Appello al Santo Padre:
fermare la legge anti-omofobia


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Santo Padre,
ci rivolgiamo a Lei mossi dalla fiducia di ricevere una risposta su una questione di massima importanza. Ci rincuora molto il fatto che Sua Santità abbia spesso mostrato di essere attento anche alle richieste dei più “piccoli” membri della Chiesa. La questione è grave e riguarda tutta l’Italia. Siamo per questo ancor più sicuri che ascolterà la nostra supplica, rientrando questo problema a pieno titolo nella sollecitudine pastorale del Vescovo di Roma.
Si discute in questo momento nel Parlamento italiano su un disegno di legge che potrebbe, tra poco, avere forza di legge: ci riferiamo al testo unificato delle proposte di legge C. 245 (Scalfarotto), C. 280 (Fiano) e C. 1071 (Brunetta), conosciuto anche come proposta di legge “contro l’omofobia”, che intende contrastare le discriminazioni fondate sull’omofobia e transfobia, modificando la legge 654/1975 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966) e la c.d. legge Mancino (Legge 205/1993).
Le modalità con cui si sono svolte le discussioni avevano già suscitato qualche preoccupazione, poiché sembrava che si volesse limitare al massimo il confronto politico: il dibattito si è svolto soprattutto durante i mesi estivi, e le violazioni di regolamento non sono mancate fino in sede di approvazione della Camera.

Il provvedimento in questione punisce con la reclusione fino a un anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi … fondati sull’omofobia o transfobia”; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi in qualsiasi modo “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi … fondati sull’omofobia o transfobia”; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque “partecipa – o presta assistenza – ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull’omofobia o transfobia”. La pena per coloro che li promuovono o dirigono è la reclusione da 1 a 6 anni.

Questo provvedimento minaccia gravemente la giusta libertà di espressione e di associazione, in particolare dei cattolici, e qualora venisse approvato, diventerebbe il trampolino di lancio per legislazioni ulteriormente lesive del diritto naturale, come la legalizzazione del c.d. “matrimonio omosessuale” e delle adozioni per le coppie omosessuali.
 
Alcuni hanno sostenuto che in fondo il disegno di legge vuole perseguire solo gli atti di violenza contro gli omosessuali e transessuali, e le ingiuste discriminazioni che queste persone potrebbero subire nel contesto sociale. Tuttavia, le persone omosessuali o transessuali sono già tutelate dall’ordinamento giuridico contro questo tipo di violenze o discriminazioni.
In realtà risulta evidente – e crediamo che Sua Santità se ne renderà facilmente conto – che il disegno di legge è estremamente pericoloso: una volta approvato esso darebbe vita ad una legge liberticida, giustamente definita da molti una “legge-bavaglio”.
Da una parte, il provvedimento non si limita a sanzionare l’istigazione alla violenza o gli atti di violenza, essendo questa ipotesi espressamente distinta dalla “discriminazione”, e d’altra parte, non c’è nessuna garanzia che la discriminazione vietata sia solo quella che anche un cattolico definirebbe “ingiusta”, e non sia quella basata su un giudizio etico o una fede religiosa. Infatti non viene data da nessuna parte una definizione di “omofobia” o “transfobia” (vocaboli tutt’altro che neutrali sul piano culturale e antropologico): chi ci garantisce che non sarà considerata discriminazione una qualsiasi diversità di giudizio o di trattamento morale o giuridico verso l’omosessualità? Quale definizione di omofobia e transfobia applicheranno i giudici nel caso concreto?

Questa indeterminatezza della fattispecie penale rappresenta già un grave vulnus giuridico, contraddicendo l’esigenza, costituzionalmente imposta, della tassatività della legge penale.
Mancando, manifestamente, una definizione legislativa, una giurisprudenza nazionale antecedente, e una nozione condivisa nel mondo scientifico, il giudice, se vorrà rifarsi ad una nozione che non si riduca ad una sua opinione personale (e imprevedibile), dovrà fare riferimento all’ordinamento europeo e a quello di altri stati in cui vige una legge analoga. Ora i documenti dell’Unione Europea (si veda ad esempio la Risoluzione del Parlamento europeo 2012/2657(RSP) del 2012) danno una definizione quanto mai ampia di “omofobia”: “paura e avversione irrazionali provate nei confronti dell’omosessualità (…) sulla base di pregiudizi”; essa si manifesterebbe sotto diverse forme, tra cui “discriminazioni a violazione del principio di uguaglianza e limitazione ingiustificata e irragionevole dei diritti, e spesso si cela dietro motivazioni fondate (…) sulla libertà religiosa e sul diritto all’obiezione di coscienza”.
Naturalmente, se ci si riferisse a un ordinamento, come quello europeo, che spinge verso il “matrimonio” tra omosessuali, si potrebbe benissimo considerare “limitazione ingiustificata e irragionevole dei diritti” quella tesa a precludere il matrimonio e l’adozione agli omosessuali, per fare solo un esempio.

In Inghilterra, dove vige una norma “contro l’omofobia”, la legge non definisce il concetto: così il Crown Prosecution Service, per guidare l’attività interpretativa del giudice, ha stabilito (44899 CPS – Hate Policy) che “si ritiene riferibile ad omofobia o transfobia ogni caso in tal modo percepito dalla vittima o da ogni altro soggetto” (sic!). Su queste basi, hanno destato preoccupazione alcuni casi concreti, nei quali delle persone, solo per aver letto in pubblico certi brani della Sacra Scrittura sull’omosessualità, sono state arrestate.

La ratio del disegno di legge in esame appare chiaramente anche dalla sua struttura: la proposta modifica la c.d. legge Mancino (Legge 205/1993) che vietava già le discriminazioni fondate sulla razza, sull’etnia o sulla religione. Ora aggiungere, senza distinzioni, a questa lista di “motivi” anche quelli “fondati sull’omofobia o transfobia”, dà alla disposizione esattamente questo senso: come è vietato dire (o agire sul presupposto) che il fatto di essere “nero” o “di razza ebraica” sia qualcosa di negativo, così sarà vietato dire (o agire sul presupposto) che l’omosessualità è qualcosa di negativo (o è, ad esempio, qualcosa da cui si può “guarire”).
 
Dovremo temere la sanzione penale (fino a 1 anno e 6 mesi di reclusione!) per aver sostenuto in pubblico ciò che dice il catechismo della Chiesa Cattolica sull’omosessualità (“Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». … In nessun caso possono essere approvati”, n. 2357)?

Si potranno leggere in pubblico certi brani dell’Apostolo San Paolo sul peccato contro natura (pensiamo a Romani 1, 24-27)?

Si potranno formare e promuovere associazioni che si propongono di aiutare gli omosessuali ad uscire da uno stato che si ritiene, non solo moralmente, ma anche psicologicamente negativo senza incorrere in una condanna che può giungere a 4 o 6 anni?

Le considerazioni che abbiamo sin qui svolto indicano che questi dubbi non sono per nulla infondati.
È  vero che è stato approvato, in sede di votazione alla Camera, un emendamento che esclude dal concetto di “discriminazione” la manifestazione “di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza” e le “condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale”.
Tuttavia l’emendamento non riduce di molto la pericolosità del disegno di legge: infatti lascia notevole spazio all’attività interpretativa del giudice (soprattutto in riferimento alla “istigazione all’odio”); a parte l’esclusione delle “condotte conformi al diritto vigente”, formula totalmente inutile e tautologica, l’emendamento tralascia le condotte non “assunte all’interno di organizzazioni” di cui sopra; infine l’emendamento potrebbe essere espunto totalmente dal disegno di legge nell’iter successivo, visto che è stato approvato con una stretta maggioranza (256 voti a favore, 228 contro) e che darebbe vita ad una legge incoerente  (si affermerebbe stranamente che ci sono comportamenti che costituiscono reati se commessi dal singolo, ma che non lo sono se commessi “all’interno di organizzazioni”).

Ma non è tutto: un altro emendamento estende l’aggravante della pena fino alla metà, previsto dalla c.d. legge Mancino, anche ai reati di discriminazione fondata sull’omofobia o transfobia, aggiungendo così un elemento che contribuisce a fare degli omosessuali e transessuali delle categorie “super protette” e privilegiate dalla legge (addirittura più dei disabili, ad esempio).

Infine, la legge “contro l’omofobia”, come abbiamo accennato, si pone chiaramente come un primo passo per poter poi andare oltre: “matrimoni gay”, adozioni per gli omosessuali, maternità surrogata, ecc. Ciò che abbiamo detto del contenuto della proposta di legge mostra come essa si presta a essere utilizzata anche contro quelli che manifesterebbero pubblicamente contro il matrimonio tra omosessuali e i suoi corollari.
Uno dei principali relatori della proposta di legge in questione, l’On. Ivan Scalfarotto, in un’intervista sull’Espresso del 26 agosto, ammise che il dibattito sull’omofobia “non allontana quello sui matrimoni gay”, anzi, “lo precede. Perché sono due cose diverse. E l’una viene logicamente prima dell’altra”.
Che queste dichiarazioni non siano parole al vento lo dimostra anche il fatto che, lo stesso giorno (il 15 marzo 2013) in cui veniva presentato il D.d.L. 245 “contro l’omofobia”, veniva presentato al Senato della Repubblica una proposta di legge (D.d.L. 204: “Disposizioni in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio da parte delle coppie formate da persone dello stesso sesso”) che parifica l’unione tra persone dello stesso sesso con il matrimonio legittimo e naturale.

Per tutti questi motivi umilmente Le chiediamo, anzi La supplichiamo, di assumere una posizione forte e pubblica contro questo disegno di legge, di intervenire in modo proporzionato alla gravità e alla natura pubblica del problema. I fedeli hanno già fatto sentire da diverse parti la loro voce di protesta ma hanno bisogno della voce del loro Pastore. Soltanto lei, Santo Padre, può scuotere la coscienza dei politici cattolici, dei fedeli e dell’opinione pubblica in generale in modo da fermare questa legge che rischia di calpestare le libertà più fondamentali e di essere utilizzata per portare cambiamenti sempre più lesivi dell’ordine naturale nella nostra amata patria.

Fiduciosi che Sua Santità non resterà insensibile alle nostre suppliche, Le domandiamo di concederci la Sua paterna benedizione,

I sottoscritti,






ottobre 2013

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