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Pane quotidiano? No, soprasostanziale ! di Investigatore Biblico ![]() Grazie alla segnalazione di
un Lettore, mi accingo a spiegare una interessantissima parolina del
“Padre Nostro” che ha davvero un significato bomba.
C’è una parola nel “Padre Nostro” che da sempre affascina e interroga. È una parola misteriosa, unica nel suo genere, un piccolo frammento greco che custodisce un mondo: ἐπιούσιον (epioúsion). La si trova solo due volte in tutta la Scrittura, in Matteo 6,11 e in Luca 11,3, ma non ha veri paralleli altrove. È come se l’Evangelista, nel riportare l’insegnamento di Gesù, avesse dovuto coniare un termine nuovo, quasi a voler esprimere qualcosa che ancora non esisteva nel linguaggio umano, ma che da quel momento diventava essenziale alla nostra preghiera. La radice di questo termine è doppia e affascinante: ἐπί (epí), che significa “sopra”, “al di là”, e οὐσία (ousía), che vuol dire “sostanza”, “essenza”. Dunque, epioúsion può essere tradotto come “soprasostanziale”, qualcosa che supera l’essere, che trascende la semplice materialità. È un pane che va oltre il nutrimento ordinario: è il Pane dell’essere profondo, dell’esistenza piena, del bisogno essenziale dell’uomo. Noi recitiamo: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Ma Gesù, secondo il testo greco, ha detto: Τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δὸς ἡμῖν σήμερον, “Dacci oggi il nostro pane epioúsion”. Questa parola, che la Nuova Vulgata liturgica ha reso con “quotidianum”, è stata tradotta da San Girolamo, nella sua versione più fedele al testo greco, come “supersubstantialem”: panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie. È un termine potente, che letteralmente significa “soprasostanziale”, cioè oltre la sostanza, oltre il semplice nutrimento corporeo. È come se volesse dirci: dacci il Pane che non è solo pane, dacci il Pane eucaristico, il nutrimento che non finisce a tavola ma che riempie anche il cuore, lo spirito, tutta la nostra esistenza. Quando Gesù insegna a pregare in questo modo, non sta semplicemente insegnando a chiedere ciò che serve per sopravvivere. Sta insegnando a desiderare il Cibo vero, quello che secondo Giovanni 6, dà la vita eterna: “Io sono il Pane vivo disceso dal cielo…
Chi mangia di questo Pane vivrà in eterno”.
Ecco: in quel epioúsion i Padri della Chiesa hanno letto fin da subito un riferimento all’Eucaristia. Non solo al pane quotidiano della mensa, ma al Pane della Vita, che ci è dato ogni giorno – o che almeno dovremmo desiderare ogni giorno – come sorgente, forza e sostegno. Origene, uno dei primi grandi esegeti, scriveva: “Noi chiediamo il pane soprasostanziale, che è più adatto all’anima che al corpo, e lo chiediamo ogni giorno, perché ogni giorno abbiamo bisogno di Cristo, del suo Corpo e del suo insegnamento”. E Ambrogio, nella sua catechesi ai neofiti, affermava con audacia: “Questo pane è il Corpo di Cristo. Egli è il nostro pane quotidiano, e noi lo riceviamo come medicina dell’anima, come cibo che dà la vita eterna”. Anche Cipriano di Cartagine, nel suo commento al “Padre Nostro”, osservava: “Questo pane non è chiesto per un banale bisogno del ventre, ma perché chi lo riceve, riceve Cristo stesso e, con Lui, ogni grazia”. Questo versetto dovrebbe, per ogni cristiano, aprire una porta alla contemplazione e alla catechesi. Perché se davvero il cuore della preghiera di Gesù, il “Padre Nostro”, ci insegna a chiedere oggi il Pane eucaristico, allora ogni volta che recitiamo questa preghiera entriamo già nel mistero dell’altare, ci uniamo a Cristo che si dona, e chiediamo al Padre di renderci degni di accogliere il Figlio. Ma lo sappiamo davvero? Lo insegniamo nelle nostre comunità, nei nostri cammini di fede, ai bambini, ai giovani, agli adulti? O rischiamo di ridurre quella parola a un’eco scolorita, a un’abitudine? Forse, oggi più che mai, servirebbe una catechesi su questa parola. Un cammino di riscoperta. Perché “epioúsion” non è solo grammatica, né curiosità filologica: è un invito. È come se Gesù, ogni giorno, ci dicesse: non accontentarti del pane che sazia il corpo. Chiedi il Pane che ti fa vivere davvero. Il mio Corpo, la mia Vita, il mio dono. E quando la Chiesa prega con il “Padre Nostro” poco prima della Comunione, nella Messa, non lo fa a caso. È la logica interna di quella preghiera che porta, passo dopo passo, alla Mensa. All’incontro reale con Lui. Dacci oggi il nostro Pane epioúsion. Signore, donaci oggi te stesso. Donaci la fame di te. Donaci la grazia di riconoscere nel pane spezzato il tuo amore, e di saper vivere ogni giorno come risposta a quel dono. Nota nostra Gli ortodossi recitano il Padre Nostro così: Padre nostro, che sei nei cieli, sia
santificato il tuo Nome, venga il tuo regno; sia fatta la tua
volontà, come in Cielo, così sulla terra; dacci oggi il
nostro pane soprasostanziale;
e rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri
debitori; e non indurci in tentazione, ma liberaci dal maligno. Amen.
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