già con Paolo VI.
Il “battente del bene” portava una formella centrale dedicata al concilio Vaticano II, dove erano raffigurati sei Padri conciliari: Giovanni XXIII a sinistra, quattro Padri al centro e Paolo VI a destra. Curiosamente, Paolo VI era il solo ad essere raffigurato di profilo, così che veniva messo in risalto il braccio sinistro con la mano sinistra, guantata, portante in risalto un “Pentalfa”, la “stella a cinque punte” simbolo dell’uomo ed emblema centrale della massoneria. Dopo l’inaugurazione, qualcuno fece notare in alto loco l’inopportunità della presenza di tale emblema, ed allora si provvide ad abradere subito il “Pentalfa”. Successivamente la formella venne sostituita con una nuova che portava solo cinque Padri conciliari, sempre con Giovanni XXIII e Paolo VI ai loro posti e con la stessa postura: la “stella a cinque punte” di Paolo VI rimase abrasa. Ci sarebbe molto da considerare, ma ci limitiamo a far notare che: o qualcuno commissionò la “stella” allo scultore, o lo scultore decise di testa sua. In quest’ultimo caso, o lo scultore era stato informato del gradimento di Paolo VI ad essere raffigurato con la «stella» massonica, o lo scultore era perfettamente informato della collusione di Paolo VI con la massoneria, oppure i massoni presenti in Curia avevano piacere che si sapesse che Paolo VI era uno dei loro o comunque un loro protettore. Resta il fatto che fu proprio Paolo VI a benedire la “porta” il giorno del suo compleanno e L’Osservatore Romano del 25 settembre 1977 vi dedicò un intera pagina. In entrambi i casi, il “Pentalfa” era lì bene in vista… nessuno ebbe da ridire! Don Luigi Villa segnalò la cosa nel fascicolo Appunti critici sul Vaticano II, n° 5, pubblicato da Chiesa Viva … altri particolari furono segnalati dal Prof. Umberto Bartocci. D. Anche per i catecumenali parole di approvazione? R. Egli si espresse nell’udienza
generale tenutasi l’8 maggio 1974 a cui parteciparono vasti
gruppi di neocatecumenali provenienti da diverse parti , in
questo modo : «Sappiamo, diletti figli, che nelle vostre
comunità voi vi adoperate insieme a comprendere e a sviluppare
le ricchezze del vostro battesimo e le conseguenze della vostra
appartenenza a Cristo. […] Questo proposito, mentre per voi è un
modo consapevole di vivere in modo autentico la vocazione
cristiana, si traduce anche in una testimonianza efficace per gli
altri, in uno stimolo alla riscoperta e al recupero di valori cristiani
che potrebbero restare sopiti […] Per questa sensibilità
ecclesiale – che è sempre garanzia della presenza edificatrice
dello Spirito – vi rivolgiamo il nostro incoraggiamento e vi impartiamo
la nostra Benedizione»
… e il 12 gennaio 1977 aggiunse sempre durante l’udienza generale : «La presenza a questa Udienza d’un gruppo, notevole per numero e per dignità di partecipanti, di appartenenti alle «Comunità neocatecumenali» ci offre l’occasione di richiamare l’attenzione dei nostri visitatori e di quanti si collegano all’ascolto di questa nostra familiare parola su due avvenimenti della Chiesa cattolica… […] Adesso possiamo comprendere anche la testimonianza che i nostri odierni visitatori ci offrono: essa si svolge intorno al cardine della vita cristiana che è il battesimo, il sacramento della rigenerazione cristiana, il quale deve ritornare ad essere ciò che era nella coscienza e nel costume delle prime generazioni del cristianesimo. […] Ecco la rinascita del nome «catecumenato», che certamente non vuole invalidare né sminuire l’importanza della disciplina battesimale vigente, ma la vuole applicare con un metodo di evangelizzazione graduale e intensivo, che ricorda e rinnova in certo modo il catecumenato d’altri tempi. […] nuove forme di carità, di cultura e di solidarietà sociale accrescono la vitalità della comunità cristiana e ne fanno di fronte al mondo la difesa, l’apologia, l’attrattiva. Con la nostra Apostolica Benedizione». D. Si dice che quella dei Catecumenali sia una vera e propria setta. R. Non è questa la sede
per ricordare la pratica ereticale di questo gruppo fondato dal pittore
Francisco José Gómez Argüello Wirtz, detto Kiko
Argüello e dall’ex suora laica María del Carmen
Hernández Barrera, detta Carmen Hernández. Molti sanno
quanti danni ha prodotto questo moderno “movimento ecclesiale” in
tante anime.
Al di là della deriva filo ebraica portata avanti da questi due “catechisti” “approvati” ed elogiati da tutti i Papi conciliari, ricordiamo solo che non credono nel Sacrificio della Messa, nella transustanziazione e nella Presenza Reale, e pertanto non sono cattolici e non appartengono al Chiesa. Ecco alcuni degli insegnamenti di questi due personaggi che San Pio da Pietrelcina definiva “i nuovi falsi profeti”. Secondo Kiko e Carmen: «Le idee sacrificali e sacerdotali appartengono al paganesimo e non all’autentico cristianesimo” ; «Le idee sacrificali, che Israele aveva avuto ed aveva sublimato, si introdussero di nuovo nell’Eucaristia cristiana»; «La Chiesa Cattolica divenne ossessionata riguardo alla presenza reale, tanto che, per essa, è tutto presenza reale» ; «In un certo momento fu necessario insistere contro i protestanti sulla presenza reale… ma ora non è più necessario e non bisogna insistervi più». E questo in barba a quanto dava a credere a suo tempo Giovanni Battista Montini, oggi “San Paolo VI”, che forse è stato canonizzato anche per questo da Papa Bergoglio. D. In ultimo parliamo del testamento di Paolo VI ? R. Paolo VI morì il 6
agosto 1978 a Castel Gandolfo; i funerali si svolsero a Roma sul
sagrato della Basilica di San Pietro.
Aveva già preparato le sue disposizioni testamentarie in undici pagine autografe. Oltre alle decisioni circa i suoi beni di origine familiare, che lasciò ai fratelli, e alla designazione del suo segretario personale come esecutore testamentario, dispose «Sullo stato della Chiesa» … abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo: si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo». E dispose anche: «Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi un apparato umile e decoroso)». Ma evidentemente, su quest’ultimo punto dovette dare delle disposizioni verbali, perché altrimenti non si spiega, sulla base del suo ‘“umile e decoroso”, la stranezza della sua bara: composta di nudo legno piallato e completamente spoglia perfino di ogni segno cristiano. Una sorta di bara anonima nonostante lui fosse stato il Papa e nonostante i funerali vennero svolti in piazza San Pietro con il concorso di vescovi e cardinali e con l’assistenza delle principali autorità mondiali. FONTI http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/2010/276q04b1.html https://www.avvenire.it/agora/pagine/romania-martiri-dimenticati https://www.ziuaveche.ro/exclusiv-zv/dosare-ultrasecrete-exclusiv-zv/dosare-ultrasecrete-stenograma-convorbirii-dintre-ceausescu-si-papa-paul-al– vi-lea-256120.html/ https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1977/june/documents/hf_p-vi_spe_19770609_janos-kadar.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1977/december/documents/hf_p-vi_spe_19771201_edward-gierek.html http://www.unavox.it/doc25_PVI_chiusura.htm http://www.unavox.it/doc25_PVI_chiusura.htm https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1965/documents/hf_p-vi_spe_19651004_united-nations.html http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2661_Belvecchio_Meditation_room_all-ONU.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1965/documents/hf_p-vi_spe_19651004_united-nations.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1969/documents/hf_p-vi_aud_19690716.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1969/documents/hf_p-vi_aud_19690723.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1972/february/documents/hf_p-vi_spe_19720205_segretario-generale-onu.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/homilies/1968/documents/hf_p-vi_hom_19680407.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1966/documents/hf_p-vi_spe_19660323_ramsey-anglicano.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1966/documents/hf_p-vi_spe_19660323_udienza-post-ramsey.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1969/june/documents/hf_p-vi_spe_19690610_consiglio-ecumenico-chiese.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1969/june/documents/hf_p-vi_spe_19690610_ecumenismo.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/fr/speeches/1975/documents/hf_p-vi_spe_19750110_chiesa-cattolica-ebraismo.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/fr/speeches/1964/documents/hf_p-vi_spe_19640105_peuple-alliance.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/fr/speeches/1964/documents/hf_p-vi_spe_19640105_commiato.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1967/january/documents/hf_p-vi_spe_19670119_ambasciatore-turchia.html https://www.crisinellachiesa.it/articoli/massoneria/massoneria_conquista_chiesa/la_massoneria_alla_conquista_della_chiesa.htm#1 https://www.cia.gov/readingroom/ http://www.cartesio-episteme.net/villa.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1974/documents/hf_p-vi_aud_19740508.html https://www.vatican.va/content/paul-vi/it/audiences/1977/documents/hf_p-vi_aud_19770112.html |