La genesi del Talmud



di Don Curzio Nitoglia



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ISRAEL/EUGENIO ZOLLI definisce il Talmud come il “grande corpus delle tradizioni rabbiniche” (1).

RICCARDO CALIMANI lo descrive così: “Una credenza rabbinica, che nel tempo si diffuse sempre più e divenne autorevole, arrivò a sostenere che Mosè aveva ricevuto la Torah [= Legge, ndr] totale sul monte Sinai, sia nella forma scritta: Torah o Pentateuco, sia nella forma orale, Mishnah.
Trasmessa a Giosuè e da questi agli anziani e poi, via via […], fu affidata alla memoria degli uomini che la redassero materialmente. Sotto questa nuova luce la Mishnah […] acquista, come Legge orale trascritta dopo la Rivelazione sul Sinai, un’importanza enorme […]. Non c’è da stupirsi, pertanto, che ne siano scaturiti innumerevoli commentari […].
Gli amoraim (letteralmente: relatori) furono quei maestri che, fra il III e il V secolo circa [d. C.], succedettero ai tannaim (ripetitori, insegnanti, dal I al III secolo) e diedero vita a un grande commentario detto Ghemaràh il quale aggiunto alla Mishnah, prese il nome di Talmud.
La scuola palestinese produsse il Talmud di Gerusalemme, e quella di Babilonia il Talmud Babli, considerato il più importante e concluso nel VI secolo [d. C.]” (2).

SAN GIOVANNI BOSCO (Storia sacra, Torino, SEI, IX ed., 1950), spiega: «Il Talmud è il corpo della dottrina ebraica, che abbraccia la religione, le leggi e i costumi degli Ebrei. Ve ne sono due: il Talmud di Gerusalemme, composto dai rabbini di questa città verso l’anno 200 d. C., in favore dei Giudei che dimoravano nella Giudea; e il Talmud di Babilonia, composto in questa città circa 200 anni dopo il primo, per uso dei Giudei che abitavano aldilà dell’Eufrate. […].
Il Talmud si compone a) di Misnà: il codice di diritto ecclesiastico e civile dei Giudei. Questa parola significa “Legge orale, ripetizione della Legge o seconda Legge”. I Giudei credono che, oltre la Legge scritta, Mosè abbia ricevuto sul monte Sinai altre leggi che comunicò a viva voce e che si sono conservate tra i dottori nella Sinagoga sino al tempo del famoso rabbino Giuda il Santo, che scrisse la Misnà verso l’anno 180 d. C. Essa non è altro che il testo e la raccolta dei riti e delle Leggi orali dei Giudei; b) di Gemarà: “complemento” o “perfezione”. È il nome della seconda parte del Talmud, la prima della quale si chiama Misnà. La Gemarà è riguardata dai Giudei come il “compimento o perfezione della Legge” (Misnà) in quanto è una spiegazione di essa o un commento del testo della Legge orale messo poi per iscritto» (pp. 234, 241, 253).


Importanza del Talmud

ELIO TOAFF, nel suo libro Essere ebreo, spiega che “nel Talmud si trovano le origini di quello che è l’Ebraismo attuale. Studiando il Talmud si scoprono le origini dell’Ebraismo moderno” (3).

Padre JOSEPH BONSIRVEN nel Dictionnaire de Théologie Catholique ha curato la voce “Talmud”, illustrandone il piano, la teologia e lo spirito.

Egli scrive: “I due Talmud [di Gerusalemme e di Babilonia] si presentano come un commento della Misnah [Legge orale] e, quindi, bisogna riferirli a essa […]. Essa si divide in sei sezioni, ogni sezione comprende diversi trattati, che sono divisi in capitoli e versetti” (4). La sezione IV è la più interessante, riguardo ai rapporti Giudaismo-Cristianesimo, s’intitola Neziqim (danni).

Il padre Joseph Bonsirven ci fa presente che la dialettica talmudica non s’accorda con la logica aristotelica, fatta di sillogismi e deduzioni rigorose: il Talmud è impregnato di spirito ermetico, usa una terminologia particolare, ha uno stile impenetrabile, usa delle espressioni convenzionali e conclude che “il solo metodo per diventare maestri [di Talmudismo, ndr] è di mettersi – sin da bambini – alla scuola di un dottore versato nella lingua e terminologia [talmudica, ndr], che conosce i segreti della legislazione [ebraica, ndr], di leggere e rileggere il testo con il maestro, ripetere e imparare a memoria ed empiricamente, numerose nozioni che non si trovano nelle opere scientifiche e critiche, come i dizionari, le grammatiche e le terminologie” (5).

Perciò, è del tutto ìmpari cercare di studiare il nudo Talmud senza aver ricevuto un’educazione rabbinica: per poterne conoscere lo spirito, occorre fidarsi di esperti come il Bonsirven o lo Zolli, che in quanto ex-rabbini ne conoscono il vero significato e non lo esagerano per odio razziale né lo diminuiscono per pregiudizi di dialogo ecumenico inter-religioso “giudaico/cristiano”, tanto di moda adesso specialmente in ambiente ecclesiale (6).

Il Bonsivern, nel D. Th. C., scrive che nel Talmud: «Notiamo delle deviazioni […] che orientano verso una forma di religione più naturalista e più razionalista. Ciò è dovuto a un’accentuazione eccessiva di due dogmi: l’elezione di Israele e l’autorità divina […] della Torà. La preoccupazione di salvaguardare la nazione santa conduce in pratica a un separatismo e particolarismo soffocanti e rovinosi, a un orgoglio etnico inevitabile, che facilmente diventa razzismo, odio per lo straniero. Il culto del popolo ebraico, la quasi adorazione della lettera della Legge, conducono alle seguenti conseguenze: una tale stima della libertà umana da volerla impenetrabile al beneplacito di Dio e all’azione della sua grazia; una ripugnanza per l’ordine soprannaturale propriamente detto; l’eccesso dello spirito legalista e giuridico che moltiplica le prescrizioni, soffoca la vita in un dedalo impenetrabile di osservazioni e di pratiche, aprendo la porta al formalismo, molto prossimo all’ipocrisia; l’autorità esorbitante delle decisioni rabbiniche che legano la volontà di Dio e mettono in scacco i suoi Comandamenti» (7).
In conclusione, lo spirito del Giudaismo chiude le anime al “messaggio cristiano, totalmente soprannaturale” (8).

Indi, padre Bonsirven cita “il grande storico ebreo-tedesco del popolo ebraico” HENRI GRAETZ (Histoire des Juifs, tr. fr., tomo V, p. 154) che scrive: “I difetti del metodo d’insegnamento talmudico, le sottigliezze, l’abitudine di discettare, la furbizia penetrarono nella vita pratica e degenerarono in duplicità e spirito complicato e slealtà. Era difficile per gli Ebrei ingannarsi tra loro, poiché avevano tutti ricevuto la stessa educazione [talmudica, ndr] e quindi combattevano ad armi pari. Ma, spesso, usavano l’inganno e i mezzi sleali riguardo ai non-ebrei”.
Più che il Talmud stesso – conclude il Bonsirven – è lo spirito o l’educazione e l’insegnamento talmudico, che hanno nuociuto tanto agli Ebrei” (9).


Polemica tra Cristiani ed Ebrei

Ben presto i Cristiani mossero gravi accuse al Talmud, rimproverandogli anzitutto intollerabili bestemmie contro Gesù.
«Di Fatto – scrive Joseph Bonsirven – il Talmud contiene il nocciolo delle storie, raccolte e sviluppate nell’infame libello Toledot Jesu (10), pubblicato in Germania verso il IX secolo […].
ISIDORO LOEB [ebreo e grande esperto di Giudaismo, ndr] lo riconosce: “Non vi è nulla di stupefacente che il Talmud contenga attacchi contro Gesù. Sarebbe strano se non ve ne fossero” (Revue des études juives, t. I, p. 256).
Altra accusa: l’inimicizia irreconciliabile contro i Cristiani […]. Troviamo nel Talmud la condanna severa dei minìm, molti vi vedono una designazione dei Cristiani» (11).

FÉLIX VERNET spiega che: “La parola minìm […], servì a designare i Cristiani, lo stesso vale per la parola goyim: essi – maledetti dal Talmud – anticamente rappresentavano i Greci o i Romani di Tito e d’Adriano […]. Ora, è pacifico che, in séguito, allontanatisi i Greci e i Romani…, e soffrendo la presenza dei Cristiani, gli Ebrei presero l’abitudine di applicare loro le sentenze contro i goyim. […]. L’attitudine del Talmud verso Gesù Cristo è cattiva. Vi si ritrovano bestemmie e volgarità contro Gesù: la sua nascita illegittima, insulti alla Madonna […]. Si possono leggere tutti i testi talmudici relativi a Gesù, non in un’edizione purgata di esso, ma nelle edizioni complete, o nelle antologie compilate da G. DALMAN, in H. LAIBLE, Jesus Christus in Talmud, Berlino, 1891 […]. Tuttavia – ammonisce il professor Vernet – è successo che, nella foga della polemica anti-ebraica, furono allegati dei testi inautentici o mal compresi. Si è voluto dire che tutto il Talmud è totalmente cattivo. Questo è inesatto; i testi riprovevoli, nell’insieme, sono relativamente rari, ma se il Talmud non è solo odio contro Cristo e i Cristiani, vi è anche dell’odio” (12).

Riassumendo al massimo questa è l’essenza e la genesi del Talmud.



NOTE 

1 - E. ZOLLI, voce Talmud, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1953, vol. XI, coll. 1714-1715.
2 - R. CALIMANI, Non è facile essere ebreo. L’ebraismo spiegato ai non ebrei, Milano, Mondadori, 2004, pp. 40-42.
3 - A. ELKANN-E. TOAFF, Essere ebreo, Milano, Bompiani, 1994, p. 107.
4 - Dictionnaire de Théologie Catholique (D. Th. C.), voce Talmud, col. 15, Parigi, Letouzey, 1903-1950.
5 - Cfr. D. Th. C., cit., coll. 18-19.
6 - Non si può presumere di conoscere il Talmud dopo aver studiato i primi rudimenti di lingua ebraica o aramaica; per i non-ebrei si deve ricorrere ai riassunti fatti da Ebrei convertiti, come il Donìn, e alle antologie divulgative come quelle di A. ROHLING (Der Talmudjude, 1878, tr. fr. aumentata, Parigi, 1889) e di G. B. PRAINATIS (Christianus in Talmude Judaeorum, Petropoli, 1892, tr. it., Roma, Tumminelli, 1939, rist., Proceno - Viterbo, Effedieffe, 2005), per citare le più note, le quali, pur avendo i loro limiti (non esprimono tutta la teologia talmudica), hanno anche una loro utilità (fanno conoscere il pensiero del Giudaismo post-biblico su Cristo e i Cristiani), facendo attenzione a non lasciarsi coinvolgere emotivamente in uno spirito di rivalsa, ma senza neppure proibirne l’uso per non cadere nell’abuso (abusus non tollit usum).
7 - D. Th. C., cit., col. 24.
8 - Ivi.
9 - D. Th. C., cit., col. 26.
10 - In italiano si può leggere Il Vangelo del Ghetto. Le Toledòth Jéshu, a cura di RICCARDO DI SEGNI, Roma, Newton Compton, 1985.
11 - Dictionnaire de Théologie Cahtolique (D. Th. C.), voce Talmud, a cura di J. BONSIRVEN, coll. 27-28, Parigi, Letouzey, 1903-1950. Per la questione delle dispute tra convertiti ed ebrei cfr. E. ZOLLI, Antisemitismo, cit., Roma, AVE, 1945 (rist. Cinisello Balsamo, S. Paolo, 2005) pp. 139-147.
12 - D. A. F. C., cit., coll. 1689-1690.









 
febbraio 2025
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