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Il padre della IA è Hume Prima parte di Francesco Gisci Parte prima Parte seconda ![]() E’ opinione comune, nella
cosiddetta “comunità scientifica” (1), che il padre teorico della
IA sia il matematico inglese Alan Turing (1912-1954) che, negli anni
‘50, propose un test, noto come Test
di Turing, secondo il quale una macchina poteva essere
considerata intelligente se il suo comportamento, osservato da un
essere umano, fosse stato non distinguibile da quello di una persona (2).
Settant’anni dopo ci troviamo non più sull’orlo, ma già dentro il baratro di una società che sta sostituendo in modo esponenziale l’uomo con la macchina. Davanti a questa decadenza possiamo assumere due atteggiamenti: indifferenza mista a curiosità, la stessa che avrebbe un cane o un cavallo davanti ad un golem di minerali, metalli e plastica prodotto in California o nel Guangdong, o disperazione (o entrambe). «E gli uomini amarono meglio le tenebre che la luce: perché le opere loro erano malvagie» (3). Noi, però, abbiamo la Fede nelle promesse divine e la consapevolezza che Dio, che governa la storia, ci mette alla prova: permette che il Diavolo ci possa tentare affinché possiamo dimostrare, nonostante tutte le nostre debolezze, di volerlo rifiutare anziché accettare, e di meritare il Paradiso (4). Ora, come è possibile che alcuni uomini possano considerare i propri simili come anelli di una catena di montaggio da sostituire con altri anelli artificiali, privandoli della minima base materiale su cui costruire la propria vita? E’ evidente che ciò non può che dipendere dalle concupiscenze che sono assurte a misura e criterio dell’agire sociale, sostituendo i Dieci Comandamenti. Questo abisso in cui l’anima degli uomini è sprofondata, trova una manifesta origine teorica nei (dis)valori fondanti il pensiero del filosofo e diplomatico scozzese David Hume (1711-1776). Consideriamo quanto egli affermava. «L’anima, in quanto la possiamo concepire, non è che un sistema o una serie di percezioni differenti, di caldo e di freddo, di amore e di collera, di pensieri e di sensazioni, tutte unite insieme. […]. L’essenza della mente non è il pensiero o intelletto, ma l’insieme delle singole e distinte percezioni particolari che compongono la mente» (5). […]. Ciò che si dice ragionare, ovvero l’inferenza, non è altro che un’attività della memoria e dell’immaginazione che memorizzano, associano ed elaborano, per mezzo dell’esperienza e dell’abitudine (6), tutte le impressioni fisiche dei sensi esterni. Questa prospettiva empirista, che ha cominciato a pervadere il pensiero moderno anglosassone già a partire dal XVII secolo (7), e che a quei tempi poteva ancora essere considerata una concezione radicale, provocatoria oltre che miscredente, si è dimostrata essere un funesto (oggi si direbbe “geniale”) presagio. La descrizione di Hume della natura umana è sovrapponibile a quella della cosiddetta “intelligenza artificiale” (un ossimoro per definizione, come dire “un cerchio quadrato”) così come viene presentata dagli istituti tecnologici informatici. Infatti, a guisa della concezione teorica empirista, secondo cui la ragione e l’intelligenza dell’uomo, e la capacità di prendere decisioni, consisterebbero nella memorizzazione quantitativa delle percezioni e impressioni fisiche e materiali, e nella loro elaborazione attraverso la ripetizione, cioè l’esperienza e l’abitudine, allo stesso modo, l’apprendimento automatico e approfondito delle macchine, e la capacità di prendere decisioni, consiste nella memorizzazione quantitativa dei dati, nel loro processamento algoritmico, attraverso l’adattamento dei pattern su esempi passati (8). Gli ideologi del trans e post umanesimo, per rendere l’uomo sostituibile con la macchina, hanno bisogno che entrambi possano essere equiparabili, altrimenti la sostituzione non comporterebbe alcun vantaggio. E siccome è “pura” fantascienza elevare la macchina alla natura razionale e spirituale dell’uomo, allora si dovrà degradare l’uomo mediante la teoria humiana secondo cui «tutte le nostre idee derivano dalle impressioni, o percezioni forti» (9). L’errore teoretico su cui si fonda l’uguaglianza (ma già si parla di “superiorità della macchina”) e l’intercambiabilità, poggia sulla teoria della derivazione e origine delle idee per cui, «contro ogni evidenza, si afferma la origine organica di manifestazioni squisitamente spirituali» (10). Oggi, sempre più rispetto a trecento anni fa, la concezione naturale dell’intelletto, viene coartamente e convenzionalmente degradata e associata a «strutture neurologiche cui attribuire tutte le funzioni che normalmente sono attribuite all’intelletto» (11). Strutture che la moderna ingegneria sarebbe in grado di riprodurre artificialmente. Ma sia le strutture artificiali, che quelle umane, «differiscono [dall’intelletto] per il fatto fondamentale che ad esse manca la libertà e la creatività (12) che sono proprie dello spirito. Infatti nella concatenazione di eventi che ineriscono una struttura fisica, anche se molto complessa, non vi può essere che un risultato prestabilito, e solo quello» (13). L’intelletto è pensiero organico, non perché deriva dalla materia, ma perché è capace di esprimere idee e concetti immateriali usando la materia organica corporea, ovvero gli organi sensoriali, da cui è distinto ma non separato (l’uomo è un sinolo di anima e corpo). «Il cervello umano è la materia più strutturata e complessa che si conosca proprio perché strumento di libertà e creatività della mente» (14). L’intelletto non è composto dalle percezioni come vorrebbe confonderci Hume (15) e i trans e post umanisti. Infatti, «mentre il cervello è integrato nella natura [sensibile], l’uomo la supera mediante l’intelletto» (16) che è libero dalla materia corporea, da cui è soggettivamente (17) indipendente, ma che comanda, e a cui ordina ogni gesto volontario come un semplice movimento o l’emissione di una parola (18). È per questo che l’uomo è capace di compiere e meditare attività libere da qualsiasi necessità fisica e limitata, come l’attività artistica e la pratica spirituale: il cervello dell’uomo, con tutto il corpo cui appartiene, si costituisce non come organo dell’intelletto, ma come oggetto e strumento per astrarre dalle cose le loro essenze intellegibili a partire dalle immagini sensibili (19). La facoltà intellettiva è immateriale perché il suo organo, ovvero l’anima (20), è spirituale e dunque non è trasferibile: o c’è o non c’è. La capacità razionale, di riflessione, meditazione e contemplazione, che come tale è intenta ad attingere intensivamente l’essere, non è dovuta a fattori quantitativi, come il numero di cellule nervose e le loro connessioni, ma da fattori qualitativi intrinseci. Quindi, sebbene la “intelligenza artificiale” può essere dotata di una considerevole quantità di informazioni, mai potrà essere dotata dell’atto di coscienza (21) che non è fisicamente trasferibile o impiantabile, perché è spirituale e dunque immateriale. Nella seconda parte analizziamo i recenti sviluppi della dominante ideologia empirista nell’ambito della cognitive warfare. NOTE 1 - Che ha i suoi prodromi nella Royal Society inglese fondata a Londra, nel 1662, su ispirazione di Sir Francis Bacon (1561-1626) e della scienza magico-cabalista, elevata a nuova religione, che si diffuse a partire e per volontà della Regina Elisabetta I (1533-1603). 2 - In https://redirect.cs.umbc.edu/courses/471/papers/turing.pdf. 3 - Vangelo Secondo Giovanni 3, 19, Versione italiana dal testo latino della Volgata di Mons. Antonio Martini, riveduta, corretta e commentata da P. Marco M. Sales O.P., Edizioni Effedieffe, Viterbo, 2015, p. 36. 4 - S. E. R. Mons. R. N. Williamson, Commenti eleison, vari. 5 - David Hume, Estratto del Trattato sulla natura umana, in Opere filosofiche, Editori Laterza, Bari, 1987, pp. 17-18. 6 - Ibidem, p. 12 e 14. 7 - «Pare che questo libro sia stato scritto con lo stesso intento che è proprio di parecchie altre opere che di recente hanno avuto grande diffusione in Inghilterra. Lo spirito filosofico che ha tanto progredito in tutta l’Europa negli ultimi ottant’anni, è stato portato tanto avanti in questo regno quanto in qualsiasi altro paese. Sembra anzi che i nostri scrittori abbiano dato inizio ad un nuovo genere di filosofia che promette di recare sia divertimento [il divertissement del matematico e filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662)] che vantaggio all’umanità più di qualunque altra di cui si sia finora avuta conoscenza», ibidem, p. 5. 8 - «L’Intelligenza Artificiale consiste in “macchine” dotate di capacità di apprendimento automatico e di adattamento che sono ispirate ai modelli di apprendimento umani. […]. Il Machine Learning (ML) (apprendimento automatico) è la sotto area dell’AI che si concentra sullo sviluppo di algoritmi che permettono ai computer di imparare dai dati e migliorare le loro prestazioni nel tempo, senza essere esplicitamente programmati per ogni specifica attività. Il ML utilizza una varietà di tecniche statistiche per consentire ai computer di “apprendere” dai dati, identificando pattern e prendendo decisioni basate su esempi passati. […]. Il Deep Learning (DL) (apprendimento approfondito) è un sottoinsieme più specifico del Machine Learning che utilizza reti neurali profonde (composte da molteplici livelli) per apprendere dai dati. […]. L’AI Generativa è un tipo di Intelligenza Artificiale che utilizza algoritmi di Machine Learning per generare nuovi contenuti che in precedenza si basavano sulla creatività dell’uomo. Questi contenuti possono essere ad esempio testo, audio, immagini, video e codice informatico», da https://blog.osservatori.net/it_it/intelligenza-artificiale-funzionamento-applicazioni, del Politecnico di Milano – Dipartimento di Ingegneria Gestionale. 9 - David Hume, Estratto del Trattato sulla natura umana, in Opere filosofiche, Editori Laterza, Bari, 1987, p. 7. 10 - Giuseppe Maria, La psicoanalisi è una falsa scienza, in Ennio Innocenti, Critica alla psicoanalisi, Editore Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma, 2011, p. 97 11 - Ibidem. 12 - Capacità analoga a quella di Dio, conseguenza della creazione dell’uomo fatto a Sua immagine e somiglianza: «infatti a sua immagine indica l’intelligente e il libero» (cfr. La Bibbia commentata dai Padri, Antico Testamento 1/1, Genesi 1-11, Editrice Città Nuova, Roma, 2003, p. 63, cit. Giovanni Damasceno, La Fede ortodossa 2, 12). L’uomo “crea” a partire da una materia preesistente: mediante elaborazione e trasformazione di materiali disponibili, l’uomo produce un oggetto nuovo quanto alle sembianze, ma non quanto alle funzioni: la televisione è una prolunga della vista, il telefono dell’udito, l’automobile dello spostamento, il computer del calcolo… Solo Dio può creare liberamente dal nulla (Concili Lateranense IV e Vaticano I). 13 - Ibidem. 14 - Ibidem, p. 104 15 - Cfr., cit. nota 4. 16 - Ibidem, p. 104. 17 - Curzio Nitoglia, Commento alle XXIV Tesi del Tomismo, Edizioni Effedieffe, Viterbo, 2015, p. 113. 18 - Giuseppe Vattuone, La sfida dei fenomeni al falso uomo di Freud, in Ennio Innocenti, Critica alla psicoanalisi, Editore Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma, 2011, p. 187. 19 - Curzio Nitoglia, Commento alle XXIV Tesi del Tomismo, Edizioni Effedieffe, Viterbo, 2015, pp. 113-123. 20 - Ibidem. 21 - P. Parente, A. Piolanti, S. Garofalo, Dizionario di teologia dommatica, Edizioni Effedieffe, Viterbo, 2018, p. 141. |