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Amare la civiltà cristiana di Don Nicolas Cadiet, FSSPX Pubblicato sul sito informazioni della Fraternità San Pio X ![]() Cattedrale di Rouen, Francia E’ cristiano preferire la
cultura cristiana? Riflessioni su alcune dichiarazioni di Papa
Francesco.
Lo scorso 17 luglio 2024, Papa Francesco ha pubblicato una Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione, per incoraggiare alla lettura, non solo i seminaristi e i preti, che era la sua prima intenzione, ma anche tutti i fedeli. Non si può che rallegrarsi di una esortazione rivolta a tutti a leggere dei libri durante il tempo libero (la Lettera è stata pubblicata in occasione delle vacanze estive), piuttosto che lasciarsi stordire dalla «onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi» (n° 2). Del pari, c’è da notare l’insistenza del Pontefice, non solo sull’arricchimento intellettuale che procura la pratica della lettura, ma anche sulla simpatia che il linguaggio instaura tra l’autore e il lettore, un tema caro a Francesco. Una tale esperienza ci permette di comprendere noi stessi al di là di ciò che le idee astratte possono esprimere, permette di lasciarsi permeare da un punto di vista che non è familiare piuttosto che proteggerci da esso per mezzo di uno spesso involucro intellettuale ed emotivo, e anche in questa occasione per comprendere meglio noi stessi e magari per correggersi. La lettura delle vite o degli scritti dei Santi è talvolta occasione per un fruttuoso esame di coscienza. Tuttavia, ci dispiace che, nella lettera non ci sia una parola sulla necessità di leggere per conoscere ed approfondire la propria cultura: conoscere i suoi classici. Perché anche questa, purtroppo, è una tendenza cara a Francesco: quella di una diatriba contro «gli idoli dei linguaggi autoreferenziali, falsamente autosufficienti, statisticamente convenzionali» (n° 42), senza alcuna considerazione per la pietà filiale che è normale praticare per la propria famiglia, la propria cultura, la propria civiltà (1). Ci chiediamo: San Paolo non rivendica forse il suo attaccamento al suo popolo e anche la sua formazione strettamente farisaica, per dimostrare che la fede che egli predica ne è solo il compimento? Il Verbo incarnato non ha forse assunto la natura umana in una regione e in un’epoca ben precise, e la Sua predicazione non ne risente in molti dettagli come si vede dalla liturgia adottata («tabernacolo», «Agnello di Dio», pani azzimi, ecc.)? Dio ha creato la natura e sa come funziona, ha creato gli alberi con le radici, e gli uomini nelle famiglie. Gli Apostoli e i missionarii non hanno pensato di dover dimenticare chi fossero per entrare in contatto con tutti i popoli della terra. Quanto al contatto tra culture, per imparare una lingua bisogna prima conoscere la propria; uno scrittore diceva che il poeta canta bene solo perché è poggiato sul suo albero genealogico. Quando ci si presenta, bisogna sapere chi si è per avere qualcosa da presentare! Ora, non esiste l’uomo ideale, universale, disincarnato, se non nell’immaginario dell’Illuminismo, il cui universalismo ha soprattutto tagliato teste e seminato la rivoluzione. Inoltre, è normale che la fede impregni la vita del cristiano e che essa si esprima all’esterno con l’arte, il culto pubblico, l’organizzazione della società in generale. Chi coltiva la vergogna per il periodo dell’Europa in cui ha potuto svilupparsi la fede cattolica, molto semplicemente non ama la sua fede perché vuole mantenerla complessata. Amare la storia da dove veniamo non è quindi orgoglio o presunzione, è solo naturale, come amare i proprii genitori. E’ una virtù che si chiama pietà filiale, che Dio benedice in modo particolare perché quando si rispettano i propri genitori, si onora l’immagine di Dio. Il wokismo non è altro che una delle versioni del rifiuto della paternità. E’ deplorevole che alcune grandi voci del mondo ecclesiale vi prestino una mano. Amare la verità che abbiamo ricevuto non è arroganza, ma proviene dall’umiltà, poiché la riconosciamo come un dono gratuito di Dio; difenderla dal suo contrario non è vizioso, perché il contrario del vero è il falso e il falso non è amabile. Coltivare la conoscenza del proprio patrimonio non significa rinchiudersi, e credere una verità immutabile non significa impedire la discussione, perché se si vuole «dialogare», lo si deve fare per affinare la conoscenza del vero; diversamente ci sarà solo «scontro di monologhi». Per convincersene basta dare un’occhiata a quello che oggi si chiama «dibattito pubblico»: la legge del più forte mediatico. Non v’è nulla di più dittatoriale del relativismo, perché non ha alcuna vera ragione per imporsi. Come diceva un Santo che non era della parrocchia de La Croix, «non c’è bisogno di inventare la civiltà né di costruire la nuova città tra le nuvole. Essa c’è già: è la civiltà cristiana, è la città cattolica. Si tratta solo di ristabilirla e di restaurarla costantemente sulle sue fondamenta naturali e divine, contro gli attacchi sempre risorgenti dell’utopia malsana, della rivolta e dell’empietà: omnia instaurare in Christo (2). NOTE 1 – Non è un caso che questa lettera sia stata citata in occasione di una recente polemica nelle colonne de La Croix sul legame tra destra politica e rivendicazione della civiltà cristiana. Uno dei protagonisti ha messo in dubbio il riferimento ad una legge naturale, qualificandola come «potente idolatria» e ha affermato che vede nei Santi e negli artisti della Cristianità solo dei «decostruttori». 2 – San Pio X, Enciclica Notre charge apostolique, 25 agosto 1910. |