Taiwan:

Morto un sacerdote che è stato imprigionato

per 27 anni dai comunisti



Articolo della Fraternità San Pio X











Il Padre Matteo Chu Li-teh, gesuita, è morto all’età di 91 anni a Taipei.
Originario di Shangai, è stato per 27 anni nelle carceri comuniste prima di essere finalmente liberato, ma è dovuto andare in esilio per diventare sacerdote.


Arrestato nel 1955

Nato nel 1933 in una famiglia cattolica, ha subito la persecuzione a Shangai fin dal 1951.
In questa città che è il cuore del cattolicesimo cinese, il terribile frantoio comunista opprime la Chiesa che resiste. 
Quando si scatena la violenza, Matteo Chu è in seminario: nella notte dall’8 al 9 settembre 1955, un’ondata di arresti spedisce tutti gli ecclesiastici in prigione.

Il vescovo: Mons. Ignatius Kung Pin-mei, e 300 sacerdoti vengono arrestati, al pari di religiosi e laici. Seguiranno centinaia di altri arresti: in tutto, più di mille cattolici verranno gettati dietro le sbarre.
I sacerdoti vengono mantenuti in isolamento per degli anni e sottoposti a interrogatorii quotidiani. I membri di una stessa famiglia vengono dispersi.

La storia di questo sacerdote cinese, Padre Matteo Chu Li-teh, è particolare, perché è anche la storia della sua famiglia, la quale, durante la retata dell’8 settembre 1955 ha visto arrestati sei dei suoi fratelli, di cui uno era già sacerdote, Francesco Saverio Chu Shu-de, anch’egli gesuita, che morirà in prigione nel 1983.

Asianews racconta questa storia di sofferenze in nome di Cristo.

«La loro madre, Martina, vedova, fa la spola tra le sei prigioni dove sono incarcerati i suoi figli. Gli abitanti di Shangai la soprannominarono “la dolorosa”: per quasi tre anni andò a visitare i suoi figli, camminando per chilometri per risparmiare anche solo pochi centesimi che servivano per portare poche cose ai suoi figli imprigionati (vestiti e cibo)».

I suoi figli ricordano: «Veniva regolarmente insultata come madre di sei controrivoluzionarii, ma lei non si è mai arresa, e ad ogni visita lei non mancava mai di incoraggiare ciascuno di noi a continuare, ad accettare la sofferenza, a conservare la fede in Dio. Fino a quando siamo stati mandati in campi di lavoro in provincie lontane: Heilongjiang, Guangxi, Zhejiang, Gansu et Anhui».

Per più di vent’anni, Martina non ha più rivisto i suoi figli.


Liberato nel 1984

Il futuro Padre Chu ha trascorso in totale 27 anni in prigione e ai lavori forzati.
E Asianews riporta: Finalmente liberato nel 1984, non ha potuto diventare sacerdote in Cina a causa del suo rifiuto di aderire all’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi.
Nel 1988, ottenne il permesso di imbarcarsi per gli Stati Uniti col suo vescovo Mons. Kung Pin-mei, cosa che giustamente deve definirsi esilio».

Un anno dopo, Mons. Kung lo incoraggiò a partire per Taiwan per riprendere il suo noviziato nella Compagnia di Gesù. E’ solo il 9 gennaio 1994, all’età di 61 anni, che ha potuto essere ordinato sacerdote a Taipei, una cerimonia a cui poté assistere sua madre Martina.

Lo stesso anno, in una intervista pubblicata sulla rivista dei Missionari del Pontificio Istituto per le Missioni Straniere (PIME), Mondo e Missione, Padre Chu ha raccontato la durezza della vita in prigione.
«Le fasi di profonda fiducia nel Signore si alternavano con la prostrazione. Spesso la mia preghiera si trasformava in lamento: “Perché, Signore, mi hai dato una croce così pesante?”
«Mi sono chiesto un numero incalcolabile di volte se ero ancora chiamato a offrirGli la mia vita in questo stato. Malgrado tutto, ricordando le parole e l’esempio di mia madre, ho semplicemente e ostinatamente chiesto al Signore, ogni giorno, la grazia di essere fedele al dono della Sua chiamata».
E conclude: «Siamo stati inviati nei campi solo perché volevamo conservare intatta la fede che avevamo ricevuto, e compiere la volontà di Dio».





 
dicembre 2024
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