O Roma o morte



Lettera di Michele Rizzi


Pubblicato sul sito di Aldo Maria Valli





Allegoria di Roma



Caro Valli,

per molti, moltissimi secoli, la maggior parte dei cattolici non conosceva neppure il nome del Papa regnante. A parte un ristretto gruppo di chierici e un ancora più ristretto numero di persone colte, nelle campagne europee, nordafricane, mediorientali, così come in Asia e nelle Americhe; alla domanda sul nome del Papa nessuno avrebbe risposto con precisione. Avrebbero però dato una risposta tanto semplice quanto vera e profonda: “Il papa sta a Roma”. Erano meno cattolici? Erano meno santi? Non credo.

Solo a partire da Pio IX, grazie al suo lungo regno e alle terribili persecuzioni di cui fu oggetto, nacque una forma di venerazione per l’uomo che rivestiva il ruolo di Pontefice: l’inizio di quella che oggi si chiamerebbe papolatria.

La parola Roma era (ed è) mille volte più significativa e importante del nome che il Papa assume. I vari Clemente, Urbano, Pio e Giovanni non potevano certo competere con la fama di Roma, anzi, non sarebbero nemmeno esistiti senza Roma.
Altri tempi: il Papa non era descritto dai contemporanei come una rockstar, ma la Chiesa cattolica romana era forte.

Preghiamo perché Papa Leone stia (nel senso latino di “stat”: consista, sia con tutta la sua anima) a Roma.

Il Papa consiste in Roma, il Papa è il vescovo di Roma, il Papa è romano.

Dal momento della sua fondazione, ventotto secoli fa, Roma non ha mai cambiato nome. Lutetia è diventata Parigi, Londinium è diventata Londra, pure Nuova York si chiamava Nuova Amsterdam.
I cicloni della storia spazzano via molte umane vanità, ma con Roma non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai.
Tutto può cambiare, ma Roma porta nel nome la sua eternità.

Roma è ordine, certezza del diritto, unità e universalità, eternità e bellezza. In una parola, verità. Anzi Verità con la V maiuscola.

Da Leone XIV e da tutti i vescovi in comunione con lui dobbiamo esigere che questo patrimonio di ordine, certezza del diritto, unità, universalità, eternità, bellezza e Verità non vada disperso.

Roma è stata voluta da Dio, è la nuova Gerusalemme, quella definitiva fino alla seconda venuta di Cristo. Incrocio, voluto dalla Divina Provvidenza, tra la città di Dio e la città dell’uomo.

E Roma è Roma perché ci sta il Papa. E il Papa è il segno dell’unità della Chiesa e anche dell’ordine terreno. Roma è la garanzia stessa di sopravvivenza del cattolicesimo, e dunque dell’unica vera fede cristiana. Senza Roma, non si dà vera fede cristiana.

Dopo un secolo e mezzo, la maggior parte di noi è abituata a pensare Roma come la capitale di uno stato sovrano: l’Italia. Ma Roma non è (soltanto, e accidentalmente) capitale d’Italia. Roma è la capitale del mondo.
La maggior parte di noi si è abituata a pensare che la capitale della vera fede sia un altro luogo, il Vaticano. Ma il Vaticano è (soltanto, e accidentalmente) il luogo in cui un Papa si è rinchiuso ritenendosi prigioniero. Da un secolo è diventato uno Stato altrettanto sovrano di quello che l’aveva ridotto in cattività, ma caput mundi è e rimane Roma.

Preghiamo perché Papa Leone coltivi questo patrimonio di ordine, certezza del diritto, unità, universalità, eternità, bellezza e Verità.

Roma è la mela di Paride. Era, Atena e Afrodite (Giunone, Minerva e Venere) si contesero la mela d’oro. Sappiamo com’è andata a finire. Da duemila anni le potenze celesti maligne e le non meno maligne potenze terrene si contendono Roma: abbattere Roma e cancellarla per sostituirsi a essa.

La rivoluzione, qualsiasi rivoluzione, alla fin fine ha Roma come obiettivo.
Scava scava, questa è la motivazione che muove le eresie dei primi secoli, l’avvento dell’Islam, il cosiddetto umanesimo, le rivoluzioni protestanti, francese, russa e l’attuale transumanesimo queer.
E la Sede di Pietro è sempre stata l’argine a tutto ciò. Per questo i cristiani fino a pochi decenni fa pronunciavano spesso, nei riguardi del Papa, la preghiera “Dóminus consérvet eum, et vivíficet eum et beátum fáciat eum in terra et non tradat eum in ánimam inimicórum ejus”, sapendo di lucrare pure un’indulgenza. In questa accorata preghiera a Dio si parla di nemici, perché non esiste e non può esistere Roma senza nemici.

Preghiamo perché Papa Leone non cada nelle mani dei suoi (e nostri) nemici. E che non si consegni a loro!


Perché parlare di ponti e di muri come fossero due entità contrapposte? Non è come per il bianco e il nero o il bene e il male. L’unità e l’universalità sono garantite sia da ponti sia da muri.
Roma è un ponte e un muro: un ponte missionario per esportare la propria fede e un muro che separa la civiltà dalla barbarie. Questo muro sono i diritti di Dio. Mentre gli uomini possono parlare di diritti dell’uomo, cioè dei loro stessi diritti, solo Roma può parlare dei diritti di Dio.
L’uomo può dichiarare proprio diritto quello del libero aborto, attualmente prima causa di morte nel pianeta; ma questo non è diritto divino; questa è barbarie.
La Roma dei Cesari si opponeva ai barbari, la Roma dei Papi si opponeva a eretici, scismatici e pagani, entrambe cercando di convertire costoro per rispondere al proprio compito di unità e universalità.
Ed entrambe, quando costrette, hanno costruito tanti muri quanti erano i ponti.

La “sinodalità”, qualsiasi cosa significhi, è cosa buona e giusta se intesa come Roma che irradia nel mondo la sua fede, ma diventa abominevole se il mondo invade Roma con i suoi vizi.

Senza Roma che presiede tutte le chiese in evidente rapporto gerarchico, il cattolicesimo si ridurrebbe a ciò che oggi è l’ortodossia: un fragile insieme litigiosissimo di chiese locali autocefale che si occupano (magari a volte anche lodevolmente) di un territorio definito.
Il contrario dell’unità e dell’universalità.

Le rivelazioni private sono sempre da prendere con le pinze, anche quando sono concesse ai Santi. C’è da dire che molte di queste rivelazioni prevedono la distruzione della città eterna. Forse sono da intendere più in senso spirituale che materiale: quando Roma non sarà più Roma, il mondo avrà perso ordine, certezza del diritto, unità, universalità, eternità, bellezza. E Verità.

Preghiamo perché Papa Leone costruisca tanti ponti missionari e tanti muri per difenderci dai barbari.

Dunque, o Roma o morte, per dirla alla Garibaldi; ma la più vergognosa, la più ignominiosa delle morti: quella della fede, della luce, dell’anima.

 



 
maggio 2025
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