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La Quaresima non è un Ramadan cattolico di Don Louis-Marie Berthe, FSSPX ![]() Musulmana offre i dolci del Ramadan Contrariamente a quanto
insinuano certuni, le differenze tra il digiuno del musulmano e la
penitenza del cattolico sono numerose.
Data la crescente visibilità e la indiscreta pubblicità mediatica del Ramadan nella società francese, sempre più cattolici – soprattutto tra quelli che sono tornati alla fede recentemente – hanno la tendenza a considerare la Quaresima come un Ramadan alla maniera cattolica. D’altronde, I comunicati della Santa Sede e dei vescovi, che ogni anno inviano un messaggio ai musulmani per l’inizio del Ramadan, contribuiscono ad alimentare la detta confusione; e talvolta si fa un parallelo fra la Quaresima e il Ramadan, con quest’ultimo che viene sempre presentato come un tempo santo e benedetto. Tuttavia, se il Ramadan presenta alcune superficiali somiglianze con la Quaresima, che gli è storicamente anteriore di oltre due secoli, sarebbe una caricatura se si cercasse di imitarlo. A differenza del Ramadan, che è un semplice obbligo rituale prescritto nel Corano, la Quaresima ha la sua ricchezza di significato nella storia santa, in cui è iscritta: come il popolo ebraico, uscito dall’Egitto, passò quaranta anni nel deserto – il tempo che si rinnovasse la generazione che rifiutava di abbandonare il paganesimo egiziano – prima di giungere nella Terra Promessa, così il popolo cristiano è chiamato ogni anno, durante i quaranta giorni della Quaresima, a rinnovarsi interiormente, abbandonando le sue cattive abitudini peccaminose, per vivere in maniera più santa e gradita a Dio. Nello spirito della Chiesa, la Quaresima è la preparazione alla grande festa di Pasqua: è un tempo di mortificazione – far morire l’uomo vecchio – che prepara il cuore dell’uomo a rinascere spiritualmente con Cristo, vincitore del demonio e del peccato, a Pasqua. Da qui nascono le numerose differenze tra il digiuno del musulmano e la penitenza del cattolico. Il Ramadan è prima di tutto un avvenimento comunitario, un segno di appartenenza sociale e religiosa, mentre la Quaresima è prima di tutto un tempo di conversione personale, anche se il popolo cattolico è chiamato a viverlo insieme al ritmo della liturgia. Quindi, il musulmano che osserva il Ramadan deve poter essere riconosciuto pubblicamente come tale; in caso di infrazione alla regola e a seconda delle circostanze, egli può subire la pressione sociale o perfino una sanzione. Invece, la nostra Quaresima comincia con queste parole di Nostro Signore che condanna ogni ostentazione: «Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». (Mt 6, 17–18). Come segno di appartenenza sociale, il Ramadan si concentra quindi su certi atti esteriori (mangiare, bere, fumare…); mentre la Quaresima, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo, cerca soprattutto, attraverso le osservanze esteriori del digiuno e dell’astinenza, la guarigione dell’anima. Ecco perché la Quaresima non si limita ai digiuni, ma più ampiamente, essa cerca di distruggere il peccato e ogni affetto disordinato in noi. Peraltro il digiuno è solo una parte del tradizionale trittico quaresimale: preghiera, digiuno, elemosina. Il digiuno del Ramadan è brutale ed eccessivo (niente cibo o bevande, nemmeno acqua per tutto il giorno; ma nella notte tutto è permesso) e di conseguenza talvolta è imprudente, dando luogo a comportamenti aggressivi e violenti, che sono un dato i fatto della società. La penitenza della Quaresima, invece, è moderata: astinenza dalla carne i venerdì; digiuno (un solo pasto al giorno) il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Il resto è lasciato alla libertà di ciascuno. Quindi essa opera con dolcezza la trasformazione dei cuori e dei costumi. Il Ramadan non è un tempo di penitenza, ma di obbedienza alla legge del Corano: la rottura del digiuno ogni sera porta piuttosto a dei costumi festivi e conviviali, da cui l’espressione «fare del Ramadan»; la Quaresima invece è coronata solo alla fine di un tempo lungo 40 giorni, con le gioie pasquali: è un tempo di penitenza e di espiazione per i peccati che abbiamo commesso; un tempo di lotta spirituale per allontanare dal cuore le tendenze malvage che vi regnano; è un tempo di lotta e di lacrime. Queste numerose e profonde differenze segnalate bastano a farci evitare ogni dannosa confusione tra la Quaresima e il Ramadan, così come ogni tentativo di permeare la nostra Quaresima dello spirito del Ramadan. Al contrario, occorre dar prova di discrezione, nei due sensi del termine, durante la santa quarantena. Cioè, prima di tutto, occorre vegliare a non disturbare gli altri, a non imporsi o a non impressionare chi ci circonda. Questo significa, allora, che – oltre a ciò che la legge della Chiesa ci impone con parsimonia – bisogna scegliere liberamente e intelligentemente le penitenze adatte alle nostre possibilità e ai nostri bisogni, vegliando soprattutto, con le nostre risoluzioni, a mortificare i movimenti disordinati del cuore. La corretta comprensione di ciò che è la Quaresima, rispetto al Ramadan, dovrebbe anche farci evitare di cadere nell’ingenua o benevola compiacenza di quella gente di Chiesa che non esita ad augurare un benedetto o santo Ramadan. Che numerosi musulmani pratichino il Ramadan con sincerità ed anche col desiderio di migliorarsi e purificarsi, è cosa ben possibile. Ma che dei vescovi, dei preti o dei semplici battezzati parlino di santo, il che viene fatto col rigetto di Cristo, Figlio di Dio, il solo Salvatore e il solo Santo, questa è cosa contraria all’amore per Gesù Cristo e al bene dei musulmani. |