Nel segno di Nicea

preghiera ecumenica tra Londra e Gerusalemme


20 maggio 2025




di Terra Santa Net


Pubblicato su Terra Santa Net





20 maggio 2025  preghiera ecumenica in ricordo del Concilio di Nicea

Il momento finale della preghiera a Gerusalemme

Al centro il Patriarca Latino di Gerusalemme:

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa




A 1.700 anni esatti dall’apertura del Concilio di Nicea un momento ecumenico di preghiera ha collegato Londra e Gerusalemme.
A promuoverlo l’organizzazione Friends of the Holy Land.



Oggi, 20 maggio 2025, i cristiani ricordano l’apertura del Concilio di Nicea, avvenuta 1.700 anni fa in questo giorno.
Convocata dall’Imperatore Costantino, quella prima assise ecumenica si prefiggeva di ricomporre le spaccature dottrinali e liturgiche tra i cristiani dell’epoca, che non avevano criteri comuni per determinare la data della Pasqua e neppure una teologia condivisa sulla persona di Gesù Cristo, uomo e Dio, figlio del Padre.
Il concilio segnò un passo avanti significativo su entrambe le questioni, anche se le divisioni tra cristiani non si sono mai ricomposte del tutto, anzi, sono aumentate – per ragioni varie – nel corso dei secoli successivi.

La data odierna non può non stare a cuore al movimento ecumenico. Tra le varie celebrazioni si segnala quella che nel primo pomeriggio (era mezzogiorno in Inghilterra, le due in Terra Santa) ha stabilito un ponte tra Londra e Gerusalemme.
Nelle due città, in contemporanea e in collegamento video, si è svolto un unico servizio ecumenico di preghiera per la pace.

Nella capitale del Regno Unito l’evento è stato ospitato dalla Chiesa del Tempio (Temple Church), luogo di culto – oggi nelle mani degli anglicani – fondato dai Cavalieri Templari nel XII secolo e consacrato dal Patriarca Eraclio di Gerusalemme nel febbraio 1185.

L’appuntamento è stato promosso, in particolare, dagli Amici della Terra Santa (Friends of the Holy Land), un’organizzazione di beneficenza cristiana, apolitica ed ecumenica (in Gran Bretagna è sostenuta tanto dai vescovi cattolici quanto da quelli anglicani).
La missione di questo organismo è sostenere e assicurare la stabilità delle comunità cristiane in Cisgiordania, Striscia di Gaza, Israele e Giordania.

A Londra il momento di preghiera è stato presieduto dal cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, mentre a Gerusalemme dal Patriarca latino, cardinale Pierbattista Pizzaballa.

Sono intervenuti anche ecclesiastici e rappresentanti di altre comunità cristiane.

In apertura, il cardinale Nichols ha letto un messaggio di incoraggiamento e di comunione di intenti che Papa Francesco aveva inviato in vista di questo evento alcuni giorni prima di morire, tramite il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin.

Il cardinale Pizzaballa ha letto invece le prime parole – un augurio di pace – pronunciate l’8 maggio scorso da Papa Leone XIV subito dopo la sua elezione.

I canti che hanno accompagnato la preghiera sono stati eseguiti dal Coro Magnificat, a Gerusalemme, e dai Cantori del Tempio, a Londra.

Le due assemblee si sono unite nella recita simultanea del Credo di Nicea (ciascuno dei presenti l’ha recitato nella propria lingua) e hanno elevato preghiere per coloro che in Terra Santa stanno soffrendo di più, a partire dal popolo di Gaza.

Il cardinale Pizzaballa ha pronunciato un discorso sull’anniversario di Nicea nel quale ha sottolineato: «Accogliere Gesù come Figlio di Dio, e Dio stesso, è stata infatti una novità dirompente per il mondo culturale del tempo. Come può un uomo in carne ed ossa come noi appartenere alla divinità? Come può essere allo stesso tempo Figlio di Dio e Dio stesso, della sua stessa sostanza? Come poteva un uomo morire e risorgere, essere uomo e Dio?
Si trattava di qualcosa totalmente inconcepibile, eppure allo stesso tempo di qualcosa che continuava ad affascinare credenti di tutto il mondo.
E fin dal principio, si susseguirono e si moltiplicarono ipotesi e proposte diverse sull’identità del Figlio di Dio, tutte nate con il tentativo di conciliare la dirompente figura di Gesù Figlio di Dio e Dio, con la piccola mente umana. Non esistevano nemmeno le parole, per esprimere tale mistero. Non mancarono quindi, nemmeno allora divisioni anche accese tra le diverse anime della Chiesa.

«1.700 anni fa, a Nicea appunto, la Chiesa riunita nella figura dei suoi vescovi, in un contesto religioso, culturale e politico non meno problematico di oggi, ebbe il coraggio e l’audacia di dare finalmente una forma alla fede, che fosse comune per tutti, ma allo stesso tempo chiara, coniando anche terminologia nuova, capace di racchiudere, per quanto possibile, dentro quelle parole, il mistero dell’Incarnazione».

Un compito non troppo dissimile attende i cristiani dei tempi nostri, osserva il patriarca latino di Gerusalemme:
«Oggi viviamo in tempi non molto dissimili rispetto a 1700 anni fa. Da un lato le complessità politiche e logiche di potere mondano, che assoggettano interi popoli, sfidano enormemente la vita delle Chiese. Ma anche il mondo culturale e le varie istanze di quella che noi oggi chiamiamo “modernità” interrogano la vita di tutte le nostre rispettive chiese: l’idea di uomo, di famiglia, il bisogno di comunità, il ruolo della tecnologia nella vita personale e sociale, i modello economici e sociali che si vanno formando, le migrazioni di interi popoli, società sempre più plurali dal punto di vista religioso e culturale… la lista delle istanze che il mondo moderno sta sollevando sono tantissime e anche epocali.
E in questo contesto, siamo tutti chiamati, come unica Chiesa di Cristo a dare una risposta alle domande che l’uomo di oggi si pone.
La nostra risposta è la stessa di sempre e non cambierà mai. Cristo è la risposta.
Ma come 1.700 anni fa, siamo chiamati oggi a saper dire la nostra fede in Cristo in maniera coraggiosa e audace, comprensibile e chiara. Non si tratta di riscrivere il Credo di Nicea. Quel testo continuerà ancora e per sempre ad essere il riferimento per la vita di tutti i credenti in Cristo. Si tratta, invece, di rendere credibili e comprensibili al mondo culturale odierno quelle parole e quelle espressioni.
Dovremo certo continuare a dire che Cristo è l’unigenito Figlio di Dio, generato e non creato, della stessa sostanza del Padre, che lo Spirito ci ha donato. E che nella Chiesa, Corpo di Cristo, Una, Santa, Universale e Apostolica lo possiamo ancora oggi incontrare. Vi è un solo modo per dare a quelle espressioni apparentemente lontane dalla vita dell’uomo di oggi, concretezza e vitalità, comprensione e credibilità: la testimonianza».





 
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