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Mons. Strickland elogia molto Mons. Lefebvre Articolo della Fraternità San Pio X ![]() Mons. Joseph Strickland Qui, egli prosegue la sua riflessione. Sul suo blog “Bishop Strickland’s Substack”, Mons. Strickland, che approfitta chiaramente del suo ritiro prematuro per studiare e riflettere sull’attuale situazione della Chiesa, ha appena pubblicato un lungo testo intitolato «Costruire una scala». Il meno che si possa dire è che la sua riflessione, visibilmente animata dall’amore per Cristo e per la Chiesa, procede a passi affrettati e rapidi. L’argomento del suo testo è basato sull’analogia della scala costruita da Cristo, che collega la terra al Cielo: «i gradini sono i sacramenti (…) e il deposito della fede è la struttura. (…) i sacramenti sono dei segni efficaci perché portano realmente sulla terra quello che simboleggiano. Per questo bisogna che il simbolismo sia corretto e nella “forma” e nella “materia”. Ed aggiunge, prima di denunciare gli attacchi contro questa scala provenienti dall’interno della Chiesa, scala che va difesa a costo del proprio sangue: «Se l’una o l’altra è modificata, la forma (le parole pronunciate) o la materia (la parte fisica del sacramento), allora il sacramento è distrutto. Di conseguenza, ogni piolo di questa scala fa parte integrante dell’insieme». Quando sono iniziati questi attacchi? E’ la domanda che si pone il vescovo emerito di Tyler. Alla quale comincia col rispondere: «Molti indicano come colpevole il Vaticano II». E poco dopo indica il 1958, anno dell’elezione di Giovanni XXIII, «molto spesso considerato come l’inizio del fermento nella Chiesa, che oggi vediamo ribollire in molteplici modi». Il motivo sarebbe la convocazione del concilio Vaticano II, portato a termine da Paolo VI. E prosegue: «Sembra che ci sia stato un sistematico tentativo di demolizione di ciò che prima del Vaticano II si considerava “irriformabile”», il che equivale a chiamare in causa il Concilio. E interrogandosi sulla maniera, il vescovo non esita a descriverla. «Lo hanno fatto cercando di limitare ciò che era del Cielo in una dimensione terrena, e lo hanno fatto nella maniera più efficace, cercando di sostituire ciò che veniva dal Cielo con materiali fabbricati dall’uomo», pur precisando che un tale tentativo è vano, poiché l’uomo non può distruggere la scala di Cristo, può solo «scimmiottarla». Il risultato Mons. Strickland ammette senza mezzi termini: «Non c’è alcun dubbio che molte cose sono cambiate dopo il Vaticano II. L’accento è stato messo sul cammino della Chiesa col “mondo”, cosa che ha definitivamente aperto la porta a dei punti di vista teologici che compromettono l’identità unica della Chiesa. Idee come l’ecumenismo hanno dato un duro colpo alla scala». E prosegue: «Col Vaticano II, è iniziato un movimento che ha incoraggiato la Chiesa a impegnarsi in un “dialogo” con altre denominazioni religiose. Tuttavia, io mi chiedo in che senso si può dialogare? Cristo ci ha dato la Sua Chiesa. «Oggi è chiaro che la progressione logica di ciò che è uscito dal Vaticano II ha fatto sì che siamo al punto che il Santo Padre può fare una dichiarazione come “Tutte le religioni sono dei cammini verso Dio” (Documento di Abu Dhabi sulla Fraternità umana), e la maggioranza dei vescovi e dei cardinali si accontenta di acconsentire, senza mai dire una parola». Il vescovo americano cita poi la Bolla Unam Sanctam (1302) di Bonifacio VIII, ricordando l’unicità della Chiesa, e poi l’Enciclica Ad Beatissimi Apostolorum (1914) sulla pienezza della fede cattolica alla quale «non si può aggiungere o togliere niente». Tentativi di falsificazione della scala Mons. Strickland condanna in seguito le falsificazioni della scala: «A partire dal Vaticano II, gli uomini hanno tentato di collocare dei gradini fatti di materiale artificiale. Hanno cercato di sostituire i materiali celesti con dei materiali fabbricati dall’uomo, perché pensavano che i materiali originari fossero “sorpassati”». Ed aggiunge: «Niente ha tanto danneggiato la scala quanto i cambiamenti al Santo Sacrificio della Messa». Ed è qui che egli riconosce l’intervento provvidenziale di Mons. Lefebvre «che ha fondato la Fraternità San Pio X ed è stato qualificato come disobbediente, ribelle e anche scismatico per essersi rifiutato di celebrare la nuova Messa». Ed egli giustifica anche le consacrazioni episcopali: «Mons. Lefebvre riteneva che la Chiesa attraversasse una profonda “crisi di fede” a causa dell’infiltrazione del modernismo e del liberalismo. Egli riteneva che ci fosse un tentativo di togliere i gradini della scala e di rimpiazzarli con dei gradini del mondo. Egli ha consacrato quattro vescovi “legati alla Tradizione” senza l’approvazione del Papa. «Egli riteneva che senza vescovi che difendessero gli insegnamenti tradizionali e la Messa tridentina, la continuità della Tradizione della Chiesa sarebbe stata minacciata. Quindi ha vegliato che la scala fosse conservata intatta». E nota: «Mons. Lefebvre aveva chiesto l’approvazione a più riprese [per le consacrazioni] ed era stato informato che gli sarebbe sta concessa, in linea di principio. Il Novus Ordo ha sminuito il Sacrificio di Cristo e l’attenzione alla Presenza Reale. Nonostante formato con la nuova Messa, il vescovo non esita ad indicarne i difetti: «Non v’è alcun dubbio che con la nuova Messa l’attenzione per Gesù Cristo è diminuita. (…) Abbiamo assistito ad una radicale negligenza della Presenza Reale di Gesù Cristo, che a partire dal Vaticano II giunge in molti casi fino alla blasfemia». E ne indica una delle ragioni: «Quando la liturgia ha spostato la sua attenzione verso il popolo, allontanandosi da Gesù Cristo, ha aperto la porta ad una estrema negligenza della Sua sacra Presenza». E sottolinea la sparizione della balaustra, che segnava «la distinzione fra il Santuario (che rappresenta il Cielo a cui porta la scala) e il resto della chiesa (che rappresenta la terra, da dove parte la scala). «E’ un fatto che la nuova Messa ha rappresentato una rottura con i secoli di continuità liturgica. Questa rottura ha comportato un declino complessivo della frequentazione della Messa, delle vocazioni e della credenza negli insegnamenti cattolici fondamentali». Summorum Pontificum ha cercato di porre rimedio alla situazione, ma Traditionis Custodes è tornato indietro. Poi, il vescovo emerito cita la Bolla Quo Primum di San Pio V, sulla perpetua validità della Messa tridentina. E vi associa, in una suggestiva scorciatoia, le parole dell’omelia di Mons. Lefebvre del 29 giugno 1976, in cui il fondatore della Fraternità San Pio X descrive magnificamente la ricchezza della Santa Messa. La Fraternità San Pio X non è fuori dalla Chiesa Il prelato americano ci tiene ad affermare: «Io penso che la Fraternità San Pio X non sia fuori dalla Chiesa cattolica e che, benché sia canonicamente irregolare, non è scismatica». In questo egli segue Mons. Athanasius Schneider «che ha fatto degli studi approfonditi sulla Fraternità», difendendola in maniera chiara e coerente; «ed ha dichiarato che i cattolici possono assistere senza preoccupazione alle Messe celebrate dal suo clero, così come ricevere da essi i sacramenti». E il prelato non esita a scrivere: «vorrei citare una celebre dichiarazione di Mons. Lefebvre del 1974. E’ chiaro che Mons.Lefebvre ha seguito un percorso da Apostolo che lo ha portato a stabilire un luogo sicuro, un rifugio, in cui si può trovare la Messa dei secoli nella sua forma pura, un luogo in cui il deposito della fede è protetto e la scala mantenuta intatta, anche se la scimmia della Chiesa ha strappato i pioli e gettato via tutto quello che vi era di più prezioso». E cita integralmente la dichiarazione di Mons. Lefebvre del 21 novembre 1974. La sua conclusione è inequivocabile: «L’arcivescovo non ha scritto questa Dichiarazione con uno spirito di ribellione, ma come una chiamata a raccolta di tutti quelli che vogliono battersi per Cristo Re. Ed io offro questa Dichiarazione come un grido di battaglia per lottare per Lui». In altre parole Mons. Strickland fa sua la Dichiarazione come stendardo di Cristo Re! Bisogna riconoscere al vescovo emerito un coraggio certo e una riflessione personale che gli fanno prendere posizione nell’attuale battaglia in maniera determinata, mentre attribuisce ciò che deve a coloro che lo hanno preceduto in questa battaglia. Un precedente articolo pubblicato su questo sito – relativo all’esortazione fatta da Mons. Strickland ai vescovi americani – faceva notare la sua retta intenzione e il suo coraggio, molto rari tra i vescovi di oggi. Egli sperava: «che questo li conduca a risalire un po’ la volta ai fili della crisi e a prendere coscienza della sua origine nel concilio Vaticano II e nelle riforme postconciliari». E’ cosa fatta. |