Nell’ora decisiva, portiamo la croce


di Elia


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Portatori della croce alla sequela di Cristo



La commemorazione dei Dolori della Beata Vergine Maria ci riporta alla Sua partecipazione alla Passione del Figlio, una partecipazione così stretta che è stata denominata compassione: è stata una sofferenza che la Madre ha condiviso pienamente, non nel corpo ma nell’anima. Ella lo ha fatto in una misura difficilmente comprensibile per il grado irripetibile di unione che esisteva tra Lei e Dio, che aveva messo al mondo nella natura umana; difficilmente comprensibile per la purezza di cuore assolutamente impareggiabile con cui ha patito; difficilmente comprensibile per il livello di grazia assolutamente irraggiungibile con cui si è associata alla Passione di Cristo.

Questa unione così stretta e profonda è il fatto oggettivo per cui la Vergine Maria è Corredentrice: certamente in dipendenza dalla grazia del Figlio e con un ruolo subordinato al Suo, ma in una comunione assolutamente inscindibile. Noi contempliamo in Lei la creatura perfetta che si è potuta unire in modo perfetto. Dio ha voluto questo perché, attraverso di Lei, anche noi potessimo essere partecipi dei meriti del Figlio Suo crocifisso; Dio ha voluto questo perché, attraverso di Lei, quei meriti fossero comunicati anche a noi. Perciò, nell’essere Corredentrice, Maria è anche diventata Mediatrice di tutte le grazie.

Sul Calvario, però, la Madonna ha pure personificato tutta la Chiesa e rappresentato tutti noi.
La Chiesa sta attraversando un periodo oscuro: il suo capo visibile è in condizioni molto precarie, che probabilmente non gli consentono di esercitare adeguatamente il proprio ruolo; l’impressione, anzi, è che si voglia farlo comparire in modo arbitrario, a sorpresa, senza alcun segno esterno della sua dignità, quasi a voler umiliare il Capo della Chiesa e, con lui, anche la Chiesa stessa, come se si mirasse a ridurre il Corpo di Cristo che milita sulla terra ad un’associazione umanitaria o a qualcosa del genere.

Ora, in questa grande incertezza il nostro compito è quello di stare sul Calvario con Maria e Giovanni, quello di stare ritti sotto la Croce intercedendo e associandoci alla Passione del Figlio di Dio, non certamente con quel grado di perfezione che è proprio esclusivamente della Madre di Dio, ma con tutto il cuore, con tutto l’amore, con tutto il desiderio di cooperare alla redenzione degli uomini. Non è la stessa cosa, poiché la Madonna cooperò nel momento stesso in cui la Redenzione si stava compiendo; noi cooperiamo invece successivamente, collaborando all’applicazione dei frutti della Redenzione: anche questa, però, è una cooperazione voluta da Dio.

Perciò, in quest’ora oscura, mettiamoci ai piedi dell’Altare come se fossimo sul Calvario. In realtà l’Altare è proprio il Calvario, nel momento in cui si celebra il Sacrificio di Cristo. Stiamo dunque con coloro che erano sul Calvario mentre Gesù soffriva per tutti gli uomini: erano poche persone – pochissime – ma ciò fu sufficiente perché il Suo Sacrificio fosse per così dire raccolto e comunicato ad altri. L’ora della morte di Gesù in croce fu in apparenza l’ora più tenebrosa della storia, l’ora in cui persino il Sole si nascose e le tenebre avvolsero tutta la Terra, poiché era il Figlio di Dio che moriva sul patibolo più infame.

Noi sappiamo però che quella fu l’ora della Redenzione: al di là delle apparenze, fu l’ora più decisiva della storia umana, l’ora in cui Satana fu sconfitto e gli uomini liberati dalla condanna dell’Inferno. Evidentemente è necessario che tale vittoria sia applicata alle anime e che gli uomini, mediante la fede e il Battesimo, ne diventino partecipi; in quel momento, tuttavia, l’opera si compì in modo perfetto: non c’è nulla da aggiungere; bisogna soltanto che i frutti della Redenzione si estendano e raggiungano gli uomini disposti a credere.

Così anche noi, in quest’ora oscura, scorgiamo per fede la luce di Dio, la luce della Provvidenza, che tutto dispone, fin nei minimi dettagli, per il nostro bene e la nostra salvezza. Davanti a Gesù, presente nel Tabernacolo, ravviviamo allora la fede nella Sua Signoria: è Lui il Salvatore, è Lui il Sovrano dell’universo, è Lui che tiene in mano le sorti dell’umanità come quelle della Chiesa militante.
Preghiamo perciò con questa fede, recitando il Santo Rosario e chiedendo a Dio di allontanare le forze del male che si sono annidate nella Santa Sede.

Se è vero che la morte di Gesù in croce è stata l’ora della sconfitta di Satana, è anche vero che, ogniqualvolta questa fede viene proclamata e i cristiani pregano appoggiandosi su di essa, le forze delle tenebre vengono respinte.
Chiediamo dunque al Signore di respingerle da tutta la Chiesa e, in particolare, dalla cittadella da cui essa è governata. Con questa fiducia rinfranchiamo i nostri cuori e andiamo avanti portando ognuno la propria croce (la croce dei doveri di stato, la croce della famiglia e del lavoro, la croce delle difficoltà personali), sapendo che la croce di ognuno di noi, unita a quella di Gesù, diventa strumento di redenzione, intercessione per gli uomini che ancora non hanno ricevuto l’annuncio della salvezza ma sono disposti ad accoglierlo.

Chi di voi teme il Signore e ascolta la voce del suo servo? Chi ha camminato nelle tenebre e non ha luce speri nel nome del Signore e si appoggi sul suo Dio (Is 50, 10).





 
aprile 2025
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