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Necrologio di Richard Nelson Williamson 5 marzo 2025 di Mons. Carlo Maria Viganò ![]() La sua vita terrena è iniziata e si è conclusa in Inghilterra, ma il suo operato e la sua vocazione lo hanno portato in numerosi altri paesi. Il viaggio dalla sua nascita, nel Nord di Londra, alla sua morte nel Kent, 85 anni dopo, è straordinario e affascinante. Richard Nelson Williamson nacque ad Hampstead, nel Nord di Londra, l’8 marzo 1940, secondo figlio di John Williamson e di sua moglie Helen (nata Nelson). John Williamson, originario del Nottinghamshire, nelle Midlands Inglesi, era un dipendente senior di Marks & Spencer, una nota catena di vendita al dettaglio. Helen Nelson, che dopo il matrimonio si dedicò alla casa e alla famiglia, era l’unica figlia di Harry Nelson, un affermato uomo d’affari americano, e di sua moglie, Olive. I primi anni della vita di Richard Williamson, anche se un po’ sconvolti dalla Seconda Guerra Mondiale (in particolare da un temporaneo trasferimento nel Leicestershire), trascorsero in una tranquilla casa borghese. John ed Helen Williamson andavano d’accordo, quindi la vita in casa era ordinata e pacifica. La famiglia aveva un forte senso delle usanze, della civiltà e della decenza, ma la religione era più o meno assente. Il matrimonio di John ed Helen Williamson si svolse nel 1936, con una cerimonia puramente civile. John Williamson non frequentava alcun luogo di culto la Domenica mattina, ma lo si poteva trovare in un campo da golf. Da bambino, Richard fu mandato in una scuola preparatoria privata, la Downsend, nel Leatherhead, nel Surrey, appena a Sud di Londra. Riflettendo molti anni dopo, il vescovo parlò bene della Downsend e della buona preparazione che forniva ai suoi studenti su materie come la matematica, il francese e il latino. Giunto all’adolescenza, Richard fu mandato in una scuola superiore. A quei tempi, per gli studenti di scuole come la Downsend, si trattava di una scelta normale – e in effetti la decisione presa da John Williamson per suo figlio fu per una prestigiosa “scuola pubblica” (i lettori non britannici potrebbero sorprendersi nell’apprendere che in Inghilterra l’espressione “scuola pubblica” indica effettivamente una scuola privata molto esclusiva!). Il brillante giovane Richard vinse una borsa di studio al Winchester College, presumibilmente la scuola più intellettualmente brillante dell’intero paese. La vita condotta fino ad allora da Richard appare come quella di un tipico inglese della sua classe e generazione. Se le cose fossero andate avanti così, probabilmente egli avrebbe intrapreso una carriera di successo negli affari o nella professione, e avrebbe goduto di una confortevole e irreligiosa vita, da qualche parte nel Sud dell’Inghilterra. E’ a Winchester che si riscontrano i primi segni di quegli interrogativi e della testardaggine che avrebbero condotto Richard lontano dall’iter borghese e che alla fine lo avrebbero portato al sacerdozio. Egli notò presto la differenza tra il suo ambiente sociale, prospero, ma solo borghese, e quello della maggior parte degli Wykehamists che provenivano dalle più alte fasce sociali della società inglese. Questa distinzione di classe lo fece sentire un po’ a disagio durante il tempo della scuola. Un altra e più importante fonte di malcontento di Richard fu la religione che si praticava a Winchester. All’inizio, egli accettò l’anglicanesimo della scuola e ricevette la “cresima” anglicana, ma presto divenne ateo e infatti una volta fu rimproverato per il suo comportamento nella Cappella della scuola. Anche se i suoi anni a Winchester furono non troppo felici, Richard Williamson se la cavò abbastanza bene, tanto da essere ammesso all’Università di Cambridge (Clare College). Neanche qui si trovò a suo agio. Iniziò come studente di lingue moderne, poi passò a giurisprudenza per un anno e infine a letteratura inglese. Si laureò regolarmente a Cambridge nel 1961. Come finì questo giovane istruito? Egli era colto e bravo nello scrivere. Non sorprende che abbia passato due anni come critico di arte e musica per un giornale del Galles. Molto scoraggiato dall’esperienza di essere stato costretto a riscrivere un articolo in cui aveva espresso onestamente la sua opinione, abbandonò presto il giornalismo. Dopo questa breve carriera giornalistica, Richard incominciò a fare quello che avrebbe fatto per gran parte delle sua vita da adulto: insegnare. La Downsend, la sua scuola preparatoria, aveva bisogno di un insegnante per l’ultimo trimestre dell’anno accademico 1962-63. Svolse puntualmente il suo incarico temporaneo nella scuola di Leatherhead. Poi, su suggerimento di un amico, trascorse due anni ad insegnare nel Ghana, ex colonia britannica passata da recente all’indipendenza. Al suo ritorno dall’Africa, accettò un incarico alla San Paolo di Londra, una prestigiosa scuola per ragazzi. Richard notò presto che la San Paolo degli anni ’60 era molto diversa dalla Winchester degli anni ’50: l’istruzione classica che era stata a lungo la norma indiscussa nelle scuole pubbliche inglesi, ora stava per essere abbandonata. Perfino i genitori alla San Paolo, che provenissero dalla zona alta di Londra o dalla periferia, in genere non appoggiavano gli sforzi di Williamson di dare una vera istruzione ai loro figli. Fu mentre era alla San Paolo che Richard Williamson iniziò ad esplorare il cattolicesimo. Iniziò leggendo quanto poteva sulla sua futura religione e visitò diversi sacerdoti. Tuttavia, per il momento egli rimase un ateo. Durante il suo quinto e ultimo anno alla San Paolo studiò seriamente la Summa teologica. Con grande delusione dei maestri e degli allievi, lasciò la San Paolo nel 1970. Quindi trascorse diversi mesi da solo in un cottage nelle Highlands Scozzesi, leggendo e pregando (comprese le quindici decine del Rosario tutti i giorni). Infine, uno scherzo giuocatogli da un sacerdote irlandese portò Williamson alla Chiesa cattolica. L’ex insegnante accettò di partecipare al ricevimento nella Chiesa cattolica di un ex allievo. Il sacerdote officiante, Don John Flanagan, chiese all’allora sig. Williamson se pensava che il suo ex allievo stesse facendo la cosa giusta divenendo cattolico. Dopo qualche esitazione, Williamson rispose che pensava che il giovane convertito stesse facendo effettivamente la cosa giusta. Allora il sacerdote invitò Williamson a ritornare dopo tre settimane per essere ricevuto anch’egli nella Chiesa cattolica. Williamson cercò invano un motivo per rifiutare quell’invito, ma nel giro di pochi minuti si rese conto che il giuoco era fatto. Accettò di diventare cattolico. Il ricevimento di Richard Williamson nella Chiesa cattolica avvenne il 23 gennaio 1971, alla presenza di entrambi i suoi genitori (ma nessuno dei due divenne mai cattolico). Il nuovo convertito partì per un viaggio cattolico in Europa, mentre Don Flanagan gli suggerì di diventare sacerdote (un’idea che Richard non accolse con entusiamo). Egli visitò diversi Santuari mariani (compresi Rue du Bac a Parigi, Lourdes, Garabandal, San Damiano, Heroldsbach e Fatima – non tutte le apparizioni in questi luoghi godevano dell’approvazione della Chiesa). In seguito egli parlò della sua delusione per il fatto che, tornato in Inghilterra, i sacerdoti con cui parlò mostravano scarso interesse per i Santuari che aveva visitato. Visitò anche la grotta di Manresa, in Spagna, dove si era ritirato Sant’Ignazio di Loyola durante la sua conversione. A Roma, Williamson notò una deprimente mancanza di fede nel clero. Durante questi viaggi continuò a studiare la Somma Teologica. Durante questa lunga visita di un anno nel continente, il viaggiatore incontrò alcune persone interessanti, tra cui il noto giornalista britannico Malcom Muggeridge, che Williamson conosceva già, il romanziere cattolico Graham Greene e … l’arcivescovo Lefebvre durante una breve visita a Ecône. Questo primo incontro con il fondatore della Fraternità San Pio X sembra che sia stato piuttosto breve. Forse l’incontro più importante che ebbe mentre era nel continente fu con Mamma Rosa di San Damiano che, quand’egli le disse che non era sicuro di cosa fare della sua vita, lei gli consigliò di visitare il suo direttore spirituale: Don Flanagan. Al suo ritorno in Inghilterra, nella primavera del 1972, Richard Williamson andò effettivamente a trovare Don Flanagan. Su consiglio del suo direttore spirituale egli andò ad insegnare – per breve tempo – in una scuola vicina. Iniziò anche ad occuparsi della questione della vocazione al sacerdozio. Un tentativo di entrare nel clero secolare della nuova diocesi di Arundel & Brighton (a cui apparteneva Don Flanagan) fallì, perché secondo i selezionatori conciliari il candidato era troppo cattolico. Un breve periodo come postulante al Brompton Oratory si concluse con il rifiuto dell’aspirante oratoriano, forse a causa di una domanda “impertinente” (perché non studiamo Sant’Agostino?) posta durante un corso di scrittura. Don Flanagan era un sacerdote conservatore, indubbiamente ortodosso nella sua dottrina. Ma accettò di celebrare col Novus Ordo Missae, e non ebbe alcun ruolo nell’emergente movimento tradizionalista. In effetti, in una occasione Don Flanagan si rifiutò di incontrare Mons. Lefebvre. Ma era consapevole che Richard Williamson, teologicamente “troppo di destra” anche per il Brompton Oratory (che da tempo aveva la reputazione di essere una delle chiese più conservatrice di Londra) sarebbe probabilmente sopravvissuto in un certo Seminario da poco fondato in Svizzera. Don Flanagan riconobbe la realtà della situazione del suo assistito e gli disse che per lui il posto dove andare era Ecône. Verso la fine del 1972, Richard Williamson arrivò al Seminario Internazionale San Pio X. Fece prima un ritiro ignaziano di trenta giorni, tenuto da Padre Ludovic-Marie Barrielle. Dopo il ritiro decise di rimanere Ecône per studiare per il sacerdozio. Williamson era felice ad Ecône. La ricerca irrequieta di qualcosa, iniziata forse nei suoi giorni tutt’altro che felici di Winchester, era soddisfatta. Mons. Lefebvre dimostrò grande fiducia nel giovane inglese. In due occasioni fu scelto come persona del Seminario da far vedere, quando gli operatori della televisione francese lo visitarono. E fu anche il primo seminarista che Sua Eccellenza mandò ad essere interrogato, nel 1974, da due visitatori inviati da Roma. L’istruzione che Williamson aveva ricevuto faceva sì che sarebbe diventato sacerdote entro quattro anni dal suo ingresso ad Ecône. Il 29 giugno 1976 egli fu uno di quasi una dozzina di seminaristi ad essere ordinati al Sacro Sacerdozio da Mons. Lefebvre. Per queste ordinazioni, le autorità conciliari decretarono la sospensione a divinis dell’arcivescovo. Dopo la sua ordinazione, Don Williamson fu mandato a lavorare alla formazione dei sacerdoti della Fraternità San Pio X in Germania. Un anno dopo fu richiamato per insegnare a Ecône, dove rimase fino al 1983. Una disputa entro la Fraternità San Pio X, come ce ne sono state parecchie negli anni, fu l’occasione per la nomina di Don Williamson come nuovo Rettore del Seminario della Fraternità negli Stati Uniti. In seguito ad un disaccordo con la Fraternità su diverse questioni (tra cui l’uso della liturgia di Giovanni XXIII e il riconoscimento degli annullamenti dei matrimoni conciliari, quattro sacerdoti della Fraternità del distretto del Nord-Est (U.S. A.) furono espulsi e presto se ne sommarono altri cinque. Don Williamson fu inviato oltre Atlantico per colmare il vuoto lasciato da queste partenze. Egli fu nominato Rettore del Seminario San Tommaso d’Aquino, in sostituzione di don Donald Sanborn e dopo poco fu nominato Superiore del Distretto al posto di Don Clarence Kelly. Arrivato a Ridgefield, Don Williamson diede inizio a quella che sarebbe diventata una parte significativa del lavoro della sua vita: le sue Lettere del Rettore, che più tardi diventarono Eleison Comments. Le prime di queste lettere erano poco più che newsletters, che informavano i benefattori sugli eventi seguiti all’uscita “dei nove”, e appelli per i fondi. Dopo pochi mesi queste lettere (stampate su carta e inviate per posta) includevano alcuni commenti su ciò che accadeva nella Chiesa e nel mondo. Queste lettere di Don Williamson continuarono per i 20 anni che prestò servizio come Rettore. Con Mons. Lefebvre che, nato nel 1905, diventava anziano e con l’assenza di prospettive realistiche circa la presenza di un altro vescovo vivente che potesse venire in aiuto dei cattolici che desideravano conservare la Fede, cominciò a sorgere per Sua Eccellenza la questione delle consacrazioni episcopali. In tempi normali sarebbe stato un reato molto grave per un vescovo consacrare un altro vescovo senza la necessaria autorizzazione del Papa. Alcuni sacerdoti della Fraternità erano implacabilmente contrari ad un simile atto compiuto dal loro Fondatore, e infatti certuni alla fine lo abbandonarono a causa di questa questione. Altri sacerdoti erano aperti all’idea e altri ancora volevano decisamente vedere una consacrazione episcopale. Nell’autunno del 1987, Don Williamson scrisse che sperava che ogni consacrazione episcopale fosse fatta con l’approvazione di Giovanni Paolo II, ma chiaramente non era preoccupato dalla prospettiva di una consacrazione senza approvazione. In quel periodo, un argomento di conversazione tra i tradizionalisti era chi sarebbero stati consacrati vescovi. Don Williamson era considerato il più probabile tra i candidati di lingua inglese; in effetti egli più tardi confermò che quella sarebbe stata la scelta dell’arcivescovo se avesse consacrato un solo vescovo (Egli voleva un britannico sanguinario!). I negoziati tra la Fraternità San Pio X e la Roma di Giovanni Paolo II andarono avanti per gran parte dell’anno accademico 1987-1988. Nel marzo del 1988, Mons. Lefebvre firmò perfino i punti di un accordo, cosa che subito dopo lo fece sentire molto a disagio. A giugno, Sua Eccellenza annunciò che l’ultimo giorno di quel mese avrebbe consacrato quattro vescovi senza l’approvazione di Giovanni Paolo II. Come previsto, Don Williamson era tra i quattro, gli altri nuovi vescovi sarebbero stati Don Bernard Tissier de Mallerais, Don Alfonso de Galarreta e Don Bernard Fellay. Per la storica cerimonia giunse ad Ecône una folla di migliaia di persone, tra le quali Helen Williamson, John Williamson era morto l’anno prima, ma il nuovo vescovo Williamson disse che suo padre sarebbe stato presente se fosse stato vivo. Il Vaticano annunciò che i vescovi consacranti (Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer) e i quattro vescovi consacrati erano stati automaticamente scomunicati. Né Mons. Williamson né gli altri cinque vescovi diedero peso a questo decreto del Vaticano. Subito dopo le consacrazioni episcopali si svolse un Capitolo della Fraternità San Pio X e Mons. Williamson venne designato come secondo Assistente del Superiore Generale. Nel 1988, l’altro evento che interessò Mons. Williamson fu il trasferimento dal Seminario da Ridgefield (Connecticut) a Winona (Minnesota). L’edificio del Seminario di Winona, un ex noviziato domenicano costruito negli anni ’50, era più grande di quello di Ridgefiel e aveva molto più terreno a disposizione; questo maggiore spazio permise a Mons. Williamson di dare ai seminaristi una formazione “all’aria aperta”. Notando una mancanza di quella cultura che egli riteneva essenziale se la grazia soprannaturale dovesse veramente prendere possesso di un’anima, tra i suoi seminaristi, questo inglese molto colto istituì per i seminaristi un anno preliminare di studi umanistici, allo scopo di colmare – anche se solo parzialmente – le lacune su materie come musica, letteratura e storia. Oltre a dirigere il Seminario nordamericano della Fraternità San Pio X, il vescovo percorreva grandi distanze per amministrare la Cresima alle anime in tutto il mondo. Una volta disse scherzando che se sei un vescovo della Fraternità, la tua cattedrale è un Boeing 747! Tornato in Seminario, egli continuò a scrivere le sue lettere mensili. Non tutte riscuotevano l’universale approvazione dei loro lettori. Una lettera in cui il vescovo criticava il film The Sound of Music, e una serie di missive nelle quali criticava le donne che indossavano i pantaloni, fecero perdere alcuni amici a Sua Eccellenza. Gli anni 1990 scorrevano rapidamente. Nel 1994, Mons. Fellay fu eletto Superiore Generale della Fraternità San Pio X. Tutto sembrava andare bene nella Fraternità. Tuttavia, lo storico attento della Fraternità noterà che quello fu il tempo dei colloqui del GREC (Gruppo di Riconciliazione tra Cattolici), che diedero molto incoraggiamento a quei sacerdoti della Fraternità che speravano di raggiungere un accordo canonico con la Chiesa conciliare. Molto tempo dopo la sua espulsione dalla Fraternità, Mons. Williamson disse che coloro che cercavano un accordo con la Neochiesa si erano messi all’opera dopo la morte di Mons. Lefebvre (1991). Nell’agosto del 2000, la Fraternità organizzò un impressionante pellegrinaggio a Roma. Decine e decine di sacerdoti e religiosi e innumerevoli centinaia di laici sfilarono pregando nella Città Eterna per diversi giorni. Alla conclusione del pellegrinaggio, i quattro vescovi della Fraternità furono invitati a pranzo dal cardinale Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero. Mons. Williamson partecipò al magnifico pasto, senza dubbio consapevole che cibo e bevande possono essere armi efficaci in politica. I colloqui tra la Fraternità e la nuova Roma iniziarono presto. Alcuni dei pericoli di un accordo tra la Fraternità e la Chiesa conciliare furono esposti da Mons. Williamson in una Lettera del Rettore di Winona. Nel 2001, i colloqui giunsero ad un punto morto, ma altri colloqui sarebbero seguiti più tardi. Un primo segnale del difficile rapporto fra Mons. Williamson e la dirigenza della Fraternità si ebbe nel 1999, quando il Superiore Generale, Mons. Fellay, chiese a Mons.Williamson di lasciare Winona per diventare Superiore del Distretto delle Filippine. Mons. Williamson rifiutò. Quattro anni più tardi accettò di dimettersi dal Rettorato di Winona per andare a svolgere l’incarico di Rettore del Seminario di La Reja, in Argentina. A tempo debito, egli considerò che questo trasferimento in America Latina fosse stato un mezzo per diminuire la sua influenza nella Fraternità. Nel 2006, la mancanza di entusiasmo per la rielezione (al Capitolo Generale di quell’anno) di Mons. Fellay come Superiore Generale, fu facile da capire. Nel luglio del 2007, quattro anni dopo la sua ultima lettera come Rettore di Winona, Mons. Williamson riscosse il plauso di molti tradizionalisti e indubbiamente ne esasperò alcuni altri; quando diede inizio ai commenti settimanali denominati Commenti Eleison. Queste lettere settimanali, più corte delle lettere da Winona e Ridgefield, venivano inviate per e-mail a persone sparse in tutto il mondo. Non erano un doppione delle newsletters rivolte al Seminario o ad altre istituzioni, e coprivano una vasta gamma di argomenti – che riflettevano i molti ambiti di interesse e di competenza del vescovo. Una settimana, il Commento poteva riguardare la musica, e la settimana successiva poteva rigusrdare il sionismo. Anche la religione e la crisi nella Chiesa cattolica ricevettero ampia copertura. Mons. Williamson era felice in Argentina e avrebbe potuto rimanerci per molti altri anni. Ma le cose incominciarono ad andar male per lui verso la fine del 2008. Sua Eccellenza si recò nel Seminario della Fraternità a Zaitzkofen, in Germania, per una ordinazione. Mentre era lì, fu intervistato dalla televisione svedese. Verso la fine dell’intervista, il giornalista gli chiese se pensava che il racconto storico convenzionale della persecuzione degli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale fosse “bugie, bugie, bugie”. Il vescovo fu sorpreso dalla domanda, ma decise di esprimere la sua opinione: che il numero degli Ebrei morti nei campi di concentramento nazisti non superasse le 300.000 - ben al di sotto dei sei milioni – e che nessuno di essi era morto nelle camere a gas. Disse anche che le prove storiche erano ampiamente contrarie alla versione ampiamente diffusa di quegli eventi. La registrazione dell’intervista fu, per così dire, messa in un armadio … ma non per molto. Il 21 gennaio 2009, venne pubblicato un decreto del Vaticano col quale furono revocate le presunte scomuniche del 1988. Sulla opportunità e validità di tale decreto (richiesto dalla Fraternità) non ci soffermeremo. Quasi lo stesso giorno venne pubblicata l’intervista concessa da Mons. Williamson alla televisione svedese. Scoppiò una tempesta mondiale (tempesta di cosa, che non sapremmo dire): “Se Benedetto XVI non sapesse”, urlarono i media, che uno dei vescovi della Fraternità fosse un “negazionista dell’olocausto. Lo spazio dedicato dalla stampa, dalla televisione e da Internet, alla questione fu tale come probabilmente non si era mai visto per nessuna questione riguardante la Fraternità. La dirigenza della Fraternità prese le distanze da Mons. Williamson. Il mese successivo, la Fraternità confermò che Mons. Williamson era stato privato della rettoria di La Reja. Ben presto, Sua Eccellenza fu espulso dall’Argentina dal Governo del paese. Egli partì in aereo per Londra, dove diversi poliziotti lo stavano aspettando. Erano lì per arrestarlo? No! In effetti, delle telefonate notturne tra il Superiore del Distretto inglese della Fraternità: Don Paul Morgan, e la polizia avevano ottenuto l’effetto della presenza dei poliziotti all’aeroporto di Heathrow, per proteggere Mons. Williamson! I successivi quattro anni, Mons. Williamson li passò nella casa della Fraternità a Wimbledon, a Sud-Ovest di Londra. Il vescovo godeva della compagnia e dell’ospitalità del clero della Fraternità, nella casa di San Giorgio; ma senza dubbio era frustrato per la mancanza di un definito ruolo per lui. I rapporti con Mons. Fellay e la dirigenza dalla Fraternità non migliorarono. La Fraternità sembrava precipitarsi ad un accordo con la nuova Roma, e Mons. Williamson divenne un oppositore sempre più esplicito di qualsiasi svendita. Egli tenne discorsi e conferenze, molte delle quali nei locali della Fraternità, nelle quali si scagliò contro il tradimento dell’eredità di Mons. Lefebvre. Nel frattempo, i casi giudiziari in Germania – sorti in seguito all’intervista del vescovo concessa alla televisione svedese – si sarebbero susseguiti a intermittenza per molti anni. Nel 2012, tra Mons. Williamson e la dirigenza della Fraternità le cose precipitarono. Non gli fu permesso di partecipare al Capitolo della Fraternità a Ecône, e gli fu chiesto di chiudere i Commenti Eleison. In risposta alla richiesta di sottomettersi alla dirigenza della Fraternità, egli chiese le dimissioni del Superiore Generale. Nell’ottobre, la Fraternità dichiarò che Mons. Williamson non era più un suo membro. Egli rispose con una lettera ben scritta a Mons. Fellay. Per diverse settimane dopo la detta espulsione dalla Fraternità, Mons. Williamson rimase nella casa San Giorgio. Nel dicembre 2012, quarant’anni dopo il suo arrivo a Ecône, egli lasciò Wimbledon. La Fraternità non gli fornì un posto in cui vivere, così egli prese temporaneamente residenza a casa di un laico, appena fuori Londra. Nella primavera del 2014, in seguito ad alcune sostanziose offerte dei suoi sostenitori, comprò una casa di decenti dimensioni a Broadstairs, vicino al mare, nel Kent. Qui c’era spazio per una dignitosa Cappella, un ufficio e dei posti per ricevere visitatori provenienti da tutto il mondo. Nella casa andò ad abitare un sacerdote (cuoco valente che fece dire al vescovo che ora mangiava fin troppo bene!). Mons. Williamson aveva circa settant’anni quando arrivò nel Kent. Ma gli ultimi anni della sua vita non li trascorse in un ozioso ritiro vicino al mare. Egli continuò a scrivere i suoi Commenti Eleison fino a pochi giorni prima della sua morte. C’erano anime, sia localmente sia altrove in Inghilterra, che richiedevano il suo ministero. E naturalmente, in tutto il mondo, vi erano persone che chiedevano la Cresima, e seminari e comunità religiose (composte da persone espulse o che avevano abbandonato volontariamente la Fraternità San Pio X) che richiedevano l’ordinazione. Sebbene Sua Eccellenza si rifiutasse di costituire una qualsiasi struttura formale, esercitò il suo ministero in tutto il mondo presso “sacche di resistenza”. Tra il 2015 e il 2022, consacrò sei vescovi, che, in ordine di consacrazione, furono: Don Jean-Michel Faure, Dom Thomas Aquinas, O.S.B., Don Gerardo Zendejas, Don Giacomo Ballini, Don Michal Stobnicki e Don Paul Morgan. Venerdì 24 gennaio 2025, Mons. Williamson fu colpito da una improvvisa emorragia cerebrale. Fu ricoverato nell’ospedale a Margate e morì cinque giorni dopo, - alle ore 0,23 del 29 gennaio, ora di Londra – con il conforto dei sacramenti della Santa Chiesa. Requiescat in pace. |