COME PASSA IL TEMPO…COME TUTTO VA…



di Catholicus

Prendendo spunto dall’articolo “Cos’è il tempo?”, riteniamo utile fare qualche digressione sulla velocità con cui trascorre il tempo o, meglio, sul modo in cui si avverte questo scorrere dei giorni, dei mesi e degli anni.




http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/10/cose-il-tempo-la-risposta-medievale-una.html


PERCEZIONE “SOGGETTIVA” DEL TRASCORRERE DEL TEMPO

La percezione dello scorrere del tempo è indubbiamente soggettiva, essenzialmente psicologica, come ormai è universalmente riconosciuto dal mondo scientifico; essa varia in relazione alle fasce di età, oltre che alle condizioni di salute ed allo stato psicologico del soggetto (ansia, felicità, emotività). Facendo un rapido excursus sulle varie fasce di età possiamo notare che nell’infanzia e nella prima adolescenza il tempo sembra non trascorrere mai o, comunque, troppo lentamente, ovviamente dal punto di vista del bambino e dell’adolescente, perché dal punto di vista dei genitori, o dei nonni, sembra che i figli crescano anche troppo in fretta (“come, ma se l’ho visto appena ieri, ed era piccolo cosi!”, dice la zia in visita al nipotino, non ricordandosi però che sono ormai passati alcuni anni);  poi, nella giovinezza le cose cominciano a cambiare, il tempo sembra cominciare a scorrere un poco più veloce, arriva presto l’esame di maturità, anche se vorremmo che tardasse ancora, dato che non ci sentiamo sufficientemente preparati; così pure in seguito, all’Università, quando il tempo degli esami arriva sempre troppo presto. Eh sì, dopo i vent’anni il tempo sembra scorrere davvero più velocemente: ricordo una bella canzone che diceva “come passa il tempo, dai vent’anni in poi … si, come passa il tempooo… con la felicitààà, come passa il tempo, come tutto va…, va come una 600… ieri era tanto tempo fa”.
A volte la musica, l’arte, riescono a farci capire le cose molto più di teorie cervellotiche ed astruse.

Dicevamo dell’aumento della velocità (soggettiva) del trascorrere del tempo. Ma ciò è solamente in funzione del “contenuto” di questo tempo; tante cose da fare, tante cose cui pensare.. e via, il tempo sembra volare. E si arriva intanto all’età del lavoro. Adesso le vicende della vita impongono nuovi ritmi: le ferie sembrano non arrivare mai, come pure il primo, sospirato impiego e l’avvio della vita coniugale; ma poi, una volta sposati, i figli sembrano arrivare anche troppo presto, tanto che ci trovano impreparati (almeno, questa è stato l’andamento della vita dell’italiano medio nel secondo dopoguerra). 

Dopo la nascita dei figli, il tempo diventa cadenzato da loro, dalle loro vicende (ovviamente il tempo vissuto dalla parte dei genitori). Erano appena nati, che già prendono ad andare all’asilo, poi alla scuola elementare, e in un attimo li ritroviamo alla scuola media, e poi subito alle scuole superiori: ma come, non avevano appena iniziato l’altro giorno a camminare? Almeno così ci sembra rivedendo le foto fatte all’epoca, ma tant’è, non ce ne siamo nemmeno accorti, che già i figli sono arrivati all’esame di maturità, e dobbiamo pensare ad iscriverli all’Università, e poi in un attimo eccoli impegnati a preparare la tesi di laurea. E dopo tutto questo, l’ansia del lavoro che non arriva (ansia che logora più noi genitori che loro), le offerte di lavoro che sembrano poco appetibili, le difficoltà che i figli incontrano nel metter su famiglia.

Ma ecco che nel frattempo, senza che quasi ce ne siamo accorti, è arrivata l’età della pensione; un altro scalone, un altro improvviso cambiamento nella percezione dello scorrere del tempo: mentre prima le ferie sembravano non arrivare mai, adesso le stagioni e gli anni sembrano come impazziti, volano via con una velocità che quasi non si fa in tempo ad accorgersene, a gustarle sino in fondo : ma come, non ero appena andato in pensione ? Non era l’altro giorno che stavo ancora al lavoro ? Ed allora come sono potuti passare già 5-7-10 anni ? Ma no, non è possibile, forse è solo un brutto sogno; e invece no, il fatto è che abbiamo perso di vista lo scorrere del tempo, anche per i minori impegni che caratterizzano la nostra vita da pensionati, e che indubbiamente non marcano più lo scorrere dei mesi e degli anni, impegni che prima erano come dei “paletti” che sembravano messi lì apposta a indicare lo scorrere del tempo.

Passata l’euforia del primo periodo nella nuova condizione di pensionati, si comincia a “sentire la vecchiaia”, ad accorgersi con dispiacere del tempo che passa, spesso quando è già passato. Ma ciò è perché ci ostiniamo a tenere lo sguardo fisso su ciò che facevamo quando eravamo “in servizio”, e non a ciò che facciamo adesso, nella nostra nuova condizione di pensionati. In un attimo ci sentiamo vecchi come Matusalemme, ed in effetti ci rendiamo conto di essere già arrivati ai 70 anni e forse più. Dopo di che non vogliamo più sentir parlare dello scorrere del tempo, viviamo l’oggi e basta, senza attese e senza rimpianti, sperimentiamo il momento presente come una gabbia, una prigione, dalla quale non riusciamo a liberarci; vorremmo rallentare il tempo, trattenerlo presso di noi, e lui invece continua a scorrere velocemente, anzi sempre più velocemente, man mano che la nostra età avanza. Infine arriva la tarda età (80-90?) e, con essa, l’attesa non si sa bene di che cosa (per molte, troppe persone, purtroppo), di giungere ad una  porta chiusa, per aprirla e spalancarla su che cosa ? Sul buio ? Sulla notte ? Un certo timore, mitigato soltanto dal voltarsi indietro e dal vedere cosa si lascia (figli, nipoti, volti felici e sorridenti che ci confortano e ci accompagnano con affetto in questa nostra età avanzata).


ALCUNE RIFLESSIONI SU QUANTO PRECEDE


Abbiamo visto, quindi, che la nostra percezione del tempo varia in funzione dell’età, della nostra occupazione, del nostro stato di salute; quando si è sani come un pesce ed attivi il tempo scorre via che è una bellezza; i mesi e gli anni passano velocemente; quando, invece, non stiamo bene, siamo a letto ammalati, od all’ospedale, allora il tempo sembra non  trascorrere mai, sembra quasi voler rallentare la sua corsa per farci dispetto; quante volte, andando a visitare un parente od una persona amica all’ospedale, specie se anziana, ci siamo sentiti dire “ma quando mi mandano a casa?”.

Ma nel fortunato e felice caso di una vita vissuta anche nella dimensione spirituale, magari intensamente, quest’ultima fase cambia aspetto, diventa l’attesa di un incontro con Qualcuno, con una Persona viva, che ci vuol bene e ci attende con ansia e trepidazione (come un padre e una madre attendono i loro bambini), fiducioso nelle nostre possibilità, nella nostra buona volontà di accogliere il Suo amore di Padre Misericordioso. Si vive allora l’attesa di un incontro che non avrà più fine, l’aprirsi ad una realtà nuova, ad una felicità piena, totale, incondizionata, nella speranza del definitivo superamento dell’esperienza del dolore e della morte, esperienza nella quale, purtroppo, lasciamo i nostri figli, così pure come tutti gli abitanti di questa terra.

Una diversa prospettiva, dunque, ma decisamente l’unica per la quale valga la pena di vivere, di sentire di aver vissuto. In questa nuova prospettiva si avverte che ha un senso la vita che abbiamo vissuta, che tutto era preordinato a questo epilogo, a questa conclusione, a ciò che deve venire dopo e che verrà effettivamente dopo (se si dà fiducia a Colui che è venuto dal Cielo sulla terra per comunicarcelo); e non importano allora gli errori che possiamo aver commesso, purché li si sia riconosciuti, umilmente e sinceramente; in tal caso saremo sempre rimessi in carreggiata, re-indirizzati verso la meta finale.

Quindi se guardiamo al trascorrere del tempo con gli occhi della Fede, con la saggezza dello spirito, vediamo che esso è tutto un andare incontro al Signore che viene o, meglio, che era, che è e che viene, e che la conclusione della vicenda terrena non è un’immersione nel buio, nel nulla, uno scomparire dell’esperienza vitale così come la sperimentiamo nel tempo presente, ma è il passaggio ad una vita più piena, più vera, finalmente liberata dalla schiavitù del dolore e della morte, della sofferenza e della paura, è un’apertura a nuovi orizzonti di gioia, di vera esultanza del cuore, finalmente liberi dallo scorrere del tempo che pone fine a tutte le esperienze attuali, anche le più belle, e che ci fa sperimentare anche le più grandi gioie come esperienze  “a termine”.

La vita umana: una indefinita attesa! Così è stata presentata in un’indovinata omelia domenicale da un sacerdote che doveva saperla lunga sulla psicologia umana, oltre che sulla vita interiore, e che riusciva molto bene a catalizzare l’attenzione dei suoi parrocchiani.


CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In base a queste riflessioni, quindi, non può che mutare il nostro modo di intendere il trascorrere del tempo, in particolare nell’età avanzata, quando si guarda al trascorrere del tempo con un senso di angoscia e di paura.

Se si è arrivati a digerire queste riflessioni, ad accettare l’idea che il tempo scorre verso qualcosa che non ha a sua volta una dimensione temporale, verso qualcosa di più grande ed appagante di tutte le soddisfazioni di questa terra (soldi, potere, successo, celebrità, fama, ecc.), dove si sarà  finalmente liberi dall’incubo della cessazione della felicità per effetto del trascorrere del tempo, allora ci si sente caricati di nuove responsabilità: saremo degni di essere ammessi in questa nuova dimensione, extra-temporale, nella quale le esperienze piacevoli non saranno più limitate dallo scorrere del tempo, ma rimarranno fisse, assolute, senza che il tempo se le porti via con sé ? 
E qui viene in ballo la scelta tra il bene ed il male, tra i vizi e le virtù, tra la verità e la menzogna. Viene in ballo anche l’eticità del comportamento umano, la consapevolezza che le nostre azioni non sono “neutrali” sulla realtà del mondo esterno e sul nostro prossimo, ma hanno un impatto ed una conseguenza eticamente rilevanti, per gli altri e per noi. Entra in ballo la voce della coscienza, dopo i vari tentativi di metterla a tacere, per non sentire i rimproveri ed i rimorsi per i nostri comportamenti sbagliati (pensieri, parole, opere ed omissioni, come giustamente ci ricorda  Madre Chiesa). E’ da qui che inizia il discorso, etico, morale e, infine, religioso, ed è da qui che appare necessario, e anzi indispensabile, prepararsi bene a quel tempo o, meglio, a quella realtà extra-temporale che sicuramente sarà lo sbocco della vita attuale.

Una visione del trascorrere del tempo non illuminata dalla luce della Fede cristiana porta inevitabilmente a conclusioni amare e disincantate, come si nota nella pur sublime arte poetica di Giacomo Leopardi, pessimista cronico, che la espone nelle sue famose poesie, mandate a memoria nei nostri anni giovanili e mai più dimenticate; si prenda, ad esempio,  “La sera del d’ di festa”

“…fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente…”

La visione della propria vita (delle vicende della vita), così come la visione dell’intera storia umana, alla luce della Fede, è completamente diversa da quella puramente umana, limitata dall’orizzonte temporale terreno, e minata per di più dall’egoismo umano, dalla “legge della giungla” (sopraffazione, guerra, selezione naturale). L’interpretazione della storia umana, così come della storia della nostra vita illuminata dallo Spirito di Verità, è completamente diversa da quella corrente, che tiene conto soltanto delle vicende umane (rivalità, odio, vendette, guerra), e ciò poiché in essa le vicende umane sono viste nella prospettiva finale della salvezza dell’umanità (anche se solo di quel “piccolo resto” che accoglie l’invito alla conversione), della definitiva sconfitta del male ad opera del Bene, alla partecipazione degli uomini alla gloria del Figlio di Dio. In tale ottica tutto è Provvidenza, tutto è salvezza, tutto è strumentale alla salvezza, anche se al momento appare crudele e fa stringere il cuore; ciò perché Dio sa ricavare il bene anche dal male (che noi facciamo), “sa scrivere dritto anche sulle righe storte”, come si diceva una volta, sa volgere al bene anche gli errori umani; noi possiamo cadere nei tranelli del Nemico, che ci induce a farci del male gli uni gli altri, ma il Nemico non conosce mai le “contromosse” della Provvidenza, che fa sì che derivino effetti buoni anche da azioni cattive; per questo si dice che il diavolo “fa le pentole ma non i coperchi”, così che i suoi piani spesso vanno in fumo.





Cristo, l’Alfa e l’Omega della storia umana
nello scorrere del tempo









 
ottobre 2024
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