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Ungheria: il wokismo subisce una nuova sconfitta Articolo della Fraternità San Pio X ![]() Il Parlamento ungherese Il Parlamento ungherese, riunito il
14 aprile 2025, ha adottato una serie di emendamenti costituzionali,
stabilendo nella sua legge fondamentale l’esclusiva esistenza dei
generi maschile e femminile e affermando il primato dei diritti dei
bambini al di sopra di ogni altra considerazione giuridica.
Sotto la spinta del Primo Ministro Viktor Orban, conservatore dichiarato da più di un decennio, gli emendamenti votati dal Parlamento di Budapest riflettono la dichiarata volontà del capo dell’esecutivo di modellare la società secondo il diritto naturale: una visione lontana anni luce da quella difesa da un altro ungherese: George Soros. Nel marzo scorso, Viktor Orban annunciò una «grande pulizia di Pasqua», una espressione choc per provocare i suoi avversari, da lui definiti «insetti nocivi» per l’unità nazionale. Una retorica volutamente provocatoria che si è materializzata con la revisione costituzionale adottata con una schiacciante maggioranza: 140 voti contro 21 voti. Questo voto, lungi dall’essere una semplice formalità, segna una nuova tappa nel consolidamento di un Paese che, secondo i suoi detrattori, si allontana dai principii democratici difesi dall’Unione Europea; principii ampiamente rimessi in discussione dal Vice Presidente americano J. D. Vance nel suo discorso del 14 febbraio 2025 a Monaco. L’emendamento più importante stabilisce che una persona può essere riconosciuta solo come «uomo» o «donna». Secondo il Governo, questa disposizione mira a preservare la visione tradizionale della società ungherese, fondata sui valori famigliari e cristiani. Abbastanza da far soffocare le associazioni di difesa dei “diritti” LGBT. Un altro emendamento stabilisce «il diritto dei bambini al corretto sviluppo fisico, mentale e morale, al di sopra di ogni altro diritto». Il Governo vuole rafforzare le basi giuridiche delle misure restrittive, come il divieto dei Gay Pride, a «protezione dei bambini». Questa disposizione permette di limitare la pubblica espressione della propaganda LGBT, associandola ad una minaccia per la gioventù. I gruppi di pressione progressisti non hanno tardato a scendere in piazza: da dopo l’annuncio delle misure prese a metà marzo, Budapest è il teatro di regolari proteste. Il giorno del voto degli emendamenti in questione, diverse dozzine di manifestanti hanno tentato di bloccare l’accesso al Parlamento, un gesto di disobbedienza civile subito represso dalla polizia. All’interno del Parlamento, dei deputati dell’opposizione hanno espresso il loro dissenso srotolando uno striscione di protesta, mentre all’esterno risuonavano degli slogan: «Non lasceremo di essere trasformati nella Russia di Putin». A fianco di queste disposizioni contro l’ideologia del gender, ha suscitato una levata di scudi un altro emendamento: quello contro la doppia cittadinanza. Il testo stabilisce che la cittadinanza ungherese di una persona che ha un altro passaporto potrebbe essere sospesa o revocata per una durata che può arrivare a dieci anni, con la possibile espulsione di coloro che risiedono in Ungheria. Questa misura, che non si applica ai cittadini dell’Unione Europea o di alcuni paesi europei, è presentata come una risposta alle minacce alla sicurezza nazionale. Il Governo punta il dito contro coloro che, sotto la copertura di attività in una ONG e nei mezzi di comunicazione supposti indipendenti, interferiscono negli affari interni del Paese. Nel mirino: George Soros, il miliardario di origine ungherese naturalizzato americano. Questo pilastro del progressismo internazionale è accusato di finanziare iniziative che mirano a destabilizzare l’Ungheria. Il Primo Ministro ungherese sa di poter contare sull’ampio sostegno dell’opinione pubblica per le questioni del gender e della famiglia, ma gli emendamenti costituzionali appena votati non mancheranno di aumentare la tensione già esistente fra l’Ungheria e l’Unione Europea. E’ da anni che l’Unione Europea critica le politiche di Victor Orban, giudicate incompatibili con i valori democratici che fondano il progetto europeo: un progetto che ha esaurito le sue energie e non riesce ad imporsi nella risoluzione del conflitto ucraino che è alle sue porte, e che sembra vacillare sotto la minaccia di un islamismo politico sempre più minaccioso. Nell’attesa che crolli il castello di carte europeo, il capo di Budapest ripete che, dopo tutto, basta avere pazienza, come è vero che «i cani abbaiano e la carovana passa oltre». |