Dov’è Papa Francesco?



Articolo di Sebastian Morello


Pubblicata sul sito The Catholic Thing







La tomba di Papa Francesco sotto il pavimento della
Basilica di Santa Maria Maggiore



Sembra che molti commentatori cattolici abbiano deciso, per il momento, di non criticare il nuovo Papa, Leone XIV. Indubbiamente, questo approccio è corretto, poiché tutti dovrebbero agire in buona fede, sperando che con l’elezione di Prevost si apra un nuovo capitolo dopo il dodicennio piuttosto infelice del pontificato di Francesco.

Ma, cosa preoccupante, per la terza volta dall’inizio del suo pontificato, Papa Leone XIV ha dichiarato che l’anima di Papa Francesco è in Cielo.
Più di recente, Papa Leone lo ha affermato attraverso un tweet ufficiale sulla piattaforma di social media X, in cui si leggeva che Francesco “è tornato alla casa del Padre. Ci accompagna e prega per la Chiesa dal Cielo”.

Questa eccentrica abitudine di dichiarare, al di fuori di qualsiasi processo di canonizzazione ufficiale, che, per così dire, tale processo non è necessario, è profondamente problematica.
È difficile non concludere che i fedeli della Chiesa cattolica vengono preparati all’imminente canonizzazione di questa figura altamente controversa (che, come mi ha detto un amico giornalista, “ha aleggiato sulla Chiesa per dodici anni come un’enorme nuvola nera”), venga presto canonizzata, come se fosse inevitabile.

Ci sono diversi problemi molto seri nel fatto che Leone XIV affermi ripetutamente che Francesco sia in Cielo.
Innanzitutto, tali affermazioni inducono i fedeli a dubitare della gravità dei peccati pubblici di Francesco. Questi peccati non sono trascurabili, dato che includono l’idolatria (Pachamama), la soppressione dell’antico rito apostolico della Chiesa, il sincretismo e il relativismo religioso, la protezione e la promozione di predatori e deviati, l’abuso del Diritto Canonico della Chiesa, l’insegnamento di eresie, ecc.

Non si sa se Francesco fosse un eretico, ma è chiaro che fosse prossimo all’eresia.
La differenza è che il primo caso avrebbe richiesto che fosse pubblicamente accusato di eresia e che, in risposta, lui avesse ostinatamente perseverato nelle sue eresie. Dato che era solito rifiutarsi di incontrare coloro che sollevavano obiezioni al suo insegnamento o al suo modo di governare, non ci è stato dato modo di verificare un attaccamento ostinato all’eresia.
Ma in ogni caso, il suo operato non è stato positivo.
 
Se si possono commettere tali peccati e poi il colpevole dopo la sua morte godrebbe immediatamente della visione beatifica, allora il messaggio ai fedeli è chiaro: o questi peccati non erano così gravi come la nostra antica fede ci ha insegnato, o non erano affatto peccati.

Forse i fedeli non arriveranno a conclusioni così erronee, ma l’alternativa è che, nonostante l’antico insegnamento della Chiesa in senso contrario, il Purgatorio in realtà non esista. Se si possono commettere tali peccati e poi non ci sarebbe alcun bisogno di purificazione, allora il Purgatorio non dovrebbe essere necessario.
 
Pertanto, ancora una volta, se la fede deve rimanere intatta tra i fedeli, l’abitudine di Leone XIV di affermare lo stato celeste di Francesco è tutt’altro che accettabile.

Inoltre, queste dichiarazioni di Leone XIV scoraggiano i fedeli dall’esercitare la carità. Qualunque sia la nostra opinione su Francesco, egli era un membro battezzato della Chiesa e quindi un fratello in Cristo che ora potrebbe avere un grande bisogno delle nostre preghiere. Perché se i suoi peccati sono così gravi come l’antica fede ci insegna, anche se avesse compiuto un perfetto atto di contrizione prima della sua morte e si fosse confessato con sincerità, la sua anima rimarrebbe in Purgatorio per un tempo molto lungo.
Coloro che desiderano partecipare alla misericordia di Dio verso l’anima di Francesco, pregando e compiendo atti di penitenza per il suo bene, potrebbero essere dissuasi dal farlo dalle ripetute dichiarazioni dell’attuale Papa regnante.

Ma c’è un altro motivo per cui Leone XIV sta giocando col fuoco. Non è passato inosservato a molti fedeli che, ultimamente, le canonizzazioni siano state strumentalizzate per consolidare il regime ecclesiastico dominante negli ultimi decenni.
Strumentalizzare cose così sacre, oltre ad essere sacrilego, è una cosa molto sciocca. In definitiva, non serve a rafforzare il regime, come previsto, ma solo a indebolire ciò che viene strumentalizzato.

Non dovrebbe sorprenderci, quindi, che molti teologi abbiano iniziato a mettere in discussione l’infallibilità delle canonizzazioni. Sempre più teologi sostengono che le condizioni per la canonizzazione poste da San Tommaso d’Aquino non siano più rispettate o siano state gravemente alterate.
E la prassi dei Papi moderni di ignorare i requisiti canonici per semplice preferenza personale non ha aiutato.

L’utilizzo politico delle canonizzazioni ha indebolito la devozione ai Santi e danneggiato la credibilità della Chiesa in queste materie. Sempre più fedeli praticanti percepiscono che le canonizzazioni non hanno a che fare con una devozione organica verso un defunto santo, ma piuttosto con il consolidamento del regime ecclesiastico dominante e l’imposizione dei suoi convincimenti ideologici. 

Un esempio emblematico è quello di Santa Filomena.
Pochi Santi hanno goduto di una venerazione così popolare in epoca moderna. Poco dopo il ritrovamento dei suoi resti nelle catacombe nel 1802, molte cose straordinarie iniziarono ad alimentare il crescente interesse su chi fosse e quale potesse essere stato il suo ruolo nella Chiesa originaria. Guarigioni miracolose, statue piangenti e visioni di veggenti estatici contribuirono al culto di massa che esplose, dal Papa regnante al povero parroco di Ars, Giovanni Maria Vianney, che diffusero la devozione a questa antica Martire che si era rifiutata di violare il suo voto di castità persino per un Imperatore.

Ma poi, sotto Papa Paolo VI, il suo nome fu rimosso dai calendari liturgici. La devozione a questa potente interceditrice era incompatibile, a quanto pare, con il nuovo regime razionalista e naturalistico introdotto da Papa Paolo VI.
Che i fedeli nutrissero una devozione così profonda e sincera per Filomena – segno, secondo la tradizione della Chiesa, che il sensus fidelium si stava manifestando – non significava nulla per i nuovi esperti che Papa Paolo VI aveva elevato a cariche elevate da cui sperimentare sui fedeli del Signore.

La prova, in effetti, che le canonizzazioni sembrano avere poco a che fare con la risposta della Chiesa a una devozione che sta emergendo organicamente è offerta dalla successiva canonizzazione di Papa Paolo VI da parte di Papa Francesco.
Il fatto è che quasi nessuno amava ed ama Papa Paolo VI. Era un borghese, scontroso, un arrivista sociale e uno snob, che ha presieduto ad uno dei periodi più distruttivi della storia della Chiesa, causando a un grande esodo dai banchi e il crollo universale delle vocazioni sacerdotali.

I cattolici tradizionali non gli hanno mai perdonato di aver soppresso l’antica liturgia e svuotato la Chiesa delle sue antiche tradizioni, mentre i cattolici progressisti non gli hanno mai perdonato il rifiuto della contraccezione.
Solo i neo-conservatori ecclesiastici non lo disprezzavano, ma certamente non lo pregavano.
Ma la loro posizione come fazione nella Chiesa postconciliare è stata resa praticamente impossibile dal regno di Papa Francesco, dato che è diventato troppo difficile e imbarazzante continuare a sostenere che il papato postconciliare fosse in perfetta continuità con il papato preconciliare.

La canonizzazione di Paolo VI è servita solo a inviare un messaggio ai fedeli: “Il Vaticano II è irreversibile”.
Ma questo messaggio funziona solo se i fedeli prendono sul serio queste canonizzazioni moderne, e invece sempre più persone non lo fanno, proprio perché queste canonizzazioni sono diventate uno strumento di propaganda.

Se la Chiesa continua a lottare per sopravvivere sotto un simile regime, il suo crollo finale renderà la presenza della Chiesa quasi impercettibile nel mondo. L’unica via d’uscita è ripudiare l’intero esperimento moderno e riprendere, sotto la guida dello Spirito Santo, la missione di fare discepoli tutte le nazioni, salvandole dal mondo non convertito che, lo ricordo, è il principato di Satana. 

Da quando il cardinale Prevost è salito al Soglio di Pietro, ci sono stati alcuni segnali promettenti che hanno dato a me e ad altri cattolici tradizionali motivi di speranza. Ma deve smetterla con queste assurdità. Dovrebbe smettere di dire che Francesco è in Cielo.

È possibile che l’anima di Francesco non sia né in Cielo né in Purgatorio. È anche possibile che l’anima di Francesco sia in Purgatorio, nel qual caso, se vi sentite ispirati a farlo, sarebbe lodevole pregare per lui.

È quasi impensabile – se si prende sul serio la tradizione della Chiesa in materia di idolatria, abuso del diritto, corruzione dei sacri uffici, ecc. ecc. – che Francesco sia ora in Cielo. Dichiararlo è palesemente un atto ideologico, per riaffermare il mito della continuità postconciliare che ha ingannato così tanti cattolici per così tanto tempo e ha contribuito così profondamente all’apostasia di massa degli ultimi decenni.

È giunto il momento di porre fine a questi giochi e di riconciliare la Chiesa con la sua Tradizione, e ciò richiederà molta più onestà su chi erano e sono ancora oggi i cattivi.




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Sebastian Morello è un filosofo che si occupa di tradizione intellettuale e spirituale occidentale. E’ specializzato in realismo classico, misticismo ed esoterismo, tradizionalismo politico ed etica ecologica.
E’ autore di numerosi libri, tra cui Il mondo come icona di Dio; Misticismo, magia e monasteri.

E’ curatore editoriale, membro del Comitato editoriale, scrittore e regista per “The European Conservative”.







 
maggio 2025
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