Lettera aperta al

Superiore Generale della Fraternità San Pio X:

Don Davide Pagliarani


Le esequie della vergogna



di Un gruppo di fedeli cattolici perplessi






Una Cappella della Fraternità San Pio X



Rev. Don Davide Pagliarani,

con sommo dispiacere siamo venuti a conoscenza dai vari siti internet della Fraternità e dalle omelie nelle cappelle, dei Comunicati relativi alla celebrazione di Sante Messe pubbliche nei Priorati in suffragio di Francesco I.

Con tutto il rispetto “et debita reverentia” per la sua dignità sacerdotale, la cosa ci appare non solo fuorviante, ma vergognosa e contro il Diritto della Chiesa, infatti, il Can. 1240 del Codice di Diritto Canonico del 1917 proibisce la sepoltura ecclesiastica ai pubblici peccatori, e il Can. 1241 proibisce Messe pubbliche per chi è stato privato della sepoltura ecclesiastica se non faranno pubblica ammenda dei loro peccati.

Sicuramente Lei sarà venuto a conoscenza di quanto operato da Francesco I in dodici anni dopo la sua elezione: dai riti con la Pachamama, ai riti sciamanici in Canada, alle dichiarazioni sia sul Santissimo Sacramento che su altri dogmi della Chiesa, al relativismo religioso ed irenico ecumenista, alla dichiarazione di Abu Dhabi, alla statua di Martin Lutero in Vaticano.
Lei avrà letto gli atti del suo magistero pubblicati: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans con i quali venivano in un certo qual modo giustificate le unioni di fatto sia eterosessuali che omosessuali.
Per quanto riguarda la liturgia il documento Traditionis Custodes ha più o meno riportato la celebrazione della Messa tridentina all’indulto di Giovanni Paolo II.

Da indiscrezioni pare (ed è doveroso dirlo), che Francesco I abbia rifiutato anche gli ultimi sacramenti; se questo fosse vero risulterebbe ancora più grave.

Se qualche vescovo o sacerdote prima del Vaticano II avesse posto in essere le azioni e gli scritti di Francesco I non sarebbe stato considerato, come minimo, pubblico peccatore se non addirittura eretico e/o apostata e colpito da sanzioni canoniche?

D’altra parte lo stesso compianto Mons. Marcel Lefebvre disse già ai tempi di Giovanni Paolo II che “Roma era nell’apostasia e non si poteva - con loro - collaborare perché noi lavoriamo per la cristianizzazione della società e loro per la scristianizzazione”?
E alle consacrazioni episcopali disse “Che in Vaticano c’erano degli anticristi”?

Il Comunicato diffuso dalla Fraternità alla morte di Francesco potrebbe essere paragonato a quello di una Congregazione Religiosa al tempo della morte di Pio XII. Non una parola sulle sue deviazioni dottrinali teologico/morali, sull’ecumenismo, sul suo pontificato, che è stato il coacervo di ogni abominazione già perpetrata dai suoi predecessori della “chiesa conciliare” ed amplificato al sommo.
Almeno nel Comunicato per la morte di Giovanni Paolo II si fece menzione dei suoi errori ecumenisti!
Le esequie celebrate in Vaticano dalla “chiesa conciliare” non possono far testo, sono fatte da chi non distingue più il bene dal male ed il cattolicesimo per loro ha tutto un altro significato, ma noi cattolici ci adeguiamo ad una simile farsa contro il Magistero ed il Diritto della Chiesa di sempre?

A proposito dei funerali “modernisti” di Francesco, lui stesso ha voluto, alla faccia della semplicità, quasi uguagliare quelli di Pio XII, con un corteo funebre che si sarebbe dovuto svolgere a piedi per ben quattro chilometri per tutta Roma passando da Via dei Fori Imperiali, modificato, all’ultimo momento, per questioni di sicurezza, nella sola traslazione in auto della bara.

In realtà appare evidente, ci scusiamo se sbagliamo, che ormai i componenti della classe dirigente della Fraternità San Pio X si siano allontanati da quanto insegnato da Mons. Marcel Lefebvre e non abbiano capito o forse non vogliano capire quale sia il modernismo della “gerarchia della chiesa conciliare” infatti secondo i Superiori di Metzingen pare che questi, parafrasando una frase del Partito Comunista Italiano degli anni 70 siano, i compagni che sbagliano, non terroristi; nel caso in specie, i modernisti conciliari sarebbero di conseguenza i fratelli che sbagliano, quindi non eretici,apostati e nemici della Verità rivelata.

I dardi sono rivolti, piuttosto, contro i tradizionalisti non “allineati e coperti” alle direttive dei Superiori della Fraternità o che la pensano diversamente in merito all’autorità.
Da questo angolo di visuale, un dubbio non Le è mai sorto a questo proposito?
Forse le parole di Nostro Signore Gesù Cristo “Il Signore disse ancora Simone, Simone, ecco, Satana ha cercato di vagliarvi come il grano. Ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno e quando ravveduto che sia, conferma i tuoi fratelli” erano vane e quindi, lo Spirito Santo assisterebbe il Capo della Chiesa ad intermittenza?

Le cose accadute in questi sessant’anni, non si sono mai verificate nella Chiesa, neppure nei periodi più bui e più mondani della storia ecclesiastica.

Questa non è soltanto una crisi, ma una rivoluzione conciliare, ovvero è il costante adeguamento ai principi e agli enunciati dalle Rivoluzioni Americana e Francese, cioè ai principi della Massoneria.
L’infiltrazione nella Chiesa della Massoneria è ormai ai più alti livelli e tutti gli atti pubblici promulgati dalla “gerarchia conciliare” hanno alla fine dei conti una radice negli ideali massonici.
 
D’altra parte questi sono concetti che abbiamo nel tempo appreso proprio da lunghi anni di formazione del pensiero vissuti presso la Fraternità e nell’ambiente tradizionalista!

Sembra che una strana sindrome pervada la mente dei Superiori della Fraternità: quella che si potrebbe definire “del ponte sul fiume Kwai”, un film del 1957, in cui i soldati angloamericani prigionieri dei Giapponesi dopo aver costruito il ponte sul fiume, erano più legati al ponte costruito che ai loro Stati, e quando gli Inglesi cercarono di bombardare il ponte sul fiume Kwai, spararono “come fuoco amico” contro gli aerei della loro coalizione.
Similmente la classe dirigente della Fraternità spara con “fuoco amico” contro gli stessi tradizionalisti che, non allineati, potrebbero mettere in discussione alcune loro scelte, come se la stessa Fraternità fosse l’unica “Traditionis Custos” della Chiesa.

Prima di concludere questa lettera, La vorremmo invitare a fare una breve riflessione: il Seminario di Econe dagli anni ‘70 all’inizio degli anni ‘90 dello scorso secolo fu un baluardo di cui la “chiesa conciliare” ebbe paura, successivamente sempre meno!

Reverendo Don Davide, dovrebbe avere il coraggio di fare una profonda considerazione e questa Le vorremmo suggerire, non certo per insegnarLe come comportarsi ed agire, “absit” ma perché si operi per il bene della Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica, e Romana; ed è la seguente: un pensiero pervade, ormai, molti cattolici rimasti fedeli alla Chiesa Cattolica di sempre, questa crisi così prolungata della Chiesa non è solo frutto della deviazione dottrinale della gerarchia vaticano secondista, ma della divisione della resistenza cattolica che si è verificata negli anni, ben sfruttata dalla “chiesa conciliare” che conosce perfettamente l’antico adagio del “divide et impera”, divisione da imputarsi non sempre e solo ai peccati degli uomini di Chiesa e dei fedeli, ma anche all’ignavia della resistenza cattolica.
Come diceva Don Francesco Putti “La Chiesa Cattolica continua a persistere da duemila anni, nonostante i peccati degli uomini di Chiesa”.

Nella speranza che la presente non possa aver turbato la già critica e precaria situazione dell’ambiente tradizionalista, Le porgiamo i più cordiali saluti e le più accorate preghiere nel Signore ed imploriamo la Sua benedizione.

Roma 26 aprile 2025
Domenica in Albis

Un gruppo di fedeli cattolici perplessi





 
aprile 2025
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