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La casa di Giuseppe di Don Vincent Betin, FSSPX ![]() Questa casa di Nazareth, tempio della pace
e dell’amore riabilitato,
ci mostra la forma più pura dell’amore. Tutto è cominciato con la Luce di Dio nell’anima di questo grande Patriarca: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria tua sposa, perché ciò che è nato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù, perché Egli salverà il Suo popolo da tutti i suoi peccati». Le luci di Dio, che siano date nel sonno estatico o nella veglia, illuminano l’anima fin nel profondo e vi producono la certezza. La profezia di Isaia è illuminata come un paesaggio oscuro colpito dal sole. Senza esitare, Giuseppe obbedisce. Egli prende Maria nella sua casa, con questo dando al fidanzamento la sanzione definitiva del matrimonio. Esteriormente simile a tutti gli altri, il matrimonio si svolge nelle piccole strade di Nazareth: al calare del giorno, il corteo delle fanciulle arriva con lampade accese e rami di mirto, per prendere Maria dalla casa dell’Annunciazione e condurla, cento passi più avanti, nella casa di Giuseppe. Simile a quella di Maria, questa comprende una grotta nel calcare, con un lucernario sul giardino, che sarà la parte riservata a Maria, e un vano anteriore in muratura che serve da cucina e da laboratorio. Accanto al banco di lavoro vi è una stuoia su cui Giuseppe si riposa. Come ricorderanno i genealogisti Matteo e Luca, con questo matrimonio Gesù discende da Davide tramite Giuseppe. D’altronde, i due sposi discendono dalla stessa stirpe regale. Questo matrimonio, mutua consacrazione della loro verginità, era tuttavia necessario, per salvare agli occhi degli abitanti di Nazareth, che ignoravano il mistero della concezione verginale, l’onore della madre e del bambino e per dare un coraggioso protettore a questi due esseri deboli. Ammirevole figura quella di questo semplice artigiano dall’anima regale, modello di abnegazione e di coraggio silenzioso. Ormai, niente turberà la pace e la mutua fiducia dei due sposi. La prova diede a questa fiducia una nuova consacrazione. La loro giustizia, in un’ora di tragica oscurità, ha detto loro… non giudicate! Non giudicate! Giuseppe non ha giudicato il silenzio di Maria, Maria non ha giudicato le ansie di Giuseppe. Che grande valore ha una tale lezione! E quanto torto abbiamo nel passare distrattamente su questi elementi! Dio li ha voluti su questa linea che divide i mondi, per dare ad essi un valore eterno. Quello era un tempo che per un sospetto Erode aveva fatto sgozzare sua moglie Mariamne. Era la barbarie… ed è la nostra nuova barbarie. La scena che abbiamo appena contemplato ha plasmato la nostra civiltà. I nostri avi la meditavano e da questa meditazione è nata una nuova civiltà: non giudicate! Chi dirà quanta delicatezza, pazienza e rispetto reciproco dovettero avere le case cristiane dei nostri padri di fronte a questa scena che i catechisti non hanno mancato di commentare con queste parole di Gesù... non giudicate e non sarete giudicati! Non giudicare avventatamente! Quasi sempre, interferire nella valutazione morale delle azioni degli altri è un giudizio avventato. Certo, i fatti deplorevoli devono essere condannati, ma questo lo può fare solo un giudice che abbia la competenza, l’autorità e la conoscenza di ciò che giudica, trovatemi un uomo capace di giudicare il cuore di un altro uomo… ce n’è solo uno e si chiama Gesù ed gli è la luce di questa casetta di Nazareth. Chi, se non chi è in grado di giudicare i cuori e le menti, può vantare di dare un giudizio equo sulle coscienze? Ignorans feci... dirà San Paolo parlando delle sue atrocità nei confronti dei cristiani… Io non sapevo, io ero in buona fede… Gesù conosceva l’ignoranza di Saulo, prima ancora che Paolo ne prendesse coscienza. Non giudicate … Conosciamo per le nostre case una ricetta migliore di questa? Giuseppe era giusto. Il Vangelo si accontenta di questo elogio ed esso basta. Giusto, quindi severo con sé stesso, indulgente con gli altri, servo della giustizia e non suo padrone. Una pace divina regna nella casetta di Nazareth per rivelarvi l’Amore … L’inverno palestinese è venuto con i suoi acquazzoni che trasformano le strade in torrenti. Per i due sposi è l’ora delle dolci veglie solitarie. Entrate a sera in una di queste casette del vecchio Nazareth, ai margini del souk, e rivivrete le ore che vissero là Giuseppe e Maria. Il carpentiere ha riposto i suoi strumenti di lavoro, Maria ha acceso la lampada di terracotta sul moggio, ed ha preparato la tavola. Maria presenta a Giuseppe il vaso per le abluzioni, lo serve, riempie la sua coppa, e gli porge il pane che lui dovrà benedire e spezzare. Lì accanto vi è la brillante culla preparata da Giuseppe, dove si addormenta il meraviglioso Bambino. Lo sguardo di Giuseppe si posa su questo Bambino, suo figlio. Poi guarda la sua giovane sposa con rispettosa ammirazione. E’ così che egli ama la sua sposa. Ella è bella come la sposa del cantici, di una bellezza ineffabile. Perfetta purezza dell’anima che trasfigura i lineamenti; luminosa chiarezza di immacolata innocenza. Ed anche lei quest’uomo dallo sguardo chiaro. Mettendo al dito l’anello d’oro, egli ha voluto essere il servo dei disegni divini, l’amico paterno e tenero. Entrambi sorridono alla gioia del loro segreto: il Cielo ha visitato la terra e il loro segreto è lì davanti ai loro occhi … Essi si amano, come nessun uomo ha mai amato la sua sposa, come nessuna sposa ha mai amato il suo sposo. Vicino a questo Bambino, nel silenzio della loro adorazione, questi due sposi riabilitano questa grande cosa che è l’amore. L’amore, questa cosa divina, poiché Dio ha voluto chiamarsi Amore, CARITAS, e l’umanità l’ha trascinato nel fango. Platone, nel suo Simposio, aveva provato a purificarlo. Egli aveva sospettato il ruolo della bellezza visibile, riflesso dell’invisibile, destinato a svegliare in noi l’amore per le più alte: le anime e Dio. ma anche lui era stato travolto dal turbine delle Baccanti. Adesso è stato dimenticato persino il bel sogno. Questa grande cosa che è l’amore, più grande della fede e della speranza, era diventato una piccolissima cosa, alla portata della più mediocre umanità, dell’animalità più brutale. L’amore, questo nobile servitore, creato da Dio per assicurare la propagazione della specie e la sua educazione, la collaborazione delle anime nell’unità e la perennità dalla casa, creato per rivelare, nello specchio delle creature, la bellezza fonte di ogni bellezza, questo regale servitore, il paganesimo l’ha mutato in tiranno delle anime e dei corpi. Il servitore della vita è diventato il suo affossatore: disgregando la casa abbandonata al divorzio, che uccide il bambino che deve nascere, asfissiando con le sue ossessioni la mente e il cuore. Questa casa di Nazareth, tempio della pace e dell’amore riabilitato, ci mostra la forma più pura dell’amore nella verginità volontaria. Questa rivelazione ha fatto nascere la generazione di persone caste, che rinunciano alle gioie provvidenziali del matrimonio, non per egoismo, ma per una più grande dedizione alla famiglia delle anime. Ed ha anche fatto nascere l’amore coniugale, gloria del focolare cristiano. Amore che conosce i suoi diritti, meno numerosi dei suoi doveri. Perché chi ama si dona, perché il termine ultimo dell’amore è il sacrificio. Un tale amore porta con sé la sua prima ricompensa: è invulnerabile. Da dove potrebbe venire la sua morte? Dalla sofferenza? L’amore è il vero trionfo dei capelli bianchi e della stessa morte. La tomba è la sua apoteosi, perché unisce le anime più che i corpi, e le anime non si seppelliscono. Lezione di Nazareth! Ahimè, ti abbiamo dimenticata ed è per questo che le nostre famiglie e le nostre città vacillano. La famiglia in rovina, il bambino, questo fastidio, viene sacrificato nel suo corpo o almeno nella sua anima... generazioni di prossimi degenerati, di abulici, di squilibrati, che scivolano dalla lussuria alla cocaina, dal manicomio alla prigione. Benedetta sia la visione di Nazareth, visione di pace e di trionfo nella verginità… quì risplendono il primato dello spirito e l’imperitura giovinezza! |