Procedure

per l'elezione e la proclamazione

del Sommo Pontefice


Articolo della Fraternità San Pio X




La procedura per l’elezione del Sommo Pontefice




I cardinali entrano nella Cappella Sistina



Dopo che i cardinali elettori sono entrati tutti nella Cappella Sistina, tutto il personale non elettore viene allontanato: il segretario, il maestro delle cerimonie e i cerimonieri  escono e l’ultimo del cardinali-diaconi chiude la porta a chiave: il Conclave è così isolato.
La chiusura della porta garantisce l’assoluta riservatezza, conditio sine qua non della libertà degli elettori.
La Cappella Sistina e le sue immediate vicinanze sono sottoposti a “disturbi fonici” allo scopo di evitare ogni ascolto o interferenza digitale.

Può iniziare lo scrutinio, che si svolge in tre fasi: il pre-scrutinio, lo scrutinio propriamente detto e il post-scrutinio.
Ciascuna di queste fasi segue dei rituali, destinati a preservare l’integrità del procedimento.

La fase del pre-scrutinio prepara gli elementi per il voto.

I cerimonieri, assistiti dal segretario del Collegio dei cardinali e dal Maestro delle cerimonie pontificie, distribuiscono ad ogni elettore due o tre schede per il voto.
Queste schede, rettangolari, hanno impressa nella parte superiore l’iscrizione Eligo in Summum Pontificem,  mentre la parte inferiore è in bianco, per l’iscrizione del nome scelto.

Il voto si svolge in segreto e in silenzio e si esige una scrittura deliberatamente neutra per evitare ogni identificazione.
Ogni scheda contenente più nomi è dichiarata nulla, a garanzia dell’unicità del voto.

L’ultimo cardinale-diacono tira a sorte nove cardinali: tre scrutatori, che devono supervisionare lo scrutinio; tre infirmarii, che devono raccogliere i voti dei cardinali malati; e tre revisori, che devono verificare il conteggio dei voti.
Se un cardinale tirato a sorte è impedito, ne viene tirato a sorte un altro.

La fase dello scrutinio è intriso di gravità; ogni cardinale, secondo l’ordine di precedenza, si reca verso l’altare ove è posta un’urna coperta da un vassoio. Davanti all’affresco del Giudizio Universale, tenendo la sua scheda in maniera visibile, egli pronuncia un giuramento solenne che impegna la sua coscienza: «Chiamo a testimone Cristo Signore, che mi giudicherà, che io do il mio voto a colui che, secondo Dio, giudico che debba essere eletto».
Quindi depone la sua scheda nell’urna, si inchina davanti all’altare e ritorna al suo posto.

La terza fase – il post-scrutinio -, comincia con la mescolanza delle schede nell’urna, effettuata dal primo scrutatore. Poi, l’ultimo scrutatore conta le schede una ad una, trasferendole in un’urna vuota. Se il numero delle schede non corrisponde a quello degli elettori, tutte le schede vengono bruciate e si svolge un nuovo scrutinio. In caso contrario inizia il conteggio dei voti. 

Il primo scrutatore apre una scheda, annota il nome e la passa al secondo scrutatore che la verifica e la passa al terzo scrutatore. Quest’ultimo legge il nome a voce alta rivolto agli elettori.
In seguito, le schede sono legate ad un filo. Se due schede piegate insieme portano lo stesso nome contano per una; se portano nomi diversi sono nulle, senza che lo scrutinio venga invalidato.

Gli scrutatori contano i voti, e i revisori verificano le schede e le contano, a garanzia dell’esattezza.
Perché un cardinale venga eletto Papa è richiesta la maggioranza dei due terzi dei voti; se questa soglia non viene raggiunta, lo scrutinio non è valido e le schede vengono bruciate, insieme ad un prodotto chimico che produce un fumo nero, visibile da piazza San Pietro.

Si svolgono due votazioni al giorno: una il mattino e l’altra il pomeriggio. Ogni scrutinio è immediatamente seguito da un secondo voto, se il primo non è conclusivo.
Per garantire il segreto, le note relative agli scrutinii sono consegnate al camerlengo e bruciate con le schede.

Alla fine del Conclave, viene redatto un rapporto ufficiale con i risultati di ogni scrutinio, approvato dagli assistenti del camerlengo. Questo documento, sigillato, è archiviato e può essere consultato solo con l’espressa autorizzazione del nuovo Papa.

Se l’elezione si rivela difficile, ogni tre giorni di scrutinii infruttuosi si effettua una pausa di un giorno, dedicata alla preghiera, alla riflessione e alle esortazioni spirituali da parte dei cardinali dei diversi ordini (diaconi, sacerdoti, vescovi).

Dopo quattro serie di scrutinii infruttuosi (33 scrutinii) interviene una procedura eccezionale per limitare il «voto passivo» - il diritto di essere eletto – ai due candidati che hanno ottenuto più voti nell’ultimo scrutinio, mantenendo sempre la soglia dei due terzi.

Questo non è ancora accaduto nella storia recente dei Conclavi, poiché nell’era digitale in cui l’informazione si diffonde quasi alla velocità della luce, i cardinali sanno che più tempo ci metteranno a mettersi d’accordo, più il prossimo pontificato sarà fragile.
Cosa di cui la Chiesa non ha bisogno, soprattutto in questo momento.

Come si procede quando un cardinale ha infine ottenuto il necessario numero di voti per salire sul Trono di Pietro?


La procedura per l’insediamento e la proclamazione del Sommo Pontefice




La Sala delle Lacrime


Quando un cardinale ottiene i due terzi dei voti degli elettori – cioè 89 voti nel caso del Conclave del 2025 – cala il silenzio nella Cappella Sistina.
L’ultimo dei cardinali-diaconi, figura discreta in tempi ordinarii, ma essenziale in questo momento, fa entrare nella Cappella in cui si è votato, il segretario del Sacro Collegio, il maestro delle cerimonie pontificie e due cerimonieri.

Spetta a questi chierici registrare il momento in cui la Chiesa riceverà il suo nuovo Pastore.
Il primo dei cardinali per ordine e anzianità è in questo caso il cardinale Pietro Parolin, perché il decano, il cardinale Giovanni Battista Re, e il vice-decano, il cardinale Leonardo Sandri, hanno entrambi raggiunto il limite d’età e non partecipano al Conclave.

Parolin, ormai ex Segretario di Stato, in nome di tutto il Collegio cardinalizio, si rivolge all’eletto e dice: «Accetti la tua elezione canonica come Sommo Pontefice?»
Questa domanda, apparentemente semplice, è ricca di significato. Essa impegna l’eletto in una missione che trascende la sua persona, poiché l’accettazione, espressa con un soffio, segna l’istante in cui un uomo diventa il Vicario di Cristo.

Ottenuto il consenso, il cardinale Parolin pronuncia un’altra domanda: «Come vuoi essere chiamato?»
La scelta del nome è più di una formalità, è un atto simbolico e una dichiarazione di intenti: scegliendo un nome, il nuovo Papa rivela ciò che intende fare del suo pontificato.
Il maestro delle cerimonie pontificie, agendo come notaio, annota, sotto gli sguardi attenti dei due cerimonieri, l’accettazione e il nome in un documento ufficiale.

L’accettazione dell’eletto segna una svolta decisiva, perché egli diventa immediatamente vescovo di Roma, Papa, Capo del Collegio Episcopale.
In questo preciso istante, egli riceve il potere pieno e supremo sulla Chiesa universale.
Data la configurazione del Conclave del 2025, non teniamo conto del caso improbabile e puramente teorico di un cardinale non rivestito dell’episcopato: in questo caso sarebbe immediatamente richiesta la sua consacrazione episcopale.

Espletate le formalità, secondo quanto stabilito dall’Ordo rituum Conclavis, i cardinali elettori si fanno avanti e rendono omaggio al nuovo Pontefice.
Quest’atto di obbedienza, impregnato di rispetto e di comunione, simboleggia l’unità della Chiesa intorno al suo Capo.

Quindi si alza una preghiera di ringraziamento, si bruciano le schede di voto dell’ultimo scrutinio e così si alza una fumata bianca dal piccolo comignolo della Cappella Sistina.

E’ arrivato il momento tanto atteso: l’annuncio al mondo.
Il primo dei cardinali-diaconi – il cardinale della Corsica, Domenico Lamberti, dalla loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro, annunciando l’evento con il rituale «Habemus Papam» proclama l’elezione e fa conoscere il nome del nuovo Papa.
La folla riunita nella piazza trattiene il fiato prima di esplodere nell'acclamazione: «Habemus Papam !».

Il nuovo Papa viene accompagnato nella Sala delle Lacrime, dove indossa la talare bianca, la mozzetta cremisi, la croce pettorale e la stola, guardandosi in un grande specchio. Spesso è in questo momento che lacrime di emozione scendono sul suo viso.

Subito dopo, apparendo al balcone, il nuovo Vicario di Cristo impartisce la sua prima benedizione Urbi et orbi, un gesto che abbraccia la città di Roma e il mondo intero.

Il Sostituto della Segreteria di Stato, il Segretario per le Relazioni con gli Stati, il Prefetto della Casa Pontificia e altri funzionarii chiave, possono avvicinarsi al Romano Pontefice per trattare questioni urgenti.

Nei giorni successivi, si svolge una cerimonia, meno solenne, che segnerà l’inizio del pontificato: entro un tempo conveniente, il 267° successore di Pietro prende possesso dell’Arcibasilica del Laterano: «madre e capo di tutte le chiese»,
Questo rito, ancorato alla tradizione romana, consacra il legame indissolubile fra il Papa e la Città Eterna.




 
maggio 2025
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