Alle fonti della nuova dottrina sinodale

Parte prima


Articolo della Fraternità San Pio X






Concilio Vaticano II



Il Sinodo sulla Sinodalità si è appena concluso, dopo tre anni interi di processo e due assemblee sinodali a Roma, nell’ottobre 2023 e nell’ottobre 2024.
Per avere una prospettiva completa su questo sinodo, è utile ricercare le fonti da cui nasce e da cui ha attinto.
Questo primo articolo tratta del movimento sinodale nato dal Concilio Vaticano II.

Dobbiamo lasciare da parte le Chiese orientali cattoliche che hanno una struttura sinodale che continua a svolgere un ruolo preponderante nella vita delle diverse Chiese.
Nella Chiesa latina, invece, si è sviluppata una vita “sinodale” in concili particolari – che riuniscono paesi o province ecclesiastiche. Questi concili riuniscono i vescovi.

Accanto ai concili generali o particolari, a partire dal XIII secolo e dal Concilio Lateranense IV, la Chiesa ha prescritto l’adunanza annuale di un Sinodo diocesano, di composizione essenzialmente clericale. Il Concilio di Trento fece nuovamente la stessa richiesta, segno che non era stata ben osservata. Ancora una volta l’abitudine si estinguerà nei secoli successivi, tranne che in Francia e Italia.

Il Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1917 diede nuovo impulso ai Sinodi diocesani. Specificò la loro convocazione ogni dieci anni, nonché la loro composizione, interamente clericale: si trattava, infatti, di un’assemblea degli ecclesiastici della diocesi attorno al loro vescovo.
Molto preziosi sono stati gli statuti sinodali pubblicati in quel periodo.


Il Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II ha parlato più volte della “comunione” come possibile chiave di lettura del mistero della Chiesa (Lumen Gentium in particolare), in connessione con il concetto di Popolo di Dio. Emergerà una “ecclesiologia di comunione”, che sarà oggetto di sviluppo da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1992.
Vedremo che il movimento sinodale vi fa riferimento.

Per altro verso, Papa Paolo VI istituì il sinodo dei vescovi il 15 settembre 1965, all’inizio della IV sessione del Concilio, istituzione che sarà introdotta nei testi del Vaticano II, soprattutto nel Decreto sulla missione pastorale dei vescovi nella Chiesa, votata il 28 ottobre successivo, che “auspica vivamente che la veneranda istituzione dei Sinodi e dei Concili trovi nuovo vigore”.

Ma non si trattava di modificare la sua composizione immemorabile. Saranno gli ambienti progressisti che ci riusciranno.
Dobbiamo citare anzitutto il “concilio” pastorale olandese aperto il 27 novembre 1966 – ma avviato prima della fine del Concilio Vaticano II – in cui una buona metà dei membri erano laici. Fu un disastro, che grava ancora oggi sulla Chiesa d’Olanda.
Il Sinodo congiunto delle diocesi della Germania (Würzburg, 1971-1975) ottenne da Roma l’introduzione dei laici, purché minoritari rispetto al clero. Lo stesso fece il Sinodo delle diocesi svizzere (noto come “Sinodo 72”, 1969-1975).
Queste due assemblee invitarono anche membri di altre denominazioni cristiane.


Il Codice di Diritto Canonico del 1983 e le sue conseguenze

Il Codice promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983 non fissa più un periodo regolare per lo svolgimento dei Sinodi diocesani, così come per i concili particolari; ma ratifica le autorizzazioni concesse in deroga ad alcuni Sinodi per la partecipazione dei laici, dando loro l’accesso come membri a pieno titolo.

Secondo il professor Arnaud Join-Lambert, specialista della questione dei Sinodi diocesani dalla fine del Vaticano II: «la promulgazione del nuovo Codice è seguita molto rapidamente dai suoi effetti. Il primo Sinodo diocesano di nuova generazione ha avuto luogo in Francia a Limoges nel 1983, un Sinodo con laici non solo delegati, ma anche membri dell’équipe responsabile».

Il professore aggiunge che «quasi 1.000 Sinodi diocesani sono stati celebrati nella Chiesa cattolica in tutto il mondo dopo il Concilio Vaticano II, escludendo forme alternative di assemblee diocesane o forum diocesani che non soddisfano le condizioni canoniche per essere Sinodi diocesani in senso stretto», in una sintesi la cui ultima edizione risale al 2018.

Questa rapida panoramica permette di vedere che il “rinnovamento sinodale” o meglio la “nuova dottrina sinodale” si ispira da un lato all’ecclesiologia promossa dal concilio Vaticano II; e dall’altro. all’istituzione del Sinodo dei Vescovi; dall’altro ancora alla rinnovata pratica dei Sinodi diocesani, che introduce i laici come membri a pieno titolo di queste assemblee.







 
novembre 2024
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