Obediens usque ad mortem

Meditazione nel Venerdì di Parasceve

in Passione et Morte Domini


18 Aprile 2025


di Mons. Carlo Maria Viganò



Pubblicata sul sito Exsurge Domine









Christus factus est pro nobis
obediens usque ad mortem, mortem autem crucis:
propter quod et Deus exaltavit illum,
et dedit illi nomen, quod est super omne nomen;
ut in nomine Jesu omne genu flectatur
cœlestium, terrestrium et infernorum:
et omnis lingua confiteatur,
quia Dominus Jesus Christus
in gloria est Dei Patris.
Fil 2, 8-11
 


Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit.
Un’antichissima melodia accompagna, in tre tonalità crescenti, lo svelamento della Santa Croce durante i riti del Venerdì Santo. È un grido, un monito, un invito alla conversione e alla penitenza: Ecco il legno della Croce, alla quale fu appesa la salvezza del mondo.
Ma il mondo non vuole la salvezza da Cristo. Non vuole la Croce. Non vuole riconoscersi peccatore, nel suo folle orgoglio di poter prescindere da Dio e dalla Sua santa Legge. Per il mondo non vi è peccato, se non nel compiere il bene; non vi è vizio, se non nel praticare la virtù; non vi è paradiso, se non in terra e in vendita per chi se lo può permettere; non vi è inferno, se non per i rigidi e gli indietristi. In questo mondo alla rovescia, nel quale spadroneggia l’infernale tirannide massonica, la sovranità non appartiene a Dio né ai Suoi vicari temporali e spirituali, perché sulle corone dei Re e dei Papi svetta l’odiato simbolo della Redenzione, la Croce su cui Gesù Cristo, Re e Pontefice, ha ricapitolato in Sé tutte le cose.

La splendida antifona che cantiamo durante il Triduo alla fine delle Ore canoniche, ci ricorda con San Paolo che questa Redenzione si è compiuta nell’obbedienza: nell’obbedienza fino alla morte, e alla morte di Croce. Ma ci ammonisce anche che l’obbedienza della Seconda Persona della Santissima Trinità all’eterno Padre merita al Figlio di essere esaltato, perché nel Suo Nome ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre (Fil 2, 10-11).

Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani (1Cor 1, 23). Perché è nell’umiliazione di sé e nell’obbedienza alla divina Volontà che noi otteniamo la corona della vittoria. E non vi è Resurrezione senza Passione, non vi è ricompensa senza prova, né premio senza competizione. Non dimentichiamo che la Croce è destino di ciascuno di noi e della Chiesa nel suo insieme. Essa, come Corpo Mistico, deve seguire il Maestro nella passio Ecclesiæ. Noi, come membra vive della Chiesa, dobbiamo fare lo stesso nella quotidiana abnegazione e nella sequela Christi.


Alter alterius onera portate (Gal 6, 2), ci esorta San Paolo: portate ognuno i pesi dell’altro, e così adempirete la legge di Cristo. Ed è appunto Nostro Signore che ci dà l’esempio: nell’aver portato la Croce che avrebbe mille volte meritato ciascuno di noi; e nel portare la nostra croce con noi, quando vorremmo essere noi a sceglierla. Semmai ci illudessimo di poter decidere quale deve essere la croce con cui meritiamo il Cielo, saremmo ben presto consapevoli di non essere capaci, con le nostre miserabili forze, nemmeno di affrontare la più insignificante molestia, e certamente non le prove che potrebbero attenderci in questi tempi travagliati. Al contrario, la croce che il Signore ha scelto per noi, per quanto onerosa e difficile da portare, vedrà sempre al nostro fianco il divino Cireneo ad aiutarci con la Sua Grazia.

L’ora delle tenebre che si approssima ci sproni a considerare le tribolazioni e le prove che dovremo affrontare come un crogiolo, dal quale l’oro della nostra santità ne uscirà purificato e nel quale le macchie della nostra miseria verranno consumate. Abbracciamo dunque questa santa Croce, perché sia il nostro unico punto di riferimento, mentre il mondo sprofonda sotto le macerie dei suoi inganni. Stat Crux, dum volvitur orbis.


E così sia.

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
 
18 Aprile 2025
Feria VI in Parasceve







 
 Aprile 2025
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