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Duka: contrastare il gender, una priorità per il nuovo Papa Intervista condotta da Nico Spuntoni ![]() Cardinale Dominik Jaroslav Duka Arcivescovo emerito di Praga L’arcivescovo emerito di
Praga parla di evangelizzazione e rinascita della catechesi, ma non
nasconde i temi caldi che attendono Leone XIV, dal dossier cinese alle
derive sinodali tedesche, all'ideologie arcobaleno, in cui vede una
prosecuzione del comunismo.
Il cardinale Dominik Jaroslav Duka è un domenicano che ama parlare con chiarezza e senza troppi fronzoli. Arcivescovo emerito di Praga dal 2022, non ha partecipato all’ultimo conclave ma è venuto a Roma per il primo incontro di Leone XIV con il Sacro Collegio. Duka non si è sottratto alle domande de La Nuova Bussola Quotidiana sui dossier più caldi del nuovo pontificato. Eminenza, è contento del nuovo Papa? Sì, penso che sia
stato eletto un uomo competente e che viene dal continente dove vive la
maggioranza dei cattolici oggi. Noi Europei siamo solamente il 10%
della popolazione mondiale! Inoltre, come Priore Generale degli
Agostiniani ha avuto la possibilità di visitare conventi in
tutto il mondo e di farsi una conoscenza completa della Chiesa
universale. Qui in Repubblica Ceca, ad esempio, è venuto almeno
dieci volte.
Lei lo ha conosciuto? Certo. Abbiamo concelebrato
una Messa il 30 giugno 2012 nel monastero di San Dobrotivá per
le vittime della dittatura comunista. Questo monastero agostiniano
venne liquidato nell’ambito dell'operazione K con cui i comunisti
chiusero i conventi in Cecoslovacchia nel 1950 e internarono i
religiosi.
Quali dovrebbero essere le priorità del suo pontificato? Al primo posto deve esserci
l’evangelizzazione. Subito dopo penso serva una rinascita della
catechesi. Sia nelle parrocchie che nelle scuole la situazione è
catastrofica e ci sono grandi differenze di continente in continente.
In Repubblica Ceca c’è un enorme problema nelle scuole ed
è l’ideologia gender.
Quest’ideologia è nient’altro che una conseguenza e una
continuazione del giacobinismo e dell’ideologia comunista. Non
c’è alcuna possibilità di cooperazione con chi la
sostiene.
Lei che ha conosciuto le sofferenze del comunismo, crede che sia una minaccia superata? La visione del comunismo
come religione è morta. Esiste invece il problema di una sua
evoluzione nel progressismo moderno. Dopo Hegel e Marx viene Freud,
viene il tempo delle grandi utopie che vorrebbero cambiare tutto e fare
dell’uomo una macchina senza conoscenza.
Guardiamo all’interno della Chiesa: il risultato del progressismo oltranzista sono processi come quello sinodale in Germania. Che idea si è fatto del Cammino Sinodale e delle sue propaggini? Il Comitato sinodale tedesco
sembra una continuazione della Kulturkampf
del cancelliere Bismarck. In quel Comitato sinodale con un Presidente
laico e membri vescovi e laici alla pari vedo una forma di dittatura ai
danni della Chiesa. E mi auguro che Leone XIV intervenga. Io credo che
dirà di no al processo tedesco.
Invece sull’accordo per la nomina dei vescovi con Pechino come dovrebbe muoversi il nuovo Papa? Penso che anche su quello ci
sia la necessità di cambiare la situazione. Quello che avviene
in Cina mi ricorda quello che avveniva in Europa orientale ai tempi del
comunismo. L’Ostpolitik di Casaroli non è stata positiva, al
massimo può aver messo un freno alla grande persecuzione ma al
tempo stesso impediva alla Chiesa di crescere oltre la cortina. Alla
fine quello che conta è l’esperienza reale: quella che vivevamo
noi cattolici dell’Europa orientale all’epoca e quella che vivono oggi
i cattolici cinesi. Devo dire che anche su quest’argomento l’atmosfera
era buona durante il nostro primo incontro con Leone XIV. E il
cardinale Fernando Filoni ha tenuto un intervento molto, molto buono
sulla questione dell’accordo Santa Sede-Cina.
Crede che l’amministrazione Trump possa rivelarsi un’alleata della Santa Sede nella difesa della libertà religiosa nel mondo? Qualche mese fa alla
Conferenza di Monaco il vicepresidente J.D.
Vance ha pronunciato un discorso che fa sperare e tratteggiava
una prospettiva per la difesa della libertà reale e delle
virtù umane e cristiane. In questi termini c’è una
possibilità di cooperazione, come ai tempi di Giovanni Paolo II.
Il conclave è durato poco... Visto? La realtà
è che la Chiesa è unità nella verità di
Cristo, non come dicono i media.
… però il Sacro Collegio nel pre-conclave non ha nascosto le difficoltà per la scarsa conoscenza reciproca. C’è un suggerimento che si sentirebbe di dare a Leone XIV per ciò che riguarda la composizione del Collegio cardinalizio? La globalizzazione che
c’è stata del Collegio cardinalizio era una necessità e
va bene. Ma è necessario anche prendere atto che esistono delle
sedi episcopali molto importanti e dare il giusto peso alla posizione
di ciascuna Chiesa. Ad esempio credo che sia fondamentale la presenza
di rappresentanti delle Chiese orientali nel Sacro Collegio. Sarebbe
giusto, per fare un nome, che il grande capo della Chiesa
greco-cattolica ucraina Sviatoslav
Shevchuk divenisse cardinale.
Sembra che Leone XIV tornerà a vivere a Palazzo Apostolico. Lei ne sarebbe felice? Sì. La tradizione
è molto importante, non solo per la Chiesa ma anche nella vita
normale. In Repubblica Ceca i progressisti dicono che il Castello di
Praga non dovrebbe più essere la sede del Presidente. Ma questi
palazzi non sono solo simboli, rappresentano la continuità. Devo
dire che l’inizio di Leone XIV mi piace molto ma non mi sorprende,
d’altra parte è un ex alunno della «nostra»
università (domenicana, ndr), l’Angelicum!
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