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Cardinale Brandmüller: messa a punto sulle Conferenze Episcopali Articolo della Fraternità San Pio X ![]() Cardinale Walter Brandmüller In un testo pubblicato da Sandro Magister sul sito Diakonos.be, il Cardinale Walter Brandmüller presenta uno studio notevole e appassionante sulla nascita, lo sviluppo e la natura delle Conferenze Episcopali. Il Cardinale si dimostra subito preoccupato per il progetto del Sinodo che vuole dare loro una autorità magisteriale. Lo studio è molto ampio e descrive come queste recenti strutture abbiano progressivamente cambiato il loro scopo facendo proprie delle prerogative che non sono e non potrebbero essere le loro. Secondo il Cardinale, questa deviazione è indicativa della secolarizzazione della Chiesa ed è un pericolo mortale per essa. Il titolo del testo è esplicito: «Conferenze Episcopali e declino della fede. Come invertire il processo». Il Consiglio Provinciale Il Consiglio Provinciale o «Assemblea dei vescovi di una data Provincia Ecclesiastica per l’esercizio comune dell’insegnamento e del ministero pastorale», ha permesso un reale esercizio «sinodale» nel corso della storia della Chiesa. La sua comparsa deriva da un processo organico ben descritto dall’Autore. «La Provincia Ecclesiastica è il risultato di un processo storico: la filiazione». In effetti, la missione di una chiesa episcopale dava «nascita a delle nuove diocesi i cui vescovi erano consacrati dal vescovo della chiesa madre», generando «la struttura metropolitana, la Provincia Ecclesiastica». Non si tratta dunque di una decisione amministrativa, ma di «un processo organico sacramentale e gerarchico». E’ la «tradizione in azione». Ma – continua il Cardinale Brandmüller - «l’oggetto della tradizione non è solo l’insegnamento, ma tutta la realtà ecclesiale; esso prende forma nel Sinodo Provinciale». E’ così che «si radica la sua autorità magisteriale e pastorale», nonché il «carattere vincolante della legislazione sinodale». La Conferenza Episcopale Si tratta «dell’Assemblea dei vescovi le cui diocesi sono generalmente situate in un territorio dello Stato secolare, o di una nazione. Dunque, il principio organizzativo della Conferenza Episcopale non è ecclesiologico, ma politico». In altre parole, tratta «le relazioni fra la Chiesa e il contesto statale e sociale in cui essa vive». Ma, constata il Cardinale, «a partire dal XX secolo, gli sviluppi concreti hanno condotto la Conferenza Episcopale ad occuparsi anche – e principalmente – di questioni interne alla Chiesa. Il Cardinale fa notare che «il giovane teologo Joseph Ratzinger» ha anche considerato la Conferenza Episcopale come la concretizzazione attuale della struttura sinodale della Chiesa originaria». Più tardi, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina delle Fede, egli capì il suo errore. Ma le Conferenze Episcopali erano già «state stabilite dappertutto e, soprattutto in Europa, si erano sviluppate come corpi gerarchici intermedi fra la Santa Sede e il vescovo». Cosa che ha avuto degli effetti disastrosi. Così, le Conferenze Episcopali hanno prevalso sempre più sull’autorità dei vescovi. Il Cardinale Ratzinger ha notato uno spirito gregario che distorce l’azione delle Conferenze Episcopali. Come la loro pretesa «all’autorità magisteriale». Infine, egli constata che «i vescovi si sono spesso opposti alla costituzione di una Conferenza Episcopale, ritenendo che limiterebbe i loro diritti». La comparsa delle Chiese nazionali Ma la più forte critica del Cardinale Brandmüller verte sul «concetto di Conferenza Episcopale nazionale». Egli ricorda la lotta dei Papi contro i Consigli nazionali in Francia sotto Napoleone I, o in Germania nel 1848, «a causa del rischio di vedere sorgere delle vera Chiese nazionali che, in unione sempre più vaga con la Sede di Pietro, condurrebbero la loro vita regolate dallo Stato». L’articolo constata che «la creazione di un corpo nazionale ha comportato l’allentamento, e perfino la dissoluzione, della communio della Chiesa universale, che si è poi espresso con delle apposite norme nazionali». Da notare la seguente osservazione: «E’ nella liturgia che lo si sperimenta più chiaramente; basta pensare all’introduzione delle lingue nazionali». Dal punto di vista della dottrina, il Cardinale Brandmüller accusa senza remore: «le interpretazioni contraddittorie date dalle diverse Conferenze Episcopali all’Esortazione apostolica Amoris laetita di Papa Francesco del 19 marzo 2016, costituiscono un grave attentato all’unità della fede nella Chiesa». Un riesame urgente e necessario Il Cardinale Brandmüller, ex Presidente della Pontificia Commissione di Scienze Storiche, ritiene che «è imperativo esaminare il contesto nel quale è nata la Conferenza Episcopale, nonché i suoi inizii», per valutare la iniziale volontà che l’ha creata; quindi la sua evoluzione nel corso dei tempi e i contesti socio-politici con cui ha dovuto confrontarsi. E il Cardinale afferma che, nelle circostanze attuali, bisogna «limitare le competenze della Conferenza Episcopale alle questioni che riguardano le relazioni ad extra della Chiesa. Relazioni che coincidono in gran parte con le questioni regolate dai Concordati». Si tratta di «riunioni di lavoro». Il Sinodo provinciale, che tratta della «vita della Chiesa ad intra, si distingue fondamentalmente dalla natura ad extra della Conferenza Episcopale: dottrina della fede, sacramenti, liturgia e azione pastorale, sono gli autentici oggetti delle Assemblee dei vescovi delle Chiese particolari, cioè di una Provincia Ecclesiastica presieduta dal Metropolita». E il Cardinale ricorda che «la loro autorità per insegnare e dirigere si fonda su una base sacramentale». Pertanto, «il Sinodo provinciale non è una “riunione di lavoro” clericale, ma un avvenimento saramentale, che si traduce nella elaborazione di forme liturgiche per queste Assemblee sinodali». Come è ancora chiaramente visibile nelle Chiese orientali, questo Sinodo o Consiglio provinciale è una forma sacra dell’esercizio del ministero magisteriale e pastorale. «ma oggi, la coscienza di tale fatto è chiaramente e largamente sparita, per cui il Sinodo, il Consiglio provinciale, ha ceduto da lungo tempo il posto alla Conferenza Episcopale». Tale fatto «è sia l’espressione sia la causa del diffuso processo di secolarizzazione della Chiesa nel nostro tempo». Per fermare tale processo, che è una questione di sopravvivenza, «occorre una chiara separazione delle funzioni e degli ambiti di competenza della Conferenza Episcopale e del Sinodo, e la restaurazione del Sinodo come forma sacra dell’esercizio del potere episcopale». Il Cardinale conclude che «se fosse possibile far rivivere questa autentica forma di azione episcopale collegiale, si tratterebbe di un passo importante in direzione dell’obiettivo della desecolarizzazione e quindi di una rianimazione spirituale della Chiesa, in particolare in Europa». Commento Occorre sottolineare che la diminuzione, il soffocamento, dell’autorità individuale del vescovo da parte delle Conferenze Episcolali, era stata chiaramente denunciata da Mons. Marcel Lefebvre dopo il Vaticano II, al pari della dissoluzione dell’autorità papale da parte della collegialità, realizzata in seno a queste Assemblee. E per i lettori che non conoscono il diritto della Chiesa e dei Consigli provinciali, bisogna anche precisare che, una volta conclusi, tutti gli atti di queste Assemblee sinodali vengono inviati a Roma per l’approvazione da parte della Curia e del Papa regnante. Quindi tali organismi non sono più o meno indipendenti, come sono le Conferenze Episcopali dotate dei nuovi poteri. Una illustrazione di questo principio si è avuta da recente nella storia della Chiesa. Quando si decise l’esecuzione del Cammino sinodale tedesco, furono approntati degli Statuti che vennero inviati a Roma per l’approvazione. Da Roma, il Cardinale Marc Ouellet inviò al Cardinale Reinhard Marx una risposta che conteneva una analisi degli Statuti redatta dal Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi. Il Pontificio Consiglio fissò tre punti: 1) Il fine considerato dal Cammino sinodale è illegittimo, perché attiene alla Chiesa universale. 2) Il Cammino sinodale è un Concilio particolare – provinciale o statale – che rifiuta di dire il proprio nome, per sfuggire alle regole e agli obblighi previsti dal diritto per questo tipo di Assemblee. 3) La composizione dell’Assemblea sinodale è contraria al diritto. La risposta del Cardinale Marx al Cardinale Ouellet fu tranciante: egli replicò che il cammino sinodale è un «processo sui generis» che non deve in alcun caso essere interpretato «tramite il prisma degli strumenti del Diritto Canonico». Ecco che si giustifica pienamente – e oltre – la critica del Cardinale Brandmüller alle Conferenze Episcopali. |