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Madre Cabrini: una santa da venerare, un film da evitare di Veronica Rasponi Pubblicato su Corrispondenza Romana Santa Francesca Saverio Cabrini In un momento in cui sugli schermi sovrabbonda l’oscenità, la perversità, la violenza e non ultimo l’attacco alla Chiesa cattolica, come dimostra il recente Parthenope di Paolo Sorrentino, sarebbe tanto più necessario avere una cinematografia cattolica di alto livello, espressa nel passato da film quali La Passione di Mel Gibson o Cristiada di Dean Wright. Avevamo molto sperato che il film su santa Francesca Saverio Cabrini realizzato nel 2024 negli Stati Uniti fosse su quella linea, ma la delusione purtroppo è stata grande. Chi era innanzitutto santa Francesca Cabrini? Francesca Cabrini nasce a Sant’Angelo Lodigiano il 15 luglio 1850 ed è battezzata lo stesso giorno. Ancora bambina sogna di diventare missionaria in Cina. Rimasta orfana di padre e di madre, avrebbe voluto ritirarsi in convento, ma la sua richiesta non viene accettata per via della sua salute cagionevole. Finalmente, dopo un’esperienza piuttosto difficile, a 30 anni, per consiglio del vescovo di Lodi, fonda a Codogno, il 14 novembre 1880, l’Istituto delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. La Cina è ancora nel suo cuore e nella sua mente, ma quando si presenta al Santo Padre Leone XIII per dirgli della “sua Cina”, si sente rispondere dal Papa «non all’Oriente ma all’Occidente». Queste sei parole cambiano completamente il suo programma, segnandole una nuova strada. Il 23 marzo 1889 Madre Cabrini si imbarca a Le Havre con sette Suore e dopo un viaggio lungo e rischioso, giunge a New York. Comincia così il suo apostolato fra i migranti italiani per i quali fonda scuole, orfanotrofi, ospedali, ospizi nelle Americhe e nell’Europa. Altre case fonda in Italia per l’educazione della gioventù. Il suo spirito di apostolato è inarrestabile: «Io sento che il mondo intero è troppo piccolo per soddisfare i miei desideri». Il 22 dicembre 1917 chiude la sua esistenza terrena a Chicago. Il 13 novembre 1938 Papa Pio XI la proclama Beata. Il 7 luglio 1946 Pio XII la annovera tra i Santi e il 17 settembre 1950, lo stesso Papa la proclama Patrona degli Emigranti. Quest’anno, in America, per rendere omaggio alla sua eminente figura, Angel Studios ha realizzato un film, Francesca Cabrini, diretto da Alejandro Monteverde con l’attrice italiana Cristiana Dell’Anna che interpreta la Santa. I diritti del film sono stati acquistati in Italia dalla Dominus Production che dai primi di ottobre lo diffonde nelle sale cinematografiche. Per qualsiasi film storico ma soprattutto per le vite dei Santi, nostri modelli, ci si aspetta che la rappresentazione rifletta il più fedelmente possibile il personaggio non solo dal punto di vista del suo carattere, del suo modo di essere, ma, nel caso del Santo, anche della sua spiritualità e della sua missione nel mondo. Tutto questo inserito in una ricostruzione storica fedele dove qualche licenza poetica è sempre possibile, e anzi talvolta anche necessaria, se serve ad inquadrare meglio il protagonista. A questo punto la domanda viene da sé: è riuscito il regista Monteverde a rendere fedelmente la vita e la missione di Francesca Saverio Cabrini? Non si direbbe se anche il quotidiano Avvenire, nello stesso sottotitolo dell’articolo di recensione uscito il 13 ottobre, scrive che «l’opera missionaria della protettrice dei migranti a New York è raccontata senza lo slancio della fede». Si potrebbero citare tanti articoli apparsi dopo l’uscita del film con critiche molto circostanziate che fanno capire che il film è tutt’altro che una ricostruzione veritiera della vita della nostra Santa. Noi vorremmo limitarci a tre aspetti che ci sono sembrati i più rilevanti. Il primo riguarda il rapporto di santa Francesca Saverio con l’autorità ecclesiastica e soprattutto con il Papa. «Chi è mai il Papa? – scriveva madre Cabrini alle sue suore – E’ il rappresentante di Dio, è l’autorità di Dio, è la Maestà di Dio, visibile in mezzo agli uomini» (Parole sparse della Beata Cabrini, a cura di don Giuseppe De Luca, Istituto Grafico Tiberino, Roma 1938, p. 131). «E’ tanto il desiderio che ho di prostrarmi ai piedi del Santo Padre che, per andarvi, traverserei il mare a piedi» (ivi, p. 133). Come conciliare questa profonda devozione e sottomissione che scaturiscono da queste parole con la scena, nel film, dell’incontro tra Madre Cabrini e Leone XIII dove lei ha un atteggiamento duro, talvolta risentito, ma comunque privo di quel rispetto e venerazione che la caratterizzava? E’ lei stessa a raccontare in una lettera il successivo incontro con il Papa prima della sua partenza per l’America: «nella sua più che paterna bontà volle conoscere l’itinerario del mio viaggio, e vedendomi tanto patita in salute, mi disse: “come mai potrete voi sostenere tanta fatica? Io che sono robusto non lo potrei; è vero che sono vecchio ma sono di voi più robusto”. L’affabilità con la quale si degnava parlarmi, mi animò al rispondergli che, siccome gli ero figlia spirituale, così pretendevo avere in me una fibra della robustezza che possiede il Padre mio, e però mi sentivo tanto coraggiosa da correre tutta la terra, e mi tenevo sicura che in luogo di perdere avrei guadagnato sempre maggiori forze per servire a quel caro Gesù che aveva voluto eleggermi a missionaria del suo Divin Cuore. Allora mi prese la testa fra le mani, colmandomi di benedizioni, e, dicendomi di pregare e di far pregare dappertutto per lui, che ha l’animo ricolmo di amarezza per le tante rivoluzioni che travolgono l’umanità in ogni paese» (ivi, p. 132). Questo era lo spirito che l’animava e che aveva anche nei confronti dell’autorità ecclesiastica locale, malgrado non fosse sempre d’accordo: «Io non ho mai fatto di questi spropositi: ho sempre fatto il passo secondo la gamba. Ma l’Arcivescovo lo vuole ed il Signore benedirà la nostra obbedienza». Tutt’altro spirito emerge nel film dai rapporti con il Vescovo di New York e con i vari sacerdoti anche perché tutte le figure maschili di Chiesa sono rappresentante sempre in maniera negativa e caricaturale per far emergere quelle femminili. Veniamo qui al secondo punto: lo spirito femminista che anima tutto il film. Niente di più lontano dal pensiero della nostra Santa. Tra le prime battute del film la Madre Cabrini, dopo aver avuto il beneplacito del Papa per la missione in Occidente, si rivolge al gruppetto iniziale di suore riunite nella casa di Codogno con queste parole: «Siamo donne e senza l’aiuto di un uomo tutti pensano che falliremo. Ora più che mai dobbiamo credere in noi stesse e nello scopo della nostra missione!» Questo atteggiamento di rivalsa nei confronti dell’uomo caratterizza lo spirito femminista del '68 ma non quello dei Santi e in particolare della nostra Santa, tutta rivolta ad instillare nella sua Congregazione lo spirito di umiltà e di obbedienza. Quando la madre Cabrini cinematografica, all’inizio del film, lancia uno sguardo di sfida al Papa pronunciando le parole «è perché io sono donna?», si percepisce tutta la distanza che c’è con la dolcezza e l’umiltà della madre Cabrini storica. «La superbia e il massimo ostacolo all’amore di Gesù; i superbi sono l’odio e l’abbominazione di Dio. (…) La superbia ha figlie le più terribili, quali sono la vanagloria, l’ambizione, la permalosità, l’ipocrisia, l’ira, l’invidia, la detrazione, l’odio, la temerità, il disprezzo degli altri, la iattanza, l’arroganza, la presunzione, la pertinacia, l’ingratitudine, la disubbidienza, la ribellione» (ivi, pp. 234-235). E riguardo l’importanza dell’obbedienza, Madre Cabrini scriveva: «Solo nell’ubbidienza riconoscete la sicurezza dei vostri passi, la fermezza delle vostre opere, la fortezza del vostro spirito, e in tal modo non solo camminerete, ma volerete come aquile reali nella via delle più robuste virtù; e passerete così una vita quieta e contenta, potendo sempre ripetere a voi stesse: io son sicura di fare la volontà di Dio» (ivi, p. 236). Il terzo punto è l’assenza dal film dello spirito di fede che animava Madre Cabrini. Nel film, come evidenziato da Avvenire (cit.), si vede solo una volta, di sfuggita, la Madre che prega ma mai la si sente rivolgere alle sue suore discorsi di fede, di fiducia in Dio, di abbandono alla Divina Provvidenza, di amore al Sacro Cuore. Tutto si svolge a livello umano, tutto si basa sulla propria determinazione e sulla sua ferrea volontà. Ma non era così la nostra Santa. Scrive di lei don Giuseppe De Luca: «non altro se non questo amore di Dio, era la sua anima. Amore di tutte le ore, di tutte le azioni, di tutti i pensieri, di tutti gli affetti. Pregava e amava. Lavorava e amava. Viaggiava e amava. Parlava e amava. Sorrideva e amava. Redarguiva e amava. Non la videro mai le sue figliole che non vedessero Iddio amato. Se Iddio è amore, la Beata era divenuta a sua volta amore» (ivi, pp. XLIII-XLIV). Ed è lei stessa che scrive, riguardo l’Istituto: «Che cosa crediamo? D’esser tanto importanti che non si possa far senza di noi? Nessuno è necessario: chi regge l’Istituto è Gesù» (ivi, p. 253). Tanta era la sua immensa fiducia in Dio che non solo affermava: «Con Dio farò cose grandi» (ivi, p. 71) ma scelse come suo motto la frase di san Paolo «Omnia possum in Eo qui me confortat» (Fil. 4, 13). Tutto è possibile confidando e affidando tutto a Dio; nulla è possibile se si confida su sé stessi. La Madre Cabrini è stato un esempio vivente di come essere un docile strumento nelle mani di Dio e della Madonna. Niente di più diverso da quanto emerge dal film. Una grande occasione sprecata per rendere onore ad una grande Santa. |