Chiediamo a san Giuseppe

un Papa conforme al Mistero della Chiesa



di Elia


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«Da dove ha costui questa sapienza e il potere dei miracoli? Non è costui il figlio del carpentiere? […] Ed erano scandalizzati riguardo a lui» (Mt 13, 54-55.57).

La reazione degli abitanti di Nazareth di fronte ai miracoli e all’insegnamento di Gesù è un’attestazione sia dell’autorità paterna che san Giuseppe esercitò su di Lui, sia dell’infinita eccedenza della Sua identità divina rispetto alla condizione assunta davanti agli uomini.
Il Figlio di Dio volle fruire della funzione di un padre e apprenderne la professione, fino ad essere identificato in rapporto al falegname del villaggio; al tempo stesso manifestò la propria potenza soprannaturale per suscitare la fede nel Salvatore.

Questo paradosso si prolunga nella Chiesa, Corpo Mistico di Cristo: essa è composta di uomini e guidata da uomini, consta di strutture terrene e opera con i mezzi di questo mondo; al tempo stesso porta in sé il Mistero della Santissima Trinità, che si comunica agli uomini mediante la grazia che la Chiesa dispensa per farli rinascere quali figli di Dio per partecipazione, rendendoli così capaci della vita eterna.

Come nella persona di Gesù le due nature sono inseparabili, così lo sono i due aspetti della Chiesa, che sono entrambi necessari e si richiamano a vicenda.

Ora, all’immutabilità di Dio, della Sua parola e della Sua volontà corrisponde l’immutabilità del culto, dell’insegnamento e delle fondamentali strutture di governo della Chiesa. Chi non riconosce questo non ha la fede, ma è dominato da un’ideologia che considera la Chiesa alla stregua di una qualunque organizzazione mondana.

Chi auspica l’elezione di un Papa che realizzi cambiamenti radicali non è cattolico e, pertanto, non è membro della Chiesa; per questo ha l’obbligo morale o di convertirsi o di andarsene, soprattutto se riveste responsabilità elevate.

San Giuseppe protesse ed educò il Redentore nella Sua umanità, per mezzo della quale Egli avrebbe realizzato, ai fini della nostra salvezza, il sacrificio di Se stesso.
Oggi il Carpentiere di Nazareth, Patrono della Chiesa universale, esercita la stessa funzione nei confronti di quella porzione del Corpo Mistico che vive sulla terra, la quale, se da una parte deve incarnare il Vangelo nella realtà presente e nelle diverse culture, dall’altra non deve dimenticare la trascendenza della propria origine e della propria destinazione.
Il nuovo Papa dovrà rimettere in evidenza – con i fatti ancor prima che con le parole – che la Chiesa non è un’associazione umanitaria, bensì il Corpo di Cristo.

La Chiesa è la società perfetta che ha Gesù Cristo per Capo invisibile, il quale agisce tra noi e per noi mediante il Suo Vicario, chiamato a servire la Sua Sposa, non a spadroneggiare su di essa; egli ha il compito di conservare e trasmettere inalterato il deposito ricevuto, non quello di inventare nuove dottrine o nuove strutture.

La Chiesa è per sua stessa natura gerarchica, poiché solo questo garantisce la fedele trasmissione della verità rivelata e la sicura comunicazione della grazia; essa non può e non potrà mai essere un’assemblea “democratica” in cui tutto possa essere ridiscusso e ridefinito. Chi si estenua nel renderla qualcosa di simile ha già fallito ed è spiritualmente morto.

Quanti, scandalizzandosi di ciò che la Chiesa è per volontà del Fondatore, vorrebbero trasformarla in qualcos’altro si condannano da sé, in questa vita, a un’amara frustrazione e, nell’altra, alla rovina eterna. Essi non fanno ogni cosa nel nome del Signore, come raccomanda san Paolo, né sono legati a noi dal vincolo della carità, che ci unisce in un solo corpo (cf. Col 3, 14-15.17); di conseguenza non hanno pace, ma «sono come il mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque vomitano melma e fango» (Is 57, 20). Il vero cristiano non può non commiserarli, ma al contempo se ne dissocia vigorosamente e li redarguisce con veemenza.

Che san Giuseppe ci comunichi la serena fortezza e la giusta fierezza di chi, pur nella sua debolezza, si sforza sinceramente di seguire il Figlio di  Dio con l’aiuto della Sua grazia, nella certezza che la Sapienza renderà ai giusti la ricompensa delle loro fatiche, dopo averli guidati per una mirabile via (cf. Sap 10, 17).
Che la Sapienza medesima ci conceda di operare sempre di cuore per il Signore e non per gli uomini (cf. Col 3, 23), così da testimoniarGli un amore incondizionato e disinteressato che attiri altre anime a Lui nell’unità di quel Corpo che è la Chiesa, in attesa di godere con loro della Sua gloria per tutta l’eternità.







 
maggio 2025
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