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Il matrimonio tra uomo e donna, sigillo del vero Amore ![]() Nella sua omelia di Domenica 1° giugno, in piazza San Pietro, davanti a settantamila persone radunate per il Giubileo delle famiglie, Leone XIV ha richiamato l’attenzione sul principio ineludibile che sul matrimonio si fonda il vero significato di unione fra l’uomo e la donna. I quotidiani il Giornale e la Verità hanno rispettivamente titolato: «Il Papa, la frase sul matrimonio e lo schiaffo al gender», «Dalle famiglie tradizionali il futuro dei popoli». Riposizionare i principi corretti e giusti, secondo la legge di natura che si lega alla Creazione per mano divina, è ciò che è tenuta a fare da sempre Santa Madre Chiesa: «col cuore pieno di riconoscenza e di speranza, a voi sposi dico: il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo. Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita». Recuperare questa verità significa dare la soluzione alle tragiche patologie che colpiscono la società di oggi: «la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società». A garanzia di questo assunto, il Papa ha offerto anche degli esempi concreti attraverso delle coppie di sposi che la Chiesa indica a modello: Louis Martin (1823-1894) e Marie-Azélie Guérin (1831-1877), i beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi e tutta la famiglia polacca Ulma, i cui membri hanno insieme affrontato il martirio. I primi sono i genitori di Santa Teresina di Lisieux, che ebbero nove figli, di cui sopravvissero cinque ragazze e tutte loro si fecero suore. I coniugi Martin sono stati beatificati nel 2008 e proclamati santi nel 2015. La loro memoria liturgica è per Louis il 29 luglio e per Marie-Azélie il 28 agosto. Tuttavia, la diocesi di Bayeux-Lisieux e i Carmelitani Scalzi li festeggiano il 12 luglio, vigilia del loro matrimonio. I terziari francescani Luigi Beltrame Quattrocchi (1880-1951) e Maria Corsini (1884-1965) ebbero quattro figli. Il 13 agosto 1940 la madre li affidò, nel Santuario romano della Madonna del Divino Amore, alla protezione di Maria Santissima e tutti loro furono miracolati. Durante la Seconda guerra mondiale, Filippo, che venne ordinato sacerdote con il nome di don Tarcisio, si salvò il 13 agosto 1942 dal siluramento della nave dove era imbarcato; il 13 agosto dell’anno dopo, Cesare, cappellano militare con il nome di padre Paolino, sfuggì ai colpi di un cecchino mentre raccoglieva le spoglie di un soldato caduto; nello stesso giorno Stefania, divenuta madre Cecilia, uscì dal suo monastero delle Benedettine di Milano poco prima che venisse bombardato. La ricorrenza festiva dei loro genitori, beatificati nel 2001, cade il 25 novembre. Gli sposi polacchi Józef (1900-1944) e Wiktoria Ulma ebbero sette figli. Il padre era una figura nota nel villaggio di Markowa, perché, oltre ad essere un frutticoltore istruito e apicultore, era bibliotecario e fotografo, attivo nella locale Associazione giovanile cattolica. Durante l’occupazione tedesca, la coppia nascose otto ebrei nella soffitta di casa; ma vennero scoperti e, quindi, furono subito messi a morte insieme ai loro figli: Stanisława, Barbara, Władysław, Franciszek, Antoni e Maria, rispettivamente di 8, 7, 6, 4, 3 e 2 anni. Era il 24 marzo 1944 e la mamma era in attesa del settimo, il quale venne partorito nel momento del martirio; fu trovato nato la settimana successiva, quando alcuni pietosi uomini dissotterrarono la famiglia Ulma per dare una sepoltura più degna. Secondo il testimone oculare Edward Nawojski e altri, a cui è stato ordinato di assistere alle esecuzioni, i nazisti spararono a tutti alla nuca e lo fecero davanti agli abitanti del villaggio per dare una lezione esemplare. In pochi minuti morirono 17 persone, ebrei compresi. La beatificazione della famiglia è avvenuta nel 2023. Tutto il malessere che viene nel nostro tempo da famiglie sgretolate e frantumate può essere sanato non certo dal moltiplicarsi delle azioni psicoterapeutiche introdotte già nell’infanzia, bensì dalla famiglia solida rappresentata dal concetto di famiglia secondo il Vangelo e nella pace in Cristo. Ha ancora detto il Santo Padre: «Dio da sempre vuole stringere a sé tutti gli uomini, ed è la sua vita, donata per noi in Cristo, che ci fa uno, che ci unisce tra noi». Senza Cristo non c’è unità, è una certezza, rimarcata in questi giorni in cui la violenza è un connotato che caratterizza il tormento che arriva dalle notizie quotidiane della cronaca nera dentro e fuori le case, e delle cronache di guerra. Senza Cristo non c’è pace in terra e lo riscontriamo con sempre maggior plasticità. Ma in questo deserto di pace, il primo saluto di Leone XIV dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro è stato: «La pace sia con voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il Buon Pastore, che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra. La pace sia con voi! Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante». Così, mentre in questo mese di giugno, quando la Chiesa celebrerà in particolare la Pentecoste, il Sacro Cuore di Gesù e il Corpus Domini, si snocciolerà il «Mese del Pride» dedicato all’orgoglio gay e all’“amore in ogni forma”, allestendo parate circensi per “magnificare” la comunità LGBTQIA+ a Roma, Bologna, Milano e in altre 31 città da Nord a Sud, abbiamo il nostro Pontefice che esorta a guardare alla realtà per quella che è, offrendo la possibilità di guarire piaghe e ferite purulente: «[…] a volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere. Tuttavia, anche davanti al male, che contrappone e uccide, Gesù continua a pregare il Padre per noi, e la sua preghiera agisce come un balsamo sulle nostre ferite, diventando per tutti annuncio di perdono e di riconciliazione. Tale preghiera del Signore dà senso pieno ai momenti luminosi del nostro volerci bene, come genitori, nonni, figli e figlie. Ed è questo che vogliamo annunciare al mondo: siamo qui per essere “uno” come il Signore ci vuole “uno”, nelle nostre famiglie e là dove viviamo, lavoriamo e studiamo: diversi, eppure uno, tanti, eppure uno, sempre, in ogni circostanza e in ogni età della vita». La pace, anche in famiglia, nasce dal senso del dovere, della giustizia, della carità verso Dio e quindi verso il prossimo, a partire da quello più accanto a noi. È la pace agostiniana, intesa come tranquillitas ordinis, perché l’ordine è buona cosa e buon uso anche nei rapporti umani e nei ruoli di ciascuno, rispettando le gerarchie, comprese quelle generazionali. Per Leone XIV ed ogni cattolico, la pace è frutto di un ordine spirituale in cui Gesù Cristo è al centro di tutto e di tutti. L’uomo, la società, le nazioni, se ruotano intorno a Lui trovano il loro corretto e armonico posto. Il parlare di Papa Leone, da cui emerge il suo patrimonio patristico, è chiaro, denso ed eloquente seppure nella sintesi: «E vorrei aggiungere un’ultima cosa. La preghiera del Figlio di Dio, che ci infonde speranza lungo il cammino, ci ricorda anche che un giorno saremo tutti uno unum (cfr S. Agostino, Sermo super Ps. 127): una cosa sola nell’unico Salvatore, abbracciati dall’amore eterno di Dio. Non solo noi, ma anche i papà e le mamme, le nonne e i nonni, i fratelli, le sorelle e i figli che già ci hanno preceduto nella luce della sua Pasqua eterna, e che sentiamo presenti qui, insieme a noi, in questo momento di festa». |