Una Chiesa ispirata?


di don Jean-Michel Gleize, FSSPX




Pubblicato sul Courrier de Rome, n° 680 – novembre 2024

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Foto di gruppo alla chiusura del Sinodo sulla sinodalità 2024


1
. Il testo che l’Assemblea sinodale ha votato sabato 26 ottobre 2024, è stato promulgato tale e quale da Papa Francesco, senza che vi facesse alcuna correzione. Così, esso è diventato immediatamente il testo di riferimento del Sinodo.
Nel suo discorso di chiusura, il Sommo Pontefice ha dichiarato che non aveva «intenzione di pubblicare una Esortazione apostolica» e che voleva «così riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto» (1).
Nel giornale Le Figaro del 27 ottobre, Jean-Marie Guénois, osservatore sempre informato, ha commentato: «Rinunciando a scrivere la sua sintesi sinodale, Francesco ha voluto dare l’esempio della messa in pratica di una Chiesa più democratica rispetto alla centralizzazione e al funzionamento gerarchico piramidale» (2).


2. Abbiamo qui fondamentalmente la grande prevaricazione, perseguita a partire dal concilio Vaticano II con l’attuazione sempre più avanzata della nuova ecclesiologia di Lumen gentium, ma è necessario coglierne anche tutta la gravità; la quale deve essere valutata alla luce del principio dell’ecclesiologia tradizionale a cui essa si oppone.
La Chiesa è per essenza una società disuguale, in cui si deve distinguere tra i pastori e le pecore, tra i dottori che insegnano e i fedeli che imparano.
Finora era uso distinguere tra Chiesa docente e Chiesa discente.
La Chiesa sinodale di Francesco, in cui il Sinodo vuole essere l’organo del sensus fidei del Popolo di Dio, rappresenta la pratica negazione di questa distinzione.
La Chiesa sinodale, la Chiesa dell’ascolto, è ormai una Chiesa interamente ispirata dallo Spirito, in cui i membri della gerarchia non hanno più il compito di formulare ciò che «lo Spirito dice alle chiese» (3).

3. Si è tentati di rivoltare contro questa nuova ecclesiologia il principio sul quale essa pretende di fondarsi. La resistenza dei cattolici della Tradizione contro le novità del Concilio, non sarebbe anch’essa l’espressione di questo sensus fidei, espressione di una ispirazione soprannaturale che guida le pecore in mezzo alla decadenza dei loro pastori?
D’altronde, non è forse Sant’Ilario l’autore di questa celebre espressione, che confermerebbe tale interpretazione: «Le orecchie del popolo sono più sante  dei cuori dei sacerdoti» (4)?
Tuttavia, è giocoforza constatare che, se si ammette anche a beneficio della Tradizione questo principio del sensus fidei, principio dell’ispirazione immediata dello Spirito nel cuore dei credenti, diventa difficile sfuggire alla confusione.
In effetti, come decidere dell’autenticità dell’ispirazione e discernere tra il sensus fidei dei tradizionalisti e quello dei modernisti?
Il ricorso al criterio negativo enunciato da San Paolo nell’Epistola ai Galati (I, 8), sarà vano, in ragione del fatto che la sua esatta interpretazione rimane per ipotesi anch’essa dipendente dall’ispirazione posta in linea di principio.
Quale altro organismo se non quello del Sinodo potrebbe dunque discernere l’autentica espressione della coscienza ecclesiale?

4. Il Cardinale Jean-Baptiste Franzelin, per spiegare correttamente la citazione di Sant’Ilario dichiara (5): «Sarebbe del tutto assurdo pensare che il popolo fosse costituito giudice dei sacerdoti, Perché l’ordine è esattamente il contrario e i cuori dei sacerdoti, la coscienza della loro fede e l’intelligenza cattolica dei pastori, rimanendo nell’unità della Chiesa, sono la causa ministeriale e l’organo grazie al quale lo Spirito di verità modella le sante orecchie del popolo, formando il senso e l’intelligenza cattolica di coloro a cui spetta ascoltare, imparare e rendere l’obbedienza della fede».

Il famoso sensus fidei del Vaticano II è un principio falso, sprovvisto di ogni solido fondamento nella Tradizione delle Chiesa. D’altronde, i Padri e i teologi non usano mai tale espressione, ma parlano invece di «senso cattolico» o più esattamente di «obbedienza della fede», riferendosi a quello che San Paolo dice nella sua Epistola ai Romani, capitolo I, versetto 5.
E soprattutto, l’espressione divenuta classica è quella ereditata da Sant’Ignazio, del «sentire cum Ecclesia». Espressione sufficientemente esplicativa, in cui il «cum» deve essere inteso nel senso di una dipendenza della Chiesa discente nei confronti della Chiesa docente, come indicano le diciotto regole di fedeltà indicate da Sant’Ignazio per esplicitare il significato dell’espressione.


5. La resistenza della Tradizione agli errori della nuova ecclesiologia, come a tutti quelli del concilio Vaticano II, si spiega fondamentalmente perché è stata esattamente la resistenza della Chiesa discente, resistenza della Chiesa già istruita per aver ricevuto dai suoi pastori l’inalterabile dottrina della fede, la dottrina cattolica divinamente rivelata.
Nessun sensus fidei, nel senso di una ispirazione diretta dello Spirito Santo, potrebbe mai rendere conto, da solo, di questa resistenza, indipendentemente dalla predicazione della Chiesa docente.  
Tant’è vero che la Chiesa rimane sempre quella che è, anche in tempi di crisi, anche nel tempo dopo il Vaticano II: una società essenzialmente ineguale in cui la Chiesa discente reagisce sempre in dipendenza della predicazione della Chiesa docente.
Questo è il senso autentico del criterio enunciato da San Paolo nell’Epistola ai Galati: «praeterquam quod evangelizavimus vobis».
La Chiesa discente deve considerare come anátema una dottrina opposta a quella che le è stata insegnata. I fedeli che negli anni immediatamente successivi al Concilio furono i primi a reagire abbandonando le loro parrocchie dove sentivano predicare un altro Vangelo, per unirsi ai sacerdoti rimasti fedeli, rimangono anche oggi, con il passare del tempo, l’esempio emblematico di quella «obbedienza della fede» che caratterizza come tale la Chiesa discente, la Chiesa già orientata nella fede per la predicazione dei suoi pastori.
E l’azione dello Spirito Santo non può contraddire questo.


6. Un giorno la storia farà giustizia, riconoscendo in questo comportamento l’espressione della più pura obbedienza del piccolo gregge rimasto fedele in totale conformità col disegno divino voluto da Dio per la Sua Chiesa.
E la Chiesa sinodale di Francesco, la Chiesa del sensus fidei del Vaticano II, apparirà anch’essa per quello che è: l’espressione ostinata di quella protestantizzazione di cui il recente Sinodo vuole essere un’ulteriore accelerazione.



NOTE

1 - https://www.vatican.va/content/francesco/fr/speeches/2024/
october/documents/20241026-sinodo-vescovi.html


2https://www.lefigaro.fr/actualite-france/les-cinq-nouveautes-
qui-vont-guider-la-nouvelle-gouvernance-de-l-eglise-catholique-20241027

3 – Si veda il nostro intervento: «La Papauté au risque du Synode» [Il papato a rischio del Sinodo] in Synodalité ou romanité. Atti del XVII Congresso teologico del Courrier de Rome, Pargi, 13 gennaio 2024, Courrier de Rome, 2024, p. 113-151.

4 – Saint’Ilario, Contre Auxence [Contro Aussenzio], n° 6 in Migne latino, t. X, 613.

5 – Jean Baptiste Franzelin, SJ, La Tradition divine, thèse 12, n° 209, Courrier de Rome, 2008, p. 149.












Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
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