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“ET EXULTABUNT OSSA UMILIATA” (Salmo L, 10) di Titus Pubblicato sul quindicinale Sì Sì No No
Anno L n° 15 – 15 settembre 2024 via Madonna degli Angeli, 78, 00043 Velletri tel. 06. 963.55.68; fax 06.963.69.14 sisinono@tiscali.it c/c postale n° 60226008, intestato a SI SI NO NO Attualità
del problema dell’esteriorità
In questi ultimi tempi lo spirito della religione cattolica, in mano agli uomini di Chiesa, è scaduto ulteriormente e da modernismo teorico accompagnato da una certa sobrietà e serietà pratica (Benedetto XVI) è diventato soprattutto superattivismo e sentimentalismo esteriore (Francesco), che vuol piacere al mondo e grida e mostra ai quattro venti le virtù e le qualità che sembra e millanta di possedere per ottenere l’applauso di tutti. La pratica quotidiana del Cristianesimo si è ridotta a pauperismo, ostentazione, demagogia, spettacolarità in breve a uno “show”, che scivola verso la vanagloria. Tutti devono sapere che si rifiuta l’anello d’oro, la croce d’oro, l’orologio di marca, le scarpe da cerimonia, l’appartamento apostolico tradizionale (1). La Rivelazione divina La Rivelazione divina, contenuta nella S. Scrittura e nella Tradizione patristica, invece, ci insegna che l’esteriorità, l’ostentazione e la vanagloria sono un vizio e che la vera virtù consiste nel nascondimento di fronte agli uomini e nel far tutto per la gloria di Dio, ossia nella “purezza d’intenzione”. “Ama nesciri e pro nihilo reputari. Ama di non essere conosciuto e di essere reputato per un niente ” (L’Imitazione di Cristo). Citerò, perciò, alcuni versi della S. Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) e i Commenti dei Padri ecclesiastici, dei Dottori e dei Santi su di essi, per mostrare come l’attuale esteriorità, ostentazione e demagogia spirituale sia in opposizione per diametrum con lo spirito del Cattolicesimo, come il vizio lo è per rapporto alla virtù. La S. Scrittura, i Padri e i Dottori della Chiesa Il Salmo LII al versetto 6 recita: “Dio ha disperso le ossa di coloro che piacciono agli uomini”. Che cosa significano esattamente queste parole del salmista? Secondo san Tommaso (Super Psalmos, Roma, 1880, Edizione Uccelli) Davide, divinamente ispirato, ha voluto correggere “coloro, che desiderano piacere agli uomini come se questo fosse il loro fine ultimo. Le ‘ossa’ significano la forza o i beni materiali e corporali del vanaglorioso, che sono castigati e quasi annichilati direttamente da Dio. Possono essere intese anche come i beni spirituali o la grazia santificante, i quali sono dissolti dal peccato di vanagloria, ossia dal voler piacere agli uomini come fine. Infatti, se si piace agli uomini per edificarli e portarli a Dio non è vanagloria” (2). San Roberto Bellarmino commenta: «Le ‘ossa’ stanno a significare la forza fisica e spirituale. Coloro che piacciono agli uomini sono le vittime del rispetto umano o timore mondano e tutta la loro cura consiste nel piacere agli uomini e nel non dispiacere loro; invece san Paolo scrive: “Se piacessi agli uomini non sarei vero servo di Cristo” (Gal., I, 10)» (Explanatio in Psalmos, Roma, Ed. Gregoriana, 1931, vol. I, p. 294). La S. Scrittura al contrario recita: “Et exultabunt ossa umiliata” (Salmo L, 10). Ossia, «le capacità e le forze materiali, intellettuali e spirituali (“ossa”) umane, che hanno saputo accettare la realtà dei limiti della natura umana e le umiliazioni che ne seguono, saranno esaltate da Dio già su questa terra imperfettamente, tramite la grazia santificante e infine perfettamente in Cielo, mediante la Visione beatifica, perché “Chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà innalzato” (Mt., XXIII, 12)» (san Tommaso d’Aquino, Super Psalmos, Parigi, Ed. Vivès, Opera omnia, 1889, tomo XVIII, p. 550). L’Imitazione di Cristo insegna che “tutti i turbamenti dell’animo derivano dal desiderio disordinato di piacere agli uomini e dal timore smoderato di dispiacere loro”. La vanagloria figlia della superbia Secondo la Teologia cattolica, la vanagloria è figlia della superbia, che è il più pericoloso dei vizi spirituali (san Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 162; Id., De malo, q. 8, a. 9), essa consiste nella ricerca esagerata della stima e delle lodi altrui. Dalla vanagloria nasce a) la millanteria o il parlare di sé, delle proprie azioni e della propria famiglia per farsi stimare; b) l’ostentazione quando si vuol attirare l’attenzione su di sé con modi di fare singolari (san Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 132, a. 1). La vanagloria “turba la ragione umana sino al delirio” (san Giovanni Crisostomo, Sulla vanagloria, 2). La patologia della vanagloria consiste nel fatto che essa è una perversione di un atteggiamento naturale e normale. Infatti, l’uomo tende naturalmente verso la gloria di Dio e la propria subordinatamente a quella del Signore. La vanagloria, invece, inverte l’ordine, ed è contro la natura, perché cerca di servirsi di Dio e della religione per la propria vanagloria umana (San Massimo il Confessore, Centurie sulla Carità, III, 4). Essa immerge l’uomo in uno stato anormale d’illusione e di delirio, una specie di follia spirituale, che porta a cercare la gloria del mondo e non quella di Dio (san Giovanni Climaco, La Scala, XXI, 28). Il vanaglorioso ripone la sua speranza non nell’onnipotenza misericordiosa di Dio, ma nell’aiuto degli uomini dai quali s’aspetta attenzione, ammirazione, stima e lodi. E’ per questo che san Giovanni Climaco definisce il vanaglorioso “idolatra” (La Scala, XXI, 6), egli, infatti, è il “dio” di se stesso, anzi più acutamente san Macario osserva: “Gli Dei del vanaglorioso sono gli uomini che tessono il suo elogio” (Omelie, XXI, 3, 2). Il vanaglorioso può essere definito un folle spirituale poiché attribuisce alle cose di questo mondo un’importanza e un valore che esse non hanno, avendo smarrito il senso della realtà. San Massimo il Confessore fa un esempio: “Come agli occhi dei genitori troppo passionali, i loro figli deformi sono i più belli, così a una mente disturbata spiritualmente, le sue trovate ed esternazioni, anche quando sorpassano ogni limite della decenza, sembrano le più intelligenti del mondo” (Centurie sulla Carità, III, 58). Giustamente Gesù ci ha ammonito: “Guai a voi, quando tutti gli uomini parleranno bene delle vostre persone” (Lc., VI, 26). E il Salmista aveva già rivelato “Dio ha disperso le ossa di coloro, che piacciono agli uomini” (Sal., LII, 6). La vanagloria rende l’animo preoccupato d’ottenere l’ammirazione e le lodi, che desidera disordinatamente e lo porta, così, ad un’agitazione febbrile e parossistica o a quella che dom Chautard chiamava “l’eresia dell’azione”. Infatti, spinta dalla vanagloria l’anima perde la sua autonomia e vera “libertà dei figli di Dio” e diventa schiava di tutti coloro di cui ha bisogno per riempirsi di lodi e si spinge ad agire e ad agitarsi continuamente per ottenere il loro plauso. “Dio ci ha creati liberi mentre la vanagloria ci rende schiavi di tutti per il desiderio di piacere a tutti” (san Giovanni Crisostomo, Commento a San Matteo, LXV, 5). Gesù ci ha insegnato che “La Verità ci farà liberi” (Gv., VIII, 32), mentre la menzogna o la vanagloria, che cerca falsamente la gloria ove essa non è, ci toglie ogni vera libertà e ci asservisce ad ogni moda umana, a ogni capriccio degli uomini e ci separa da Dio, che solo può darci la vera pace dell’animo e la vera libertà dall’errore e dal peccato. Non è esagerato, perciò, il paragonare la vanagloria alla follia, poiché questo vizio ci ottenebra la retta ragione, ci fa scambiare il fine per il mezzo, Dio per la creatura e ci fa credere di possedere ogni tipo di qualità, staccandoci dalla realtà. L’Imitazione di Cristo insegna che non siamo buoni se gli uomini dicono che lo siamo, né diventiamo cattivi se gli uomini ci reputano tali. Come si vede la sana spiritualità è totalmente in contrapposizione con la vanagloria. “Quando fai l’elemosina non far suonare la tromba come fanno i farisei. La tua mano destra non sappia ciò che fa la sinistra” (Mt., VI, 3). “Quando preghi il Padre, rinchiuditi nella tua stanza e non voler essere visto da nessuno” (Mt., VI, 6). Se la vanagloria è la ricerca delle lodi umane, il cristiano che vuol essere veramente tale deve vincerla riconoscendo la vacuità o vanità della ‘gloria’ che viene dagli uomini (san Giovanni Crisostomo, Commento al Salmo IV, 6). In secondo luogo, il cristiano deve controllare la lingua e l’azione, ossia non deve parlare e agire con lo scopo di farsi apprezzare e di attirare la simpatia del mondo, che è nemico di Dio (san Giovanni Climaco, La Scala, IV, 91). In terzo luogo, deve accettare le umiliazioni che gli vengono dal mondo, perché solo da esse nasce la vera umiltà che è diametralmente opposta alla vanagloria (san Giovanni Climaco, La Scala, XXXI, 39). Nella Vita dei Padri del deserto (lib. V, libell. 15, n. 17. ML 73-957) si legge che il monaco Zaccaria per mostrare ai novizi cosa occorre fare per acquistare la vera umiltà, prese la sua cocolla, se la pose sotto ai piedi, la calpestò tutta quanta e poi disse: “Chi accetta di essere trattato così, come è trattato questo panno, quegli è vero umile”. Il Vangelo c’insegna: “Sarete Beati, quando gli uomini vi odieranno” (Lc., VI, 22). “Quello che hanno fatto a Me”, dice Gesù, “lo faranno anche a voi” (Gv., XV, 20). Ora Gesù è stato perseguitato, calunniato, odiato e messo in Croce. Quindi il vero cristiano dovrà avere una vita simile alla Sua, se invece è adulato dal mondo, significa che non è di Cristo. Infatti, San Paolo rivela: “Tutti coloro che vogliono vivere piamente in Gesù Cristo, saranno perseguitati” (2 Tim., III, 12). Sant’Alfonso de Liguori scrive: “I santi non si son santificati con gli applausi e gli onori del mondo, ma con le ingiurie e i disprezzi” (La vera sposa di Gesù Cristo, cioè la monaca santa, Roma, Editrice Redentoristi, 1934, Tomo, I, p. 423). «San Bernardo di Chiaravalle, parlando di un certo monaco che era stimato per santo, disse: “Sarà forse pure santo, ma gli manca il meglio, che è l’essere reputato per cattivo”» (citato in sant’Alfonso, La vera sposa di Gesù Cristo, cioè la monaca santa, Roma, Editrice Redentoristi, 1934, Tomo, I, p. 426). San Giuseppe Calasanzio diceva: “Il vero cristiano disprezza il mondo e gode d’essere disprezzato dal mondo” (Vincenzo Talenti, Vita del Beato Calasanzio, lib. VII, cap. 9, III, 20). Infine, bisogna essere assolutamente convinti che coloro i quali cercano la gloria quaggiù non la godranno lassù (san Giovanni Climaco, La Scala, Ricapitolazione, 35). I Santi hanno cercato solo e sempre di somigliare a Gesù e non di piacere alle folle. Un giorno Gesù apparve a san Giovanni della Croce e gli chiese: “Che cosa vuoi che Io faccia per te?” e il Santo rispose. “Pati et contemni pro Te, Domine. Patire ed essere disprezzato per Te, o Signore” (Marco da san Francesco, Vita di Giovanni della Croce, lib. 3, cap. 1, n. 10). Il delirio di massa L’altro fatto che desta preoccupazione è la grande simpatia o addirittura il “delirio” che i fedeli, nella maggior parte, provano per tali manifestazioni esteriori, che un tempo sarebbero state aborrite dai cristiani come “follia”, poiché la vanagloria “turba la ragione umana sino al delirio” (san Giovanni Crisostomo). Come si è giunti a tanto? Non dimentichiamo che da cinquant’anni i fedeli sono stati indottrinati con la nuova teologia neo-modernistica del Vaticano II, che è il rovesciamento del cattolicesimo. Essa sostanzialmente consiste nel culto dell’uomo o antropocentrismo, mentre il cattolicesimo consiste nel culto di Dio o teocentrismo. Giovanni Paolo II, nella sua seconda Enciclica “Dives in misericordia” (30 novembre 1980), n.° 1, insegna: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano a essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [nel Concilio Vaticano II, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio». E’ quindi naturale che s’idolatri un uomo perché simpatico, perché “uno come noi”. Invece, il Papa ha il compito di guidarci, di essere il Pastore del gregge e non deve essere come noi, come gli agnelli (i fedeli e i sacerdoti) le pecorelle (i Vescovi); altrimenti chi dirigerà verso il Cielo? Gesù ha detto a Pietro: “Pasci le mie pecorelle, pasci i miei agnelli” (Gv. XXI, 15). “Come il Padre ha mandato Me, Io mando voi” (Gv., XX, 21). Ora il Padre ha inviato il Verbo Incarnato a essere Maestro insegnando la Verità, Sacerdote offrendo la Vita soprannaturale e Pastore guidando le pecore nella Via verso il Cielo. Gesù stesso ha rivelato. “Io sono Verità, Vita e Via” (Gv., XIV, 6). Inoltre, la pratica liturgica della Nuova Messa ha cambiato la sensibilità dei fedeli e li ha portati verso il sentimentalismo religioso, il quale muove oramai le passioni del fedele odierno, che non è più capace di ragionare ma solo di sentire. Per cui, è normale che si simpatizzi con il pauperismo, l’ostentazione, la faciloneria, la sciatteria e si aborrisca il ragionare, l’ascesi, il raccoglimento, la vita interiore e l’austerità. Il male dottrinale e pratico è talmente profondo e universale che umanamente non si può porvi rimedio, solo l’Onnipotenza divina potrà riportare l’ordine a partire dal caos attuale. Se oggi fosse stato eletto papa san Pio X nel 2013, i fedeli non lo avrebbero capito, non lo avrebbero potuto amare, lo avrebbero scambiato per un marziano. Gli ecclesiastici lo avrebbero detestato come i farisei odiarono Gesù. Il suo Pontificato non sarebbe durato tre anni come la vita pubblica di Gesù, ma circa tre ore, come la sua agonia in Croce. Siamo al momento delle “Tenebrae factae sunt. Si fece buio su tutto il mondo” (Mc., XV, 33), ma la Fede ci assicura che dopo l’umiliazione del Calvario vi sarà la vera gloria della Resurrezione e non quella vana dell’Osanna (Domenica delle Palme) e del “bacio di Giuda” (Giovedì Santo). “Regina coeli letare, Alleluia! Quia quem meruisti portare, Alleluia! Resurrexit sicut dixit, Alleluia!”. NOTE 1 - Inoltre, Francesco ha proclamato a più riprese la dottrina, sempre più accentuata, della Collegialità episcopale, dell’ecumenismo specialmente con l’Ebraismo ma anche con l’Islam, del dialogo con la Modernità e persino con i non-credenti, ha elogiato come gran teologo il card. Kasper che è un ultra modernista, ha ridimensionato esplicitamente la figura del Papa dicendo che “il centro è Cristo e il Papa non è essenziale”. Ora Gesù è asceso al Cielo e ci ha lasciato Pietro e i Papi come suoi vicari in terra. Il fedele ha bisogno di una Gerarchia visibile fondata – per volontà di Cristo – sul primato di giurisdizione del Papa, altrimenti si cade nel Luteranesimo. Inoltre, ha ridimensionato implicitamente la figura del Papa presentandosi solo come Vescovo di Roma, senza nominare una sola volta la parola ‘Papa’. Certamente in Francesco il primato spetta alla prassi e all’azione, ma anche la dottrina ha il suo posto nel suo pontificato. 2 - Cfr. S. Th., I-II, q. 43, a. 1. |