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Il Sinodo sulla sinodalità o la vaghezza permanente Prima Parte ![]() Già il 21 ottobre, il Padre Timothy Radcliffe, il domenicano che si batte per i diritti degli omosessuali nella Chiesa, e che è stato creato cardinale nel Concistoro del 7 dicembre 2024, aveva messo in guardia su tale conclusione. Egli affermava: «Potremmo essere delusi dalle decisioni del Sinodo. Alcuni di noi le considereranno fuorvianti, addirittura sbagliate». Nella conferenza stampa del 25 ottobre, tenuta dal National Catholic Rigister, aveva precisato: «Penso che molti, compresa la stampa, siano tentati di trovare delle decisioni sorprendenti, dei grossi titoli, ma io penso che sia un errore. Perché io penso che il Sinodo miri ad un profondo rinnovamento della Chiesa in un nuovo contesto». Questo «profondo rinnovamento» non ha esitato a spiegarlo il 26 ottobre, Andrea Tornielli, il Direttore editoriale dei media vaticani: «Il Sinodo sulla sinodalità chiede un cambio di mentalità. Chiede di non considerare la sinodalità come un compito burocratico da attuare in maniera paternalistica con alcune piccole riforme superficiali. «Il Sinodo invita a ripensare il servizio dell’autorità, compreso quello del Successore di Pietro. Chiede un ruolo di maggiore responsabilità per i laici e in particolare per le donne». Come faceva notare Jean-Marie Guénois sul sito del Figaro, il 27 ottobre: «per questo responsabile del Vaticano [Andrea Tornielli] si tratta di creare “una nuova immagine della Chiesa, in cui le strutture ecclesiali, in questa nuova prospettiva, non rappresentano più il luogo verso il quale devono convergere i laici, bensì un sostegno al servizio che il Popolo di Dio compie nel mondo”». Comincia il Nuovo Ordine sinodale Su La Nuova Bussola Quotidiana del 28 ottobre, Stefano Fontana ha dichiarato senza mezzi termini: «Il Sinodo è terminato, comincia il Nuovo Ordine sinodale». Secondo lui, il Sinodo è un movimento continuo; egli respinge l’opinione di coloro che vi vedono un avanzamento o un arretramento delle posizioni progressiste. Niente è in atto, tutto rimane aperto. Niente è definito chiaramente, tutto rimane vago. Il vaticanista italiano scrive: «Molti hanno osservato che in fin dei conti il lavoro del Sinodo è stato ridotto. Francesco ha tolto dalla discussione sinodale i principali temi scottanti, affidandoli a gruppi di studio ristretti, e poi ha dichiarato che non era ancora giunto il tempo per le donne diaconesse, e ha bloccato ogni decisione sull’argomento. […] «La novità della liturgia penitenziale, nella quale si chiedeva il perdono dei peccati a fronte di un nuovo Decalogo, si è svolta prima dell’inizio del Sinodo e dunque fuori dalle sue procedure. Per questo motivo molti pensavano che le attese nei confronti del Sinodo fossero state deliberatamente smorzate e che il suo “coraggio profetico” fosse stato messo a tacere. «Tuttavia, noi non siamo d’accordo con queste interpretazioni; non lo siamo neanche con coloro che vedono il Sinodo come un momento forte e centrale della sinodalità, in ragione delle sue decisioni di rottura; né con coloro secondo cui i lavori sinodali sarebbero stati congelati dai rallentamenti e dai danni arrecati alla nuova sinodalità. «Le due tesi non vedono che il Sinodo, in fin dei conti, deve essere considerato solo come un momento della nuova sinodalità, un semplice passaggio che non è in alcun modo decisivo o definitivo». Infatti, constata Stefano Fontana : «Il processo sinodale si svolgerà non attraverso i documenti sinodali, ma attraverso gli atti concreti. Il Padre Martin [James Martin, gesuita militante pro LGBTQ+] ne elenca alcuni: Sinodo annuale nelle diocesi, nuovi ministeri nelle parrocchie, esperienze di “conversazione nello Spirito” tra famiglie o gruppi». «E’ nostra impressione», insiste il giornalista, «che il tono basso del Sinodo avvantaggi la nuova sinodalità e non il contrario». Ed egli ne dà la prova: «Il Documento finale dei padri sinodali non dice sì alle donne diaconesse, ma lascia aperto il tema delle donne nella Chiesa (n° 60); non indica in modo specifico dei nuovi ministeri, ma mantiene questa possibilità, indicando come esempio la possibilità di un ministero “dell’ascolto e dell’accompagnamento” (n° 78). «Esso non nega la competenza decisionale dei vescovi o del Papa (n° 92), ma aggiunge che “non può essere ignorato l’orientamento che emerge nel processo consultivo come risultato di un giusto discernimento, soprattutto se è realizzato da organismi di partecipazione», e auspica a riguardo una revisione del Diritto Canonico. «Esso non riconosce esplicitamente la competenza dottrinale delle Conferenze Episcopali (nn° 120-129), ma afferma che “sarà necessario chiarire meglio il loro statuto teologico e canonico, nonché quello dei raggruppamenti continentali delle Conferenze Episcopali, per poter sfruttare il loro potenziale per l’ulteriore sviluppo di una chiesa sinodale”. «Esso propone di approfondire la “decentralizzazione” teologica e canonica, distinguendo le materie riservate al Papa da quelle che potrebbero essere accordate alle Conferenze Episcopali». Insomma, niente è fermo o chiuso, tutto rimane aperto in una vaghezza scientemente voluta. |